STORIA TRASVERSALE |
|
|
PIRATI E CORSARI
La storia dei pirati e dei corsari è legata alla storia della navigazione, dell'esplorazione e della colonizzazione da parte delle civiltà antagonistiche in grado di avere un accesso sul mare. In Italia il più famoso pirata anti-colonialista, Sandokan (La tigre della Malesia), è stato quello raccontato dai romanzi d'avventura di Emilio Salgari. Diversi sono i termini coi quali sono indicati i pirati nel corso del tempo. Tra questi, "bucanieri", derivato da Boucan (1), e "filibustieri", derivato dal francese filibustirs (in inglese freebooter) o dall'olandese vrijbuiter (vrij = libero, buiter = bottino). L'unica differenza esistente tra "pirati" e "corsari" - secondo il primo testo che ne parla: Buccaneers of America, stampato in Olanda nel 1678 e tradotto in molte lingue - era che quest'ultimi agivano al servizio di una potenza marittima che, in cambio della protezione, pretendeva da loro una parte del bottino. Le iniziative dei corsari erano sempre mascherate da pretesti politici o religiosi. I corsari, se catturati, erano considerati come un prigioniero di guerra, soggiacendo alle norme previste dal diritto bellico marittimo, mentre i pirati catturati venivano sommariamente giustiziati. Pirata si diventava per tante ragioni: dalla miseria dei ceti meno abbienti all'esigenza di ribellarsi a frusta gerarchia e sfruttamento che si subivano nella marina mercantile di un dato paese (Francia, Inghilterra, Olanda, ma anche da Portogallo, Belgio, Danimarca, Svezia e dalle colonie). Il corsaro invece era spesso un ex-pirata che voleva legalizzare la propria posizione. La pirateria è più antica della corseria (2), in quanto già documentata nell'Egitto dei faraoni. Vi sono esempi di pirati anche nel mondo classico tra i Greci e i Romani, quando ad esempio gli Etruschi erano conosciuti con l'epiteto greco Thyrrenoi, (da cui poi deriva Mar Tirreno) e avevano la fama di pirati efferati. Plutarco (lo storico) nell’anno 100 a.C. descrisse i pirati come coloro che attaccavano senza autorità legale, non soltanto le navi mercantili, ma anche le città marittime, dando così la prima definizione precisa, L'Egeo, un golfo orientale del Mediterraneo e culla della civiltà greca, era un luogo ideale per i pirati, che si nascondevano con facilità tra le migliaia di isole e insenature, dalle quali potevano avvistare e depredare le navi mercantili di passaggio. Le azioni di pirateria erano inoltre rese meno difficoltose dal fatto che le navi mercantili navigavano vicino alla costa e non si avventuravano mai in mare aperto. Man mano che le città-stato della Grecia crebbero in potenza, attrezzarono delle navi scorta per difendersi dalle azioni di pirateria. Erano una vera e propria minaccia soprattutto per le navi fenice che trasportavano materie pregiate come ambra, argento e rame. A quei tempi tuttavia non si faceva differenza tra "pirati" e "corsari" (che è una distinzione europea di epoca moderna). La pirateria era un modo di essere in guerra senza una dichiarazione specifica. Achei, Cretesi e Fenici aggredivano città indifese e catturavano schiavi da vendere al primo mercato. Con l'estendersi del dominio di Roma in occidente e in oriente si ebbe un pauroso sviluppo delle incursioni via mare e terra di tipo piratesco e il generale Pompeo fu incaricato dal Senato, nel 67 a.C., di liberare i mari dal terribile flagello, ma non riuscì del tutto nell'intento, se è vero che anche Giulio Cesare nel 78 a.C. venne fatto prigioniero dai pirati sulla rotta per Rodi per seguire le lezioni del famoso oratore Apollonio Molone. Dopo trentotto giorni di prigionia nell’isola di Pharmacusa e il pagamento di un riscatto ingente, una volta liberato, Cesare attaccò il rifugio dei pirati con quattro galere da guerra e cinquecento soldati: non solo rientrò in possesso dei cinquanta talenti del riscatto, ma fece anche centinaia di prigionieri. Con la caduta dell'impero romano i commerci marittimi diradarono sempre più e, per alcuni secoli, la pirateria scomparve dal Mediterraneo, anche perché nessuna potenza mediterranea era più forte di quella bizantina. Gli unici che, a partire dall'VIII secolo, ebbero il coraggio di compiere incursioni piratesche sui territori bizantini, furono i saraceni, che conquistarono la Sicilia e che erano considerati fuorilegge dallo stesso Regno Arabo di Spagna. E comunque in quel periodo ripresero i commerci mediterranei fra occidente e oriente, in particolare per opera delle