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L'ESEGESI LAICA DEI VANGELI
Dall'invenzione alla falsificazione

I
La trattazione laica della figura del Cristo e del cristianesimo in generale
può sottostare, a tutt'oggi, se si vuole assicurarle un minimo di scientificità,
a due sole fondamentali e preliminari impostazioni di metodo: quella
dell'INVENZIONE e quella della FALSIFICAZIONE.
Ogni altra forma di esegesi, fosse anche derivata dalla demitizzazione
bultmanniana, va considerata come "confessionale", anche se tra queste vi sono
differenze di non poco conto, al punto che si dovrebbe tendere a preferire le
esegesi ortodosse a quelle cattoliche, in quanto più favorevoli a un
cristianesimo di tipo "democratico" e non "monarchico", e quelle protestanti a
quelle ortodosse, in quanto più vicine al moderno ateismo o laicismo che dir si
voglia. (1)
Quanto alle esegesi di tipo cattolico, tendiamo a preferire quelle più vicine
alle ideologie del socialismo o comunque del laicismo in generale (p. es. il
modernismo, la
teologia della liberazione, il cristianesimo per il socialismo...). Tutte correnti entrate profondamente in crisi dopo
la fine del cosiddetto "socialismo reale", anche se nei confronti delle istanze
emancipative della religione cristiana, in genere, è notevolmente aumentata la
disillusione a livello mondiale, specie sotto il pontificato di Wojtyla, dove gli
aspetti accattivanti del "carisma personale" hanno praticamente fatto da
paravento al valore del messaggio, che era profondamente conservatore.
Questo per dire che le esegesi di tipo laico non dovrebbero rifiutare di
confrontarsi con le esegesi di tipo confessionale, benché sia a tutti evidente
che una qualunque esegesi confessionale parte sempre da un presupposto per noi
assolutamente indimostrabile, e cioè che il Cristo sia il "figlio di dio" o che
comunque esista un "dio".
Sotto questo aspetto è indubbiamente più facile che il confronto con le
ideologie religiose verta su argomenti non strettamente o non esclusivamente religiosi, come la pace, la giustizia sociale, la libertà di coscienza, la
tutela della vita e dell'ambiente ecc.
Oltre a questo va detto che un'esegesi laica del cristianesimo non può non
tener conto del fatto che a questa religione dicono di credere ancora centinaia di
milioni di persone e lo fanno senza metterne minimamente in
discussione i presupposti originari e neppure i dogmi, che pur hanno una loro
storia, spesso alquanto controversa (si pensi solo a quello dell'infallibilità
pontificia).
Noi non abbiamo il diritto di provocare tensioni tra le persone
giudicandole negativamente per un dato atteggiamento assunto nei confronti della
religione. Non possiamo dileggiare i presupposti della fede dei credenti,
perché, anche se sappiamo che tali presupposti non hanno fondamenti scientifici,
essi nondimeno costituiscono, per chi vi crede, una fonte di "vita", che può
anche mutare l'esperienza personale.
Non possiamo neppure non considerare il fatto che se da un lato può esistere
uno Stato laico e aconfessionale, dall'altro può esistere, nel medesimo Stato,
una nazione confessionale o pluriconfessionale, come sempre più stanno
diventando quelle europee, a causa dei fenomeni immigratori.
In una parola noi non possiamo sindacare sulle opinioni di coscienza. A questo punto però ci si può chiedere quali possano essere gli spazi di
manovra di un'esegesi non confessionale del fenomeno religioso in generale e del
cristianesimo in particolare, soprattutto delle sue fonti letterarie e non.
Cioè la domanda che dobbiamo porci è la seguente: in che modo possiamo
compiere un'analisi laica del cristianesimo senza offendere i sentimenti dei
credenti, senza scendere in forme superate di anticlericalismo, senza creare
inutili, anzi controproducenti battaglie di retroguardia?
Un modo l'abbiamo già detto: affrontando argomenti comuni, che coinvolgano
credenti e non-credenti, che sono "comuni" appunto perché riguardano lo sviluppo della società
civile. In questo modo il confronto avviene su questioni concrete, oppure, se su
questioni teoriche, in base a un'impostazione generale di tipo laico, dove ci si
differenzia soltanto nelle conclusioni finali, negli scopi ultimi dell'impegno
umano e civile.
