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GOLD STANDARD
A dir il vero molti grandi paesi consideravano l'argento la moneta principale, con o senza quella d'oro, e quest'ultima divenne la forma prevalente di denaro mondiale solo intorno agli anni '60 del XIX sec. (formalmente nel 1867, in una conferenza tenutasi a Parigi). Questa scelta non fu condivisa da molti paesi asiatici, che rifiutarono di estromettere l'argento con l'oro. Nel 1913 Usa, Gran Bretagna e Francia detenevano il 62% della circolazione monetaria mondiale aurifera (3.500 tonnellate), seguite da Germania e Russia (quest'ultima era sul 7%). Nello stesso anno le tre maggiori potenze mondiali incidevano per il 51% sulle riserve centralizzate mondiali, di cui la più cospicua era quella degli Usa (1.900 tonnellate), seguiti da Russia (1.200) e Francia (1.000). Come quantitativi annuali di oro estratto i primi paesi erano Sudafrica, Usa, Australia e Russia. Lo scambio di tutti i tipi di denaro con l'oro al valore mondiale era assicurato dalle banche centrali, che detenevano le riserve aurifere nazionali, che, sempre nel 1913, ammontavano, a livello mondiale, a 6,8 miliardi di dollari. Queste Banche non disponevano di riserve reali in dollari; quasi tutte le riserve erano in sterline, giacenti nelle banche londinesi. A dir il vero solo alcune monete furono dichiarate direttamente convertibili in oro (sterlina, dollaro, franco, marco...); altre (p.es. la lira italiana) non erano direttamente convertibili in oro, ma in monete pregiate che potevano essere subito riconvertite. Sino alla I guerra mondiale gran parte del metalli aurifero veniva impiegata per battere moneta circolante, mentre una quantità identica finiva nei depositi delle banche centrali e del Tesoro, coprendo sia i crediti che le banconote, passando continuamente dalle riserve alla circolazione e viceversa. Il contenuto aureo di ogni moneta, fissato per legge, restava invariato per molto tempo: quello della sterlina era di 7,322 gr. d'oro puro; quello del dollaro 1,505 gr., per cui la parità della sterlina in dollari era di 4,867. Una moneta d'oro del valore di 5 rubli, nella Russia zarista, conteneva 87,12 parti d'oro puro, cioè 3,871 gr. Esisteva una reciproca libera convertibilità della valute in base ai corsi di mercato, che differivano dalle parità ufficiali di circa l'1%. L'import-export dell'oro non era soggetto a limitazioni di sorta, anche se nella fattispecie l'oro interveniva solo per chiudere il saldo della bilancia dei pagamenti, in quanto la stragrande maggioranza dei pagamenti avveniva con semplici trasferimenti di valuta tra banche. P.es. la circolazione mondiale dei pagamenti nel 1894 fu stimata a 20 miliardi di dollari, mentre il movimento effettivo dell'oro fra i vari paesi fu soltanto di 0,7 miliardi di dollari. Per garantire il cambio ininterrotto di banconote furono approvate leggi che obbligavano le banche centrali a tenere sempre nei loro forzieri un quantitativo d'oro non inferiore ad una certa percentuale di banconote da loro stesse emesse. Come sistema completo e sviluppato il "gold standard" cessò di esistere nel 1914. Tuttavia gli Usa lo conservarono fino al 1933, allorché Roosevelt impose la soppressione della convertibilità del dollaro in oro, mentre Francia, Inghilterra e altri paesi cercarono di ripristinarlo in forma incompleta dopo la I guerra mondiale. Solo negli anni '30 del XX sec. fu soppresso in tutti i paesi capitalistici e nella circolazione monetaria interna non sarà più ripristinato. Durante la I guerra mondiale l'Inghilterra aveva soppresso il "gold standard" e lo Stato stava concentrando tutto l'oro del paese nelle proprie casse. Non più convertibile in oro, la sterlina si stava deprezzando sia verso l'oro che verso le merci e le valute estere stabili. I magnati della finanza e i politici conservatori, convinti che la sterlina-oro fosse il principale simbolo dell'impero britannico, decisero di affidare a Churchill la restaurazione del "gold standard" nel 1925. Per poterlo fare bisognava ridurre il livello dei prezzi del paese, elevare il corso della sterlina sul mercato mondiale, migliorare la bilancia dei pagamenti, incrementare l'afflusso di oro e limitare l'emissione di banconote. Ma per ottenere la parità ufficiale della sterlina con l'oro e il vecchio rapporto col dollaro, il prezzo che venne pagato fu la disoccupazione di massa, forti decrementi salariali, sensibili riduzioni dei servizi pubblici e inflazione. Il corso della sterlina risultava artificiosamente elevato e l'export diventava molto difficile; i prezzi delle merci erano molto più alti di quelli americani, per cui il deficit della bilancia commerciale e dei pagamenti cominciava a diventare insostenibile. Nel 1926 la produzione industriale era del 30% inferiore al livello del 1913 e la disoccupazione interessava il 12% degli abili al lavoro. Si era praticamente costretti a ridurre drasticamente l'import di materie prime. In pochi anni la Gran Bretagna