MARX e ENGELS: STRUTTURA E SOVRASTRUTTURA

MARX-ENGELS
per un socialismo democratico


STRUTTURA E SOVRASTRUTTURA

I - II

Quando Marx si rese conto che le idee socialiste del suo tempo non avrebbero modificato qualitativamente il sistema borghese, cominciò a sostenere che la sovrastruttura dipende totalmente dalla struttura. In tal modo non faceva che ribadire una verità borghese, che la borghesia però preferiva tener nascosta, preferendo propinare alle masse teorie idealistiche e religiose, quelle per le quali si pensa di poter fronteggiare, con relativa sicurezza, le contraddizioni antagonistiche del sistema. La differenza era che per la borghesia la propria struttura economica veniva considerata "naturale" e quindi "eterna", mentre per Marx essa era soltanto "storica", cioè destinata ad essere superata da un'altra di livello superiore.

La struttura è l'economia, cioè le forze produttive (uomini, mezzi, modi) e, insieme, i rapporti produttivi, quelli giuridici di proprietà. La sovrastruttura invece è l'ideologia, cioè il diritto, la filosofia, la politica, l'etica, la religione, l'arte ecc. Tutti questi campi del sapere non hanno, propriamente parlando, una storia in sé, ma solo in relazione a una struttura storica corrispondente. L'unica storia possibile è quella economica. La stessa differenza Marx la poneva tra "essere sociale" (per lui prevalentemente determinato dall'economia) e "coscienza".

Le forze produttive - secondo Marx - agiscono spontaneamente, a prescindere dalla volontà umana, entro una determinata formazione sociale (comunismo primitivo, schiavismo, servaggio, capitalismo), e lo fanno senza creare particolari sconvolgimenti sociali, finché però non giungono a maturazione, cioè finché non sviluppano a un certo livello le loro potenzialità (determinate da una certa tecnologia, dalla divisione del lavoro ecc.). A questo punto lo sviluppo pacifico entra in collisione coi corrispondenti rapporti produttivi e l'evoluzione cede il passo alla rivoluzione, che può essere pacifica o cruenta, a seconda della maggiore o minore resistenza al cambiamento da parte di tali rapporti.

In questo processo l'ideologia serve o a impedire o ad accelerare i mutamenti. Il rivolgimento riporta le cose in equilibrio facendo progredire ulteriormente le stesse forze produttive, fino alla prossima crisi. Marx aveva accettato la tesi hegeliana secondo cui progressive determinazioni quantitative (compiute spontaneamente) ad un certo punto producono una nuova qualità.

Ma se la struttura determina la sovrastruttura come fa la coscienza a capire che l'economia va radicalmente mutata? La cosa può essere fatta solo se vi sono condizioni sufficienti nella struttura.

La fondamentale condizione sufficiente per realizzare una rivoluzione è quella che si verifica quando i rapporti giuridici della proprietà privata sono del tutto inadeguati alle forze produttive, le quali, a causa del progresso tecnico, si sviluppano più in fretta dei corrispondenti rapporti. Quest'ultimi sono adeguati o idonei finché permettono alle forze di svilupparsi.

Le forze incarnano sempre una classe progressiva; i rapporti invece, quando non sono adeguati, incarnano una classe regressiva. La classe che vince impone a tutta la società la propria ideologia.

Nella sovrastruttura si prende quindi coscienza della contraddizione tra forze e rapporti. E' la sovrastruttura che fa prendere coscienza alla struttura che è giunto il momento di trasformarsi radicalmente, avendo già questa i presupposti materiali per poterlo essere: di qui la funzione della prassi politica.

A cosa doveva servire Il capitale di Marx? A dimostrare scientificamente, attraverso l'analisi economica, che all'interno del capitalismo non c'è alcuna possibilità di risolvere l'inadeguatezza dei rapporti alle forze. Alcune leggi infatti rivelano l'impossibilità della cosa:

  • esistono crisi cicliche di sovrapproduzione;
  • la disoccupazione è endemica (esercito industriale di riserva, utilizzato per contenere l'aumento dei salari);
  • esiste una caduta tendenziale del saggio di profitto, proprio mentre si rinnova il capitale fisso con cui si cerca di scongiurarla;
  • l'esigenza di espansione illimitata dei mercati (colonialismo e imperialismo) provoca continue guerre per la ripartizione dei territori;
  • il monopolio (concentrazione e centralizzazione dei capitali) tende a fagocitare la concorrenza;
  • la finanza tende a prevalere sull'economia produttiva;
  • è costante la polarizzazione delle classi sociali (proletariato e borghesia) in un rapporto inverso: all'aumentare dell'una diminuisce l'altra, ecc.

Bisogna dunque aspettare che si esaurisca la corrispondenza di forze e rapporti, anche se ci si accorge subito che il sistema presenta contraddizioni irrisolvibili. Conseguenza di ciò è che il passaggio al socialismo deve avvenire per forza attraverso il capitalismo, poiché storicamente questo è stato il sistema che ha sviluppato di più le forze produttive contro rendita e servaggio.

Quando nel 1868 Marx viene a contatto coi populisti russi, che avevano letto il primo libro del Capitale, essi gli chiesero se potevano passare dal feudalesimo al socialismo saltando la fase del capitalismo. La sua risposta fu affermativa, ma solo se in Europa occidentale ci fosse già stato il socialismo, altrimenti non avrebbero avuto la forza per fronteggiare un rivale così potente come il capitalismo europeo.