L'altro modo è quello di promuovere un'analisi scientifica o razionale, o
storicamente fondata, o culturalmente motivata e qualificata dei testi in cui i
credenti dicono di basare la loro fede, evitando accuratamente, oltre alle cose
già dette in riferimento all'anticlericalismo, di parteggiare per un punto di vista
religioso rispetto a un altro, o anche solo di sostenere la causa di chi si
oppone, per motivi religiosi, alla religione dominante. Nessuna religione è in grado di
risolvere alcun problema dell'umanità, anche se, in quanto laici, lotteremo
contro le discriminazioni per motivi religiosi e siamo ben consapevoli che non tutti i
laicismi costituiscono alternative convincenti alle religioni.
Noi dobbiamo semplicemente dimostrare che vi sono ragioni sufficienti per
insinuare dei dubbi all'interno di certezze secolari, ritenute
incontrovertibili. Questo modo di procedere lo si incontra spessissimo nella storia del pensiero
umano. Gli stessi cristiani, in origine, lo adottarono per mettere in
discussione i fondamenti ideologici dell'ebraismo e del paganesimo.
Certo, noi potremmo dire di non aver bisogno di compiere un lavoro culturale
del genere, in quanto la società in cui viviamo, che è borghese e capitalistica,
porta naturalmente il credente a diventare scettico, agnostico, indifferente
alle questioni religiose.
Potremmo anche pensare che il modo migliore di superare i pregiudizi
religiosi sia quello di non far nulla e di attendere che il consumismo e la
progressiva laicizzazione dei costumi e degli stili di vita facciano
naturalmente il loro corso. Le stesse religioni sembrano oggi avere sufficienti
anticorpi per isolare gli elementi più fanatici o estremisti al loro interno.
Tuttavia noi dobbiamo creare una società basata sull'UMANESIMO LAICO, cioè su
una cultura che deve porsi in maniera autonoma, critica e propositiva. Noi non
possiamo restare indifferenti al fenomeno religioso, anche quando questo
fenomeno agisce nei limiti della legalità o della ragione.
In Italia abbiamo ancora l'insegnamento confessionale di una religione che
viola la laicità dello Stato e il carattere pubblico della scuola, abbiamo uno
Stato della Chiesa che gode dell'extraterritorialità in uno Stato che pretende
di essere sovrano, abbiamo continue ingerenze del clero cattolico nella vita
politica, sociale e culturale del nostro paese, soprattutto nei momenti cruciali
in cui si deve esprimere la libertà di coscienza e di voto politico, abbiamo una Costituzione che
attraverso il Concordato mantiene un rapporto privilegiato con una determinata
confessione, abbiamo delle statistiche falsate dal fatto che l'appartenenza o
meno a una religione viene misurata in rapporto al numero dei battesimi, abbiamo
una sorta di assistenza obbligatoria alle religioni convenzionate con lo Stato che passa
sotto l'otto per mille, abbiamo spesso dichiarazioni di esponenti di governo o
di istituzioni statali che esprimono pubblicamente esplicite preferenze per la
religione cattolica in rapporto ad altre religioni, e così via.
Di fronte a tutto questo la cultura laico-umanistica non può assumere una
posizione neutrale, di indifferenza, lasciando che siano i tempi, in maniera
spontanea, a portare uomini e donne a rivedere l'atteggiamento assunto nei
confronti di questa o quella religione.
Non possiamo limitarci a credere che quanto sia stato fatto in questi ultimi
500 anni, riguardo alla critica del fenomeno religioso (critica che in Italia è
addirittura iniziata coi movimenti ereticali medievali), possa essere
considerato sufficiente per tutelarci dagli abusi, dalle strumentalizzazioni
politiche che ancora oggi si fanno di questo fenomeno e delle sue idee.
Noi vorremmo che la fede restasse circoscritta nei limiti della libertà di
coscienza e che le comunità religiose venissero trattate come associazioni
private, ma così purtroppo non è. Privilegi ingiustificati e indebite ingerenze
persistono senza che da parte laica vi sia una sufficiente contestazione.
