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I MONGOLI DALLE ORIGINI FINO AL XV SECOLO
- All’inizio dell’XI sec. la maggior parte dell’odierna Mongolia
era già abitata da unioni tribali di lingua mongola. Queste
tribù delle steppe asiatiche in parte avevano scacciato e in parte
assimilato i nomadi turchi che vivevano già da tempo su quel
territorio. Esse parlavano vari dialetti, affini alla lingua
chiamata in seguito mongola, ma non avevano ancora una denominazione
comune. Dal nome della forte unione tribale dei tatari, le
popolazioni vicine chiamavano “tatari” anche le altre tribù mongole
(taiciuti, keraiti, naimani e mekriti). Il nome "tartaro" venne
usato in Europa occidentale: era uno dei nomi che indicavano
l'inferno pagano. Comunque il nome “mongoli” non era noto prima
dell’inizio del XIII sec. e la sua origine non è ancora stata
spiegata interamente. Ufficialmente questo nome venne impiegato
solamente dopo la formazione dello Stato mongolo unito sotto Gengis
o Genghiz Khan (1206-1227), quando fu necessario dare un nome comune
a tutte le tribù che formavano un unico gruppo nazionale. Gengis,
quando nacque, nel 1155, si chiamava Temujin
- Alcune tribù vivevano nelle zone selvose (foreste) della
parte settentrionale del paese e praticavano caccia e pesca, mentre
la maggior parte viveva nelle steppe, dove fioriva
l’allevamento nomade del bestiame. Il livello dello sviluppo
socioeconomico e culturale dei mongoli delle foreste era molto
inferiore a quello dei mongoli delle steppe, ma con l’andar del
tempo essi cominciarono ad allevare il bestiame, e quando ebbero
grandi armenti dovettero inevitabilmente uscire dalle selve e
diventare allevatori nomadi di bestiame. Ogni clan, ogni tribù aveva
i propri territori da pascolo più o meno determinati. Il bestiame,
di cui si nutrivano, veniva usato anche come scambio, per ottenere i
prodotti dell’agricoltura e dell’artigianato indispensabili. Oltre
al feltro, i mongoli fabbricavano cinghie e corde, carri e
vasellame, selle e finimenti, asce, seghe, armi. Il commercio era
nelle mani dei mercanti uiguri e musulmani, provenienti dal
Turkestan orientale e dall’Asia centro-occidentale. Prima del XIII
sec. i mongoli non avevano una scrittura propria: i naimani, la
tribù mongolica culturalmente più elevata, usava la scrittura degli
uiguri.
- La religione della maggior parte dei mongoli fino
all’inizio del XII sec. rimane lo sciamanismo. La divinità
principale era l'“eterno cielo celeste”. Erano però adorati anche il
dio della terra, alcuni spiriti e gli antenati. I nobili della tribù
dei keraiti avevano accettato il cristianesimo di tipo nestoriano
all’inizio dell’XI sec. Tra i naimani erano diffusi anche il
buddismo e il cristianesimo, penetrati in Mongolia tramite gli
uiguri.
- Ancor prima del XII sec. esistevano già presso i mongoli,
rapporti di tipo feudale. Ogni tribù aveva un gruppo di nobili
soggetti ai “khan”, che da semplici capi tribali si erano
trasformati in sovrani, difensori degli interessi dei nobili.
