IL CANTO DELLA SCHIERA DI IGOR
L'epopea russa medievale


STORIA DELLA RUSSIA MEDIEVALE

Mercato a Novgorod, di V. M. Vasnecov

Contrariamente a quanto siamo soliti sapere dai manuali scolastici di storia antica e medievale, le prime regioni che passarono al sistema economico feudale non furono i regni romano-barbarici dell'Europa occidentale, ma, già nel IV sec., la Transcaucasia e l'Asia centrale, strettamente legate ai centri mondiali della civiltà schiavista dell'antica Europa e dell'antico Oriente.

In Europa e in Asia Anteriore l'economia schiavista decadde in maniera irreversibile verso la metà del primo millennio d.C. La nuova nobiltà poteva arricchirsi solo depredando le popolazioni vicine e soprattutto a spese dei membri delle proprie comunità, espropriandoli delle loro terre.

Lo Stato feudale russo si costituì verso la seconda metà del primo millennio e, situato nella grande pianura dell'Europa orientale, divenne ben presto uno dei più vasti del suo tempo.

La sua formazione risultò dal lungo processo di sviluppo delle tribù slave orientali: gli slavi, chiamati, già al tempo di Tacito, col nome di Venedi-Sarmati, erano infatti uno dei principali gruppi etnici d'Europa.

Nel VI sec. occupavano un immenso territorio che andava dal Danubio alla Vistola e, pur essendo divisi in tre rami principali (Sclavini, Venedi e Anti), possedevano comunanza di lingua, costumi e leggi.

La loro organizzazione sociale era basata sulla comunità familiare patriarcale, quindi nel VI sec. erano all'ultimo stadio del regime comunitario dei clan.

Il potere supremo era esercitato dall'assemblea del popolo e fin dai tempi più antichi vivevano in democrazia.

Queste tribù, tuttavia, avendo deciso di superare la fase clanico-gentilizia, tendevano a espandersi, venendo a conflitto con popolazioni limitrofe, tra cui i bizantini. I quali, però, a differenza di quanto accadeva in Europa occidentale nei confronti di altre popolazioni cosiddette "barbariche", riuscirono a contenerne l'avanzata, permettendo comunque loro di stanziarsi su una grossa fetta del proprio impero, a sud del Danubio e nei Balcani, ove nacquero vari Stati, tra cui il regno bulgaro, il principato di Serbia ecc.

Gli slavi si dedicavano prevalentemente all'agricoltura, basata sull'uso dell'aratro e dei cavalli come animali da tiro; seminavano frumento, segala, orzo, piante leguminose e fibrose; conoscevano la rotazione biennale e triennale. Allevavano bovini, ovini e suini. Pesca e caccia erano largamente diffuse, anche l'apicoltura. A livello artigianale praticavano filatura, tessitura, conciatura di pelli e pellicce, conoscevano la ceramica e l'argenteria, nonché l'uso del ferro. Dal VII al IX secolo si sviluppò notevolmente il commercio degli slavi con oriente, Bisanzio, paesi baltici.

Nei secoli VIII e IX si assiste, tra queste popolazioni, alla formazione di comunità di villaggio risultanti dall'unione di proprietari individuali (piccole famiglie) che possedevano l'abitazione, gli strumenti e i prodotti del loro lavoro e un appezzamento di terra coltivabile (erano i cosiddetti mir). Continuavano a persistere forme di derivazione clanica, sempre più ridotte, di proprietà collettiva della terra.

Alla fine del IX sec. appaiono i primi ricchi edifici fortificati, in cui vivono possidenti agrari (i boiardi), per i quali lavorano servi così ridotti a causa dei debiti e prigionieri di guerra costretti alla schiavitù. Da nessuna parte tuttavia si verifica che lo schiavismo venga posto come base dei rapporti produttivi. Praticamente l'antica Rus passò dalla fase tribale a quella feudale saltando la fase schiavile.

La formazione di classi antagonistiche è documentata anche dal testo giuridico Antichissima giustizia russa, redatto nell'XI sec., in cui si comprende chiaramente che i legami di sangue vengono sempre più sostituiti da quelli territoriali, che presumono determinati conflitti sociali. I principi erano insieme capi militari e sacerdoti, e non usurpavano i diritti delle assemblee popolari: l'insieme del popolo armato componeva le loro truppe e il bottino di guerra veniva diviso tra i guerrieri, anche se le terre comuni finivano soprattutto nelle mani dei ceti più benestanti, che se le trasmettevano per via ereditaria.

Col tempo i principi, appoggiati dai boiardi, cominciarono ad appropriarsi degli organi di autogoverno delle tribù e istituirono una forza armata permanente, che facesse valere l'ordine pubblico e che permettesse di condurre guerre vantaggiose solo a loro stessi. Si costituirono anche alcuni elementi di un apparato statale che doveva servire per estorcere tasse dal popolo.

