LETTERE
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Il problema dell'autenticità o meno delle Lettere ha avuto, come è
naturale, un particolare rilievo tra Ottocento e Novecento, nella grande
stagione critica dei positivismo. Il dubbio sistematico dei seguaci dei
metodo scientifico non ha infatti risparmiato Abelardo ed Eloisa e
numerosi autori si sono pronunciati contro l'autenticità assoluta di
tutte le lettere finché il grande medievalista Étienne Gilson ha gettato
nella mischia il peso della sua autorità in favore dell'autenticità
delle lettere.
La questione sembrava in questo modo chiusa. E stata invece riaperta nel
1972 dallo studioso americano John Benton, per il quale l'epistolario
sarebbe un falso fabbricato nell'abbazia stessa di Eloisa, molto tempo
dopo la sua morte, in seguito a una lotta interna fra fazioni opposte.
A favore di una simile interpretazione Benton sottolineava incongruenze
che non erano state notate sino a quel momento: divergenze tra il
contenuto di una lettera e un'altra sulle regole di vita monastica
adottate nell'abbazia di Eloisa; citazioni bibliche "aggiornate"
in base a usi cronologici posteriori; divergenze tra le affermazioni della
prima lettera, la celebre Historia calamitatum e documenti contemporanei
ad Abelardo (come la lettera di Roscellino che attacca violentemente il
filosofo).
A partire da questo saggio si è avuta nell'ultimo ventennio una cospicua
produzione di articoli e libri per corroborare o confutare la tesi della
falsità della corrispondenza. Studiosi come Peter Dronke hanno
vivacemente sottolineato i rapporti tra l'epistolario e altre opere
abelardiane, come i Problemata di Eloisa, e hanno insistito sulla generale
congruenza delle notizie contenute nelle lettere e le testimonianze coeve
della storia di Abelardo ed Eloisa.
Altri, come Pietro
Zerbi, David Luscombe, Mariateresa Fumagalli
Beonio Brocchieri, hanno criticato il metodo "positivista" del
Benton che trascura i risvolti storici e psicologici della vicenda.
Paradossalmente il Benton, dopo aver suscitato tanti "nemici",
da buon seguace di Abelardo ha finito con l'ammettere la validità di
molte delle critiche rivoltegli, esprimendo, con onestà, dubbi sulla sua
stessa ipotesi di fondo.
Ma i sospetti sull'autenticità delle lettere non sono stati dissipati da
questa retractatio: in una serie di saggi appassionati e argomentati
Hubert Silvestre ha mostrato ulteriori incongruenze sul piano culturale,
psicologico e storico nelle lettere come solo poteva accadere a una
notevole distanza di tempo dall'accaduto. Secondo lo studioso belga tutto
ciò dimostra che le lettere sono un falso, scritto almeno un secolo dopo
gli eventi, nel pieno di roventi polemiche tra conservatori e progressisti
in materia di morale, che avrebbero toccato il diapason in occasione della
composizione dei Roman de la Rose di Jean de Meun (databile tra il
1268 e il 1285).
Rispetto alle animate discussioni che ho sommariamente evocato un filone
autonomo è costruito dagli studi di tipo codicologico, come quelli di
Jacques Monfrin e di un gruppo di studiosi inglese che fa capo a David
Luscombe: dalle loro ricerche si ricava che la corrispondenza di Abelardo
ed Eloisa ha sempre circolato come un "dossier organizzato", un
tutto unitario e omogeneo, solo a partire da una data piuttosto tarda (tra
la fine dei XI Il e gli inizi dei XIV secolo) in un numero piuttosto
limitato di copie. Ciò fa supporre che le lettere venissero lette in
ambienti ristretti e che venissero considerate un blocco a sé stante,
indipendente dalle opere di Abelardo. Il Monfria inoltre suggerisce che il
più antico codice, il ms. 802 di Troyes (datato tra XIII e XIV secolo)
risalga a un modello esemplato nell'abbazia di Eloisa, quest'ultima prima
responsabile della diffusione dei dossier epistolare.
Un posto a sé stante occupano infine gli studi dei medievalista Peter von
Moos, che ha cercato di inquadrare la corrispondenza tra i due grandi
amanti nell'ambito di un "genere letterario", indipendentemente
dal problema della paternità dei testi. I lettori medievali leggevano i
documenti come un dialogo consolatorio, in cui si narra una conversione
esemplare, secondo i luoghi comuni della tradizione monastica. Abelardo ed
Eloisa, per aspera ad astra, dopo i tormenti del loro amore giungono alla
pace in Dio.
F.T. (Storia e dossier, n. 80/94)
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