STORIA MODERNA
Dall'Umanesimo alla fine dell'Ottocento


CHE COS’E’ L’ASSOLUTISMO?

Luigi XIV

Quando si parla di “assolutismo” s’intendono due cose: le monarchie non costituzionali (cioè quelle per “diritto divino”) e l’egemonia del ceto aristocratico (laico ed ecclesiastico), che vive di rendita, essendo proprietario di vastissime terre. In Europa occidentale, quando si parla di “monarchia assolutistica”, non si può più parlare di “impero feudale”, salvo alcune eccezioni molto particolari, come p.es. quello russo o quello asburgico (poi “austro-ungarico”), che però già nel Settecento erano profondamente influenzati dal capitalismo europeo (lo zar Pietro I il Grande fece di tutto per occidentalizzare la Russia).

Quindi praticamente iniziamo a parlare di “monarchie assolutistiche” a partire dal XVI secolo, cioè non solo con la fine dell’idea imperiale controriformistica di Carlo V (i cui territori comprendevano quelli spagnoli e quelli asburgici), ma, p.es., anche con la fine della guerra dei Cent’anni in Francia (1453) e con la fine della guerra delle Due Rose in Inghilterra (1485), che permetteranno entrambe alle rispettive monarchie di controllare efficacemente le tendenze separatistiche delle loro aristocrazie feudali. Ma ne parliamo anche con la nascita dell'impero portoghese, che ebbe il primo sovrano nel 1139 e che, dopo essersi liberato dei musulmani in patria, conquistò l'isola di Ceuta nel 1415, dando inizio a grandi conquiste coloniali in Africa (Angola e Mozambico), Indonesia, Brasile, alcuni territori in Cina e India, che lo vedranno ai vertici della politica mondiale per tutto il '400 e il '500, mentre nei due secoli successivi verrà surclassato da olandesi, francesi e americani (il Brasile diventerà indipendente nel 1822). Praticamente il Portogallo resterà un regno monarchico dal 1139 al 1910 (fatto salvo il periodo dal 1580 al 1640 in cui resterà del tutto sottomesso alla Spagna) e diventerà una repubblica quando l'ultimo re viene deposto con un colpo di stato militare. Il Portogallo è sempre stato protetto dall'Inghilterra contro la Spagna, e dal papato contro il mondo islamico.

Quanto alla Spagna non dimentichiamo ch'essa, avendo un impero su cui - diceva l'imperatore Carlo V - "non tramontava mai il sole", ha giocato un ruolo fondamentale in Europa dal 1492 sino alla guerra dei Trent'anni (1618-48), che la vide sconfitta, in quanto dovette rinunciare ai Paesi Bassi e a subire in Italia l'egemonia austriaca, dopo la guerra di successione spagnola (1702-14). Infatti con le paci di Utrecht e Rastadt (1713-14) l'Austria ottiene i Paesi Bassi, Milano, Napoli e la Sardegna (la Spagna rientrerà nel Mezzogiorno coi Borbone nel 1738 sino all'unificazione); i Savoia ottengono la Sicilia, poi ceduta all'Austria in cambio della Sardegna; gli inglesi occuperanno Gibilterra, Minorca e avranno il monopolio del commercio degli schiavi; i francesi insedieranno per la prima volta in Spagna un Borbone, nipote di Luigi XIV, Filippo V (tale dinastia regna a tutt'oggi). La Spagna continuerà a dominare l'America latina (escluso il Brasile) almeno sino alla prima metà dell'800, quando tutti i paesi colonizzati approfittarono dell'avventura napoleonica (deleteria anche per tutta la penisola iberica) per diventare indipendenti.

Il Cinquecento è stato quindi un secolo che ha fatto da spartiacque tra epoca feudale ed epoca moderna. Le monarchie assolutistiche sono infatti centralizzate (esiste una capitale del regno e un governo centrale avente propri ministri, che impongono leggi e tasse a tutta la nazione, i cui confini sono difesi da eserciti regolari, non mercenari). Queste monarchie sono appoggiate dalla borghesia, che vuole un unico mercato nazionale, un’unica legislazione, un'unica lingua (in sostituzione del latino scritto), l’unificazione dei pesi, delle misure, delle monete… e soprattutto vuole l’abolizione di dazi doganali tra una regione e l’altra della nazione. I mercati sono esistiti in tutte le parti del mondo e assai prima del Cinquecento, ma la borghesia dell'Europa occidentale presenta caratteristiche così individualistiche che la rendono unica.