città marinare italiane: Amalfi, Pisa, Genova, Gaeta, Venezia; piccole navi mercantili facevano la spola tra i porti bizantini e quelli delle coste mediterranee meridionali e occidentali dalla Siria alla Catalogna. Nell'alto Medioevo furono pirati i vichinghi (detti anche normanni o variaghi) e i danesi contro i cristiani (latini a ovest e slavi a est dell'Europa), ma nel basso Medioevo lo furono i cattolici latini contro arabi e bizantini e, finito il Medioevo, lo furono i turchi contro i cristiani in generale. I Normanni effettuarono incursioni in Inghilterra, Irlanda, Spagna, Francia e Italia meridionale, spingendosi fino alla lontana Islanda e sulle coste dell'America, cinquecento anni prima di Colombo. Con le loro leggere navi dal fondo piatto, che potevano essere anche messe su ruote, i Normanni risalivano i fiumi e depredavano i villaggi. In Francia si stabilirono permanentemente e dalla Normandia occuparono l'Inghilterra e il Mezzogiorno italiano, cercando di espandersi in Africa e nell'impero bizantino. Le città erano terrorizzate dai Normanni e, per difendersi dai loro attacchi, iniziarono a proteggere quei pirati che potevano aiutarle a difendersi. Attraverso la pirateria si sono potuti costituire molti patrimoni signorili. Nel passato non si rubavano solo ricchezze, ma anche uomini, da utilizzare o rivendere come schiavi, e se erano di alto rango potevano essere riscattati. Anche i cristiani praticavano la pirateria, soprattutto i veneziani (che sulla costa dalmata dovevano combattere contro i corsari uscocchi protetti dagli austriaci): veneziani, normanni e angioini furono sempre interessati a eliminare i bizantini, gli arabi e i turchi dal Mediterraneo. L'intero periodo delle crociate medievali fu caratterizzato da un'intensa attività corsara da parte dei cristiani contro bizantini e arabi. Vi erano persino ordini religiosi preposti a ciò, come p.es. i Templari e i Cavalieri di San Giovanni e, nei secoli successivi, i Cavalieri di Malta e i Cavalieri di Santo Stefano (Pisa). Con le crociate la guerra di corsa s'interseca con la pirateria, ch'era praticata e ammessa fin dagli ultimi secoli del Medioevo: tutti gli Stati vantavano diritti su dati tratti di mare e le loro navi non si facevano scrupolo di assalire e depredare le navi straniere che incontravano in quelle zone e di catturarne l'equipaggio e i passeggeri, esigendo poi riscatti più o meno alti. Tutte le imbarcazioni venivano attrezzate per il combattimento e non esisteva praticamente differenza tra una nave mercantile e una da guerra. I marinai delle regioni a maggioranza berbera che si affacciano sul Mar Mediterraneo e che operarono tra il XIV e il XIX secolo dalle coste marocchine, algerine, tunisine o libiche, non venivano considerati pirati dagli ottomani, in quanto non aggredivano navigli musulmani ma solo imbarcazioni cristiane. D'altra parte con i loro entroterra, Algeri, Tunisi e Tripoli costituivano degli Stati corsari pressoché indipendenti dal lontano potere dei sultani di Istanbul. La pirateria mediterranea ricevette nuovo impulso dopo la definitiva cacciata dei Mori dalla Spagna nel 1492. Nell'Africa settentrionale si riversò un gran numero di musulmani, profughi della penisola Iberica; erano gente progredita, avvezza alle ricchezze, fiera e bellicosa. Tutta la costa barbaresca, dall'Egitto a Gibilterra, divenne un'unica, attivissima base di operazioni piratesche dirette contro le coste di Spagna e d'Italia e, soprattutto, contro i convogli carichi di merci che solcavano il Mediterraneo. Nel 1541 la flotta spagnola, capitanata dallo stesso imperatore Carlo V, fu completamente distrutta da Khaye-ed-din, il Barbarossa, il quale, divenuto corsaro, copriva il grado di Grande Ammiraglio della flotta turca. Il nome di barbareschi derivava da quello di alcune tribù della regione, i Berberi, che andarono ad ingrossare le file dei pirati. Nel secolo XVI vissero alcuni fra i più famosi pirati barbareschi: i fratelli Aruj e Khayr-ed-din, detto Barbarossa, Dragut, Ochiali. Tutti costoro, eccetto Dragut, erano nati cristiani, ed erano divenuti musulmani e pirati o di propria volontà, o perché rapiti fanciulli e poi allevati come musulmani. Il tramonto della pirateria barbaresca iniziò dopo la sconfitta subita a Lepanto (1571), ma in realtà, tra alti e bassi, proseguì sino a quando l'impero turco non fu più in grado di conservare i propri confini, cioè in sostanza con l'indipendenza della Grecia e soprattutto con la conquista