All’inizio del XIII sec. la ricchezza principale, cioè il bestiame,
divenne proprietà privata e ciò, naturalmente, comportò nuovi
bisogni: una maggiore estensione delle aree da pascolo e una
maggiore mobilità delle popolazioni. Fu così che si venne a creare
un nuovo tipo di unione, formata da grandi famiglie composte dai
maggiori possidenti di bestiame della tribù. La suddivisione
amministrativa delle popolazioni nomadi era basata sul sistema
decimale: l’unità più importante poteva fornire, in caso di guerra,
circa 10.000 guerrieri, provenienti da ogni clan, capeggiati dai
propri nobili ereditari. I nobili mongoli distribuivano i propri
armenti ai nomadi asserviti, e questi dovevano rispondere del
mantenimento del bestiame e consegnare ai proprietari i prodotti
derivati dall’allevamento. Nacque così la rendita pagata in prodotti
naturali. Grande importanza nello sviluppo del feudalesimo in
Mongolia ebbe la milizia armata al servizio dei khan, che in seguito
diventò vassalla. Fu proprio grazie a questa milizia che i nobili
potevano reprimere l’opposizione della massa dei nomadi. Per il
servizio prestato la milizia riceveva dal khan un determinato
compenso: alcune famiglie di nomadi asserviti e il territorio da
esse occupato per l’allevamento del bestiame. Gli schiavi, cioè i
prigionieri di guerra, venivano impiegati come servi domestici, come
artigiani e anche come pastori, senza però avere un ruolo decisivo
nella produzione sociale. Il produttore diretto principale era il
nomade asservito da un rapporto feudale. Accanto al rapporto feudale
continuavano ad esistere alcune forme del passato ordinamento
comunitario primitivo: lo si nota, p.es., nella grande libertà di
cui godeva la donna, che però non poteva contrarre matrimonio con un
membro del proprio clan, tant'è ch'era molto diffuso il ratto delle
future spose.
- La fine del XII sec. fu un periodo di lotte all’interno dei clan
e delle tribù, e anche tra le unioni tribali. Alla base di quelle
lotte c’erano gli interessi contrastanti delle famiglie nobili,
ricche e potenti. Le tribù mongole non avevano mai avuto un sovrano
despota potente che le governasse: ogni tribù aveva una specie di re
e dei principi che passavano la maggior parte del tempo a
combattersi l’un l’altro. La tribù vinta doveva dipendere da quella
vincitrice, e i nobili vinti diventavano vassalli del khan e dei
nobili della tribù vittoriosa. Nel processo di queste lunghe lotte
si formarono unioni tribali molto potenti, capeggiate dai khan che
si appoggiavano a forti milizie. Queste unioni tribali attaccavano
spesso anche le popolazioni vicine, soprattutto i cinesi. All’inizio
del XIII sec. molti nobili di varie tribù, dopo varie guerre
intestine, si riunirono attorno al capo dei mongoli delle steppe, Temujin,
chiamato poi Gengis Khan, il quale ovviamente proteggeva gli
interessi della nobiltà nomade.
- Con la formazione dello Stato iniziarono le conquiste mongole.
Ne fecero le spese molte popolazioni: kidani e giürceti, tanguti e
cinesi, coreani, tibetani e tagiki, turchi e persiani, indiani e
transcaucasici, russi e polacchi, ungheresi, croati e così via. In
seguito, sotto i successori di Gengis Khan, le navi dei
conquistatori approdarono alle coste del Giappone, di Giava e di
Sumatra. La disciplina ferrea, l’ottima organizzazione, la grande
mobilità delle milizie mongole a cavallo, grandi esperte nell'uso
dell'arco sul cavallo in corsa, conferivano loro grandi vantaggi
rispetto agli eserciti feudali dei popoli sedentari. Però il fattore
principale fu la relativa debolezza degli Stati che diventarono
oggetto delle conquiste dei nobili mongoli. Una debolezza
riconducibile al frazionamento feudale, alla mancanza di unità e, in
molti casi, al timore dei governanti di armare le masse popolari.
Le invasioni dei mongoli erano caratterizzate dai metodi di
devastazione organizzata introdotti da Gengis Khan e dai suoi
condottieri, dall’eliminazione in massa degli elementi della
popolazione atti alla resistenza, dall’instaurazione del terrore più
brutale. Quando una città era assediata, la sua popolazione poteva
ottenere grazia solo in caso di resa immediata. Se una città
resisteva, dopo la sua conquista i generali di Gengis Khan portavano
tutta la popolazione in un campo, allo scopo di depredare più
comodamente le abitazioni. Poi tutti i guerrieri venivano uccisi, e
gli artigiani con le loro famiglie venivano trasformati in schiavi.
