TEORIA
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L'UMANESIMO NEOPLATONICO DEL QUATTROCENTO
Quando si parla di Umanesimo si parla di cultura borghese, ma quando si parla di cultura borghese si intende una cultura scientifica, tecnologica, laicistica. E allora perché la cultura borghese più significativa dell'Umanesimo, invece d'essere neo-aristotelica, era neo-platonica? Non era forse stato l'aristotelismo a contestare in senso realistico il platonismo? A valorizzare molto di più la natura e la materia? E a dare poca importanza alle questioni mistiche e teologiche? Qui bisogna anzitutto dire che il platonismo viene usato dall'Umanesimo per rompere con la tradizione teologica della Scolastica, che, per quanto laica fosse nella propria riscoperta dell'aristotelismo, restava pur sempre una tradizione fondamentalmente religiosa, anzi metafisica, poco avvezza ad approfondire tematiche più propriamente scientifiche. I risultati migliori la Scolastica li aveva dati in campo logico. E in ogni caso, quando si era spinta troppo in direzione del laicismo, separando nettamente le funzioni della ragione da quelle della fede, il papato aveva reagito molto negativamente. Per il resto non aveva fatto altro che servirsi di Aristotele in funzione anti-scientifica. L'Umanesimo non fa che riprendere le tematiche della Scolastica inglese (Ruggero Bacone, Duns Scoto e Guglielmo di Occam), portandole a conseguenze ancora più laiche, ma senza gli addentellati della politica anticlericale. E, per fare questo, non poteva utilizzare Aristotele, che in Europa occidentale veniva studiato attraverso la mediazione della Scolastica. Doveva per forza utilizzare ciò che da sempre veniva considerato la sua opposizione: il platonismo. Il problema che, a questo punto, si poneva era come fare a recuperare il platonismo senza fare un passo indietro rispetto all'interpretazione Scolastica dell'aristotelismo. Il modo fu trovato in maniera ingegnosa: facendo dell'uomo l'unico vero dio e trasformando il dio degli Scolastici in un ente totalmente astratto, in un qualcosa di convenzionale, di scontato, su cui non val neppure la pena discutere, tant'è che si comincia a considerare la filosofia come una scienza superiore alla teologia, in grado di mettere d'accordo tra di loro le varie concezioni religiose dell'esistenza (come p.es. pensò di fare Pico della Mirandola). La riscoperta del platonismo doveva in realtà servire per tornare al mondo greco-romano, saltando a piè pari tutta la tradizione medievale. E, poiché il platonismo era una filosofia contenente aspetti molto mistici (il demiurgo, l'anima, la metempsicosi, l'iperuranio ecc.), si era convinti che il potere ecclesiastico dominante non avrebbe ostacolato questo recupero del lontano passato, che già Agostino d'Ippona aveva largamente tentato. E gli umanisti ebbero ragione. Al papato, già profondamente corrotto e imborghesito, non dava affatto fastidio che il pensiero filosofico e la cultura in generale si laicizzassero (basta vedere con quanto impegno sponsorizzò lo sviluppo del laicismo in campo artistico). Il papato cominciò a reagire negativamente alla cultura borghese quando nacque la Riforma protestante. Infatti con la Controriforma il papato non si oppose solo alle idee di Lutero e di Calvino, ma anche a quelle degli umanisti e dei rinascimentali, e poi anche a quelle dei politici alla Machiavelli e a quelle degli scienziati alla Galilei e nell'Europa mediterranea l'operazione censoria gli riuscì perfettamente, almeno sino all'arrivo delle truppe napoleoniche. Il papato infatti, se sul piano teorico o culturale era relativamente disposto ad accettare la laicizzazione della borghesia, sul piano pratico o politico non era disposto ad accettare alcuna insubordinazione. Quando vide il radicalismo dei protestanti, li temette, scatenando contro di loro, con l'aiuto di Carlo V, guerre furibonde, e, in questo atteggiamento intollerante, furono travolti anche gli umanisti e i rinascimentali, che pur avevano considerato le argomentazioni teologiche dei riformati un passo indietro rispetto alle loro concezioni laicistiche della vita. La chiesa controriformistica temette che in Italia gli umanisti, vedendo la determinazione dei protestanti, potessero unire al loro preteso laicismo una rivendicazione più esplicitamente politica. L'Umanesimo quindi, sino al concilio di Trento, poté svilupparsi magnificamente, proprio a motivo dell'ambiguità di fondo che caratterizzava la sua cultura, la quale, mentre sul piano formale assicurava d'essere conforme alla religiosità dominante, su quello sostanziale tendeva invece a sviluppare idee laico-razionalistiche, conformemente agli interessi della classe borghese, che, per affermarsi, aveva bisogno di fruire di un'ampia autonomia. Facciamo qualche esempio di varie forme di ambiguità.
Tuttavia nel Quattrocento lo sviluppo delle scienze è ancora molto precario: di qui lo sviluppo della magia, dell'alchimia, dell'astrologia. Prima di arrivare alla scienza sperimentale vera e propria bisognerà attendere il Seicento. In questo periodo è soltanto ben visibile la matematizzazione dell'arte e dell'architettura. I filosofi neoplatonici e umanistici più importanti sono Cusano, Ficino, Erasmo (epocale la sua diatriba contro Lutero), ma vanno segnalati anche Lorenzo Valla (per quanto riguarda la filologia), Leon Battista Alberti e Leonardo da Vinci (per quanto riguarda la nuova concezione dell'arte e dell'architettura). Vedi anche il Cinquecento - L'Umanesimo - Inquadramento storico |