E' indubbio che su questa debolezza della cultura laica ha pesato la
metodologia di certa sinistra, che ha preferito ignorare il fenomeno religioso,
temendo di scatenare guerre inopportune, anticlericalismi giacobini, e questo
nella speranza di veder aumentare il proprio elettorato. Ma così
facendo si è impoverita la cultura laica, che oggi non ha strumenti convincenti
per contrastare ciò che le si oppone.
Ecco perché occorrerebbe riprendere la battaglia sui due versanti in cui più
sono visibili le anomalie: quello culturale e quello politico. Quest'ultimo in
relazione alle continue ingerenze clericali nella vita quotidiana. L'altro in
relazione alle tesi integralistiche, ai dogmi della fede, alle opinioni
dominanti in materia di religione.
Ma cerchiamo anzitutto di spiegare la differenza terminologica dei due
termini fondamentali: INVENZIONE e FALSIFICAZIONE.
Le favole, le fiabe sono invenzioni letterarie, prodotte dalla fantasia
popolare e messe per iscritto da qualche redattore, spesso anonimo. Non sono
necessariamente delle falsificazioni, poiché l'oggetto che si sarebbe dovuto
falsificare non si presentava in misura così importante o così compromettente.
Certo, dietro taluni personaggi fiabeschi possono celarsi nomi di principi e
sovrani autoritari, realmente esistiti, che non avrebbero tollerato di essere
esplicitamente citati. Ma qui non siamo ancora in presenza di manipolazioni falsificatorie, cioè di
mistificazioni più o meno mascherate, volute coscientemente per nascondere
realtà scomode.
Nelle fiabe popolari si possono incontrare accorgimenti letterari, forme di garanzie
di tutela da eventuali spiacevoli ritorsioni. Tant'è che spesso i redattori
hanno preferito, per motivi di sicurezza, trincerarsi dietro l'anonimato e chi
non l'ha fatto, come p.es. Esopo, è stato anche assassinato.
Un genere letterario che potrebbe essere letto in quest'ottica sono le
parabole evangeliche, le quali, pur prendendo spunto da fatti concreti, sono in
sostanza delle invenzioni letterarie, che non si pongono come obiettivo la
falsificazione della realtà, anche se è indubbio che nei momenti di gravi
limitazioni della libertà espressiva, l'uso della parabola, come critica
metaforica dei poteri dominanti, abbia caratterizzato la stessa predicazione del
Cristo.
La realtà, nelle fiabe, viene semplicemente edulcorata in quegli aspetti che
potrebbero risultare sconvenienti per l'incolumità personale. La critica delle
istituzioni, dei poteri dominanti che si fa attraverso questi artifici letterari
è quindi sempre indiretta, è più etica che politica, o se vogliamo è solo
implicitamente politica.
In una via di mezzo tra l'INVENZIONE e la FALSIFICAZIONE stanno tutti i
racconti natalizi dei vangeli di Matteo e di Luca. Qui la falsificazione
interviene sull'invenzione, allorquando si vuole dimostrare che il Cristo è
"figlio di dio" o "di Davide", secondo una genealogia del tutto inventata.
I racconti natalizi sono stati presi da tradizioni pre-cristiane e adattate al
cristianesimo, esattamente come i classici omerici hanno ripreso dei racconti
molto antichi, reimpostandoli in modo tale che apparisse in maniera evidente la
superiorità della civiltà ellenica. Anche qui in fondo si è in presenza di una
falsificazione, in quanto sono state esageratamente esaltate le caratteristiche
degli uomini di una civiltà antagonistica, appunto quella ellenica,
mettendo in cattiva luce tutti i personaggi che non rientravano nei valori di
questa civiltà (si pensi alla figura volutamente mostruosa, caricaturale, di
Polifemo, rappresentante di una società agro-pastorale che l'astuto
mercante-militare Ulisse doveva assolutamente sconfiggere ed espropriare).
Ma questa falsificazione non aveva lo scopo di creare un "movimento
popolare": era solo un sollazzo intellettuale per i ceti benestanti, serviva
semplicemente per confermare una posizione acquisita. Coi vangeli la questione è
molto diversa e lo vedremo strada facendo.
