STORIA DEL MEDIOEVO
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L'ORTODOSSIA ORIENTALE NELLA RUSSIA MEDIEVALE Ancora oggi esistono due punti di vista diametralmente opposti nella storiografia che studia l'influenza bizantina sulla cultura dell'antica Rus'. Alcuni storici considerano la civiltà del Levante come l'unica vera fonte della cultura russa antica e la creazione artistica di quest'ultima come un'espressione provinciale della raffinatezza di Costantinopoli. Altri invece difendono l'autonomia totale della cultura russa, escludendo un'influenza esterna dominante. Sia come sia, è solo di recente che si è cominciato ad apprezzare la civiltà di questa parte dell'oriente come una delle tappe fondamentali della cultura mondiale. Pare che sia stata definitivamente abbandonata dalla storiografia più progressista la teoria della "stagnazione" o dell'"immobilismo" della cultura bizantina, nonché quella del suo preteso ritardo rispetto alla civiltà classica. Così come si è rifiutata l'idea che tale cultura sia stata solo capace di trasmettere in Russia e in tutta l'area ortodossa un clericalismo canonizzato, ovvero un rigido conservatorismo ecclesiale. All'origine di questi schematici giudizi vi sono naturalmente diversi fattori, non ultimo dei quali l'aprioristica e malcelata propensione degli storici occidentali, che si sono interessati alla più che millenaria lotta fra ortodossi e cattolici, ad assumere le difese di quest'ultimi. Mentre da parte degli studiosi marxisti sovietici il giudizio nei confronti della confessione ortodossa è stato fino a ieri, in genere, piuttosto severo, poiché nella critica del fenomeno religioso l'ex-Urss ha avuto di fronte, prevalentemente, l'esempio della chiesa ortodossa, per cui non si aveva molto interesse a fare i paralleli con altre confessioni. E' solo da poco che ci si è accorti come, rispetto alle correnti rivali: cattolica e protestante, quella ortodossa risulti essere nel complesso molto più tollerante e democratica e come quindi la sua influenza sulle coscienze dei cittadini appaia molto più consistente delle altre due. Tuttavia, a parte le valutazioni positive che, contestualmente, si possono fare sulla realtà della chiesa ortodossa (bizantina o russa), resta il fatto, in sé molto oggettivo, che sul piano storico tale confessione, non meno delle altre, svolse un ruolo del tutto conforme agli interessi delle classi dominanti. Una breve rievocazione degli avvenimenti legati al "battesimo" della Russia lo confermerà. Quando la Russia accettò di convertirsi (naturalmente qui si prescinde dalla tradizione leggendaria della chiesa che vede nell'apostolo Andrea il primo evangelizzatore delle terre slave), il processo di unificazione nazionale per buona parte era già stato realizzato. I principi Oleg, Igor, Svjatoslav e Vladimiro con le loro campagne militari avevano eliminato per sempre, nel sec. X, le antiche divisioni tribali, portando alla formazione del territorio dello stato russo antico. I legami economici e culturali esistenti dai tempi più remoti fra alcune tribù di slavi orientali - componente principale della nazionalità russa antica - formarono la base di una comunità di lingua, di economia e di cultura. I rapporti degli slavi con Bisanzio furono sempre molto tesi, sin dai secoli VI e VII. Dopo la formazione della Rus' gli slavi intrapresero diverse spedizioni militari, sia per porre un argine all'espansione imperialistica di Bisanzio, sia per affermare sulla scena internazionale un nuovo Stato feudale: quello appunto della Rus'. Ma, nonostante le guerre, le relazioni commerciali fra i due Stati non vennero mai meno, anzi, grazie alle guerre si approfondirono (si pensi ad esempio al trattato di pace del 911 col quale la Rus' acquisì il diritto di commerciare con Bisanzio senza pagare dazi). Non dimentichiamo, in questo senso, che la possibilità che Kiev aveva di controllare la via fluviale "dai varjaghi [mercanti normanni] ai greci" per i rapporti commerciali con