TEORICI
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ANASSAGORA DI CLAZOMENE I - II
Anassagora nasce a Clazomene, città ionica sulle coste dell’Asia Minore, all’inizio del V sec. a.C. ed assorbe il background culturale dei naturalisti milesii del VII sec. e in particolare di Anassimene. La vicinanza di Clazomene con Mileto, probabile patria di Leucippo, e il fatto che essa sia la zona d’origine dei colonizzatori di Abdera, rende ragione dei parallelismi delle formulazioni fisico-cosmologiche dei due grandi filosofi della Ionia, che con le loro formulazioni ontologiche pluralistiche mettono in mora il monismo mistico di Parmenide. Anassagora emigrò ad Atene verso il 460 a.C. trovando nella città attica, governata da Pericle (di cui fu amico), l’ambiente intellettuale ideale per portarvi la filosofia ionica e aprire una scuola, contando trai suoi allievi Archelao ed Euripide. Ad Atene avrà modo di sviluppare le proprie riflessioni naturalistiche e giungere alla formulazione della teoria dei semi originari del mondo reale (che Aristotele chiamerà omeomerìe), di numero infinito e presenti in quantità e rapporti variabili in tutti i corpi reali. Quale generatore delle cose del mondo agendo sui semi Anassagora pose il nous, la forza “naturale” super-materiale che connette i semi in modo differente dando origine, a seconda della prevalenza di una certo tipo rispetto agli altri, alle cose del mondo che si offrono alla nostra percezione. Un’errata interpretazione idealistica ha visto il nous come un intelletto ordinatore di carattere divino, in realtà il nous non è altro che la “forza” che “produce la realtà a partire dai suoi elementi originari. Le ricerche di Anassagora sono state di carattere eminentemente naturalistico e concernenti sia l’astronomia che la biologia. Scrisse un trattato Sulla natura di cui ci sono pervenuti diversi frammenti. A causa di alcune sue concezioni astronomiche contrarie alla religione subì un processo per empietà nel 432 a.C. che lo costrinse a lasciare Atene. Fuggì, tornando in Asia Minore, e prese dimora a Lampsaco, dove morì nel 428 a.C. * * *
* L'idea migliore di Empedocle (la trasformazione perenne delle cose) è stata ripresa da Anassagora, il quale fece proprio anche l'ateismo di Senofane. Anassagora è uno "scienziato" (per come allora si potesse esserlo) che tiene rigorosamente separate la fisica dalla metafisica, l'astronomia dall'etica, ecc. Ed è uno scienziato che privilegia le scienze esatte: matematica, astronomia, medicina e biologia. Inoltre è uno scienziato dichiaratamente "ateo", tant'è che fu accusato dagli aristocratici di empietà. Dalla sua scienza dipende l'atomismo di Democrito. Anassagora assomiglia ad Empedocle quando afferma che il movimento dei fenomeni è generato da un Nous immobile (per Empedocle erano le quattro radici ad essere immobili). Ma se ne differenzia quando evita di attribuire a questo Nous una qualche finalità etica o metafisica. Il Nous ordina il cosmo secondo una causa efficiente, non secondo un fine. Anassagora permette di distinguere la natura dall'essere umano, anche se fino a un certo punto. L'uomo, nella concezione fisicista di Anassagora, non è superiore alla natura in maniera qualitativa. La superiorità dell'uomo rispetto agli animali risiede nel fatto ch'egli dispone delle "mani", le quali gli hanno permesso di sviluppare il cervello, cioè l'intelligenza, l'esperienza, la memoria, il sapere e la tecnica. Il materialismo di Anassagora è meccanicistico (vedi ad es. quello di Monod). Egli tuttavia intuì sia l'infinità della materia che l'equivalenza tra microcosmo e macrocosmo ("nel tutto c'è tutto", dice la sua cosmologia). Per Anassagora "il tutto nel tutto" voleva senza dubbio essere un'affermazione scientifica. Senonché, con gli scarsi strumenti di cui allora si disponeva, essa ha finito col trasformarsi in un'affermazione filosofica. Non solo, ma quell'affermazione, di per sé, non era in grado di favorire lo sviluppo della conoscenza scientifica, poiché non poneva i limiti che distinguono un enunciato vero da uno falso, anzi possono indurre un certo relativismo gnoseologico. La sua teoria della conoscenza - in questo aveva ragione Aristotele - sembra restare aperta a qualunque soluzione. Probabilmente l'aspetto più significativo di questa teoria, è la concezione funzionale-strumentale del sapere, che, a suo dire, va finalizzato a delle applicazioni tecniche (manuali), evitando risolutamente le mere astrazioni. Tuttavia l'idea di far dipendere la conoscenza dalle sensazioni non è stata molto felice. Non si può ridurre l'esperienza umana a un complesso di sensazioni, anche se è vero che la sensazione, per Anassagora, va al di là del concetto di "senso" (che è riferibile anche agli animali), in quanto la sensazione è strettamente legata all'intelligenza, tant'è che essa è in grado di cogliere un fenomeno anche a partire dal suo contrario (in questo Anassagora supera nettamente Empedocle). Resta