Talvolta i condottieri massacravano non solo tutta la popolazione
cittadina, ma anche quella rurale del circondario quando si temevano
la possibilità di una rivolta. Dopo il “massacro generale” nella
città di Merv, presa dai mongoli nel 1221, per contare gli uccisi
occorsero 13 giorni. Per questi metodi distruttivi le città di
Bukara, Termez, Merv, Rai, Ani, Baghdad e Kiev, grandi centri di
civiltà, portarono i segni dell’immane flagello per alcuni decenni.
Scomparvero completamente anche i meravigliosi giardini della
Chorasmia e del Khorasan, nonché i sistemi irrigatori dell’Asia
centro-occidentale, dell’Iran, dell’Iraq e di altri paesi, creati
con enormi fatiche. Gran parte dei nobili, insieme ai propri
militari e ai propri servi rurali, si trasferì nei paesi
conquistati. Nei paesi conquistati, i nobili continuavano a condurre
vita nomade con le loro tribù, sfruttando la popolazione locale
sedentaria e ricevendo da essa un tributo in prodotti naturali.
- La loro prima grande conquista era stata la Cina
settentrionale, che, nonostante
l'imponente muraglia di oltre 6000 km, non riuscì ad impedire
d'essere occupata, seppur non completamente (Pechino, allora
chiamata Yantsin, fu incendiata
nel 1215). Nel corso di questa guerra Gengis Khan vide le grandi
macchine cinesi usate per sfondare le mura e per lanciare le pietre, e
comprendendone l’utilità per le ulteriori conquiste, ne organizzò la
fabbricazione, utilizzando i costruttori portati dalla Cina in
Mongolia e resi schiavi.
- Terminata la guerra nella Cina settentrionale, Gengis Khan
diresse le sue truppe a ovest, verso la Chorasmia (oggi Khwarezm),
che era in questo periodo lo Stato più importante dell’Asia
centro-occidentale (era stato una satrapia dell'impero Achemenide).
Sconfitto l’effimero Stato dei naimani (1218), le truppe mongole
cominciarono la conquista dell’Asia centro-occidentale (1219), detta Transoxiana
(tra l'attuale Uzbekistan e le regioni sud-occidentali del
Kazakistan); nel 1220 presero Bukara e Samarcanda, e la Chorasmia
crollò: lo scià Mohammed fuggì nell’Iran, ove poco dopo morì.
Reparti mongoli, inseguendo suo figlio, penetrarono nell’India
nord-occidentale, ma, incontrandovi forte resistenza, non
proseguirono l’avanzata.
Contemporaneamente un esercito mongolo, oltrepassato il Caspio da
sud, penetrò nella Georgia e nell’Azerbaigian, devastando ogni cosa
sul suo passaggio. Queste truppe giunsero nel Caucaso settentrionale
e si diressero nelle steppe russe meridionali. Sconfitti gli alani
prima, e i polovzi poi, i mongoli giunsero in Crimea, ove presero la
città di Sudak. Nel 1223 ci fu una grande battaglia sul fiume Kalka
tra i mongoli e le milizie dei principi russi: la mancanza di unità
tra quest’ultimi e il tradimento dei polovzi causarono la sconfitta
dell’esercito russo. Ma le gravi perdite subite anche dai mongoli
non permisero loro di proseguire a nord; deviarono quindi a est,
contro i bulgari del Volga: ma non avendo ottenuto nessun successo,
dovettero tornare indietro. Gengis Khan allora ritornò in Mongolia
nel 1225. L'ultima spedizione la fece un anno prima di morire, per
sottomettere lo Stato tanguto di Hsi-Hsia. Quando morì Gengis Khan,
l'impero era esteso dalla Corea alla Cina settentrionale, fino
all'altopiano iranico.
- Nel 1229 si riunì un’assemblea alla presenza dei suoi figli, dei
suoi parenti più vicini e dei suoi collaboratori, e secondo il suo
desiderio fu eletto gran khan il suo terzo figlio: Ogodai, il
quale occupò stabilmente, con la forza e con l'inganno, tutta la
Cina settentrionale. Fatto questo, passò alla Rus', servendosi anche
delle truppe dei paesi sottomessi. Nel 1236 sottomise i polovzi e i
bulgari del Volga, e nel 1237 mosse contro la Rus’. Nella campagna
invernale 1237-1238 conquistò Rjazan, Kolomna, Mosca e Vladimir. Le
truppe mongole, a causa delle gravi perdite subite, dovettero però
interrompere le azioni militari per circa un anno e mezzo.
