STORIA DEL MEDIOEVO
Feudalesimo e Cristianesimo medievale


DUE SECOLI BUTTATI: DAL 1305 AL 1494

I - II - III

Cosimo I dei Medici

Dall'inizio della Cattività avignonese (1305), con cui s'inaugura il cesaropapismo del sovrano francese (dopo alcuni secoli di papocesarismo: Gregorio VII, Innocenzo III e Bonifacio VIII), sino alla discesa in Italia del sovrano francese Carlo VIII (1494), che inaugura le lotte del predominio straniero della nostra penisola (terminate nel 1559 con la pace di Cateau-Cambresis), passarono due secoli in cui la borghesia sprecò enormemente l'occasione per creare l'unificazione nazionale.

Dopo l'ingresso di Carlo VIII, intenzionato a impadronirsi del Mezzogiorno, all'Italia occorreranno praticamente quasi altri quattro secoli prima di unificarsi: un ritardo incredibile rispetto ad altre nazioni europee, che ci costringerà, per recuperare il tempo (borghese) perduto, a compiere volontariamente due guerre mondiali, inframmezzandole con un ventennio di dittatura fascista.

Peraltro la discesa di Carlo VIII non fu affatto un incentivo allo sviluppo della borghesia, ma, al contrario, un ostacolo, in quanto la Francia non voleva avere un vicino potente (d'altra parte anche gli Angioini non avevano affatto promosso le attività borghesi, ma si erano comportati come rapaci feudatari, e lo stesso faranno gli Aragonesi, loro principali nemici).

Gli Angioini, in particolare, erano interessati a occupare quanti più territori possibili dell'impero bizantino, prima che lo facessero i turchi. E avevano già iniziato a muoversi in questa direzione sin dal loro primo ingresso in Sicilia e in Puglia.

Su quell'impero in declino esercitavano ampi monopoli le Repubbliche veneziana e genovese e indubbiamente lo spostamento dei traffici commerciali dal Mediterraneo all'Atlantico, dopo la scoperta-conquista dell'America da parte di Spagna e Portogallo, sarà letale per la nostra economia, che vivrà una specie di ritorno al feudalesimo. Infatti, mentre dal Mille alla fine del Quattrocento i contadini erano invitati dalla borghesia a recarsi in città per diventare liberai operai e artigiani, già a partire dal Cinquecento si assiste al fenomeno opposto: il ritorno massiccio in campagna per riuscire a sopravvivere dopo il crollo della nostra industria manifatturiera (rovinata dalla concorrenza anglo-franco-olandese) e della finanza (i tanti fallimenti delle banche italiane, causati dal fatto che i sovrani stranieri non restituivano i crediti ricevuti).

Il colpo di grazia allo sviluppo della borghesia e all'idea di unificazione nazionale lo diede la chiesa romana, che si alleò strategicamente con la Spagna per impedire che nella penisola si diffondesse il protestantesimo (nato nel 1517). In Italia, a differenza che in altre aree dell'Europa del nord, questa alleanza risultò assolutamente vincente, nonostante che da noi la borghesia si fosse sviluppata prima che altrove, già a partire dalla nascita dei Comuni.

Le istanze riformistiche (specie nella variante calvinistica) favorirono enormemente lo sviluppo della borghesia, per quanto la borghesia di tipo protestante non fosse affatto atea o agnostica come quella italiana dell'Umanesimo e del Rinascimento. Gli intellettuali protestanti riuscirono a trovare un'intesa di tipo "teologico" tra cristianesimo e capitalismo, arrivando a giustificare l'usura, il prestito a interesse, la predestinazione divina al successo o insuccesso economico, l'equazione tra individualismo religioso e attività affaristica, ecc. Il borghese protestante voleva creare una chiesa borghese alternativa a quella romana.

Il borghese cattolico invece era diventato del tutto indifferente alla religione, per cui nei secoli XV-XVI aveva smesso di pretendere una riforma della chiesa o di appoggiare i movimenti ereticali. Aveva trovato un modus vivendi del tutto pratico, secondo cui egli rinunciava a chiedere che la chiesa si democratizzasse e in cambio però pretendeva ch'essa lo lasciasse libero di agire da perfetto borghese. E la chiesa aveva accettato questo compromesso. In tale maniera la borghesia italiana (a differenza di quella tedesca) non andava a cercare un'alleanza col ceto contadino-operaio in funzione anti-ecclesiastica: contadini e operai erano per la borghesia italiana solo manodopera da sfruttare.

Inevitabilmente la Controriforma scatenata dal papato e dalla Spagna di Carlo V, non solo impedì il diffondersi in Italia del protestantesimo, ma contribuì anche ad affossare le correnti laiche dell'Umanesimo e del Rinascimento, facendo assorbire all'Italia tutta la vuota retorica di correnti artistico-letterarie come il barocco, il manierismo, il rococò, l'arcadia ecc.

