STUDI SULL'ATEISMO SCIENTIFICO


L'ATEISMO DI RENSI

Nella sua Apologia dell'ateismo, Giuseppe Rensi non ha capito una cosa di fondamentale importanza: nell'ambito della religione la smaterializzazione del concetto di dio rappresenta non un regresso ma un progresso in direzione dell'ateismo, anche se dalla religione all'ateismo resta ovviamente un salto qualitativo da fare, non soggetto ad alcun forzato automatismo.

Viceversa, Rensi è convinto che le religioni primitive fossero antropomorfiche e politeistiche proprio perché sostanzialmente più materialistiche, più razionali.

Queste religioni, in realtà, erano più ingenue, più naturalistiche, semplicemente perché riflettevano contraddizioni sociali meno acute, meno profonde. Tra la divinità e la natura non vi era molta differenza, proprio perché tra uomo e uomo l'uguaglianza non era ancora seriamente minacciata. La vita primitiva era sostanzialmente basata sul rapporto uomo-natura e sul primato del collettivo.

Il concetto di dio tende a smaterializzarsi proprio quando si rompe il rapporto uomo-natura a causa della vittoria dell'individualismo. La natura comincia a essere vista come un ostacolo da superare quando il proprio simile è visto come un nemico.

E il "simile" diventa un "nemico" quando, appropriandosi di parte della natura, le toglie il suo carattere di sacralità e comincia a usarla contro gli interessi del collettivo (su cui ora vuole emergere).

Man mano che s'acuiscono i processi sociali antagonistici, dio diventa una realtà sempre più astratta, che serve per giustificare dei processi sempre meno umani e naturali: gli oppressi addirittura devono arrivare a credere nella stessa concezione di dio che hanno gli oppressori (nel cristianesimo, che pur rappresenta una religione molto evoluta, il Cristo non è stato forse trasformato da "liberatore" a "redentore"?).

Il contributo indiretto, involontario che le religioni cosiddette "rivelate" hanno offerto all'ateismo sta appunto in questa considerazione: un dio che può essere rappresentato da qualunque coscienza soggettiva non è più grande di chi lo pensa, è un dio che da "absconditus" può anche arrivare a scomparire del tutto.

Naturalmente con questo non si vuol sostenere che l'ateismo, di per sé, contribuisca alla giustizia sociale; tant'è che laddove l'ateismo si sviluppa (come p. es. nel capitalismo), l'ingiustizia permane e anzi si allarga a livello mondiale.
Probabilmente la piena affermazione umanistica dell'ateismo sarà possibile solo quando l'uomo non avrà più paura del suo simile.

Sotto il capitalismo infatti, l'ateismo resta ambiguo e contraddittorio, poiché l'esigenza del capitale di servirsi della religione è appunto funzionale alla repressione della coscienza critica delle masse.

In Occidente ci sono due modi per impedire alle masse di contestare globalmente il sistema: uno è quello della religione; l'altro -oggi molto più importante- è quello del consumismo, che è, se vogliamo, una religione più moderna. Il capitale ha bisogno continuamente di autovalorizzarsi, costi quel che costi, ed è impossibile bloccare questo processo se i suoi gangli vitali non vengono colpiti contemporaneamente, come per l'Idra di Lerna.

Finché la maggioranza della gente è relativamente sicura di poter sopravvivere alle palesi ingiustizie sociali del capitalismo, non vi sarà mai alcuna rivoluzione, meno che mani vi sarà finché tale sicurezza ci viene pagata dalla grande miseria del Terzo Mondo.

Ecco perché i progressisti devono lottare su due fronti: quello del socialismo democratico e quello dell'umanesimo laico.

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La teologia apofatica o negativa della chiesa ortodossa rappresenta, in tal senso, il massimo dell'umanesimo possibile nell'ambito della religione; ma essa rappresenta anche -a testimonianza che esiste sempre un certo scarto tra religione a ateismo- l'alternativa più grande all'umanesimo laico.

Della religione cristiana, l'ortodossia rappresenta il sociale umanizzato, benché in forme limitate rispetto al socialismo democratico.

Rensi ha capito, con molto acume, che la teologia catafatica o positiva (p.es. la Scolastica) è meno religiosa di quella apofatica, in quanto fa coincidere dio col concetto che l'uomo ha di essere, o meglio, fa coincidere l'essere (che è la sostanza) con dio (che è l'attributo). L'essere viene dapprima trattato in maniera filosofica e poi viene applicato a dio in maniera teologica. Un modo di ragionare, questo, desunto dalla metafisica aristotelica e, prima ancora, platonica.

L'ortodossia, se vogliamo, è più vicina al pensiero ebraico, che esclude ogni analogia di dio con l'essere, ritenendo dio "totalmente altro".

Ma a questo punto vien da chiedersi: indirizza di più verso l'ateismo la religione catafatica o quella apofatica?

Entrambe, in realtà, portano all'ateismo, ma in maniera diversa. Il cattolico è "ateo" proprio in quanto "cattolico", poiché si crea un dio a propria immagine; e ancor di più fa il protestante. L'ortodosso invece diventa "ateo" solo nella misura in cui s'impegna politicamente a favore del socialismo democratico. Egli cioè resta credente nella coscienza e nella sua confessione, ma, nel contempo, acquisisce una mentalità laica nell'impegno civile e politico.