Nell’inverno del 1239 Ogodai ricominciò la guerra, penetrò nelle
terre russe meridionali, attraversò il Dnepr e prese Kiev nel 1240:
da allora e per circa due secoli la Russia verrà sottoposta a una
mortificante occupazione (Khanato dell'Orda d'Oro), che non le
permetterà di svilupparsi in alcun modo. Nel 1241 morì Ogodai, dopo
aver occupato tutto l'Iran, la Georgia e l'Armenia. Sotto di lui
venne fatto un censimento della popolazione in tutto l’impero,
furono istituite norme per le tassazioni e fu organizzato un
servizio postale.
- I mongoli si divisero in due gruppi: il primo si diresse in
Ungheria; il secondo penetrò in Polonia (1241). Devastate la Polonia
e la Slesia, attraverso Sandomir e Cracovia, sconfissero le milizie
dei principi polacchi e germanici nella battaglia presso Legnica (Leignitz).
L’altra armata mongola attraversò l’Ungheria attraverso la Moravia.
Qui il re ceko Vratislao I, approfittando del loro indebolimento
causato dalla lotta contro la Rus’, riuscì a fermarne
momentaneamente l’avanzata. L’invasione però si ripeté nel 1259 e
nel 1287, e fu sempre accompagnata da spaventose devastazioni. I
mongoli giunsero fin quasi a Venezia, ma con perdite talmente gravi
che non riuscirono più a penetrare ulteriormente verso ovest, e
dovettero ritirarsi.
Il fatto che i mongoli fossero nemici dei musulmani attirò
l'attenzione dell'occidente cattolico, molto impegnato nelle
crociate. Papa Innocenzo IV sperava di ottenere aiuti militari
contro l'islam, ma dal 1246 al 1255, nelle loro trattative, i
mongoli chiedevano ai cristiani come precondizione di sottomettersi
a loro.
- Dopo la morte di Ogodai la lotta per la successione al trono
durò fino al 1251, quando l’assemblea proclamò gran khan Mongka, che
invase, insieme a suo fratello, l’Iran, la Siria e la bassa
Mesopotamia. Nel 1258 Baghdad cadde, segnando la fine del califfato
degli Abbasidi. L’ulteriore avanzata dei mongoli fu fermata dai
mamelucchi egiziani, che li sconfissero nel 1260: era una
casta di soldati di origine turca, reclutati tra le popolazioni
nomadi delle montagne e delle steppe dell'Asia e addestrati per
divenire la guardia personale del sovrano, che, verso la metà del XIII sec., aveva rovesciato la dinastia regnante in Egitto.
- A est i mongoli, capeggiati da un altro fratello di Mongka,
Qubilay, invasero la provincia cinese di Szechwan. In questo periodo
il territorio della potenza mongola raggiunse la massima estensione.
La parte fondamentale era formata dalla Mongolia, dalla Manciuria e
dalla Cina settentrionale. Questi territori appartenevano ai gran
khan. Gli altri territori appartenevano ai figli dei sovrani o ai
nobili di maggior importanza. Vi furono emissari del khan a Roma, in Inghilterra e al concilio
di Lione (1274) per vedere di stringere un'alleanza con la chiesa
romana, ma le condizioni che questa poneva risultavano inaccettabili
per i mongoli, sicché non si arrivò ad alcun risultato. Durante il
periodo di papa Bonifacio VIII, il monaco Giovanni di Montecorvino
riuscì a costruire una chiesa cattolica a Pechino e a tradurre in
lingua mongola il Nuovo Testamento (1294).
- Nel 1259 morì il gran khan Mongka. Qubilay trascurò la regola
stabilita da Gengis khan, secondo cui il gran khan doveva essere
eletto dall’assemblea alla presenza di tutti i membri della casa
regnante, e convocò nel 1260 i suoi familiari, i quali lo elessero
gran khan. Contemporaneamente un’altra parte di nobili si riunì a
Karakorum, elevando al trono il fratello minore di Qubilay, Arigbuga.
