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ISAAC Newton (1642-1727)

I - II

Tutte le principali scoperte scientifiche di Newton avvennero nel biennio 1665-66, quando, a causa della peste che stava devastando l'Inghilterra, fu costretto a lasciare il Trinity College di Cambridge, dedicandosi così ai propri interessi.

Il primo interesse che lo portò a rivoluzionare le concezioni scientifiche della sua epoca fu quello della luce e dei colori. La sua tesi era la seguente: la luce bianca, corpuscolare, si propaga nell'etere a densità variabile, cioè raggi diversi si rifrangono in maniera diversa; i colori quindi dipendono da un certo grado di rifrazione, che può essere misurato. Questo lo portò a creare un telescopio non più a rifrazione (che tendeva a distorcere le immagini) ma a riflessione, in cui la luce non viene raccolta da una lente ma da uno specchio concavo di metallo. Per spiegare la propagazione rettilinea e uniforme della luce, Newton ammette anche l'esistenza del vuoto, perché un universo pieno costituirebbe un fattore di resistenza al moto di qualunque cosa (contro le idee di Cartesio, che negava il vuoto).

Dopodiché passò all'aritmetica e all'algebra, tenendo corsi accademici dal 1673 al 1683, e poi alla meccanica, nei corsi del biennio 1684-85. Nel 1687 pubblicò la sintesi di tutti questi corsi nella sua opera fondamentale, Principi matematici della filosofia naturale, che segna la nascita della meccanica razionale, cioè della stretta correlazione tra tre discipline: matematica, fisica e astronomia.

Il suo contributo più noto alla matematica fu il metodo delle flussioni, secondo cui le grandezze geometriche sono generate da un movimento: p.es. le linee sono generate dal movimento continuo dei punti, i solidi da quello delle superfici, gli angoli dalla rotazione dei lati, i tempi da un flusso continuo. Pertanto le grandezze che aumentano in tempi uguali sono più grandi o più piccole a seconda della loro velocità e questa velocità può essere misurata. La flussione è molto simile all'attuale concetto di "derivata" e comunque dal calcolo delle flussioni sarebbe derivato quello infinitesimale.

I Principia sono divisi in tre parti. La prima sezione sviluppa la scienza del moto a prescindere dalla resistenza dei mezzi. Nella seconda critica i vortici cartesiani. Nella terza risolve problemi di astronomia e di fisica (il moto dei pianeti e della Luna, la forma della Terra, la teoria delle maree ecc.).

Le tre parti sono precedute da due sezioni preliminari che costituiscono le fondamenta del suo edificio teorico e che contengono otto definizioni e tre leggi del moto. Le definizioni sono le seguenti:

  1. La quantità di materia è la misura della medesima ricavata dal prodotto della sua densità per il volume.
  2. La quantità di moto è la misura del medesimo ricavata dal prodotto della velocità per la quantità di materia.
  3. La forza insita della materia è la sua disposizione a resistere; per cui ciascun corpo, per quanto sta in esso, persevera nel suo stato di quiete e di moto rettilineo uniforme.
  4. Una forza impressa è un’azione esercitata sul corpo al fine di mutare il suo stato di quiete e di moto rettilineo uniforme.
  5. La forza centripeta è la forza per effetto della quale i corpi sono attratti, o sono spinti, o comunque tendono verso un qualche punto come verso un centro.
  6. La quantità assoluta di una forza centripeta è la misura della medesima, ed è maggiore o minore a seconda della potenza della causa che la diffonde dal centro attraverso gli spazi circostanti.
  7. La quantità acceleratrice di una forza centripeta è la misura della medesima ed è proporzionale alla velocità che, in un dato tempo, essa genera.
  8. La quantità motrice di una forza centripeta è la misura della medesima ed è proporzionale al moto che, in un dato tempo, essa genera.

Alle definizioni segue lo scolio, in cui Newton pone quei concetti di tempo e di spazio assoluti che costituiscono il fondamento della sua fisica e che resteranno in vigore sino alla fine dell'Ottocento. Il tempo assoluto non ha relazione con qualcosa di esterno, scorre uniformemente ed è chiamato "durata". Il tempo relativo è invece quello che usiamo al posto del tempo vero, e che si misura in ore, giorni, mesi ecc.

Anche lo spazio assoluto non fa riferimento a qualcosa di esterno, cioè resta sempre identico a se stesso e immobile. Lo spazio relativo non è che la misura o la dimensione mobile dello spazio assoluto, che cade sotto i nostri sensi, entrando in relazione coi corpi. Il luogo invece è la parte dello spazio occupato dal corpo e, a seconda dello spazio, può essere assoluto o relativo.