Con le monarchie centralizzate la nobiltà non ha più il potere politico di prima, anche se conserva incarichi prestigiosi in campo amministrativo, diplomatico e militare, oltre a conservare, naturalmente, un grande potere economico, determinato da tutta una serie di privilegi feudali e soprattutto dal possesso della terra, ereditata dagli antichi avi, che, al tempo dell’emigrazione delle popolazioni barbariche nell’impero romano, era stata sottratta con la forza ai latifondisti romani. Quindi essere aristocratico vuol dire avere una sicura genealogia nobiliare che permette di conservare determinati privilegi, non però così forti come in epoca feudale, tant'è che la stessa borghesia, in questo periodo, può comprarsi dei titoli nobiliari o accedere al rango dell'aristocrazia svolgendo funzioni importanti per l'amministrazione pubblica dello Stato assolutistico (vedi la differenza tra "nobiltà di toga" e "nobiltà di spada").

Gli unici due territori che in Europa si fanno chiamare “imperi” sono quello russo, governato dallo zar (il primo, Ivan IV, fu del 1547, anche se l'impero vero e proprio venne fondato da Pietro il Grande nel 1721, arrivando a colonizzare tutta la Siberia); e quello asburgico, che con la pace di Westfalia del 1648, finita la guerra dei Trent’anni, dovrà riconoscere che la Francia di Luigi XIV era più potente, anche se l’Austria, agli inizi del Settecento, si sostituirà alla Spagna nella gestione di buona parte dell’Italia e tenderà a sostituirsi progressivamente ai Turchi nella gestione della Dalmazia e dell’Ungheria, diventando poi, nel 1867, “l’impero austro-ungarico”. Chi porrà formalmente fine al titolo di “imperatore del sacro romano (germanico) impero” sarà Napoleone Bonaparte nel 1806, rivendicando solo per sé il titolo di “imperatore”, avendo conquistato quasi l’intera Europa.

Questi due imperi (ottomano e asburgico) verranno spazzati via dalle nazioni borghesi durante la prima guerra mondiale (quello russo verrà abbattuto dalla rivoluzione comunista dei bolscevichi nel 1917). Nessuno dei tre rappresenterà un modello di "monarchia assoluta": né quelli russo e ottomano perché erano ancora troppo feudali e assai poco borghesi; e neppure quello asburgico perché, pur essendo meno feudale degli altri due, era caratterizzato da una differenza notevole di etnie, nazionalità, lingue e religioni di cui doveva tener conto e che inevitabilmente lo indebolivano, per quanto facesse di tutto per sostituirsi ai turchi nei Balcani (Ungheria, Serbia, Croazia, Slovenia, Montenegro, Bosnia, Erzegovina...), onde impedire alla Russia di fare altrettanto. Il vero modello di Stato assolutistico è rappresentato dalla Francia di Luigi XIV, e il vero modello di Stato costituzionale è rappresentato dall'Inghilterra, almeno finché non si faranno le rivoluzioni americana e francese.

La vittoria della Russia sulla Svezia per il controllo del mar Baltico, reso possibile agli svedesi dopo la guerra dei Trent'anni, e la formazione dello Stato prussiano segneranno il declino della Polonia, destinata a scomparire in quanto la nobiltà era fermamente contraria a qualunque centralizzazione politica della corona. La Russia nel mar Nero minacciava seriamente anche l'egemonia ottomana e ci vorrà il Congresso di Berlino del 1878 per impedirle, dopo aver vinto i turchi nel 1877-78, di accedere al Mediterraneo. Le potenze europee infatti preferiscono avere a che fare con una Turchia debole nei Balcani piuttosto che con una Russia forte nel Mediterraneo, per questo non si decidono mai a compiere una guerra risolutiva. L'impero ottomano era già gravemente in crisi alla fine dei '600, quando dovette cedere l'Ungheria all'Austria, ma si preferì tenerlo in piedi, seppur smembrato di molti territori, sino alla prima guerra mondiale.

