L'OTTOCENTO ITALIANO ED EUROPEO
DAL CONGRESSO DI VIENNA
ALLA VIGILIA DELLA PRIMA GUERRA MONDIALE


LA RIVOLUZIONE DI FEBBRAIO 1848 IN FRANCIA

I - II

Nel corso degli anni la monarchia di Filippo d'Orleans, che aveva conquistato il potere nel 1830, aveva sempre più acuito il suo carattere antioperaio e antidemocratico; ciò era avvenuto malgrado la politica di compromesso (detta del “giusto mezzo”) attuata dal ministro Guizot, che finì per scontentare sia l'alta borghesia finanziaria, corrotta e sfrenatamente affarista, sia la media e piccola borghesia e, principalmente, i ceti operai. Questi ultimi vennero di fatto esclusi politicamente e costretti alla disoccupazione e alla fame; infatti la politica inflazionistica e corrotta dei gruppi al potere aveva provocato una profonda crisi economica che investiva la produzione industriale. L'opposizione delle masse piccolo - borghesi e operaie si muoveva rivendicando una riforma elettorale a suffragio universale e non più ristretta ai possidenti e ai ricchi borghesi.

La rivoluzione scoppiò il 22 febbraio 1848 proprio a seguito di un divieto, da parte delle forze dell'ordine, di una manifestazione per la riforma elettorale. Come nelle tradizioni della storia francese dalla grande rivoluzione in poi, in pochi giorni Parigi fu in mano al popolo; in testa all'insurrezione questa volta erano le forze repubblicano - radicali e socialiste.

Il vero protagonista della rivoluzione che combatté nelle piazze fu il proletariato cittadino, che aveva già una sua espressione politica nel partito socialista. Si formò un governo provvisorio con socialisti, radicali, repubblicani moderati che proclamò la “Repubblica Sociale”. Al centro dei problemi si pose quello del lavoro; i primi decreti ufficiali riguardarono infatti la riduzione della giornata lavorativa a 10 ore, l'allargamento del diritto di voto a tutta la popolazione maschile, l'abolizione della pena di morte per i reati politici.

Il governo provvisorio fece il primo esperimento di collaborazione governativa tra borghesia e proletariato, il quale era rappresentato al governo dal deputato socialista Louis Blanc e dall'operaio Alexandre Martin detto Albert. Ben presto però questa possibilità di programma e di azione comune si rivelò impraticabile. Per i problemi del lavoro si formò una commissione specifica, la Commissione del Lussemburgo, presieduta da Blanc e Albert, che così vennero allontanati dal governo di cui facevano parte; gli “ateliers nationaux” (fabbriche nazionali), speciali organismi che avrebbero dovuto occuparsi del problema dell'occupazione, si ridussero a degli uffici di collocamento in grado soltanto di dare assistenza o lavori precari ai disoccupati.

In realtà l'apparato dello Stato e le leve del potere economico restavano interamente nelle mani dei borghesi moderati, ed in questa situazione le rivendicazioni operaie e la Commissione del Lussemburgo apparvero presto come elementi di turbamento rispetto ai compiti, non certo facili, della creazione di una repubblica borghese. La paura del comunismo si fece viva anche tra le forze democratiche creando un clima politico che portò all'Assemblea Costituente, eletta a suffragio universale, una maggioranza di repubblicani di destra. Questi ultimi furono eletti soprattutto con i voti dei contadini piccolo - proprietari, cui un'abile propaganda borghese e clericale aveva prospettato il pericolo della perdita della loro proprietà sulla terra.

Per questi motivi la Repubblica Sociale venne liquidata dalla Seconda Repubblica, costituita nel novembre 1848. I socialisti furono, in seguito ad una legge speciale, esclusi dal governo e gli “ateliers nationaux” chiusi. Le condizioni politiche resero inoltre possibile quella sanguinosissima repressione militare che, diretta dal generale Eugène Cavaignac, soffocò nel sangue l'insurrezione operaia del giugno 1848, lasciando sulle piazze migliaia di morti. Tremila operai furono fucilati senza processo, i centri organizzativi del movimento furono dispersi.

La Repubblica francese imboccava così la strada dell'involuzione autoritaria che avrebbe portato per la seconda volta in Francia all'affermazione del potere personale di un capo.

DALLA REPUBBLICA ALL'IMPERO

Luigi Napoleone, nipote del grande Bonaparte, fu eletto presidente della Repubblica nel dicembre del 1848. Portato a rappresentare la Repubblica dalla borghesia moderata e conservatrice, dai contadini e dagli ambienti militari, che vedevano in lui l'uomo capace di riportare l'ordine e la tranquillità sociale, in pochissimi anni egli trasformò la repubblica borghese in un regime dittatoriale basato fino all'ultimo su un largo consenso sociale.

Le tappe di questa ascesa al potere di Bonaparte furono:

- l'intervento militare del 1848 contro la Repubblica Romana sorta, come vedremo, durante la prima guerra per l'indipendenza italiana, intervento deciso autonomamente da lui contro la volontà del Parlamento.

- la promulgazione di una nuova Costituzione, in seguito ad un plebiscito del dicembre 1851, secondo la quale i poteri del presidente diventavano decennali e tali da controllare tutti gli altri organi statali; si trattava di un colpo di stato, simile a quello compiuto il 18 brumaio da Napoleone i con il quale questi aveva distrutto la Repubblica del 1793;

- l'istituzione dell'Impero ereditario, con una deliberazione del Senato e un nuovo plebiscito del 2 dicembre del 1852 con cui assumeva il titolo di Napoleone III, “imperatore dei Francesi per grazia di Dio e volontà della nazione”.


Web Homolaicus

Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Storia - Moderna
 - Stampa pagina
Aggiornamento: 15/03/2015