Il moto assoluto è la traslazione di un corpo da un luogo assoluto in un luogo assoluto; così vale per il moto relativo: da un luogo all'altro relativi. Nello spazio immobile e nel tempo costante il moto è rettilineo e uniforme, privo di accelerazioni, ma tempo e spazio assoluti non possono essere oggetto di osservazione, poiché qualunque misurazione fa sempre riferimento a qualcosa di relativo, pertanto vengono assunti come postulati teorici indimostrabili (teoria, questa, che verrà smontata da Einstein).

Le tre leggi del moto (assiomi) riguardano il principio di inerzia (di conservazione del moto rettilineo uniforme).

  1. La prima di queste leggi riprende quella galileiana: "Ogni corpo si mantiene nel suo stato di quiete o di moto rettilineo uniforme, finché su di esso non agisce alcuna forza". La materia quindi non si muove in circolo, perché non potrebbe essere inerziale, in quanto richiede una causa. La materia si muove in linea retta. Ogni corpo che si muove in circolo tende ad allontanarsi dalla traiettoria curva. La traiettoria rettilinea è possibile solo in uno spazio infinito.
  2. La seconda legge è una conseguenza della prima: "La forza è uguale al prodotto della massa per l'accelerazione, cioè l'accelerazione è proporzionale alla forza e ha la stessa direzione della forza, mentre è inversamente proporzionale alla massa del corpo".
  3. La terza legge è quella dell'uguaglianza tra azione e reazione: "A ogni azione si oppone sempre una reazione uguale e contraria, cioè le azioni reciproche fra due corpi sono sempre uguali per intensità e dirette in senso opposto". Questa legge gli permetterà di formulare nella terza parte del libro quella della gravitazione universale.

A) Nella prima sezione dei Principi Newton fa capire che l'esame fisico dei comportamenti dei corpi sulla Terra, nelle loro reciproche influenze, è applicabile anche ai corpi nei cieli. La spiegazione delle leggi dell'universo non è che una proiezione delle spiegazioni date a fenomeni meccanici osservati sulla Terra. Infatti, prima ancora di parlare di astronomia, Newton sostiene che "se tutti i punti di una data sfera sono sottoposti a uguali forze centripete, che diminuiscono in ragione doppia delle distanze da questi punti, una sfera eserciterà su una qualsiasi altra sfera, composta di parti omogenee fra di loro, un'attrazione inversamente proporzionale ai quadrati delle distanze dei loro centri".

B) Nella seconda sezione Newton parla di meccanica dei fluidi (idrostatica e idrodinamica), cioè del moto dei corpi nei mezzi resistenti, criticando i vortici cartesiani. Egli vuole verificare la forza di gravità in altra maniera, poiché è a questa forza che vuole ricondurre tutto. Sul piano astronomico infatti sostiene che i pianeti non possono essere trasportati da vortici di materia, ma solo da movimenti regolari, percorrendo aree proporzionali al tempo, come vuole l'orbita ellittica. I vortici possono avere senso in uno spazio libero dalla gravitazione.

C) La terza parte, dedicata al "sistema del mondo" (cosmico) approfondirà questo argomento. La Luna è, in un certo senso, "prigioniera" della Terra, poiché è costantemente deviata dal moto rettilineo in virtù della forza di gravità del nostro pianeta. Questa forza riguarda tutti i pianeti e tutti i loro satelliti, ed è una forza proporzionale alla quantità di materia che ciascuno di essi contiene. Tutti i corpi s'attirano tra loro con una forza direttamente proporzionale al prodotto delle loro masse e inversamente proporzionale al quadrato della distanza che li separa. Vengono così spiegate le orbite ellittiche di Keplero, che non potevano essere frutto del caso. Tuttavia Newton non era in grado di spiegare perché tutti i corpi si attraggono reciprocamente: questo lo spiegherà Einstein.

Questa terza parte era stata introdotta dalle quattro Regole del filosofare:

  1. Delle cose naturali non devono essere ammesse cause più numerose di quelle che sono vere e bastano a spiegare i fenomeni.
  2. Perciò, finché può esser fatto, le medesime cause vanno attribuite ad effetti naturali dello stesso genere.
  3. Le qualità dei corpi che non possono essere aumentate e diminuite, e quelle che appartengono a tutti i corpi sui quali è possibile impiantare esperimenti, devono essere ritenute qualità di tutti i corpi.
  4. Nella filosofia sperimentale, le proposizioni ricavate per induzione dai fenomeni, devono, nonostante le ipotesi contrarie, essere considerate vere o rigorosamente o quanto più possibile, finché non interverranno altri fenomeni, mediante i quali o sono rese più esatte o vengono assoggettate ad eccezioni.