Ormai le tribù slave si erano divise in due gruppi fondamentali, federati tra loro: a sud i Poljani di Kiev (dominanti), i Severiani e i Vyatici; a nord gli Sloveni di Novgorod (dominanti) e i Krivici. Il nome "Rus" proviene dal popolo Rusy, che tra il VI e il IX sec. abitò il corso medio del Dniepr e che venne sottomesso dai Poljani. Ma si pensa che possa derivare anche dal finnico "rhos", che vorrebbe dire "scandinavo", cioè "varjago" e per estensione "russo".

Praticamente lo Stato russo antico nasce dalla fusione dei due suddetti gruppi tribali, che già stavano combattendo a sud contro i turchi Chazari (di religione giudaica) e a nord contro i Varjaghi o Vareghi, provenienti, quest'ultimi, dalla Scandinavia e dediti ad attività predatorie e commerciali.

Dalla penisola scandinava essi erano scesi verso la grande pianura dell'Europa orientale, situata tra il mar Baltico e il mar Nero, già verso il IX sec. d. C. Questi Svedesi, Norvegesi, Danesi, e appunto Varjaghi, con le loro agili navi si erano spinti anche in Francia, dove avevano formato il ducato di Normandia (una delle basi fondamentali da cui poi raggiungeranno la Britannia e l'Italia meridionale), e avevano raggiunto anche la Groenlandia e le coste nord-americane.

Su questi Varjaghi s'è fantasticato alquanto, specie dopo la formulazione della tesi cosiddetta "normannista", elaborata da storici tedeschi (Bayer e Schlözen) al servizio della russa Accademia Imperiale, nel XVIII sec., secondo cui i Varjaghi non sarebbero altro che i Normanni di stirpe germanica, che avrebbero sottomesso gli slavi, più primitivi di loro, e fondato lo Stato russo.

A detta tesi il più grande studioso russo del Settecento, M. Lomonosov, oppose la cosiddetta tesi "autoctonista", volta a dimostrare la slavicità totale del primo Stato russo, facendo risalire l'origine del nome e della stirpe dei Rus antichi Rossolani, un ceppo sarmatico che già all'epoca di Erodoto, nel V sec. a.C., abitava le steppe dell'Europa orientale.

Una parte di vero tuttavia c'era nella tesi "normannista", poiché un varjago, chiamato Rjurik, avrebbe fondato a Novgorod nell'860 la dinastia dei Rjurikidi, destinata a regnare sino alla fine del 1500, mentre un suo successore, il principe Oleg avrebbe organizzato nell'882 una campagna verso sud, che si concluse con la conquista di Kiev e col trasferimento in questa città del potere e dell'amministrazione esercitati a Novgorod. Kiev, posta su una grande via di comunicazione fluviale - il Dniepr - e all'incrocio delle grandi vie carovaniere, aveva raggiunto ben presto un alto grado di sviluppo, soprattutto a motivo delle relazioni commerciali che poteva coltivare con Bisanzio.

Oleg (882-912) fu appoggiato dalla nobiltà tribale slava e i Varjaghi, essendo poco numerosi, si fusero, appena fondato lo Stato russo, con le popolazioni slave autoctone. Egli sottomise molte tribù slave rimaste indipendenti, e così i suoi successori: Igor (912-945), che fu ucciso dai Drevljani, anche se questa popolazione fu definitivamente sottomessa dalla moglie di lui, Olga (945-69), divenuta poi cristiana; Svjatoslav (965-972), che sottomise i Chazari nel 965, e Vladimir (978-1015). Furono queste conquiste che portarono alla formazione dello Stato russo antico, eliminando le antiche divisioni tribali.

Le campagne contro Bisanzio, iniziate nei secoli VI e VII, ripresero vigore nei secoli IX e X. Bisanzio, erede dell'universalismo romano in chiave cristiana, guardava ai russi dall'alto della propria antica civiltà, con un disprezzo venato di apprensione. I Russi venivano accomunati ai Chazari, ai Turchi, ai Peceneghi per avidità e rozzezza.

Nel 907 Oleg riuscì addirittura a giungere fino alle porte di Costantinopoli, imponendo un trattato di pace molto vantaggioso per la Rus (p.es. era stata esentata dal pagamento dei dazi).

Il successore Igor fece altre due spedizioni: una nel 941, che si concluse con la distruzione della flotta russa, e un'altra nel 944, terminata con la stipulazione di un nuovo trattato di pace, successivamente consolidato dal viaggio della principessa Olga a Costantinopoli nel 957.