degli anni '20 era diventata l'anello debole dell'economia occidentale. L'intero mercato monetario mondiale diventava instabile e si pensa che tutto ciò abbia sicuramente avuto un certo peso sul crollo della borsa di New York nel 1929. E questo nonostante che l'unico vero "gold standard" che si riuscì a realizzare nell'Inghilterra degli anni '20 fu soltanto quello del lingotto, poiché quello della sterlina-oro era praticamente inesistente: le Banche centrali cambiavano le banconote solo contro lingotti d'oro di peso standard (circa 12,5 kg), per cui il diritto reale di permuta spettava unicamente alle banche private e ai grandi capitalisti. La sterlina comunque conobbe un forte crollo nel 1931, sotto i colpi della crisi finanziaria mondiale, nonostante che la riserva aurea inglese superasse di alcune volte quella pre-bellica. L’Inghilterra fu costretta a sospendere la convertibilità e nel 1934 gli USA dichiararono che i privati non potevano convertire più i dollari in oro. In Francia, dove il "gold standard" resistette sino al periodo 1928-36, i piccoli tesaurizzatori a volte acquistavano un lingotto del genere attraverso un gioielliere di fiducia e se lo dividevano con lui. La Francia soppresse il "gold standard" quando la borghesia lottava duramente contro il governo di sinistra del Fronte popolare, guidato dal socialista Léon Blum, per evitare che si continuassero ad esportare ingenti capitali all'estero. Da notare che se mentre prima della "grande guerra" l'univa vera riserva valutaria era la sterlina, negli anni '20 il dollaro americano era diventato un forte concorrente, tant'è che quando le banche centrali dei vari paesi capitalisti cambiavano le loro rispettive banconote contro valuta estera permutabile in oro, lo facevano sulla base di ingenti riserve valutarie che non erano più solo in sterline ma anche in dollari. Tutte queste forme di "gold standard" non facevano che togliere l'oro dalla circolazione dei mercati nazionali, concentrandolo invece nelle mani degli Stati come moneta mondiale, per i pagamenti finali della bilancia commerciale. Insomma, col primo conflitto mondiale la maggioranza dei paesi capitalisti smise di coniare monete d'oro e limitò il cambio delle banconote in oro, cambio che venne meno definitivamente con la crisi economica mondiale del 1929-33. L'oro cessò di essere "denaro" nell'economia interna di questi paesi e andò sempre più accumulandosi nei forzieri degli Stati e delle banche centrali, che lo usavano come mezzo di pagamento dei debiti internazionali. Il "gold standard" venne meno nel momento stesso in cui il capitalismo industriale stava uscendo dalla sua fase pre-monopolistica, caratterizzata dal dominio di Gran Bretagna, Francia e Stati Uniti, per entrare, agli inizi del XX sec., nella fase monopolistica vera e propria, in cui i paesi di recente industrializzazione come la Germania, l'Italia, il Giappone e gli stessi Stati Uniti avevano bisogno di rivedere il loro ruolo nell'ambito dell'economia mondiale. Non a caso proprio nel periodo migliore del "gold standard", cioè dalla seconda metà del XIX sec. sino agli inizi del XX, si formano i grandi imperi industriali e finanziari del mondo capitalistico: Rockefeller, Dupont, Rothschild, Lazard, Krupp, Stinnes... In Germania lo Stato nazista subordinò nettamente l'oro e la valuta alla preparazione della guerra, al punto che, dopo aver congelati i conti esteri in marchi e limitato rigidamente ogni pagamento estero, spese praticamente tutte le proprie riserve auree. Nel settembre 1938 la Germania aveva una riserva di circa 26 tonnellate d'oro, cioè circa 17 milioni di vecchi dollari-oro, mentre gli Usa erano a quota 8.126 milioni di dollari e l'Inghilterra si attestava sui 2.396 milioni di dollari (circa 3.600 tonnellate d'oro). All'inizio del secondo conflitto mondiale, temendo per le proprie riserve auree, molti Stati europei portarono il loro oro negli Usa, vendendolo contro dollari o depositandolo p.es. nei sotterranei della Banca di riserva federale di New York. Nonostante questo, i nazisti, con la guerra lampo, riuscirono a impadronirsi delle riserve di Austria, Jugoslavia, Grecia, e in parte anche di Francia, Belgio, Cecoslovacchia e di altri paesi ancora che non avevano fatto in tempo a trasferire tutto l'oro all'estero. Nel complesso il saccheggio le fruttò qualcosa come 1.300 tonnellate d'oro. E questo nonostante che la Germania avesse fatto di tutto per screditare l'uso dell'oro e per incentivare quello del marco, anche nelle relazioni estere. I nazisti furono avidi d'oro quanto mai. Lo tolsero senza alcuno scrupolo agli ebrei, alle chiese, ai musei, ai privati, tolsero persino le protesi dentarie ai detenuti dei lager. Di tutto quest'oro solo una piccola parte è stata ritrovata dopo la fine della guerra. Ancora oggi si pensa che i nazisti abbiano affondato buona parte del loro oro presso le rive della Corsica, non lontano da Bastia o nelle profondità dei laghi alpini dell'Austria occidentale. |