In Mongolia ci furono così due gran khan, nemici l’uno all’altro,
anche per motivi religiosi, in quanto Qubilay s'era avvicinato al
buddismo.
Dopo quattro anni di lotta armata, Arigbuga ebbe la peggio, e
Qubilay restò unico gran khan. Ma ormai la potenza mongola non era
più quella di un tempo, poiché da essa si stavano staccando alcuni
territori importanti (p.es. quello dell'Orda d'Oro in Russia).
Quando alcuni khan di questi territori abbracciarono l’islam (fine
del XIII e inizio del XIV sec.), non vollero riconoscere nemmeno
nominalmente l’autorità del gran khan Qubilay, poiché lo
consideravano un “infedele”.
Nel XIV sec., la massa principale dei mongoli che abitava nei
territori occidentali dell'Asia si fuse con gli antichi uzbeki, con
i polovzi, gli ogusi e gli azerbaigiani, e cominciò a parlare le
lingue del gruppo turco; solamente sulla costa occidentale del
Caspio la lingua mongola si conservò fino al XVII sec., e
nell’Afghanistan fino al XIX. Fu in questo periodo che il termine
“tartari” cominciò a indicare i nomadi di lingua turca dell’Orda
d’Oro.
- Qubilay accettò il fatto compiuto della separazione e concentrò
tutta la sua attenzione alla definitiva conquista della Cina. Nel
1271 portò la capitale dalla Mongolia a Yantsin (Pekino).
Praticamente intorno al 1276 tutta la Cina era nelle mani dei
feudatari mongoli. In precedenza anche lo Stato coreano di Kogurjo
aveva riconosciuto la sovranità mongola. L’ultima grande impresa
militare dei mongoli fu il tentativo di sottomettere il Giappone.
Nel 1281 Qubilay diresse contro il Giappone una flotta enorme,
composta da alcune migliaia di imbarcazioni, ma il tentativo fallì,
poiché la flotta fu sorpresa da un tifone, dal quale si salvarono
solo poche navi. Anche i tentativi di insediarsi nell’Indocina non
ebbero successo. In seguito a queste conquiste lo Stato dei mongoli
era formato dalla Mongolia, dalla Cina e dalla Manciuria. Il dominio
politico era nelle mani dei feudatari mongoli, capeggiati dal gran
khan, che contemporaneamente diventò imperatore della Cina. Qubilay
e i suoi discendenti regnarono per quasi un secolo sulla Cina e sul
popolo cinese (fino al 1368), e la sua dinastia ebbe il nome di
Yuan, termine con cui si designava non solo i possedimenti cinesi
dei mongoli, ma anche tutto l’impero dei feudatari mongoli. Qubilay
incaricò un suo fiduciario, il monaco buddista tibetano Phagspa, di
elaborare la scrittura mongola sulla base dell’alfabeto tibetano. Il
monaco elaborò l’alfabeto mongolo e nel 1269 venne emanato un editto
che ordinava l’uso della scrittura mongola. Quanto alla religione,
Qubilay, diversamente da Gengis Khan e dai suoi immediati
successori, che proteggevano ugualmente tutte le religioni, diede la
preferenza, proprio su ispirazione di Phagspa, a una corrente
buddista che s'era formata nel Tibet nell’XI sec. Per i commerci
carovanieri tra i paesi dell’Asia anteriore e centrale e la Cina, si
comportò invece come i suoi predecessori, cioè lasciandolo nelle
mani delle compagnie dei mercanti musulmani, soprattutto persiani e
tagiki. Sotto Qubilay venne iniziata anche la ricostruzione del
Grande Canale cinese. Tuttavia il commercio nell’impero mongolo era
essenzialmente un commercio di transito, e perciò influiva poco
sullo sviluppo delle forze produttive dei paesi attraversati dalle
vie commerciali, e in particolare sullo sviluppo delle forze
produttive della stessa Mongolia. Le monete non venivano quasi più
coniate, e Qubilay limitò l’emissione di banconote per tenerne fermo
il valore. Dopo la decadenza dell’impero mongolo, il commercio
dell’Asia anteriore e centrale con la Cina subì una drastica
diminuzione. Continuò a svilupparsi invece il commercio cinese sui
mari, seguendo la vecchia rotta che dal Golfo Persico andava lungo
le rive dell’Indostan alla costa orientale dell’Indocina, e da qui
ai porti della Cina sud-orientale. Questo commercio era nelle mani
degli arabi, dei persiani e degli indiani. Il commercio marittimo
toccava i paesi della penisola di Malacca, Giava, Sumatra e le
Filippine. Naturalmente il grande sviluppo del commercio dell’impero
Yuan non deve essere attribuito interamente all’attività dei khan
mongoli, perché questi si preoccupavano solo di intascare i dazi.
