TEORICI
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PROTAGORA
I - II Protagora nacque ad Abdera nel 481 e morì nel 411 a.C. mentre fuggiva per mare per cercare scampo dalla condanna di empietà in cui era incorso nella città di Atene. Fu concittadino di Democrito ma non scolaro (Protagora era più anziano di vent'anni di Democrito). Ad Atene, in cui soggiornò più volte, godette dell'amicizia di Pericle e di Euripide. Compose diverse opere, tra cui "Sugli dèi", "La verità o discorsi demolitori", "Le antilogie" (che si doveva occupare di temi etico-politici e che spinse qualche contemporaneo di Platone a sostenere che proprio da quest'opera egli avrebbe copiato la sua "Repubblica"), "Sulle scienze esatte" (in cui critica la matematica perché pretende di dare conoscenze diverse da quelle sensibili). Platone ha dedicato due dialoghi alla polemica contro Protagora: il "Protagora" e il "Teeteto". Nel "Protagora" egli criticò l'attività del sofista e il suo magistero, portando il dialogo fra Protagora e Socrate alla conclusione per cui il primo rinuncia a dire cosa sia la virtù dopo essere partito in qualità di maestro di essa; nel Teeteto vi è invece una critica più consapevole e meno polemica al relativismo sofistico. In ogni caso queste due opere testimoniano dell'importanza che il pensiero del sofista aveva assunto ad Atene. Abbiamo detto che Protagora si considerava maestro di virtù, infatti egli insegnava tutto ciò di cui una persona aveva bisogno per condurre gli affari della casa e per diventare un abile politico. Protagora è esponente di una nuova mentalità, testimoniata nell'opera "Sugli dèi" (libro che fu bruciato in pubblico, costringendo il sofista alla fuga in cui poi trovò la morte), dove egli, più che criticare la divinità, sostiene l'indifferenza come unico atteggiamento possibile, in quanto "sugli dèi non è possibile sapere nulla di certo". Un'altra importante testimonianza proviene da un frammento di "La verità o discorsi demolitori", in cui egli afferma che "l'uomo è misura di tutte le cose, di quelle che sono e di quelle che non sono", esprimendo così in modo lapidario quel soggettivismo e quel relativismo che faranno a lungo discutere (per alcuni studiosi moderni "uomo" sta ad indicare tutta l'umanità, per cui non si potrebbe parlare di soggettivismo, ma per gli antichi indicava il singolo individuo, da cui tutte le critiche che gli furono mosse). Altre informazioni ci provengono dalle parole che Platone fa pronunciare a Protagora nella sua difesa dalle accuse di Socrate, e dalle quali emerge chiaramente che con quel "di quelle che sono e di quelle che non sono" il sofista intende lasciarsi alle spalle la problematica sull'Essere, in quanto ora importa solo all'uomo di valutare le cose, perché è lui a doverne fare uso. Ciò che conta è, in particolare, l'arte del saper ben parlare ed esporre le proprie opinioni, in modo da convincere l'ascoltatore. E' chiaro il rischio che corre il discorso una volta disancorato dalla verità, in quanto esso diviene strumento puramente formale di dialogo (la frase Protagorea "rendere forte l'argomento più debole" fu interpretata proprio in questo senso negativo, soprattutto dal tradizionalista e antidemocratico Aristofane). Giuseppe Cantarelli |