Questo credente conserva una contraddizione personale che un giorno, liberamente, dovrà risolvere, ed è relativamente facile che lo sarà in direzione dell'ateismo, poiché egli si è abituato a tenere separato il sacro dal profano.
Il cattolico invece, essendo più integrista, non soffre di questa incoerenza, ma soffre del fatto che i suoi ideali religiosi non riesce a realizzarli in chiave politica, poiché l'umanesimo laico, il socialismo democratico e lo stesso liberalismo borghese glielo impediscono.

L'incoerenza dell'ortodosso è comunque relativa, poiché in presenza di autentici valori umani, la sua religione non ha alcunché da temere. L'ideale sarebbe che tale credente passasse dalla religione all'ateismo in maniera naturale e spontanea, senza risentimenti nei confronti della religione.

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Rensi considera che l'apofatismo dell'Areopagita, di Massimo Confessore, di Scoto Eriugena e altri teologi ortodossi non sia logico, in quanto, se portato alle sue estreme conseguenze, esso dovrebbe coincidere con l'ateismo. Infatti -dice Rensi- "se dio è tutto ciò che non è, dio non è".

Questo ragionamento in sé non è sbagliato, ma Rensi non tiene conto del fatto che per poter rinunciare alla grande spiritualizzazione della divinità, operata dall'ortodossia, non basta un ragionamento logico-deduttivo: occorre vivere un'esperienza laica ancora più profonda sul piano umano, e ciò non è di facile acquisizione.

Rensi affronta la religione in maniera illuministica (non a caso cita continuamente la Ragion Pura di Kant), e non riesce a vedere, neppure sociologicamente, il nesso tra religione e società, tra religione e cultura.

Rensi si meraviglia che l'apofatismo religioso non sia approdato all'ateismo, ma, a parte il fatto che ciò in buona parte è effettivamente avvenuto nei paesi est-europei, ogni storico delle religioni, non prevenuto, sa perfettamente che all'apofatismo teorico degli ortodossi corrisponde una prassi religiosa caratterizzata da un certo umanitarismo, per il quale ancora oggi (soprattutto dopo il fallimento del "socialismo amministrato") è difficile trovare una vera alternativa.

L'apofatismo dunque può portare all'ateismo (ed è bene che vi porti in maniera assolutamente democratica) solo se sul piano pratico il socialismo democratico riuscirà a sostituirsi al cristianesimo sociale.

Che Rensi sia un illuminista radicale (al pari di Helvetius, La Mettrie, D'Holbach…), è dimostrato anche dal fatto che, dopo aver contestato duramente ogni pretesa di dimostrare l'esistenza di dio, si contraddice pretendendo di fornire -con l'espressione "dio non è"- la prova ontologica dell'inesistenza di dio.

Rensi non si rende conto che il concetto di dio, rigorosamente parlando, o lo si intende come un frutto della fantasia umana, cioè una sorta di simbolo delle istanze umane di liberazione, oggettivamente frustrate (e fin qui Rensi ha capito la lezione illuministica); oppure lo si deve intendere come un "non senso" (vedi Wittgenstein), alla stregua non di un ippogrifo (che può anche avere un valore simbolico o metaforico), ma alla stregua di qualunque parola insensata (p.es. sarchiapone).

Dire che un "non senso" non esiste, è dire due volte la stessa cosa, è fare cioè della tautologia, sottoponendo la logica all'ovvietà delle cose. Qui non si prova alcunché, poiché per provare qualcosa, anche solo per negarne l'esistenza, occorre che l'oggetto esista o sia in qualche modo esistito nel passato; in ogni caso per negare qualcosa, occorre che esista un'interpretazione o una rappresentazione sbagliata di un oggetto reale.

Non ha senso negare qualcosa che non esiste: paradossalmente, la doppia negazione produce un'affermazione. A meno che, ovviamente, qualcuno non ne dimostri praticamente l'esistenza: nel qual caso sarebbe assurdo negare, in quanto, prima di negare, occorrerebbe verificare la fondatezza di ciò che si osserva o si percepisce coi sensi.

Peraltro Rensi, esaltando il Kant della Ragion Pura, non avrebbe dovuto tacere il fatto che il Kant della Ragion Pratica nega le tesi affermate nella prima Critica, a testimonianza che ogni impostazione illuministica nei confronti della religione, alla lunga, sul piano pratico, non tiene, poiché la religione si pone anche come esperienza di vita.

Durante la rivoluzione francese si videro due atteggiamenti negativi sul piano ateistico da parte degli illuministi politicamente impegnati: o la ricaduta nel deismo (p.es. Robespierre), o l'affermazione del più rozzo anticlericalismo (p.es. le stragi in Vandea).

Dunque contrapporre il "dio non è" al "dio è" non serve a niente, poiché è come giocare coi fantasmi. D'altra parte che ateismo laico sarebbe se anche l'apofatismo religioso negasse a dio la qualità dell'essere, temendo di renderlo troppo limitato? L'ateismo deve arrivare a concedere all'uomo un primato assoluto su dio e relativo sulla natura, senza farne un motivo di orgoglio o di vanità (come p.es. in Nietzsche).

La differenza tra il criptoateismo degli ortodossi e l'ateismo dei socialisti o dei laici democratici, deve misurarsi sul piano pratico, cioè sulla capacità di umanizzare i rapporti sociali.

Fonti


Le immagini sono state prese dal sito Foto Mulazzani (sezione Natura/Fiori)

Web Homolaicus

Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Teoria - Ateismo
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Aggiornamento: 10/09/2014