francese di Algeri, capitale internazionale della guerra piratesco-corsara (1830) che inaugurò la completa colonizzazione della costa nordafricana, compiuta dalle potenze europee, Dal XIV sec. al XVIII Venezia era in grado di controllare l'intero Adriatico non solo grazie ai suoi commerci (che fino alla quarta crociata doveva dividere con Bisanzio), ma anche grazie alla sua pirateria (famoso era il corsaro Andrea Doria). Lo strumento principale che usava era la galea (sino al XVII sec.) con i rematori e, se c'era vento favorevole, con le vele. La tattica più usata era lo speronamento e, dopo l'introduzione della polvere da sparo, il bombardamento (ma non mancavano mai gli arcieri). Se le navi venivano a contatto, si passava all'arrembaggio, per un combattimento corpo a corpo. Anche i Savoia si macchiarono di schiavismo e guerra corsara, dando licenza e autorizzazione a Gugliemo Prebost di operare nei mari di Barberia. La pirateria fu semplicemente sostituita dal colonialismo delle potenze europee, le quali erano in grado di controllare i mari e gli oceani di tutto il pianeta. Essa però continuò in Malesia, nei mari della Cina e in Sudamerica (un illustre corsaro, al servizio della Repubblica di Rio Grande do Sud, fu Giuseppe Garibaldi). In realtà la pirateria moderna era iniziata nel XVI secolo, nel Mar delle Antille, quando inglesi, francesi e olandesi volevano ridurre il predominio assoluto degli spagnoli nelle Americhe e sull'Atlantico, per cui finanziavano vascelli corsari che saccheggiassero i loro mercantili. Famosi corsari furono Thomas Cavendish (1555-92), Francis Drake che combatté contro gli spagnoli per conto della regina Elisabetta I e riuscì ad arricchire le casse dello stato con un bottino di oltre 200.000 sterline, e John Hawking (1532-95). Ma non mancarono donne pirata, come Mary Read e Anne Bonny, la scandinava Alwilda, l’irlandese Grace o’Malley e la capo pirata cinese Mrs Cheng. I corsari francesi furono i primi ad attaccare e depredare i galeoni spagnoli quando, nel 1522, il navigatore Giovanni Da Verrazzano, due anni prima della scoperta della baia di New York, riuscì a catturare tre navi spagnole cariche di tesori. Le regole per la ciurma erano poche e molto chiare:
Il capitano veniva eletto dall'equipaggio e non godeva del potere assoluto, anzi gli veniva affiancato un quartermaster che ne conteneva l'autorità, svolgendo le mansioni di tribuno, mediatore, tesoriere e custode dell'armonia a bordo. La massima autorità era nelle mani del consiglio generale che riuniva tutto l'equipaggio, fino all'ultimo mozzo, e aveva l'ultima parola su qualunque questione. E, prima di ogni spedizione, venivano stabiliti accordi scritti che regolavano la distribuzione dell'autorità, del bottino, del cibo e delle altre risorse, e le norme di disciplina. Alcuni pirati liberarono gli schiavi neri ad Hairi, a partire dal 1600, per averli come marinai. La tattica del combattimento in mare aperto era basata sull'avvistamento (il primo che vedeva la nave aveva diritto a un premio); l'equipaggio afferrava le armi e correva al proprio posto; a prua si portavano i pirati armati di moschetto; altri si coricavano sul ponte per non farsi scorgere; tenevano il coltello fra i denti e la pistola nella mano destra, la sinistra era libera per l'arrembaggio. Intanto il timoniere portava a tutta velocità la nave sulla scia dell'altra; in questo modo le presentava sempre la prua e offriva uno stretto bersaglio in caso che sparasse. Accostatisi alla preda, i pirati agganciavano, servendosi di grappini d'arrembaggio, il proprio vascello alla nave nemica; al comando del capitano la ciurma si arrampicava e balzava sul ponte nemico; solitamente l'equipaggio si arrendeva e i pirati facevano razzia di tutto ciò che trovavano di prezioso. In meno di mezzo secolo la pirateria si estese in tutti i continenti, soprattutto nel Mar dei Caraibi, nel Mar Cinese Meridionale e nel Golfo Persico. Il Mar delle Antille rimase il centro della pirateria sino a metà Ottocento, sia perché là i pirati riuscivano a godere di una serie di appoggi e favori sulla terraferma, sia perché le numerose isole presenti erano ricche di cibo e i fondali bassi impedivano inseguimenti da parte delle già lente navi da guerra. Le cosiddette "licenze di corsa", concesse da inglesi e francesi sin dal 1495, formalmente furono abolite nel 1713, con la pace di Utrecht, che pose fine alla guerra di successione spagnola (1702-1713). Nel 1717-18 re Giorgio I d'Inghilterra