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ATEISMO E RELIGIONE
FRA MEMORIA STORICA E DESIDERIO DI LIBERAZIONE
A partire dalla Riforma protestante sono venute emergendo, in Europa
occidentale, varie forme di ateismo. Anzi, è forse possibile dire che proprio a
partire dalla Riforma, l'ateismo è andato via via perfezionandosi, dopo la
grande esperienza socio-religiosa del Medioevo (specie dell'alto Medioevo).
Tanto è vero che se il protestantesimo ha messo in crisi il valore della chiesa
"visibile", l'Illuminismo ha addirittura oscurato la "divinità" del Cristo,
mentre il Positivismo e il Materialismo sono persino arrivati a negare
l'esistenza di dio.
Da questa "progressione ateistica" la chiesa cattolica ha tratto la
conclusione che, dopo aver negato dio, l'uomo ha negato se stesso, dando così
origine alle varie forme di nichilismo, irrazionalismo ecc. In realtà le due
negazioni non sono affatto in un rapporto di causa/effetto: l'uomo, nella
tradizione occidentale, nega se stesso non tanto perché nega dio, quanto perché
si autoafferma in maniera individualistica. L'ateismo cioè è qui il riflesso non
di un'esperienza socio-umanitaria, ma di un'esperienza intellettuale e
individualistica, che si contrappone alla crisi della tradizionale (pre-borghese)
esperienza socio-religiosa.
La Riforma non è nata dal nulla, ma da una crisi profonda dell'esperienza
religiosa, quella tardo-medievale (i primi indizi intellettuali risalgono alla
riscoperta dell'aristotelismo in ambito universitario). A differenza di altri
tentativi interni al cattolicesimo, la Riforma è stata una risposta radicale
(seppure negativa) alla crisi dell'esperienza medievale. Una risposta negativa
perché appunto di tipo individualistico, non avendo saputo risolvere la crisi
generale del cattolicesimo-romano, il quale, ancora oggi, a livello
internazionale, gode di molta più credibilità di qualunque confessione
evangelica.
Il cattolicesimo continua a conservare una forza morale propria, dovuta a
principî come quello della subordinazione gerarchica al magistero, quello
dell'infallibilità pontificia, quello della giurisdizione universale della sede
romana ecc. Viceversa, il protestantesimo ha bisogno dell'appoggio e della
società borghese e dello Stato capitalistico, per potersi affermare con
efficacia.
La Riforma non è stata di per sé un'esperienza negativa. Per poterla
comprendere in maniera adeguata, occorre contestualizzarla storicamente. Questa
esperienza è diventata negativa quando si è assolutizzata nella propria
soggettività. Cioè, nel momento della critica del cattolicesimo medievale
decadente, essa è stata un fenomeno positivo; invece nel momento di elaborare
un'alternativa, essa ha fallito completamente. E non poteva che essere così, in
quanto la Riforma ha rifiutato, sin dall'inizio, di avvalersi della memoria
storica. D'altra parte anche l'Illuminismo, il Positivismo e il Materialismo (quest'ultimo
nella forma del socialismo amministrato) hanno fallito i loro obiettivi.
A questo punto un credente potrebbe chiedersi: è possibile recuperare il
senso socio-religioso autentico, dopo la crisi dell'esperienza medievale e dopo
la critica ateistica di tale crisi? Vien fatto di pensare che una risposta
convincente a tale domanda, nell'area dell'Europa occidentale, sia sempre più
difficile trovarla. Infatti, se alla crisi della cristianità medievale la
società religiosa ha saputo rispondere solo coll'individualismo della Riforma,
nulla autorizza a credere che il cattolicesimo-romano abbia in sé la forza
(morale) per superare le proprie contraddizioni. E' trascorso troppo tempo dal
momento in cui il cattolicesimo ha tradito l'esperienza autenticamente
comunitaria del valore religioso, perché si possa ancora far leva sulla memoria
storica e recuperare i valori perduti.
Per superare le contraddizioni dell'esperienza religiosa (sociale o
individuale), gli uomini, d'ora in avanti, possono affidarsi unicamente al
desiderio di liberazione. In questo senso, ponendosi in una prospettiva
prettamente laica, è possibile considerare anche la Riforma, oltre che
l'Illuminismo, il Positivismo e il Materialismo, come un tentativo di superare
la crisi del cattolicesimo-romano senza rifarsi, con la memoria, a un'esperienza
sociale e umana del passato, bensì ponendo in essere il desiderio di
un'esperienza del genere, che sul piano pratico però non si è realizzato
adeguatamente. Il protestantesimo, sul piano pratico, non ha fatto altro che
giustificare il capitalismo.