Un primo vero ripensamento al determinismo dei rapporti tra struttura e sovrastruttura fu quello di Engels che, morto Marx, cominciò a sostenere che il rapporto tra i due elementi era valido solo in ultima istanza. Per il resto è sufficiente parlare di condizionamento, che però tra i due elementi può essere anche reciproco. L'uomo quindi soggettivamente può porsi con la propria coscienza al di sopra di questo rapporto di stretta dipendenza.

Infatti, se non fosse così, nessuna rivoluzione politica sarebbe mai possibile, ovvero le rivoluzioni avverrebbero in maniera fatalistica, quando le civiltà hanno esaurito tutta la loro forza propulsiva, e quindi in condizioni di altissima tragicità.

Come noto, quel rapporto di stretta determinazione bloccò in Europa occidentale il processo politico rivoluzionario del socialismo scientifico, che infatti prese a svilupparsi nella Russia di Lenin, il quale per la prima volta fece chiaramente capire che è nella sovrastruttura che si decidono le rivoluzioni politiche.

La Russia cioè avrebbe potuto realizzare il socialismo anche senza il socialismo euro-occidentale. Sarebbero state sufficienti due cose: un partito d'avanguardia in grado di organizzare le masse (non solo quelle operaie) e, fatta la rivoluzione, l'impianto in Russia delle stesse forze produttive capitalistiche dei paesi europei avanzati, senza però la proprietà privata e quindi senza i problemi che questa crea. Per Lenin la politica è una sintesi dell'economia: il suo Imperialismo, fase suprema del capitalismo voleva essere un completamento del Capitale di Marx.

Sulla scia di Lenin e dell'ultimo Engels si pone la riflessione di Gramsci, il quale cominciò a sostenere, nei Quaderni del carcere, che i comunisti possono occupare lo Stato passando per l'egemonia culturale della società civile, da realizzarsi democraticamente mediante il partito. Gramsci era interessato a qualunque aspetto della sovrastruttura e quasi per nulla all'economia.

Secondo Lenin invece non occorreva egemonizzare culturalmente tutta la società civile prima di fare la rivoluzione politica. Per lui era sufficiente trovare adeguati consensi nei punti nevralgici della nazione (grandi città, grandi aziende, la capitale, ove risiede un potere centralizzato che dirige istituzioni e società civile). Il resto sarebbe venuto da sé. Se si aspetta di conquistare l'intera società civile, si rischia di non poter mai fare alcuna rivoluzione: sia perché la borghesia possiede molti più mezzi per difendersi e condizionare il proletariato, sia perché le rivoluzioni possono essere compiute soltanto quando si è capaci di approfittare dei momenti di acuta debolezza della struttura, altrimenti si è destinati a corrompersi (a diventare riformisti). Se non si approfitta del momento, il sistema farà pagare ai lavoratori la necessità di una propria ristrutturazione.

In effetti in Europa occidentale gli intellettuali di sinistra si sono limitati a una critica intellettuale del sistema, a un'opposizione entro i limiti del parlamentarismo e delle leggi della democrazia borghese.

Dal canto loro, i paesi est-europei sono ben presto finiti, a partire dallo stalinismo, nelle secche di un'altra pseudo-verità borghese: la neutralità dello Stato. Il socialismo amministrato ha preteso di affermare la socializzazione dei mezzi produttivi in nome della loro statalizzazione, ha cioè fatto coincidere due realtà tra loro geneticamente opposte: "Stato" e "popolo", e ha fallito clamorosamente.

Osservazioni critiche

  1. Nel passaggio da una struttura a un'altra, la sovrastruttura (anche religiosa) può giocare un ruolo determinante: questo spiega il motivo per cui, a parità di condizioni economiche, il capitalismo nasce in un luogo e non in un altro (p. es. non nasce sotto il ricco impero bizantino, dominato dall'ideologia ortodossa, ma nasce nei Comuni italiani, dominati dall'ideologia cattolica).
  2. E' un errore considerare la tecnologia come una componente neutra il cui uso dipende dai rapporti di proprietà. Il socialismo deve ripensare l'uso di quella tecnologia che risulta incompatibile con le esigenze riproduttive della natura. Marx aveva un concetto di "progresso" del tutto separato dall'esigenza di tutelare la natura.
  3. Non c'è alcuna garanzia che il passaggio da una struttura a un'altra avvenga in direzione dall'inferiore al superiore, né ha senso sostenere che se nel passaggio non vengono conservate le medesime forze produttive, il passaggio sarà necessariamente dal superiore all'inferiore (p.es. a livello di "essere sociale", l'alto Medioevo non è stato affatto inferiore all'impero romano).
  4. Se si aspetta che scoppi da sola la contraddizione tra forze e rapporti, non c'è alcuna garanzia che l'alternativa che si formerà sarà migliore: questo perché ogniqualvolta s'incontra un antagonismo, bisognerebbe intervenire subito per risolverlo, altrimenti diventa sempre più difficile farlo.
  5. Marx ha fatto tendenzialmente coincidere l'essere sociale con l'essere economico, invece di considerarlo in maniera olistica, in cui tutti gli elementi che lo compongono vanno considerati paritetici, in grado di condizionarsi a vicenda, sicché nessun elemento può costringere a fare una determinata scelta, anche se un condizionamento può essere più forte di un altro.
  6. Marx non ha detto nulla sul tipo di socializzazione dei mezzi produttivi che si sarebbe dovuta realizzare una volta fatta la rivoluzione. Il bolscevismo ha dimostrato che una socializzazione statale non porta affatto a un socialismo democratico, bensì a una dittatura. Lo Stato, invece di estinguersi, si era enormemente rafforzato, coincidendo con il partito.

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Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Teorici
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Aggiornamento: 26/04/2015