Tutta la migliore cultura razionalistica, illuministica e positivistica
europea ha affrontato l'argomento "vangeli" secondo l'impostazione della
INVENZIONE. I più importanti teorici sono stati Feuerbach e alcuni esponenti
della Sinistra hegeliana: Strauss e Bruno Bauer.
E' stato sulla base di questi studi che progressivamente è emersa anche
l'altra impostazione: quella della FALSIFICAZIONE.
Con la nascita del socialismo scientifico, soprattutto con gli studi di
Engels e di Kautsky, e successivamente con quelli dell'inglese Brandon, che non
era marxista, è venuta emergendo un'analisi delle origini del cristianesimo che
per certi versi lascia ancora più sconcertati. I vangeli mistificano la realtà
presentando un Cristo del tutto spoliticizzato, e questo per far sì che i
cristiani venissero accettati senza riserve dalle istituzioni romane. In pratica
il Cristo dei vangeli è una INVENZIONE che si basa su una FALSIFICAZIONE.
In Russia queste due interpretazioni le chiamarono con altri nomi: "scuola
mitologista" e "scuola storicista". L'esponente più significativo della prima fu
Kryvelev. L'altra scuola ha avuto molti seguaci. Non erano scuole in
opposizione, ma portavano a risultati diversi.
La scuola mitologista (di cui in Italia il maggiore rappresentante è stato
Donini) si è sempre preoccupata di dimostrare che il Nuovo Testamento in nessuna
parte può essere considerato una fonte storica e che allo stato attuale delle
fonti un affronto storicistico del cristianesimo è praticamente impossibile. Questa corrente si è in sostanza servita delle contraddizioni relative a
spazio e tempo per dimostrare l'infondatezza di tutte le tesi religiose.
L'altra scuola invece ha ragionato in termini ipotetici e s'è chiesta se,
dando per scontato alcune cose, si arriverebbe comunque a una conclusione
laico-razionale nell'analisi del cristianesimo primitivo. Cioè in pratica la
domanda che s'è posta è stata la seguente: ammesso che il Cristo sia esistito,
per quale ragione lo si è voluto presentare come un dio e non come un uomo?
perché lo si è voluto completamente spoliticizzare e in che modo si può
dimostrare la presenza di questa volontà mistificatrice?
Inutile dire che sia l'una che l'altra scuola rendono per noi laici del tutto
inutile la lettura dei testi confessionali di commento al Nuovo Testamento.
Improvvisamente ci siamo accorti che quanto era stato prodotto dalla chiesa
negli ultimi duemila anni aveva un valore del tutto irrisorio e che, se si
voleva continuare ad esaminare le fonti letterarie di questa religione,
bisognava in sostanza ripartire da zero.
Ma più precisamente cosa vuol dire "falsificare la realtà"? La realtà viene
falsificata dai redattori anonimi dei vangeli e di tutto il Nuovo Testamento per
una serie di ragioni.
Anzitutto la falsificazione viene fatta quando non si può prescindere da una
determinata realtà: questa è la prima fondamentale motivazione. Nel senso che i
redattori devono dare per scontata l'esistenza di una realtà ad essi precedente,
di cui devono necessariamente tener conto, proprio perché loro stessi fanno
parte di quella realtà.
Questa realtà, che in origine era quella umana e politica del Cristo,
contiene un messaggio di vita, una proposta rivolta alle contraddizioni
antagonistiche, conflittuali, della società schiavistica, nei cui confronti non
ci si può porre in maniera neutrale: o la si accetta o la si rifiuta.
Se la si accetta bisogna essere coerenti e rischiare quello che il Cristo ha
rischiato; se la si rifiuta e si vuole continuare a definirsi "cristiani",
bisogna necessariamente intervenire con una revisione dei fatti o appunto con
una falsificazione.
Siccome la linea ufficiale, quella che per noi risulta storicamente prevalente, è
stata la seconda, occorre che, nell'esame di queste fonti letterarie, si parta
dal presupposto che dietro vi sono state pesanti manipolazioni volte a
giustificare una determinata scelta di campo.