Senonché i continui successi della Rus sulle coste del mar Nero inquietarono Bisanzio, che mobilitò bulgari e peceneghi contro i russi. Per tutta risposta il principe Svjatoslav penetrò in Bulgaria, ma le truppe del basileus Zimisce riuscirono a sconfiggerlo nel 971, intimandogli, con un trattato, di non attaccare più né i bulgari né i bizantini.

Sulla via del ritorno però Svjatoslav fu ucciso dai peceneghi e suo figlio Vladimir volle riprendere le ostilità. Ma questa volta fu lo stesso imperatore Basilio II a chiedergli aiuto contro un'insurrezione bulgara e contro una rivolta di aristocratici latifondisti capeggiata da Bardas Fokas (Barda Foca) in Asia Minore.

Dopo aver sistemato militarmente le cose (Fokas morì nella grande battaglia di Abido nel 989), Vladimir in cambio chiese di sposare Anna, sorella di Basilio e questi fu costretto ad accettare (da notare che la stessa richiesta era stata rifiutata all'imperatore Ottone I).

Uno degli effetti più importanti delle relazioni russo-bizantine fu l'adozione, da parte di Vladimir, del cristianesimo come religione dello Stato russo, nel 988, anche se i primi russi furono battezzati già nel IX sec. Egli inoltre istituì una metropolia russa dipendente dal patriarcato di Costantinopoli.

Il paganesimo, che rifletteva la divisione in tribù, in due secoli fu definitivamente rimosso. La scelta cadde sul cristianesimo ortodosso perché l'impero bizantino, per struttura sociale e regime politico, era quello che assomigliava di più allo Stato russo. D'altra parte la Rus poteva tranquillamente accettare la nuova religione senza dover rinunciare alla propria indipendenza politica.

Insieme al cristianesimo si diffuse nella Rus la scrittura e, con essa, la possibilità di appropriarsi della cultura, particolarmente elevata, della tradizione bizantina.

In seguito a questa importante intesa con Bisanzio crebbe enormemente l'estensione delle relazioni internazionali di Kiev, in virtù soprattutto dei legami commerciali e matrimoniali (di quest'ultimi gli annali registrano ben 65 unioni con le dinastie bizantina, polacca, germanica, ungherese e con la tribù dei Polovcy).

Lo Stato russo era ormai diventato uno dei più forti del mondo. Senonché, proprio nei secoli XI e XII cominciò a svilupparsi una forte competizione interna, tra vari centri politici locali e Kiev, al punto che il neonato Stato russo rischiava di disgregarsi in molteplici Stati feudali autonomi.

La prima città dove apparvero tendenze centrifughe fu Novgorod, grande centro commerciale e artigianale. E queste tendenze furono addirittura appoggiate da vari figli di Vladimir, eccetto Svjatopolk (o Svatopluk), che era succeduto al padre nel governo del paese.

Si scatenò inevitabilmente una lotta fratricida nel corso della quale Svjatopolk uccise ben tre fratelli (tra cui Boris e Gleb, poi canonizzati), finché un quarto, Jaroslav, aiutato dall'esercito di Novgorod, riuscì a sconfiggerlo negli anni 1016-18. Successivamente, negli anni 1026-36, dopo aver combattuto contro un altro fratello, egli s'impossessò del trono di Kiev e di tutto il territorio della Rus.

Ma la vittoria di Jaroslav fu inutile, in quanto non poté affatto impedire la progressiva frantumazione dell'antico Stato russo, anche perché le rivolte feudali crescevano di continuo e i poteri costituiti si ostinavano a difendere gli interessi delle classi privilegiate, tant'è che Jaroslav, pur non volendolo, fu persino costretto, poco prima di morire nel 1054, a dividere il paese tra i suoi tre figli: Izjaslav, Svjatoslav e Vsevolod. A lui comunque si deve l'importante codificazione scritta del diritto civile (che include anche quello ecclesiastico): la cosiddetta Russkaja Pravda.

Il triumvirato (1054-73) riorganizzò lo Stato russo a favore della grande proprietà terriera, scatenando aperte ribellioni da parte delle classi oppresse, a Suzdal nel 1024, a Kiev nel 1068 (dove il governatore fu costretto a fuggire in Polonia) e nel 1071 a Beloozero (nella terra di Rostov) e a Novgorod.

Bastò l'insurrezione di Kiev per far ripiombare la Rus in una serie di guerre interminabili tra i vari principi e persino tra i figli di Jaroslav.

Ormai il potere centrale di Kiev era stato gravemente compromesso e di questo approfittarono subito i nemici storici della Rus: i peceneghi e i polovcy, di stirpe turca (quest'ultimi erano riusciti ad appropriarsi, verso la metà dell'XI sec., delle terre dei peceneghi, costringendoli a riparare in Ungheria).