Un quarto impero verrà spazzato via dalla prima guerra mondiale, quello prussiano, che nel 1870 aveva unificato l'intera Germania, come avevano fatto i Savoia in Italia (1861-70). Ma l'impero prussiano, pur avendo aspetti indubbiamente feudali (la terra era posseduta dagli junkers), era nato con l'intenzione di rendere la Germania una nazione capitalistica molto velocemente, recuperando il tempo perduto (di qui peraltro la decisione di muovere guerra alla Francia, di ridimensionare le pretese dell'impero asburgico e, nel Novecento, di far scoppiare le due guerre mondiali).

Lo Stato prussiano s'impone nei territori tedeschi dopo la guerra dei Trent'anni (1618-48): unifica dei territori sparsi e centralizza i poteri politici e amministrativi, dotandosi di un esercito regolare di 90.000 uomini. Favorisce il mercantilismo e le manifatture, attira i calvinisti perseguitati in Francia e Inghilterra, triplica la popolazione di Berlino, permette ai nobili di praticare il servaggio ma in cambio chiede di prestare servizio militare e d'impegnarsi nell'amministrazione dello Stato, partecipa alla spartizione della Polonia insieme a Russia e Austria. Quindi l'alleanza tra sovrano, nobiltà, esercito e luteranesimo è molto forte.

Nel Settecento e nell’Ottocento si parla di “antico regime assolutistico” in opposizione alla nuova società borghese che, dopo essersi affermata sul piano economico, grazie all'appoggio delle monarchie assolutistiche nazionali, pretende ora maggiore potere politico. Le prime idee borghesi sono nate intorno al Mille, con la nascita dei Comuni italiani, e sono andate sviluppandosi sino alla formazione delle monarchie nazionali assolutistiche e centralizzate. Ora però la borghesia sta per compiere un passo decisivo: non si accontenta più di avere un certo potere economico, vuole anche quello politico. Cioè vuole che l’aristocrazia non conti più nulla o comunque non ostacoli minimamente lo sviluppo del capitalismo, e vuole che la monarchia sia controllata da una costituzione e da un parlamento o che addirittura non esista alcuna monarchia, ma una repubblica, come p.es. quella olandese, chiamata “Repubblica delle Sette Province Unite”, o quella svizzera, la cui Confederazione dei primi tre cantoni è nata nel 1291.

Le prime due nazioni borghesi europee che si sono mosse in questa direzione esplicitamente capitalistica sono state l’Olanda (Paesi Bassi), dopo essersi liberata dell’occupazione spagnola (nel 1581 come Repubblica delle Sette province unite, ma ufficialmente nel 1648 con la Pace di Westfalia), e l’Inghilterra, dopo aver fatto la rivoluzione guidata da Cromwell e dai puritani calvinisti (1628-89). Anche la Francia, durante la guerra civile tra cattolici feudali e calvinisti borghesi (chiamati “ugonotti”), si avviava a diventare una potente nazione capitalistica, ma al tempo dei due cardinali Richelieu e Mazzarino lo Stato centralizzato fu concepito anche in funzione anti-calvinista. Inoltre la Francia assolutistica mirava a espandersi nell'Europa continentale più che oltreoceano, puntando decisamente a rafforzare l'esercito e non la marina.

L’Olanda tuttavia era troppo piccola e l’Inghilterra troppo lontana per poter influenzare l’Europa intera; entrambe peraltro si consideravano “nazioni marittime” e rivolgevano i loro principali interessi verso i nuovi continenti appena scoperti (Africa, Americalatina, Oceania, senza tralasciare vasti territori asiatici). Ovviamente le loro merci venivano vendute in tutta Europa, influenzando enormemente usi e costumi dell’epoca, partendo ovviamente dai ceti più facoltosi (si pensi all’uso del caffè, del cacao, del tabacco, delle spezie ecc.).