La Riforma è nata in Europa occidentale proprio perché qui il tradimento
dell'esperienza socio-umanitaria che il Cristo aveva cercato di realizzare era
avvenuto in maniera più marcata rispetto all'esperienze ortodossa dell'Europa
orientale. In occidente la chiesa romana ha portato a un eccesso di tipo
politico il tradimento operato dal cristianesimo primitivo, il quale è
consistito, da un lato, nell'aver voluto dare una connotazione religiosa a
un'esperienza umana, e, dall'altro, nell'aver voluto togliere a questa
esperienza ogni elemento politico-rivoluzionario.
La Riforma non ha smascherato questo tradimento (il quale anzi è stato esteso
anche agli aspetti materiali, economici della vita sociale), ma l'ipocrisia di
un'istituzione che mentre predicava sul piano teorico l'amore universale del
cristianesimo primitivo, di fatto giustificava più o meno apertamente il
servaggio e ogni forma di privilegio e di corruzione.
Tuttavia, la Riforma, confidando più nel desiderio che nella memoria, non
solo non ha intuito il tradimento del cristianesimo primitivo nei confronti di
una modalità socio-umanitaria di vivere il valore della vita (quella appunto del
Cristo), ma non ha neppure recuperato la prassi socio-religiosa di tale
cristianesimo (rimasta, appunto, nella chiesa ortodossa: quella prassi con cui,
se è vero che da un lato si chiede al credente di sopportare lo sfruttamento
come una prova divina, dall'altro però gli si chiede di sapersi organizzare in
maniera collettiva, onde attenuarne gli effetti negativi). Di qui i limiti
soggettivistici del protestantesimo e, in fondo, il recupero "vincente" delle
posizioni perdute da parte della tradizione cattolica, che certo conserva più
memoria di qualsiasi esperienza protestantica.
Il problema che a questo punto si pone è il seguente: perché nell'ambito
della chiesa cattolica, anche facendo leva sulla memoria storica rimasta, non si
è più in grado di recuperare l'esperienza socio-religiosa del cristianesimo
primitivo? La risposta è molto semplice: per poter recuperare il cristianesimo
primitivo, la chiesa cattolica dovrebbe rinnegare almeno mille anni di storia
euroccidentale, cioè dovrebbe negare qualsiasi valore a quelle decisioni che
nell'arco di un millennio l'hanno portata ad essere quello che è.
Ognuno si rende facilmente conto che solo un'esperienza cristiana estranea
alla tradizione euroccidentale può recuperare la memoria storica di
un'esperienza socio-religiosa, analoga a quella del cristianesimo primitivo. Qui
le possibilità sono due: l'ortodossia greco-slava e il cattolicesimo
terzomondista. Entrambe le esperienze sono in grado di superare, seppur non in
via definitiva, sia la crisi del cattolicesimo occidentale che la critica
protestantica.
Il cattolicesimo terzomondista supera il cattolicesimo-romano e il
protestantesimo in due modi, entrambi rifiutati dalle due confessioni: uno è
quello del recupero delle tradizioni comunitarie pre-coloniali; l'altro è quello
della valorizzazione delle teorie politico-sociali elaborate dal socialismo.
Storicamente parlando, il cattolicesimo terzomondista non poteva recuperare
l'esperienza socio-religiosa del cristianesimo primitivo. Esso ha però mescolato
due cose che nell'Europa occidentale vengono escluse da tempo. Questo significa
che le modalità di vita del cattolicesimo terzomondista non potranno mai
affermarsi in Europa occidentale: sia perché il collettivismo pre-coloniale (o
pre-borghese) ha qui perso ogni possibile riscontro; sia perché l'affermazione
del socialismo marcia, nelle due Europe, di pari passo con l'emancipazione dalla
religione.
In Europa occidentale è definitivamente tramontata la possibilità di
recuperare lo spirito del cristianesimo primitivo facendo leva sulla memoria
storica. Forse si potrebbe recuperare qualcosa se il cattolicesimo considerasse
l'ortodossia come la più autentica esperienza del cristianesimo primitivo. Ma
ciò potrebbe avvenire solo se il Cattolicesimo rinunciasse alle sue esigenze di
dominio politico-universale (che oggi soprattutto si concentrano nella funzione
carismatica del pontefice), ovvero se riconoscesse che tali esigenze sono venute
maturando proprio in un processo di contrapposizione radicale nei confronti
dell'ortodossia.