Bisanzio, risulterà un elemento abbastanza importante allorché si dovrà scegliere fra ortodossia e cattolicesimo. Fu proprio in seguito a vicende militari, coronate da un matrimonio principesco, che la Rus' e Bisanzio riuscirono a stabilire solide relazioni di pace. Uno degli effetti più importanti dì queste relazioni fu appunto l'adozione da parte di Vladimiro del cristianesimo come religione di stato (verso il 988). Il paganesimo slavo, che rifletteva l'ideologia del sistema comunitario primitivo, non poteva più adempiere, con la comparsa delle classi e dello Stato feudale, la funzione principale della religione: quella di consacrare e consolidare l'ordine esistente. All'inizio del suo regno Vladimiro aveva tentato di riformare la religione pagana, ma senza successo: questa religione, che affondava le sue radici nel lontano passato dei popoli slavi, continuava a dividere lo Stato in tante regioni e comunità locali; inoltre conteneva in sé talune idee di uguaglianza e di democrazia che mal si addicevano ai nuovi rapporti di produzione basati sul servaggio. Era la classe dominante ad avere bisogno di una nuova religione. Dal popolo infatti la cristianizzazione non venne accettata molto benevolmente, se è vero, come è vero, che essa si protrasse fin verso il XVIII secolo. Questo significa che per molto tempo la vita spirituale dei russi fu basata su un'associazione di elementi pagani e cristiani. La domanda che a questo punto spesso ci si pone è la seguente: perché il principe Vladimiro scelse la confessione greco-bizantina e non quella cattolico-romana? La pubblicistica religiosa, specie quella ortodossa, è solita rispondere avvalorando le cronache leggendarie di quei tempi, una delle quali narra che il principe inviò emissari in tutti i paesi limitrofi perché studiassero le pratiche islamiche, giudaiche e latine, ma nessuna di queste ottenne il suo consenso. Gli inviati invece andarono in estasi quando visitarono S. Sofia, a Costantinopoli, e videro lo splendore della liturgia bizantina. Questo peraltro spiegherebbe - stando alla suddetta storiografia - il motivo per cui una delle caratteristiche principali dei russi sia il culto della bellezza. In effetti, osservando i dipinti dell'iconografo Rublev o le cattedrali del Cremlino viene da pensare che le leggende possono avere anche qualche fondamento di verità. Purtroppo però, come spesso succede quando si devono interpretare gli avvenimento storici, la verità è molto più complessa. Già faremmo un torto alla storiografia ortodossa se limitassimo le sue spiegazioni dell'avvenimento in questione alla riproposizione semplicistica delle cronache leggendarie. Essa in realtà si appella anche ad altre cause, senz'altro più attendibili di questa. La prima si riferisce all'opera missionaria e civilizzatrice dei due monaci di Salonicco, Cirillo e Metodio, che negli anni '60 del IX secolo elaborarono un alfabeto adattandolo alle esigenze degli slavi (si pensi che a quell'epoca il papato imponeva ovunque l'uso del latino nella celebrazione dei riti). La seconda causa stava nel fatto che Vladimiro desiderava una chiesa indipendente, sul piano dell'amministrazione del culto e dell'organizzazione interna, e questo con una chiesa che considerava il papa un capo universale non era certo possibile. Queste due tesi, volendo, si potrebbero ulteriormente approfondire. Qual era, in quel periodo, la situazione politico-religiosa a livello europeo? A oriente la chiesa ortodossa esisteva nell'ambito di un forte Stato centralizzato, quello appunto bizantino; essa non aveva mire universalistiche e tendeva all'unità di chiesa e Stato. Viceversa, il papato della sede romana, non avendo in Italia o nella parte occidentale dell'Europa un potente Stato in grado di ridimensionare le sue pretese, si sentiva sempre più autorizzato a svolgere funzioni di "supplenza", cioè funzioni squisitamente politiche, economiche, culturali e anche militari, a livello nazionale e internazionale. L'unità formale della