L'Olanda può essere considerata la prima nazione capitalistica d'Europa, ma l'influenza ch'essa ha avuto in Europa è stata non tanto sul piano politico o ideologico, quanto piuttosto su quello del credito finanziario, del commercio internazionale e della politica coloniale (si era espansa in India, Indonesia, Americhe e Sudafrica). Va detto tuttavia che in Olanda vissero grandi filosofi, giuristi e politologi come Cartesio, Spinoza, Locke e Ugo Grozio. Da notare che l'Olanda, pur essendo nata come repubblica e rimasta tale sino all'occupazione francese del 1795, quando ridiventò indipendente nel 1813, preferì optare per la monarchia costituzionale (in realtà era già di fatto una monarchia costituzionale, poiché nel 1747 gli Orangisti avevano deciso di rendere ereditaria la carica di statolder, contro la volontà dei patrioti repubblicani). Scelse il nome di Regno Unito dei Paesi Bassi e, con tale denominazione, durò sino al 1830, quando le province meridionali si staccarono, formando con la parte francofona del Lussemburgo, il Belgio, anch'esso Stato federale retto a monarchia costituzionale, il quale, a nord, possiede le Fiandre (la cui popolazione olandese rappresenta il 58% del totale), mentre a sud possiede la Vallonia (con una popolazione francofona che rappresenta il 32% del totale): il resto (10%) è una comunità di tedeschi.

Il primo vero paese che ha influenzato politicamente e ideologicamente l'Europa è stata l’Inghilterra con la propria rivoluzione borghese, anche se essa la concluse cercando un compromesso con la classe aristocratica, la quale, già ridotta di numero, aveva preso a gestire le proprie terre secondo criteri capitalistici (partendo dal fenomeno delle recinzioni e producendo esclusivamente per il mercato). Quindi, in virtù di questo compromesso, non poté esserci una radicalizzazione, in senso democratico, delle idee politiche, tant'è che quando esse vi furono, p.es. da parte dei Livellatori e Sterratori, vennero duramente represse. Sul piano della democrazia politica erano più avanzati gli olandesi degli inglesi, ma quest'ultimi, molto più forti sul piano militare, ne ridussero di molto il potere sugli oceani (le guerre durarono dal 1652 al 1784). L'Inghilterra rimarrà la potenza più forte del mondo anche dopo aver perduto la colonia americana (nel continente conservò comunque il Canada, togliendolo ai francesi, cui rimase il Quebec).

Sia l'Olanda che l'Inghilterra furono culturalmente dominate dall'ideologia puritana (calvinista), con questa differenza: che in Inghilterra il calvinismo allo stato puro (originario) fu costretto a emigrare nel continente nordamericano, mentre nella madrepatria si espresse nella forma ambigua dell'anglicanesimo, che rappresenta un compromesso tra esigenze calvinistiche della borghesia e tradizione cattolica della nobiltà. L'anglicanesimo in Inghilterra è una religione di stato e i monarchi non possono non essere anglicani.

Nel Settecento quindi la nazione che davvero sconvolge l’antico regime è la Francia, la cui rivoluzione, nettamente anti-aristocratica e anti-monarchica, viene anticipata di qualche anno da quella americana. Con questa differenza, che mentre i coloni inglesi lottarono per liberarsi di una dipendenza esterna, quella che imponeva la madrepatria, la borghesia francese ha lottato invece per liberarsi di una dipendenza interna, quella che imponeva appunto la monarchia assolutistica e il ceto aristocratico.

L'Inghilterra s'impone a livello mondiale dopo la guerra dei Sette anni, che si svolse tra il 1756 e il 1763, coinvolgendo le principali potenze europee: Gran Bretagna, Prussia, Francia, Austria, Russia, Svezia, Polonia e la Spagna nelle fasi finali. Fu la prima guerra mondiale dell'epoca, in quanto coinvolse non solo l'Europa, ma anche le Americhe, l'Asia e l'Africa occidentale, dove le potenze europee avevano dei possedimenti coloniali. Il conflitto segnò l'affermazione della Prussia come potenza continentale e della Gran Bretagna come principale potenza marittima e coloniale, soprattutto in America Settentrionale e in India. Con la pace di Parigi (1763) gli inglesi, gli unici veri vincitori, ottengono quasi tutte le colonie francesi in America e tutte quelle in India.