comunque limitativo il fatto di attribuire alla mera sensazione il motore che fa muovere l'intelligenza (questo modo di ragionare lo si ritroverà nei sensisti inglesi e francesi), anche perché, in tal modo, l'uomo viene ad essere sminuito rispetto alla natura, la quale è mossa da un'intelligenza (il Nous) che somiglia vagamente a un'entità divina. In realtà, l'intelligenza umana gode di una relativa autonomia rispetto alle sensazioni, o quanto meno essa è in grado di rielaborarle secondo schemi mentali che non sono impliciti nelle sensazioni, né da queste desumibili. Altrimenti non si spiegherebbe il motivo per cui davanti a fenomeni negativi, osservati quotidianamente, un individuo reagisce in maniera passiva e un altro in maniera costruttiva. Probabilmente, l'assenza di dialettica in Anassagora è dovuta all'assunzione inconsapevole del principio parmenideo dell'essere (identificato col Nous, in virtù del quale però egli pensava di superare Parmenide). La differenza tra i due principi è la stessa che passa tra uno scienziato e un metafisico. Di fronte a un metafisico, lo scienziato rischia sempre di sentirsi condizionato intellettualmente, se non trova il modo di agganciare le scienze naturali a quelle umane. Se Anassimandro l'avesse fatto, l'importanza di Parmenide sarebbe stata immediatamente oscurata. Egli comunque resta la terza via originata dalla concezione dell'essere di Parmenide, dopo quella estremista di Zenone e quella moralista di Empedocle. * * * Verso la fine del VI sec. a.C. i persiani distrussero le colonie ioniche, arrestando anche il progresso della filosofia che proprio lì aveva avuto inizio. Nel 480 a.C. una coalizione greca guidata da Atene riprende il controllo sull'Egeo creando una zona di influenza cui saranno soggette le città ioniche. Atene così sostituisce Mileto nel ruolo di guida dal punto di vista economico, politico e culturale, spingendo per questo motivo molti filosofi a trasferirvisi. Il primo di questi è Anassagora di Clazomene, ritenuto colui che per primo ha portato la filosofia ad Atene, anche se nonostante questo e nonostante il contesto storico già mutato le sue radici affondano nel pensiero ionico. L'ambiente che egli trovò era favorevole alla riflessione, in quanto l'aristocrazia si fece interprete delle esigenze provenienti dal nuovo ceto degli artigiani e dei commercianti. Anassagora fu consigliere personale di Pericle, ma anche ideologo del demos, cerniera di un equilibrio che cesserà nel 430 a.C., quando egli sarà processato per empietà a causa della concezione ateistica della sua astronomia (sosteneva che il sole era solo un metallo infuocato). Anassagora nasce a Clazomene (in Asia Minore) nel 500 a.C., ma dal 463 al 433 a.C. vive ad Atene, da cui sarà costretto ad andarsene per le accuse di ateismo che gli furono rivolte; la morte si colloca nel 428 a.C.. Oltre ad essere consigliere di Pericle, egli fu anche maestro e tenne pubbliche lezioni (fra i suoi uditori ci furono Ippocrate e Socrate). Anche a Lampsaco, dove morì, egli fondò una scuola. Si occupò di matematica, astronomia, medicina e biologia, e compose un trattato cui venne dato poi il titolo Sulla Natura (opera che egli diffuse anche al di fuori della cerchia dei suoi uditori, tanto da essere considerata la prima opera venduta sull'agorà), di cui ci restano numerosi frammenti. La sua cosmologia pone all'origine del mondo non un materiale indistinto, ma i semi (omeomerie) da cui poi avrebbero avuto origine tutte le cose. Questi esistono in numero illimitato e si compongono fra loro dando luogo a diversi aggregati (teoria questa che aprirà la strada all'atomismo). Piuttosto che di nascita e morte, egli preferisce parlare solo di composizione e scomposizione degli elementi. Il passaggio dal disordine originario all'ordine, avviene grazie ad un principio ordinatore che agisce dall'esterno, il Nous, una intelligenza che non genera il mondo (non dimentichiamo che nel pensiero greco dei primi secoli è assente il concetto di creazione) ma che lo forma soltanto (come farà poi anche il demiurgo platonico). E' importante precisare che per Anassagora questo nous non è un dio, ma un principio materiale la cui azione non è provvidenziale o finalistica, ma meccanica. Anassagora riprende la concezione di Senofane per la quale il sapere è ricerca attiva, ma aggiunge anche che questa consiste in un processo che si sviluppa attraverso le fasi dell'esperienza, della memoria, del sapere e della tecnica. Il sapere poi non è fine a se stesso, ma culmina nelle applicazioni tecniche manuali (mostrando così come egli sia l'espressione di quel ceto artigianale che si andava candidando ad un ruolo di antagonista all'aristocrazia nella guida della città). Anassagora sarà perciò vittima della controffensiva aristocratica che vedrà soccombere il demos e quella cultura che da Talete in poi ne era venuta esprimendo le esigenze.
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