Nell'ambito del cattolicesimo (latino) solo quello terzomondista è estraneo
alla logica del dominio universale. Esso infatti subisce l'egemonia politica del
cattolicesimo euroccidentale, che, a tale scopo, si serve dell'appoggio degli
Stati capitalistici (ovviamente non nella stessa maniera delle chiese
protestanti, che non mettono mai in discussione il valore del capitalismo).
La nuova forma sociale dell'esperienza religiosa non potrà mai essere, in
Europa occidentale, quella anteriore al protestantesimo, poiché in Occidente non
esistono più esperienze del genere (se non in Polonia o nei Paesi Baltici, ma
anche qui esiste più che altro una "coscienza" medievale della religiosità,
sempre più contraddetta dalla vita concreta, quotidiana, che tende alla
secolarizzazione, sia nella forma borghese che nella forma socialista).
Ormai l'esperienza sociale del capitalismo è in grado di far fronte a
qualunque critica provenga dal campo cattolico. Il cattolicesimo ha da tempo
perso la sua battaglia politica contro la mentalità borghese. Ora sta perdendo
anche quella etica, poiché se è vero che l'ideologia borghese si presenta sul
piano etico-sociale in forme sempre più discutibili, tipiche di una società
decadente, è anche vero che tale ideologia sa mostrarsi sul piano dei principi
in veste molto più democratica dell'ideologia cattolica, chiusa per definizione
o comunque legata a schemi di pensiero di origine tardo-feudale. Inoltre il
laicismo borghese viene vissuto in forme autenticamente democratiche da
esperienze di orientamento socialista, che mirano a superare l'individualismo
come modus vivendi.
Insomma l'unico modo di superare la mentalità borghese oggi è quello di
creare un'esperienza socio-umanitaria che nulla abbia a che vedere con la
religione.
Lo stesso cattolicesimo terzomondista ha recuperato l'istanza
socio-umanitaria non in virtù del cattolicesimo (latino), ma in virtù di
un'esperienza che lo precede nel tempo (quella pre-coloniale) e di un'altra
(quella socialista) le cui origini vanno ricercate nell'Europa laica (per quanto
vi siano certe affinità ideali tra il socialismo moderno e le società
pre-coloniali).
Il cattolicesimo occidentale, per poter riacquistare credibilità, dovrebbe
recuperare le forme di socialità anteriori alla sua stessa crisi, cioè le forme
del cristianesimo primitivo, che erano sostanzialmente quelle legate ai bisogni
della collettività. Il successo del cristianesimo primitivo dipese
sostanzialmente dalla capacità di rispondere ai bisogni reali della gente.
Tuttavia, è da escludere a priori che il cattolicesimo occidentale, senza
l'apporto dell'ortodossia, sia in grado di realizzare un recupero del genere. Le
tracce di umanità sociale che ancora si riscontrano nel cattolicesimo
occidentale sono troppo "formali", troppo "astratte" perché possano veramente
costituire un'alternativa al capitalismo. Il cattolicesimo può realizzare un
recupero del genere se rinuncia alla religione e se, attraverso l'istanza di
liberazione, si sforza di creare un socialismo democratico (il che non potrà
certo avvenire senza drammatiche lacerazioni).
In ogni caso questo non può bastare alla coscienza di quegli uomini che non
vogliono rinunciare alla loro memoria storica, cioè a comprendere il loro
passato. Ora, siccome non sussiste più (almeno in Europa occidentale) il
problema di come recuperare lo spirito del cristianesimo primitivo, per quale
ragione non dovremmo porci il problema di sapere in che modo il cristianesimo
primitivo ha tradito l'esperienza socio-umanitaria del Cristo?
Da questo punto di vista ci pare del tutto lecito vedere le esperienze post e
anti-cattoliche (Riforma, Illuminismo ecc.) come un tentativo, non riuscito, di
recuperare (più che altro in maniera inconsapevole) le radici umanistiche
dell'esperienza cristiana, successivamente tradite da questa stessa esperienza
con l'innesto della fede religiosa.
Ora -ci si può chiedere-, se nell'Europa occidentale è del tutto impossibile
recuperare le tradizioni del cristianesimo primitivo, tale possibilità esiste
forse nei Paesi est-europei, caratterizzati dalla religione ortodossa? La
risposta è sempre negativa, ma per motivi diversi, proprio perché qui
l'esperienza del socialismo è stata accettata con maggiore convinzione. Nel
senso cioè che il socialismo democratico è stato visto come un'alternativa laica
alla socializzazione religiosa in via di dissoluzione. La crisi del
cristianesimo primitivo (che qui è iniziata molto più tardi e si è trascinata
fin quasi verso la fine dell'Ottocento) si è preteso di risolverla proprio a
partire dal socialismo democratico (questo a prescindere dalle realizzazioni
effettivamente democratiche di tale socialismo). Ciò significa che un recupero
del cristianesimo primitivo passa immediatamente, nell'Europa dell'est,
attraverso l'affermazione del socialismo, il quale -come noto- costituisce un
superamento dello stesso cristianesimo.