Newton aveva unificato tutta la fisica: le stesse leggi che valevano per la Terra, valevano anche per i cieli. L'ordine gerarchico del cosmo, stabilito da Aristotele, veniva definitivamente infranto. I cieli non erano che una "proiezione" della Terra e l'universo è del tutto omogeneo.

Metodologia scientifica

  1. Newton afferma che da un numero limitato di osservazioni non è possibile dedurre certezze indiscutibili, ma poi si comporta proprio così e senza voler sottoporre a un dibattito pubblico le sue scoperte.
  2. Afferma l'assoluta uniformità della natura, per cui effetti simili sono prodotti dalle stesse cause in tutto l'universo (la materia possiede qualità universali).
  3. Afferma la semplicità della natura: trovata una causa, che spiega un fenomeno, non se ne deve cercare un'altra, a meno che non vi siano fenomeni contrari (è quindi contrario non solo alle spiegazioni metafisiche ma anche alle ipotesi astratte: hypotheses non fingo).
  4. Afferma di poter spiegare la forza di gravità nel suo funzionamento ma non nella sua motivazione: d'altra parte nessun esperimento è, secondo lui, in grado di rivelare la natura dei corpi o delle forze. Questo perché esiste, per la fisica, solo ciò che è traducibile in termini matematici o quantitativi.
  5. Le leggi individuate per via induttiva possono spiegare anche quei fenomeni che per via deduttiva risultano unificati, cioè che ricadono nell'ambito di quelle leggi (metodo induttivo-deduttivo).
  6. Sostiene che il movimento nel cosmo deve aver avuto un'origine (una causa), perché i movimenti dei corpi, quando si urtano, subiscono una entropia (una parte della loro forza si disperde, o addirittura essi si fermano e, se riprendono il movimento, questo è più debole del precedente). L'universo quindi sembra tendere verso la quiete: di qui la necessità di una intelligenza cosmica che ristabilisca l'equilibrio compromesso dall'entropia (e, secondo Newton, lo farebbe attraverso lo strumento delle comete). Dio quindi sarebbe una specie di orologiaio poco esperto, che ha bisogno, di tanto in tanto, di ricaricare il suo orologio (provvidenza fisica), non avendogli potuto imprimere un moto perpetuo. In ogni caso per lui non è possibile che la coscienza e l'intelligenza derivino dalla materia, anche se Dio può porre nelle leggi matematiche della natura l'essenza razionale di sé.
  7. Oggi, secondo le teorie di Einstein, siamo arrivati alla conclusione che la gravità, in un certo senso, è un'illusione. In realtà è la libera fluttuazione il movimento naturale dei corpi nello spazio, i quali seguono traiettorie rettilinee. La Terra ruota attorno al Sole non perché se ne sente attratta dalla sua forza di gravità, ma perché il Sole, a causa della sua grande massa, incurva lo spazio circostante e questa curvatura si trasmette fino a grandissime distanze. La Terra, muovendosi in uno spazio curvo, non può che seguire una traiettoria curva, e lo stesso fa la Luna. In poche parole lo spazio dice alla materia come muoversi e la materia dice allo spazio come incurvarsi. Questo vuol dire che lo spazio non è assoluto, ma può restringersi o espandersi e quindi anche il tempo può dilatarsi o contrarsi, e non è possibile parlare dell'uno senza parlare dell'altro.

MISTICISMO NEL NEWTON MECCANICISTA

Forse può far sorridere che uno dei campioni del meccanicismo razionalistico, Isaac Newton, fosse anche un uomo profondamente religioso, seppur nella versione tipica degli intellettuali del Sei-Settecento, quella deistica.

Per lui tuttavia era una cosa molto seria. Basti pensare che dopo la pubblicazione dell'Ottica (1704), sino alla fine della sua vita (1727), egli si dedicò esclusivamente a studi religiosi, che volle mantenere inediti, per non aver noie coi poteri dominanti. Il solo commento dell'Apocalisse, in cui prevede la fine del mondo nel 2060, lo tenne impegnato per 550 pagine! Almeno un decimo della sua biblioteca era costituito da libri di alchimia.

Resta quindi abbastanza curioso che il fondatore del meccanicismo cosmico potesse "soffrire" di una sorta di "personalità bipolare". Ciò tuttavia non deve meravigliare, poiché qui si ha a che fare con un intellettuale "cristiano-borghese", per il quale il giudizio sul fenomeno religioso è sempre terribilmente controverso, soprattutto quando sono in gioco possibilità di carriera professionale (politica, scientifica, accademica, ecc.).