Nel 1068 i nomadi Polovcy attaccano la Rus. Izjaslav e Svjatoslav sono costretti a riparare a Kiev, ma qui matura l'ennesima rivolta contro i boiardi. I figli di Jaroslav non vogliono mettersi dalla parte dei contadini, i quali li costringono a fuggire.

Il ruolo guida della lotta russa contro i polovcy passò a Vladimir Monomaco (1113-25), che non era di Kiev ma che fu chiamato dalla nobiltà di questa città per sedare le insurrezioni popolari che minacciavano il potere dei proprietari terrieri (i boiardi), nonché quello dei mercanti, degli usurai, degli stranieri... Monomaco accettò e prese il controllo della città. dopo aver sbaragliato anche i sostenitori dei discendenti di Svjatoslav, morto nel 1113.

Le contraddizioni sociali ovviamente aumentarono, a tutto vantaggio dei boiardi e dei mercanti. Con la forza delle armi Monomaco riuscì a imporre dure leggi feudali, ma già alla morte del figlio, nel 1132, ripresero le tendenze disgregative, che si prolungheranno sino ai primi anni del XIII sec. Durante questo periodo lo Stato antico russo cessò definitivamente di esistere.

Intanto Novgorod, con la rivolta del 1136-37 contro il principe Vsevolod, riuscì a sbarazzarsi della tutela di Kiev, diventando una vera e propria repubblica, in quanto i diritti e doveri dei principi si riducevano essenzialmente alle funzioni militari. Tuttavia in questa città furono i boiardi che col tempo riuscirono a impadronirsi delle istituzioni repubblicane elettive.

Dallo sfacelo dello Stato russo antico nacquero due importanti formazioni politiche: la terra di Vladimir e Suzdal, a nord-ovest, i cui maggiori centri politici erano Rostov e Suzdal; e la terra di Galizia e Volynia a sud-ovest.

Sotto il regno di un figlio cadetto di Monomaco, Jurij Dolgorukij, gli annali citano per la prima volta la città di Mosca (1147), al centro di un'area geopolitica sempre più importante, al punto che uno dei figli di Jurij, Andrej Bololjubskij, dette inizio nel 1169 a una campagna militare contro Kiev, riuscita vittoriosa, segnando la definitiva decadenza di questa città feudale e del territorio ch'essa governava.

Andrej tentò anche di sottomettere Npvgorod, ma fu sconfitto nel 1170. E di questo approfittarono i boiardi che, gelosi della loro autonomia e dei loro privilegi, si sentivano minacciati dalla tendenza di Andrej di favorire i ceti artigianali e mercantili, per cui lo eliminarono nel 1174.

Neppure suo fratello cadetto, Vsevolod Grande Nido (1176-1212), riuscì a imporsi sui grandi proprietari terrieri, sicché l'anarchia feudale dilagò incontrastata.

Nella seconda metà del XII sec. si fece molto grave la minaccia, già incombente, di un'invasione delle tribù nomadi dei Cumani-Polovcy, che sin dall'XI sec. si erano insediati nelle steppe tra il Volga e il Dnepr, e miravano alla conquista delle città russe.

Nel 1184 i principi russi, sotto la guida di Svjatoslav, li avevano sconfitti e in quell'occasione Igor, con la sua cavalleria, non vi aveva potuto partecipare in tempo a causa del gelo. Forse per questa ragione egli, l'anno successivo, mosso da impeto giovanile, aveva voluto affrontare da solo, senza forti alleati, le tribù cumane. Il Canto della schiera di Igor riporta appunto la sua sconfitta, la prigionia e la fuga.

Quanto alla terra di Galizia-Volynia, essa ebbe due principati che, dopo essersi staccati da Kiev tra la fine dell'XI sec. e la metà del XII, si unirono in un unico Stato nel 1199 sotto la guida di Roman Mstislavic Volynskij (1199-1205), che dovette combattere duramente contro i boiardi.

Grazie alle migrazioni di coloni fuggiti dalle invasioni dei polovcy, questo Stato si sviluppò notevolmente. Tuttavia, alla morte di Roman i boiardi, con l'appoggio di Ungheria e Polonia, ripresero accanitamente la lotta, finché il figlio di Roman, Daniil, nel 1236, riuscì ad avere la meglio. Ma anche questa vittoria fu di breve durata, e non perché ripresero subito le lotte feudali, quanto perché un'invasione catastrofica mise fine a qualunque rivendicazione separatista: quella dei tataro-mongoli, i quali, guidati da Gengis Khan, riusciranno a impadronirsi di tutti i territori russi, ad eccezione del principato di Novgorod, e questo dal 1237 al 1480.

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Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Storia - Medioevo
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Aggiornamento: 01/05/2015