Noi avevano tutte le carte in regola, già nel Trecento, per costruire un'Italia libera da ogni presenza straniera, sotto un unico mercato nazionale, indipendente persino dal potere politico dello Stato della chiesa, che si sarebbe potuto facilmente neutralizzare se solo gli Stati regionali si fossero coalizzati. E avremmo anche potuto avere un'Italia federale, frutto di un compromesso istituzionale tra tutti gli Stati territoriali (Signorie e Principati).

Liberandoci dell'influenza della chiesa, non avremmo rischiato di veder riemergere la potenza degli imperatori tedeschi, poiché questi erano già stati sconfitti a più riprese sin dal tempo dei Comuni, e nel Trecento le Signorie erano diventate molto più forti dei Comuni originari, da cui provenivano, seppur grazie a colpi di stati militari.

La borghesia italiana ha buttato via due secoli, perdendo l'occasione d'oro di diventare, anche per i secoli a venire, una delle borghesie più forti d'Europa. Probabilmente la conquista dell'America, dopo la caduta di Bisanzio, avrebbe potuto essere finanziata dall'Italia, che in quel momento era sicuramente molto più agiata della Spagna, i cui feudatari s'erano arricchiti semplicemente cacciando dalla loro penisola, previa requisizione dei beni, tutti gli islamici e gli ebrei.

Dal Mille al 1494 l'Italia, rispetto ad altre realtà europee, era straordinariamente sviluppata e lo resterà ancora sino alla Controriforma, inaugurata dal Concilio di Trento (1545-1563). Il fatto che vi sia stato uno spaventoso regresso della nostra economia mercantile, deve necessariamente farci pensare che non basta un prodigioso sviluppo economico e culturale per realizzare obiettivi rivoluzionari. Ci vuole anche una strategia politica, e in questo campo la nostra borghesia è stata incredibilmente carente, non avendo mai avuto un respiro nazionale.

E pensare che proprio nel Cinquecento e nel Seicento la borghesia riuscì a produrre sul piano teorico tre rivoluzioni che purtroppo diedero i loro migliori risultati altrove, dove si poteva unire in maniera organica la teoria alla pratica: la nascita della scienza della politica (con Machiavelli), con cui per la prima volta si teorizzava la separazione dell'etica dalla politica; la nascita della metodologia della ricerca scientifica (con Galilei), con cui per la prima volta si teorizza che è vero solo ciò che è dimostrabile empiricamente; la nascita del realismo drammatico del Caravaggio, talmente avanti rispetto ai suoi tempi che fu riscoperto solo a metà del XX secolo.

I due secoli sono stati buttati via semplicemente perché tutte le Signorie e i Principati erano in lotta tra loro; nessuno seppe prevalere in maniera definitiva sugli altri, obbligando tutti ad accettare l'unificazione e uno Stato centralista (cosa che avverrà soltanto a fine Ottocento coi Savoia, che in questi due secoli e anche nei successivi furono il Principato meno significativo, e che comunque riuscirono a unificare la penisola soltanto dopo aver saputo sfruttare il movimento garibaldino e risorgimentale).

Tutti insieme gli Stati territoriali non furono neppure capaci di realizzare una nazione federata, in cui a favore di tutti gli Stati vigesse una sorta di pariteticità giuridica ed economica (come successe p.es. in Svizzera).

La borghesia italiana si muoveva soltanto in rapporto alla propria Signoria o Principato, al massimo con l'intenzione di occupare territori altrui: cosa che la porterà a guerre interminabili, praticamente sino alla pace di Lodi del 1454, con cui si consolidò, dopo il tanto sangue versato, il sistema degli Stati regionali.

Essa non riuscì mai ad avere un rapporto organico con operai e contadini per realizzare l'unificazione. Glielo impediva anche il fatto ch'essa viveva una fede religiosa molto superficiale e contraddittoria e non avrebbe mai potuto creare un movimento popolare sulla base di nuove idee religiose (come luterani e calvinisti fecero in Germania, Svizzera e altrove). Da tempo aveva smesso di credere nel valore delle idee religiose e si comportava nella vita quotidiana come se fosse agnostica, se non addirittura atea. Era troppo avanti culturalmente, troppo laica, rispetto alle classi sociali non mercantili. Questo forse spiega anche il motivo per cui da noi, che pur avevamo conosciuto, prima di altri, tanti movimenti ereticali di protesta, la Riforma protestante non ebbe alcun successo.

E pensare che di occasioni, per ottenere mutamenti radicali, ve n'erano state più di una. Partiamo dalla guerra del Vespro (1282-1302), con cui i siciliani cacciarono dall'isola gli Angioini, fatti venire in Italia dal papato per impedire che i tedeschi ereditassero, grazie alla politica matrimoniale promossa da Federico Barbarossa, l'ex-regno normanno. Quella poteva essere l'occasione per cacciare dall'Italia tutti gli Angioini e perfino gli stessi Aragonesi, se le altre Signorie si fossero coalizzate. Invece la guerra franco-spagnola si concluse con la pace di Caltabellotta (1302), che segnò una precisa distribuzione di zone d'influenza nel Mezzogiorno: gli Aragonesi in Sicilia e in Sardegna e gli Angioini in tutto il Meridione restante.

