MARIO BOCCHINI
pittore cesenate, artista senza confini


RECENSIONI

Dall’Eliso al Tartaro: MARIO BOCCHINI

Non vi è frattura alcuna, a mio giudizio, fra le opere di vecchia datazione e quelle recenti che testimoniano intorno a un Mario Bocchini consapevolmente avvinghiato alla pittura eletta quale medium esclusivo del suo discorso sulla condizione umana. Non vi è frattura perché l'intonazione dell'immagine rimane la stessa di un tempo più o meno lontano, vivificata da una dialettica contrastata che si dipana fra lo scatto liberatorio e il ripiegamento nell'angoscia.

I profili delle città fantasmatiche, alberghi dell'alienazione, e le sagome delle branche in disuso, relitti abbandonati in riva al mare come creature in balia di un fato malefico, erano i superstiti reperti desunti dalla sfera del reale, oggi sostituiti da un vocabolario di termini allusivi o simbolici giusto fondati sul colore - ma la Stimmung non è mutata, puntualizzando di volta in volta momenti di speranza e, attraverso una pluralità di transiti intermedi, momenti di buia dannazione.

E' dunque il linguaggio ad avere subito una svolta decisiva, forse definitiva, rigorosamente adeguandosi a quella esigenza di interiorizzazione dell'immagine dall'artista avvertita in sempre più profonda misura sino a diventare matrice primaria dell'atto creativo.

Insisto sul carattere obbligante di siffatta esigenza al fine di evitare fraintendimenti: Mario Bocchini è artista provveduto di non frammentaria cultura, si è confrontato in più occasioni con episodi-cardine dell'arte internazionale, la curiosità intellettuale lo ha indotto a saggiare le aree avanzate della contemporaneità, eppure la cultura mai ha posto ipoteche sugli svolgimenti operativi, mai si è deposta sull'opera come grumo esterno e incongruo. La cultura, semmai, gli è stata di conforto in ordine alla legittimità degli interventi che andava effettuando.

Ora, nei confronti delle attuali esperienze, questo rilevamento acquisisce una evidenza ancor più sintomatica dal momento che esse non soltanto non si circoscrivono nei limiti di mutuazioni presso altrui assetti stilistici in voga ma si qualificano bensì come proiezioni necessarie di una individualità creativa.

Proiezioni, aggiungerò, di energie vitali in costante sommovimento che si inverano nel campo spaziale mediante un colore escluso all'eventualità di ascendenze naturalistiche e interamente calibrato, per contro, su chiave psicologica - mediante un colore adottato come valore plastico, calato in sistemi strutturali geometrizzanti che di volta in volta si rinnovano sul dettato di contenuti interiori.

Era questo, per Mario Bocchini, l'unico modo per esprimere la propria verità: per trasferirsi e vivere nella immagine stessa mantenendo intatta la primordialità del suo "patire" - nel significato letterale del termine - la condizione umana: al di fuori dunque di ogni convenzione figurale istituzionalizzata da una conoscenza a priori.

Opposto insomma un risoluto rifiuto alle offerte della realtà sensistica e conferita qualità di oggetto reale al medium privilegiato, l'artista ha potuto definire, immagine dopo immagine, un universo sempre diverso e sempre autonomo, esatto specchio della dinamica della sua interiorità.

Così, in taluni casi, questi congegni che rimandano ad assi di legno, a tavole usurate memoria essenzializzata forse degli scheletri delle barche, si sviluppano nello spazio combinandosi in precari equilibri e tuttavia preannunciando la speranza nella riappropriazione di un'interna armonia; e, in altri, caratterizzati da più fitte intersecazioni, da scontri ed elisioni, si producono invece allarmanti situazioni conflittuali; e in altri casi ancora, contrassegnati da lacerazioni devastanti, risuona il presagio di una disgregazione fatale.

Poiché in questa sede una lettura riferita alle singole opere è impresa impossibile a compiersi, si noterà che, gli uni accostati agli altri, i dipinti compongono un diario dell'animo in un trapassare continuo dall'Eliso al Tartaro, in un alternarsi di slanci verso le regioni supreme dell'olimpicità e di cadute impietose negli strati inferi dove allignano il dubbio, il turbamento, l'angoscia.

Merito di Mario Bocchini è di avere approntato i mezzi espressivi idonei a visualizzare contenuti tanto complessi e insieme tanto sfuggenti, affidando al corpo sonoro del colore il ruolo essenziale della comunicazione e manovrandolo nello spazio secondo un fermo principio di disciplina strutturale in grado di sottrarre l'immagine al rischio della casualità. Più che persuasivo, il messaggio che consegue è coinvolgente.

Scrisse un giorno Giorgio Buggeri: "Bocchini non ha mai avvertito la necessità della figura umana; ma sempre, inascoltata Cassandra, ha parlato agli uomini degli uomini, sia pure con profonda e distaccata amarezza". A distanza di anni quel discorso continua ma l'artista non funge più da Cassandra, né il suo tono è amaro e distaccato. Facendosi carico di una confessione che sgorga dalle regioni criptiche dell'essere, egli pronuncia adesso una parola rivelatoria.

Carlo Munari

Dalla rivista IL NUOVO LABORATORIO – Brocca Editore Bologna

Mario Bocchini nel 1972

Ultimi valori, dipinto di Mario Bocchini, 1970

Fasciami in preghiera, di Mario Bocchini, 1980


Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Arte -  - Stampa pagina
Aggiornamento: 27/08/2015