Gli americani non hanno dovuto combattere contro una propria aristocrazia, né laica né ecclesiastica, in quanto i coloni erano già borghesi e prevalentemente calvinisti, e le idee rivoluzionarie che avevano al momento della rivoluzione, erano state prese dagli ideologi democratici e liberali dell’Inghilterra e della Francia, quelli appunto che posero le basi culturali per le rivoluzioni nei loro rispettivi paesi. Le guerre che sostennero gli americani furono sostanzialmente tre: 1) contro il colonialismo inglese, 2) contro i nativi indigeni, ancora fermi a un tipo di civiltà nomadica o comunque pre-schiavistica, 3) contro gli spagnoli nella parte meridionale degli Usa, per poter allargare al massimo la propria nazione: gli ultimi territori che gli americani portarono via militarmente agli spagnoli furono le isole di Cuba, Guam e Porto Rico e l'arcipelago delle Filippine, tutti nel 1898. La guerra civile tra nordisti e sudisti o di secessione (1861-65) servì per abolire la schiavitù negriera praticata dai piantatori del sud e quindi per imporre la libertà contrattuale in tutta la nazione: così i negri erano liberi di andare a fare gli operai salariati nelle industrie del nord.

Dunque per capire il motivo per cui la borghesia francese ha prodotto uno sconvolgimento di portata epocale, bisogna prima cercare di capire bene le differenze tra antico regime e società borghese. La società dell'antico regime è costituita da caste privilegiate (nobiliari, laiche ed ecclesiastiche), che fondano i loro privilegi sulla base di una tradizione consolidata: quella militare e latifondistica, che si trasmette per via ereditaria. Il loro governo viene detto “aristocratico”. Sono classi che vivono di rendita fondiaria, estorta ai contadini (servi della gleba). Il clero è privilegiato perché ha ottenuto un potere immenso attraverso lasciti e donazioni, poi perché quello cattolico esercita un potere politico, diretto o indiretto, inoltre perché è esentato (come i nobili laici) dal pagamento delle imposte, in maniera parziale o totale, e infine perché dispone dell'esercizio dell'istruzione privata, della pubblica assistenza (anche sanitaria) e del diritto d'asilo, che può concedere a chicchessia. Queste classi non possono essere sottoposte a giudizio da parte dello Stato, avendo propri tribunali. Sono le uniche a poter accedere a determinate cariche pubbliche o a poter produrre o commerciare in via esclusiva determinati beni. In Francia quando il sovrano convocava i tre “ordini” in parlamento (nobili, clero e borghesia) le votazioni erano per “ordine”, per cui la borghesia (detta anche “terzo stato”) finiva sempre in minoranza.

In un certo senso i nobili fruivano di un diritto alla “extraterritorialità”, per cui costituivano una sorta di “Stato nello Stato”. Ecco perché le monarchie assolutistiche e centralizzate sono sempre intenzionate a ridurre i poteri politici dell'aristocrazia. Si potevano perdere tali privilegi solo in casi molto particolari: p.es. a motivo di una condanna per crimini contro il sovrano o contro il proprio paese, o per delitti comuni di particolare gravità, o a volte per l'esercizio di un'attività considerata indegna. Oppure, al contrario, si poteva comprare il titolo nobiliare, sempre molto costoso, entrando a far parte della “nobiltà di toga” (i funzionari di stato), nei cui confronti i “nobili di spada o di sangue” nutrivano un profondo disprezzo.

La successione nei titoli nobiliari di regola avveniva solo per i maschi primogeniti legittimi (diritto di maggiorasco), ma in caso di necessità si provvedeva a favore del cadetto o dei figli di sesso femminile o dei parenti più prossimi. Il maggiorasco serviva proprio per conservare il patrimonio e possibilmente per allargarlo attraverso un matrimonio d'interesse. In Italia il maggiorasco fu abolito soltanto al momento dell'unificazione, ma per abolire i titoli nobiliari c'è voluta la Costituzione del 1948.