Nel 1419 la regina angioina Giovanna II, del regno napoletano, non voleva più riconoscere i diritti fiscali dello Stato pontificio sul proprio regno. Il papa Martino V, per tutta risposta, chiamò in Italia Luigi III d'Angiò per eliminare la regina, ma questa cercò l'alleanza degli Aragonesi, adottando Alfonso V d'Aragona come suo figlio ed erede. Napoli, nel 1423, era già sotto l'assedio delle truppe francesi di Luigi III, quando giunsero gli Aragonesi a liberarla, occupando tutto il Mezzogiorno.

Tuttavia i rapporti con la corte aragonese non furono affatto facili, sicché Giovanna, dopo aver cacciato Alfonso V, alla sua morte lasciò in eredità il regno a Renato d'Angiò, fratello di Luigi III. Alfonso V non accettò affatto questa decisione e, nel 1441, conquistò Napoli, riunificando il territorio dell'antico stato svevo-normanno sotto la sua reggenza.

Nel 1447 Filippo Maria Visconti designò Alfonso futuro erede del ducato di Milano, arricchendo formalmente il patrimonio della corona aragonese. La nobiltà della città lombarda però, temendo l'annessione al regno di Napoli, proclamò Milano libero comune, instaurando la repubblica ambrosiana. La Francia ne approfittò e, nel 1450, diede il proprio sostegno a Francesco Sforza, che s'impadronì militarmente di Milano e del ducato e fu riconosciuto dal papa Niccolò V, che non voleva un regno napoletano troppo potente.

Il sovrano francese Carlo VIII (1483-98), della dinastia dei Valois, scese in Italia nel 1494, inaugurando una lunga serie di otto conflitti, con cui, fino alla pace di Cateau-Cambresis (1559), due grandi potenze europee si disputarono il controllo della penisola. Lo fece quando il regno napoletano era rimasto senza eredi maschi e ne rivendicò il possesso sulla base di certe parentele. Con la Francia si schierò anche il ducato di Milano, in quanto gli Sforza, che avevano estromesso i Visconti, si erano legati con gli Aragonesi attraverso una politica matrimoniale.

Il re francese ebbe la meglio, costringendo gli Aragonesi a rifugiarsi in Sicilia e a cercare il sostegno di Ferdinando il Cattolico, sovrano di Spagna. Ma il papa Alessandro VI (di origine spagnola) e Massimiliano d'Asburgo costituirono una Lega contro Carlo VIII, che fu sconfitto nella battaglia di Fornovo e dovette andarsene dal regno di Napoli.

La guerra franco-ispanica ricominciò con Luigi XII duca d'Orléans (1465-1515), che aveva ereditato il regno di Francia dopo la morte di Carlo VIII. Il sovrano si riprese nel 1500 il controllo di Milano, poi, vistosi potenzialmente minacciato dalla presenza aragonese nel Mezzogiorno, approfittò dell'appartenenza del reggente del regno napoletano, Federico I (poi III) a un ramo minore e collaterale a quello aragonese, per stipulare col sovrano spagnolo Ferdinando d'Aragona (che pur era imparentato con Federico I) il patto segreto di Granada, in base al quale Campania e Abruzzi (Napoli compresa), sarebbero passate a Luigi XII, mentre Apulia e Calabria a Ferdinando.

Vedendosi tradito dagli Aragonesi, Federico I di Napoli, decise, nel 1501, di abdicare in favore di Luigi XII, scatenando così un conflitto tra due potenze europee, i cui eserciti si scontrarono sul suolo italiano, fino al 1504 (Armistizio di Lione).

Tuttavia gli spagnoli, che s'erano enormemente arricchiti con la conquista dell'America, avevano ampi mezzi per non rispettare gli accordi e così cacciarono dal Mezzogiorno tutti i francesi, almeno sino alla discesa del sovrano francese Francesco I, nel 1515.

Ma, oltre ai Vespri, che sarebbero potuti servire come esempio per liberarsi degli stranieri dalla penisola, ci fu anche l'iniziativa di Cola di Rienzo, con cui si voleva creare una repubblica democratica, lontana sia dall'egemonia monarchica dei pontefici che dal dominio delle grandi casate nobiliari romane. E poi vi fu la Guerra degli Otto Santi, tutta rivolta contro il potere temporale del papato (1375-78).

Il tumulto dei Ciompi fiorentini (1378-82) doveva servire per far capire alla borghesia che un'alleanza coi propri operai le sarebbe tornata comoda nella lotta contro l'aristocrazia laica ed ecclesiastica.

E che dire dei due scismi (grande e piccolo) contro la chiesa, che anticiparono nettamente la Riforma, pur mandando a morte Jan Huss (1378-1417 e 1439-1449)?

Le Signorie riuscirono persino a fondare una lega con cui cacciare dall'Italia tutte le compagnie di ventura straniere.

Eppure, nonostante tutto ciò, la borghesia italiana preferì la strada del suicidio economico e politico.

Fonti


Web Homolaicus

Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Storia - Storia medievale
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Aggiornamento: 01/05/2015