Si noti, in questo senso, la differenza tra la Grecia e gli altri Paesi di
religione ortodossa: là dove il cristianesimo è stato più forte e più sentito,
meno forte è stata l'esigenza del socialismo moderno. Ma questo ad un certo
punto non ha impedito che si utilizzasse lo stesso cristianesimo come illusione
per rinunciare all'esigenza del socialismo.
Se il superamento del cristianesimo oggi è rimesso in discussione, ciò non
avviene in virtù della forza del cristianesimo, ma in virtù dei limiti del
socialismo, che ancora adeguatamente democratico non è. Naturalmente questo tipo
di problematica è scarsamente avvertita in Europa occidentale (meno ancora negli
Stati Uniti), proprio perché l'Occidente non ha ancora sperimentato l'esperienza
del socialismo (né in una forma statalizzata, né in una democratica).
Sarebbe tuttavia molto interessante se le forze progressiste orientali e
occidentali dell'Europa (che si richiamano esplicitamente al socialismo
democratico), lavorassero insieme per recuperare le origini umanistiche (laiche)
e sociali dell'esperienza cristiana (del Cristo, non della chiesa) e cercassero
di riprodurle, mutatis mutandis, sulla base dell'esperienza del socialismo
democratico. Occorrerebbe cioè giungere alla conclusione che l'esperienza del
cristianesimo post-pasquale costituisce un tradimento del messaggio di Cristo e
che tale tradimento può essere superato solo da un'esperienza che affermi da un
lato gli aspetti socio-umanitari di quel messaggio (in nuce, ovviamente) e che
rinunci, dall'altro, agli aspetti religiosi.
In tal senso si potrebbe p.es. partire dal fatto che la chiesa cristiana ha
voluto trasformare il sentimento umano della fede in uno strumento religioso per
credere in dio, in netta contrapposizione all'uso della ragione e all'uso della
stessa fiducia nei rapporti interumani. Nell'ambito della chiesa quanto più un
credente ripone fiducia in dio, tanto meno ne ripone in se stesso e nel suo
prossimo.
Se oggi l'ateismo appare fallimentare non è perché la religione continua a
sussistere, ma perché le esperienze socio-umanitarie cui esso faceva riferimento
non sono state all'altezza del compito, cioè non sono state in grado di
soddisfare le esigenze democratiche delle masse popolari. Cosa che d'altra parte
neppure la religione può oggettivamente fare, poiché, se veramente avesse potuto
farlo, avrebbe avuto tutto il tempo a disposizione.
Nell'Europa dell'est l'ateismo è rimasto un'esperienza sostanzialmente
intellettualistica, alienata, proprio perché l'esperienza sociale ad esso
sottesa -il socialismo amministrato- non ha mai saputo risolvere i problemi
della giustizia sociale, dell'uguaglianza, delle libertà individuali ecc. Il
futuro sarà quello dell'ateismo solo nella misura in cui vi saranno soluzioni
convincenti sul piano pratico.
E comunque bisogna ammettere che se l'ateismo dei Paesi socialisti s'è rivelato
fallimentare, quello dei Paesi capitalisti lo è ancora di più, proprio perché
gli intellettuali che l'hanno sostenuto, si sono lasciati influenzare dalle
tradizioni individualistiche dell'Occidente, sconfinando spesso
nell'irrazionalismo. Sono stati rari i casi in cui gli intellettuali hanno
lottato, a fianco delle masse, per realizzare una rivoluzione di tipo
socialista.
Dunque, pur avendo più ragioni (teoriche) rispetto alla religione, l'ateismo
è stato costretto a fare bancarotta, a causa della sua incoerenza fra valori
affermati in sede teorica ed esperienza pratica, che è rimasta carica di
contraddizioni antagonistiche.
Fonti
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Dio non esiste. La realtà e l'evoluzione cosmica tra caso e necessità
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La filosofia e la teologia filosofale. La conoscenza della realtà e la
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Vita morte evoluzione. Dal batterio all'homo sapiens
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Dal nulla al divenire della pluralità. Il pluralismo ontofisico tra energia,
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