chiesa cristiana universale era riconosciuta da entrambi i centri religiosi: cattolico-romano e greco-bizantino; di fatto però prevaleva una furibonda lotta (occulta e palese) per la supremazia politico-territoriale. Una lotta che si esprimeva a tutti i livelli: dalle polemiche dogmatiche (si pensi p.es. al Filioque) alle divergenze rituali, per concludersi drammaticamente con le crociate. Roma in sostanza considerava l'occidente come una propria sfera d'influenza e tendeva a occupare anche la parte orientale, dove però si scontrava con l'accanita resistenza degli eserciti bizantini e della chiesa ortodossa. I principi di Kiev seppero destreggiarsi abilmente fra i due contendenti, cercando di salvaguardare la propria autonomia. Il cristianesimo, sia nella forma latina che nella forma greca, aveva cominciato a espandersi nel paese molto tempo prima della conversione ufficiale. Gli slavi delle rive dell'Elba e quelli occidentali avevano praticamente già accettato il cattolicesimo romano: le lance dei cavalieri teutonici l'avevano imposto di forza, sotto il vessillo del Drang nach Osten ("premere verso est"). Fu proprio l'aggressività dell'occidente cattolico e l'energica attività politico-diplomatica della S. Sede per la cristianizzazione della Rus' a suscitare sospetti e malcontenti nel paese. Anche la corte di Bisanzio, in verità, pensava di trasformare la Rus' cristianizzata in uno Stato vassallo, ma dopo i primi tentativi essa rinunciò definitivamente alle sue velleità. Il giovane Stato russo sarebbe stato disposto a stringere una stabile alleanza con lo Stato del basileus (1), che per struttura sociale e regime politico più gli assomigliava, a condizione di non perdere assolutamente la propria indipendenza. E così sarà. La cristianizzazione consolidò ideologicamente l'unità dello Stato. La chiesa ortodossa - come d'altra parte quella cattolica - costituiva per le classi al potere un'organizzazione politica ramificata che aveva il compito di consacrare il regime esistente. Insieme al cristianesimo si diffuse nella Rus' la scrittura e con essa la possibilità di appropriarsi della cultura, più avanzata, di Bisanzio, erede della civiltà classica. Si pose fine ai culti pagani di numerose tribù che prevedevano i sacrifici umani. Il principe Vladimiro, con molta accortezza, più che imporre a tutti i costi la nuova religione cercò di creare uno Stato feudale centralizzato. L'influenza bizantina sulle diverse sfere della vita materiale e culturale della Russia antica si manifestò con un'intensità assai diversa. Laddove, ad esempio, le tradizioni della creazione pagana erano solidamente ancorate alla cultura popolare, gli influssi furono assai limitati. E comunque tutto quanto venne creato a Bisanzio e trasferito in Russia, qui subì una profonda modificazione. Questo è oltremodo evidente nelle arti plastiche (specie nell'architettura). Per quanto riguarda l'introduzione del cristianesimo si può tranquillamente affermare che esso fu sì un potente fattore ideologico di unificazione, ma non tanto da impedire nei secoli XI e XII la disgregazione dello Stato russo in molteplici Stati feudali autonomi volti a ridurre l'importanza di Kiev. Né esso riuscì a contenere le aperte ribellioni che nello stesso periodo cominciarono a scoppiare fra le classi oppresse e i signori feudali (si pensi alle grandi rivolte di Suzdal nel 1024, di Kiev nel 1068, di Beloozero e di Novgorod nel 1071). Il cristianesimo non fu neppure capace di tenere uniti due paesi entrambi "ortodossi": infatti nel 1448 un concilio di vescovi russi, rifiutando l'unione della chiesa bizantina col papato sancita al concilio di Firenze nel 1439, affermò la completa autocefalia della chiesa russa ed elesse un proprio vescovo. (1) Monarca nella società greca. Nei secoli IV-I a.C. l'attributo venne assunto dai sovrani dei regni ellenistici in un'accezione di monarchia assoluta e teocratica. Lo stesso significato ebbe il basileus nella parte dell'impero romano di lingua greca. |