L’impero mongolo unito sopravvisse solo quattro decenni (fino al
1260), dopo di che si frazionò in una serie di regni di fatto
indipendenti.
- Durante il regno della dinastia Yuan in Cina, la Mongolia vera e
propria era solo un governatorato per l’erede al trono. Però, dopo
la cacciata dei khan mongoli dalla Cina, ove si affermò l’impero dei
Ming (1368), il gran khan Togon Tugudum fuggì con le sue truppe in
Mongolia. A causa delle guerre di conquista, la Mongolia aveva perso
gran parte della popolazione, e i bottini conquistati erano andati
ad arricchire i feudatari nomadi, senza contribuire a sviluppare le
forze produttive nel paese. Dopo la ricostituzione dello Stato
cinese l’economia della Mongolia era in una situazione critica,
perché era tagliata fuori dal mercato cinese, cioè dall’unico
mercato sul quale i mongoli potevano smerciare il proprio bestiame
in cambio dei prodotti agricoli e artigianali loro indispensabili.
La base dell’economia mongola, nei secoli XIV-XV, era rimasto
l’allevamento nomade del bestiame, sottoposto a regime feudale.
L’autorità del gran khan scemava continuamente, e le varie fazioni
feudali riuscirono a mettere sul trono o a detronizzare questo o
quel khan, appartenente però sempre alla dinastia dei Genghiskhanidi.
Tra la fine del XIV e la metà del XV sec. la Mongolia occidentale e
orientale fu teatro di lunghe guerre intestine, in cui tendevano a
prevalere tendenze centrifughe di tipo nobiliare. Nel XV sec. la
storia della Mongolia fu caratterizzata anche da numerose guerre con
l’impero Ming. In questa situazione caotica si sviluppò anche una
dura lotta di classe, negli anni 1440-50, tra i nobili mongoli e i
loro servi agricoli.
- Il Grande Emiro delle orde mongoliche che fece da trait-d'union
tra mongoli e turchi fu
Tamerlano (1336-1405), di origine turco-mongola e di
religione islamica. Pose la capitale a Samarcanda, ripristinò l'uso
terroristico dei massacri (abbandonato da Qubilay) e dominò con
ferocia la Russia, raggiungendo le coste del Mediterraneo,
penetrando in India e minacciando la Cina. Conquistò la regione
iranica e mesopotamica: Baghdad, che nel 1401 aveva tentato di
ribellarsi, fu completamente distrutta. Vinse anche i Mamelucchi in
Siria, ad Aleppo e Damasco. Inferse un duro colpo, nel 1395, anche
al Khanato dell'Orda d'Oro in Russia, lo Stato mongolico che andava
dal Mar Nero al Golfo di Finlandia.
Tamerlano sconfisse i turchi ottomani ad Ankara nel 1402, impedendo
la loro espansione in Anatolia. Ma alla sua scomparsa, gli ottomani
ripresero a espandersi. La loro storia era iniziata col condottiero
turco Osman o Othman (1259-1326), il quale aveva fondato in Bitinia,
a nord-ovest dell'Anatolia, nell'odierna Turchia (quindi ai confini
dell'impero bizantino), un piccolo sultanato, che permise la nascita
della dinastia degli ottomani, il cui ultimo sovrano verrà deposto
nel 1924, dopo la proclamazione della repubblica turca.
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