A dire il vero anche nei suoi testi scientifici si possono intravedere degli spiragli a favore del misticismo: laddove p. es. afferma che lo spazio è "un organo di senso di Dio". Per definire lo spazio assoluto, infatti, usava aggettivi tipicamente metafisici: infinito, eterno, increato, immobile, singolare.

L'esigenza di credere in un dio creatore del cosmo nasceva da alcune sue teorie scientifiche, nei cui confronti egli stesso ammetteva, seraficamente, di nutrire non pochi dubbi, in quanto la sua matematica e la sua fisica non si ponevano il compito di comprendere il perché ma solo il come taluni fenomeni avvengono in una determinata maniera.

Infatti proprio quando voleva affrontare il perché delle cose Newton finiva col formulare delle tesi misticheggianti. A Richard Bentley scrisse che la causa della gravità era proprio ciò che non pretendeva di conoscere; gli disse anche che l'universo è troppo perfetto perché si possa pensare che non sia stato creato da qualcuno.

A proposito di questo si può qui ricordare ch'egli sosteneva che il movimento dell'intero cosmo doveva aver avuto un'origine intelligente, anzi un "impulso divino iniziale", in quanto i corpi in movimento, quando si urtano, subiscono una sorta di entropia, nel senso che una parte della loro forza si disperde. L'universo quindi tenderebbe verso la quiete, se non intervenisse un'intelligenza cosmica capace di ristabilire l'equilibrio compromesso dall'entropia (e, secondo Newton, ciò verrebbe fatto con l'aiuto delle comete!). Dio quindi - e questo glielo rinfaccerà Leibniz - appare come una sorta di orologiaio poco esperto, che ha bisogno, di tanto in tanto, di ricaricare il suo orologio, non avendogli potuto imprimere un moto perpetuo.

Non solo, ma il concetto stesso di "gravità" aveva per Newton qualcosa di magico. Sempre in una lettera a Bentley disse che per lui era inconcepibile che la materia bruta e inanimata potesse agire su altra materia come se la gravità fosse inerente alla stessa materia. La gravità - così scriveva - deve essere causata da un agente esterno, materiale o immateriale, sempre secondo determinate leggi.

I suoi Principi matematici della filosofia naturale non volevano certo essere un testo a favore dell'ateismo. Questo è anche il motivo per cui egli si oppone alla teoria cartesiana dei vortici (come spiegazione del movimento dei corpi), la quale prescindeva del tutto da cause occulte. I moti regolari dei corpi celesti non hanno origine da cause meccaniche, ma sono il risultato di un disegno divino. E la "causa prima" certamente, per lui, non era meccanica.

In Inghilterra la sua scienza venne accettata immediatamente, anche perché le classi dominanti vedevano in essa un’arma per difendere la religione. Nella prefazione alla seconda edizione dei Principi, R. Cotes scrisse che "la meravigliosa opera di Newton costituisce la migliore difesa contro gli attacchi degli atei", e che "non è dato di trovare un’arma migliore di quest'opera contro la schiera disonorevole degli atei".

Tuttavia, nonostante le tendenze teologiche dello stesso Newton nella visione del mondo, ben presto dalle sue idee scientifiche vennero tratte conclusioni antiteologiche e materialistiche. P.es. negli anni '30 del XVIII sec. la popolarizzazione vivace e battagliera della dottrina newtoniana, fatta nelle Lettere filosofiche di Voltaire, si dimostrò così pericolosa per la Chiesa cattolica, che nel 1734, per decisione del Parlamento di Parigi, quest’opera venne data alle fiamme.

Nella sua Esposizione del sistema del mondo, lo scienziato francese Laplace ritenne del tutto naturale andare oltre la dottrina newtoniana della necessità di un reiterato intervento divino, che periodicamente ridona al cosmo la stabilità. Persino davanti a Napoleone egli sostenne, senza mezzi termini, che l'universo può essere stabile anche senza l’intervento di alcuna azione sovrannaturale.

E il filosofo prussiano Kant, nella sua Storia naturale generale e teoria del cielo, rifiutava decisamente qualunque intervento divino, spiegando il movimento dei pianeti nelle loro orbite con cause strettamente meccaniche (la meccanica delle molecole). L’attrazione e la repulsione delle molecole, secondo lui, regolavano i movimenti degli elementi in una nebulosa cosmica iniziale.

Testi di Newton

Vedi anche Matematizzazione e meccanicismo - Sensismo, empirismo e praticismo


Web Homolaicus

Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Teorici
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Aggiornamento: 26-04-2015