Da notare che la rivoluzione industriale e il colonialismo extraeuropeo, che faranno nascere il capitalismo in Europa, si sviluppano proprio sotto l'assolutismo (praticamente dal XVI al XVIII secolo), anche se solo dopo le rivoluzioni politiche borghesi riusciranno a imporsi sul mondo intero. Le caratteristiche fondamentali del capitalismo sono le seguenti: a) accumulazione primitiva (separazione forzata del produttore diretto dai propri mezzi di produzione); b) ingenti capitali ottenuti grazie al colonialismo e investiti nelle manifatture e fabbriche; c) trasformazione del contadino in operaio.

Il capitalismo si sviluppa in Europa occidentale perché qui si forma prima che altrove una classe borghese molto individualistica e di idee materialistiche, volte ad affermare un proprio successo economico. E' stato soprattutto grazie al protestantesimo che si è affermata la cultura del capitalismo, che viene definita con varie espressioni: materialistica volgare (in quanto individualistica), laica (agnostica o pluriconfessionale), illuministica (empiristica, razionalistica, scientistica), liberale o democratica, ma per molto tempo è stata anche razzistica, sciovinistica-nazionalistica, colonialistica e imperialistica.

In Europa orientale, al formarsi del capitalismo nell'area occidentale, il feudalesimo, proprio a causa della precarietà della borghesia, non solo non diminuì ma addirittura aumentò. Anche nel resto nel mondo la borghesia, pur avvalendosi di una cultura favorevole ai commerci, non poté mai pretendere di agire contro gli interessi dei propri Stati imperiali e assolutistici. Ecco perché l'Europa occidentale poté conquistare abbastanza facilmente interi continenti come quello asiatico, africano, americano e australiano. Giappone e Cina restavano infatti feudali e isolati, mentre l'India era diventata la più grande colonia inglese, dopo che quest'ultimi cacciarono i francesi e gli olandesi.

Per concludere, si può dire che la storia moderna, in cui la borghesia appare come protagonista politica in Europa e nel mondo, inizia con la rivoluzione inglese e si conclude con la rivoluzione bolscevica del 1917, che fa iniziare l'era contemporanea, in quanto rivoluzione non borghese, ma proletaria. Di tutte le rivoluzioni borghesi, quella francese dominerà lo scenario dell'Europa continentale e di buona parte del pianeta sino alla seconda guerra mondiale, mentre quella inglese, fino allo stesso periodo, dominerà lo scenario mondiale extra-europeo; dopodiché entrambe verranno sostituite dagli Stati Uniti, attualmente in competizione con Cina e Russia.

Se si dovesse fare un'analisi politico-sociale riguardo ai rapporti di alleanza o di conflitto tra le classi e i ceti allora dominanti, si possono fare queste sintetiche precisazioni: a) la borghesia appoggia le monarchie assolute perché queste impediscono alla nobiltà di governare indisturbata a livello locale-regionale, il che ostacola enormemente la formazione di un unico mercato nazionale; b) la nobiltà appoggia il re solo nella misura in cui, pur privandola di potere politico territoriale, gli assicura la proprietà della terra e grandi privilegi in campo militare, amministrativo e diplomatico; c) i contadini lottano per abolire la servitù della gleba, ma riescono soltanto a scuotere il sistema, non ad abbatterlo: cosa che invece potranno fare solo alleandosi con la borghesia; d) la borghesia appoggia i contadini quando vogliono liberarsi del servaggio, ma non quando pretendono maggiore democrazia sociale, maggiori diritti economici (la borghesia ha bisogno che i contadini si liberino del feudalesimo per averli come operai salariati nelle proprie manifatture); e) monarchia, aristocrazia, borghesia stabiliscono facilmente delle alleanze quando i contadini e gli operai avanzano eccessive rivendicazioni sociali ed economiche; f) se in presenza dell'aristocrazia i contadini costituivano un nemico per quest'ultima, in presenza della borghesia i nemici diventano gli operai salariati, che sono enormemente aumentati di numero con la rivoluzione industriale della metà del '700.


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Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Storia - Storia Moderna
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Aggiornamento: 16/09/2016