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I DIECI PECCATI CAPITALI DI MARX
- Marx ha sottovalutato l'importanza del colonialismo nella
formazione del capitalismo, lasciando credere ch'esso fosse una sua logica
conseguenza, quando, in realtà, tra capitalismo e colonialismo vi è
un'influenza reciproca. Il colonialismo infatti s'impone sin dai tempi delle
crociate, cioè a partire dal Mille. Certamente non possiamo sostenere
ch'esso sia stato la principale causa per la nascita del capitalismo, in
quanto a ciò hanno contribuito anche fattori ideologici e tecnologici; e
tuttavia l'influenza del colonialismo va considerata decisiva, come risulta
ancora oggi per la sopravvivenza del capitalismo.
Questo errore non fu compiuto da Lenin, il quale, anzi, si rese conto, ad un
certo punto, che proprio il colonialismo permetteva al capitalismo di
condizionare pesantemente il movimento operaio metropolitano e, ancor più, i
suoi dirigenti politici e sindacali, mantenendo alti i salari e gli
stipendi, pagati, sostanzialmente, con l'enorme sfruttamento delle colonie.
- Ritenendo che il proletariato industriale fosse l'unica classe che,
priva di tutto, non avrebbe avuto nulla da perdere a scatenare una
rivoluzione politica, ne ha sopravvalutata la capacità eversiva. Cioè si è
affidato eccessivamente a quello che viene definito "lo spontaneismo delle
masse", rinunciando così a costruire un partito politico vero e proprio.
Errore, questo, che Lenin non fece, essendo persuaso che la classe operaia,
lasciata a se stessa, senza una guida politica, al massimo si limitava a
fare delle rivendicazioni salariali, non riuscendo ad avere una visione
d'insieme relativa all'intero sistema da abbattere. Lenin in sostanza aveva
capito che non basta la "sofferenza", dovuta alla miseria e alla privazione
dei diritti, per compiere una rivoluzione: ci vuole l'organizzazione
determinata e consapevole di un partito politico, che può essere anche
composto di operai, ma questi devono dedicarsi completamente alla tattica e
alla strategia eversiva, cioè devono diventare dei "professionisti" della
politica rivoluzionaria.
- Marx ha del tutto trascurato l'alleanza degli operai con la
piccola-borghesia e soprattutto coi contadini. Non è stato capace di creare
un consenso su temi comuni. Ha sempre considerato i contadini troppo
ignoranti, troppo bigotti, troppo isolati tra loro per poter compiere una
rivoluzione comunista.
Lenin non farà questo errore, anche perché, in un paese come il suo, all'80%
contadino, non avrebbe avuto alcuna possibilità di fare una rivoluzione
autenticamente popolare; senza l'appoggio delle masse contadine avrebbe
soltanto potuto fare un colpo di stato.
- Marx ha sottovalutato l'importanza della sovrastruttura ai fini
del cambiamento qualitativo della struttura socio-economica. Questo lo ha
portato, altresì, a inglobare il sociale nell'economico, cadendo nello
stesso limite della borghesia.
Tra struttura e sovrastruttura oggi si ammette un'influenza reciproca,
sempre e in ogni caso, come ben compresero Lenin (che ritenne la politica
più importante dell'economia ai fini della rivoluzione) e Gramsci (che
ritenne la cultura più importante addirittura della politica ai fini
dell'egemonia del partito nell'ambito della società civile).
- Marx non solo ha trascurato la realizzazione di un partito politico
rivoluzionario, guidato da professionisti della politica, ma non ha mai
valorizzato neppure il socialismo utopistico e il mondo della cooperazione,
insistendo invece nel fare un'analisi economica in cui la transizione dal
capitalismo al socialismo apparisse come un qualcosa di necessario,
dipendente dalle stesse irrisolvibili contraddizioni del capitale, la prima
delle quali è sempre stata considerata quella della crescente sfasatura tra
forze e rapporti produttivi.
Conseguenza di ciò è stato che, insieme ad Engels, ha allestito
un'Internazionale comunista che di eversivo non aveva nulla. Il soggiorno
londinese è servito a poco sul piano politico e, su quello dell'analisi
economica, è servito soltanto ad approfondire le tesi già espresse durante
il soggiorno parigino. Marx si è lasciato determinare troppo dalla categoria
hegeliana della necessità.
- Egli inoltre non ha capito che lo sviluppo tecnico-scientifico non può
essere utilizzato così com'è. Una società socialista non può fondarsi
sull'idea che sia sufficiente socializzare i mezzi produttivi per poter
utilizzare al meglio la tecnologia prodotta dalla borghesia. Questa
tecnologia non può essere considerata come qualcosa di neutrale, dipendente
dall'uso che se ne può fare. Essa stessa, essendo il prodotto di precisi
conflitti di classe, va rimessa continuamente in discussione. Sotto il
socialismo ci si dovrà ogni volta chiedere, di fronte all'esigenza di dover
risolvere un problema, se i mezzi ereditati dalla società capitalistica
siano davvero quelli idonei.
- Marx non ha capito che tutta l'industrializzazione e tutta la scienza e
la tecnologia che si sono sviluppate sotto il capitalismo e, prima ancora,
nelle società e civiltà basate sugli antagonismi sociali, hanno sempre
una ricaduta negativa sull'ambiente. Egli ha sempre contrapposto l'uomo alla
natura e ha sempre considerato la natura un bene da consumare, un oggetto da
dominare grazie appunto alla scienza e alla tecnica, seppur ciò andasse
fatto in maniera razionale, diversamente da quanto accade sotto il
capitalismo. Oggi questo modo di vedere le cose viene considerato
profondamente anti-ecologico.
- Marx ha ritenuto assolutamente necessaria la transizione dal feudalesimo
al capitalismo, senza mai prospettare l'idea di una riforma agraria che
spezzasse il latifondo ed evitasse quindi quella transizione. Ma, quel che è
peggio, ha sempre ritenuto necessario il passaggio dal comunismo primordiale
(che non soffriva di conflitti di classe o di casta) allo schiavismo. Di qui
la necessità di credere, secondo i principi del determinismo economico, che
sarebbe stata necessaria anche la transizione dal capitalismo al socialismo.
- Marx non ha capito i motivi per cui, a parità di traffici commerciali, o
comunque in presenza di mercati, di valori di scambio e di monete, il
capitalismo nasce in un luogo invece che in un altro, anche se ha intuito
due aspetti fondamentali dell'economia borghese: la prima è che non può
nascere il capitalismo se non esiste la libertà giuridica pienamente
affermata a favore del lavoratore, la seconda è che il protestantesimo
rappresenta la religione che meglio si presta a garantire l'affermarsi di
tale libertà giuridica formale o astratta, in cui la libertà viene fatta
coincidere con la pura libertà di scelta, mentre per il resto ci si affida
alla legge economica del più forte.
- Nel suo soggiorno londinese Marx è sempre stato convinto che fino a
quando una società non esaurisce tutta la sua forza propulsiva, è
impossibile una transizione al socialismo. D'altra parte non ha mai spiegato
come avrebbe dovuto svolgersi l'ultima transizione della storia. Diceva, p.
es., che lo Stato va occupato e persino gestito in maniera dittatoriale in
presenza di una controrivoluzione, ma poi sia lui che Engels hanno detto che
doveva "estinguersi", seppure in maniera progressiva. Neppure è stata
chiarita la fase relativa alla socializzazione dei mezzi produttivi: lo
Stato ha un proprio ruolo in tale socializzazione o non ne ha alcuno? È più
importante la società o lo Stato? Come può la società organizzarsi fino al
punto da non aver bisogno di alcuno Stato?
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