Il marxismo della II Internazionale rientrava, a pieno titolo, nell'alveo del
"socialismo scientifico", però nell'imminenza della I guerra mondiale Lenin ebbe
il coraggio di dire che in nome di questo socialismo i partiti della II
Internazionale avevano tradito la causa del socialismo, in quanto invece di
trasformare la guerra imperialistica in guerra civile, eliminando le rispettive
borghesie nazionali che volevano portare l'umanità al massacro, avevano sostenuto
l'idea di una guerra nazionale difensiva, mandando così il proletariato a
combattere in trincea. Questo per dire che la falsificazione avviene sempre su
qualcosa di già dato e da cui non si può prescindere.
La differenza, in tal senso, tra i vangeli e poemi omerici sta appunto nel
fatto che i redattori cristiani appartenevano a un movimento di persone che
pretendeva di avere un progetto alternativo sulla società. Un progetto che,
anche se non voleva porsi in maniera politica esplicita (salvo il concetto di
separazione tra chiesa e Stato), coinvolgeva sicuramente gli aspetti sociali e
culturali.
Per noi che viviamo fuori della chiesa può apparire irrilevante che i primi
cristiani abbiano operato delle mistificazioni sul loro stesso fondatore, eppure
- come si può facilmente notare - queste mistificazioni possono avvenire anche
in ambienti laici ed è bene essere pronti ad affrontarle con la dovuta
accortezza.
Ma se una falsificazione da parte dei redattori neotestamentari c'è stata, a
che livello essa s'è posta? quali sono i confini epistemologici entro cui s'è
mossa?
Qui anzitutto è bene sgombrare il campo da ogni equivoco ed essere molto
precisi nelle tesi da sostenere. Il Cristo storico, non quello della fede, non
si poneva come un profeta disarmato, ma come un leader politico intenzionato a
liberare la Palestina dai romani e dai loro collaborazionisti ebrei, creando una
società basata sulla giustizia sociale e sulla libertà per tutti.
Questo tentativo rivoluzionario fallì perché tradito e perché, nonostante il
tradimento e la morte del suo leader, il movimento nazareno non fu
sufficientemente unito e determinato nel proseguire il messaggio originario.
Ciò che si portò avanti, dai seguaci del Cristo, guidati in primo luogo da Pietro e
successivamente da Paolo, le cui idee ad un certo punto risultarono dominanti, fu
un'altra cosa.
Quest'altra cosa, per presentarsi non come diversa ma come un "seguito", una
prosecuzione della cosa originaria, ebbe necessariamente bisogno della
mistificazione.
E la prima, assoluta, mistificazione, quella per la quale si sono usate le
parti finali dei vangeli, allo scopo di dimostrare la fondatezza del "nuovo
cristianesimo", è stata quella elaborata dall'apostolo Pietro, secondo cui la
scomparsa del corpo di Cristo dalla tomba equivaleva ad affermare ch'era
risorto.
La seconda mistificazione, conseguente a questa, è stata quella di Paolo di
Tarso, secondo cui se il Cristo era risorto, allora era "figlio di dio" e se non
era ritornato in Palestina da trionfatore, allora non aveva senso continuare a
lottare contro l'oppressore straniero.
Con Pietro e soprattutto con Paolo il cristianesimo s'è trasformato da
messaggio politico di liberazione nazionale e di giustizia sociale, a messaggio
spiritualistico di redenzione morale e universale dal peccato d'origine. Di
colpo il cristianesimo diventava politicamente conservatore.
Solo nella sua fase iniziale il cristianesimo arrivò a chiedere una certa
separazione di chiesa e Stato, finché poi con Costantino e soprattutto con
Teodosio fu imposto a tutto l'impero un nuovo Stato confessionale, vietando le
manifestazioni del culto pagano o comunque non cristiano.
Ora facciamo un esempio di falsificazione preso direttamente dal vangelo di
Giovanni (13,27). Durante l'ultima cena Gesù commissionò a Giuda un compito
molto importante, caratterizzato da un certa urgenza (non dimentichiamo che si
era alla vigilia dell'insurrezione antiromana), e usò le parole: "Quello che
devi fare, fallo presto".