offrì il perdono ai pirati nella speranza di indurli ad abbandonare la pirateria, ma il provvedimento si dimostrò inefficace. Per rendere i mari più sicuri si organizzò allora una sistematica "caccia ai pirati" da parte di navi corsare, autorizzate dai governi a eliminare quei quattromila pirati dell'Atlantico che minacciavano lo sviluppo capitalistico dei commerci tra Inghilterra e colonie. A partire dal 1722 la guerra diventò atroce. Alle esecuzioni e spedizioni militari contro i filibustieri fecero da contraltare le violenze sempre più efferate dei pirati. Diminuirono così i marinai disposti a navigare sotto la bandiera nera e aumentarono gli ammutinamenti sulle navi pirata. Con le impiccagioni degli ultimi filibustieri, Gow, Fly, Lyne e Low, in quattro anni la pirateria fu spazzata via. Ma di fatto pirati e corsari continuarono ad agire sull'Atlantico almeno sino al 1860, quando i velieri furono sostituiti dalle navi a vapore, molto più veloci. Sino a metà dell'Ottocento le aree considerate ad alto rischio erano il Mar dei Caraibi, la zona dello stretto di Gibilterra, il Madagascar, il Mar Rosso, il Golfo Persico, la costa indiana di Malabar e tutta l'area tra le Filippine e l'Indonesia, dove spadroneggiavano i pirati filippini. Il Mar Cinese Meridionale ospitava la più numerosa comunità di pirati, circa 40.000 all'inizio dell'Ottocento, e la più temuta per le atrocità di cui si rendevano responsabili. La Dichiarazione di Parigi del 1856 proibì la guerra di corsa e mise fuorilegge la figura del corsaro, inteso come armatore/conduttore di navi private armate per funzioni belliche, affermando che solo le Navi da Guerra sono gli unici soggetti che hanno diritto di partecipare alle ostilità. Ciononostante bisogna dire che la pirateria non ha mai cessato di esistere, come documentano anche recenti episodi avvenuti nel Golfo di Aden e nel Corno d'Africa (la Somalia nel 2008 è diventata il cuore della pirateria mondiale) e nell'Oceano Indiano. I pirati, originari della Somalia e facilitati dal vuoto di potere esistente da anni in quel Paese, agiscono su tutto il versante dell'Africa orientale, spingendosi fino alle Seychelles e al Madagascar. Subito dopo la Somalia viene la Nigeria. Negli anni tra il 1984 ed il 1999 gli attacchi a mercantili definibili quali azioni di pirateria furono 1.587 in tutti i mari del mondo e da allora questo tipo di violenza non ha fatto che crescere divenendo un vero problema. Solo nell’Arcipelago delle Molucche e nei mari del sud-est asiatico, dove la pirateria è sempre esistita, si nota un calo progressivo del fenomeno. Non altrettanto si può dire di quella vasta area dell'Oceano Pacifico che va dall'Indonesia, le cui coste sono considerate le più pericolose della zona, alla Malaysia, dalle Filippine a Taiwan. Molto pericolosi sono gli stretti di Malacca e di Singapore, dove transitano annualmente più di 50 000 carghi commerciali. Il problema si presenta saltuariamente anche sulle coste del Mediterraneo e del Sud America, mentre la pirateria nei Caraibi e in America del Nord è stata debellata dalla Guardia costiera degli Stati Uniti. Nota (1) I bucanieri erano in origine dei semplici cacciatori dell'isola di Hispaniola che, quando gli Spagnoli distrussero i loro insediamenti, si dettero alla pirateria in mare e presero il nome dal francese boucan, uno spiedo da loro usato per arrostire la carne. Nel 1603 il re inglese Giacomo I, per porre fine ai saccheggi nei Caraibi, ritirò tutte le lettere di corsa, così i bucanieri si unirono in bande senza legge e, sostituendo i corsari, cominciarono ad attaccare prima piccole navi spagnole per poi cercare prede sempre più grosse. Per difendersi, fondarono la "fratellanza della costa" e alcuni di loro si trasferirono all'isola di Tortuga, da dove potevano attaccare più facilmente le navi spagnole. Uno dei più famosi bucanieri del tempo fu Henry Morgan, che nel 1671 conquistò Panama, la più ricca e protetta città del Nuovo Mondo. Nel 1674 il re inglese Charles II lo nominò "Sir" e vicegovernatore della Giamaica, dove divenne proprietario terriero. (2) "Corseria" viene da "licenze di corsa" (o "di marca"), le lettere che, date da un governo in carica, autorizzavano qualcuno a "correre sul nemico", per cui si parla anche di "guerra della corsa". Etimologicamente il termine deriva dal tardo greco “kurseuo” con il quale la marina militare bizantina designava la caccia nel Mediterraneo alle unità navali arabe. Fonti
Sitiweb
Download
|