Il significato di queste parole, nel contesto semantico in cui sono
collocate, è inequivoco, anche se Giovanni scrive che risultò incomprensibile ai
discepoli: "Se mi devi tradire, sbrigati, assumiti le tue responsabilità e
adempi così al disegno divino secondo cui il Cristo deve morire".
Il Cristo infatti deve morire per salvare l'umanità dal peccato
d'origine, deve essere sacrificato come una sorta di "agnello pasquale".
Il tradimento è parte integrante del progetto salvifico di dio.
Questa è FALSIFICAZIONE. Nel senso cioè che la frase può anche essere stata
detta così, ma sicuramente aveva un significato opposto a quello che ci è stato
tramandato.
Qui si possono solo ipotizzare delle varianti interpretative: "Verifica se
possiamo contare su questo o quell'alleato, poiché l'insurrezione è imminente";
oppure "Avvisa gli alleati di tenersi pronti questa notte all'insurrezione
armata"; oppure "Avvisa il tuo partito di riferimento di tenersi pronto"
(supponendo - e di alcuni lo sappiamo anche - che i Dodici provenissero da
diversi ambienti politici e non fossero semplicemente dei pescatori).
Esempi come questi sono numerosissimi in tutto il Nuovo Testamento.
(1) Attenzione che col concetto di "laicità" non va intesa la possibilità
di permettere alla chiesa di concepirsi politicamente o anche solo
giuridicamente come uno "Stato" all'interno di un altro Stato. Una presenza
ecclesiastica del genere nega, ipso facto, qualunque laicità statale. "Laicità"
vuol dire piuttosto "separazione" di chiesa e Stato, e in campo
culturale vuol dire "interpretazione umanistica", dove qualunque aspetto
"religioso" è escluso a priori, anche quando viene usato in senso metaforico o
simbolico, anche quando lo si vuol far passare, come fece Maritain, dietro
formule che il laicismo potrebbe in via di principio accettare, come quella
dell'"umanesimo integrale". (torna su)
Fonti
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Ateismo filosofico nel mondo antico. Religione, materialismo, scienza. La
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L'illuminismo e la rinascita dell'ateismo filosofico
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Necessità e libertà. L'ateismo oltre il materialismo
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Dio non esiste. La realtà e l'evoluzione cosmica tra caso e necessità
Tamagnone Carlo, Clinamen 2010
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La filosofia e la teologia filosofale. La conoscenza della realtà e la
creazione di Dio
Tamagnone Carlo, Clinamen 2006
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Vita morte evoluzione. Dal batterio all'homo sapiens
Tamagnone Carlo, Clinamen 2011
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Dal nulla al divenire della pluralità. Il pluralismo ontofisico tra energia,
informazione, complessità, caso e necessità
Tamagnone Carlo, Clinamen 2009
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Il diavolo nei dettagli. Saggi sull'agnosticismo
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Ateismo nel Cristianesimo. Per la religione dell'Esodo e del Regno. «Chi
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Volti dell'ateismo. Mancuso, Augias, Odifreddi. Alla ricerca della ragione
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L'ateismo di Nietzsche e il cristianesimo
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L'ateismo impossibile. Ritratto di Nietzsche in trasparenza
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L'ateo smascherato. Immagini dell'ateismo e del materialismo
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I senza Dio. Figure e momenti dell'ateismo
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Il peso del cielo. Etica e ateismo in Lucrezio e Nietzsche
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Elogio dell'ateismo
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Dio e il nuovo ateismo
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Ricerca intorno all'ateismo
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Un Dio assente. Religione, ateismo
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Senza Dio. Del buon uso dell'ateismo
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Piccole apocalissi. Tracce della divinità nell'ateismo contemporaneo
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Dio non esiste! Gli argomenti del nuovo ateismo
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Il pensiero religioso nei presocratici. Alle radici dell'ateismo
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L'ateismo trionfato
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Diagnosi dell'ateismo contemporaneo. Relazioni del Simposio (13 e 14 ottobre
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Come se Dio non fosse. La questione dell'ateismo, il nichilismo e il
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Una religione senza Dio. Satori e ateismo
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Problematica dell'ateismo
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