NORIMBERGA
Attualità di un processo (20 novembre 1945 / 1 ottobre 1946)


Imputati al processo di Norimberga

Sono passati 60 anni dalla fine del processo di Norimberga, ove vennero processati e condannati il nazi-fascismo, il militarismo e l'aggressione. Le ricerche e gli studi su questo avvenimento storico sono innumerevoli. Ancora oggi possiamo dire che la difesa dei principi di Norimberga è una forma di lotta sia contro la rinascita del fascismo che per l'abolizione della guerra nella vita dei popoli.

Purtroppo il lassismo delle potenze occidentali ha permesso che numerosi criminali nazisti siano riusciti a evitare una giusta punizione (p.es. uno degli assassini del comunista E. Thälmann, W. Otto, è stato condannato, a Krefeld, a soli quattro anni di reclusione).

Le radici del fascismo non sono state ancora estirpate in tutto il mondo. Molto di quanto ci viene presentato, in modo occulto o palese, come "neofascismo", altro non è che il vecchio fascismo riveduto e corretto, posto sotto la tutela degli organi giudiziari e polizieschi.

D'altra parte un numero considerevole di giuristi, storici e giornalisti reazionari si pone spesso come fondamentale preoccupazione quella di screditare il valore del processo di Norimberga, che fu il primo perseguimento penale della storia contro i fautori di guerre d'aggressione.

Persino le premesse di questo grande processo vengono falsate. Taluni infatti sostengono - e lo fanno più che altro per giustificare la presunta "guida" morale degli Stati Uniti nel mondo - che la spinta maggiore per la realizzazione del processo venne dagli Usa.

Altri addirittura (come ad es. il redattore della rivista "Der Spiegel", W. Malanowski) sono stati convinti che l'Urss non solo non avrebbe fatto nulla per favorire l'organizzazione di tale processo, ma vi si sarebbe addirittura opposta, in quanto avrebbe preferito eliminare fisicamente 50 mila alti dirigenti del Reich.

Il solo argomento a favore di vesta tesi è un brindisi proposto da Stalin in privato durante una colazione di lavoro con Churchill e Roosevelt alla conferenza di Teheran. A giudicare dalle note e dai ricordi dei testimoni allora presenti, si trattò semplicemente della proposta di una punizione severa ma giusta che meritavano almeno 50 mila criminali di guerra nazisti, e non della loro sommaria esecuzione, senza alcuna forma di processo.

Lo stesso Roosevelt condivise il punto di vista di Stalin. Chi invece cercò di stravolgere il senso di quella frase fu Churchill, che certo non poteva apprezzare le discussioni sull'apertura del secondo fronte o il rifiuto di Roosevelt di appoggiare la sua politica nei Balcani.

A ben guardare, l'idea stessa d'istituire un tribunale militare internazionale, per giudicare gli alti ufficiali tedeschi caduti prigionieri, venne formulata per la prima volta dal governo sovietico in una dichiarazione del 14 ottobre 1942, ma gli ambienti governativi Usa e inglesi non la presero neanche in considerazione.

Obbedendo alle disposizioni del Foreign Office, l'ambasciatore britannico A. C. Keer, 20 giorni dopo, cercò di convincere Stalin dell'inutilità di tale iniziativa. Vedendo l'insistenza di quest'ultimo, il governo inglese propose di punire i principali criminali di guerra sulla base di una decisione politica comune, cioè senza un verdetto processuale, ma l'Urss, per bocca del suo rappresentante V. Molotov, rispose negativamente.

Sicché nell'ottobre 1943 il primo ministro inglese propose all'Urss e agli Usa d'adottare una dichiarazione congiunta sulla punizione dei criminali di guerra. Il progetto di questa dichiarazione prevedeva che i criminali nazisti fossero condotti sui luoghi dei loro eccidi e giudicati secondo le leggi del paese il cui popolo era stato direttamente colpito.

Il progetto tuttavia indicava che la dichiarazione non riguardava i grandi criminali di guerra i cui delitti non potevano essere messi in relazione con un luogo geografico preciso. Il governo sovietico propose allora un emendamento col quale chiedeva che i maggiori criminali di guerra venissero puniti sulla base d'una decisione comune dei governi alleati, cioè in pratica chiedeva che nessun capo nazista sfuggisse a un verdetto di condanna.

La questione della punizione dei responsabili nazisti venne discussa anche nella seconda conferenza di Quebec nel settembre 1944. Due proposte vennero prese in esame: il piano americano Morgenthau e il memorandum Simon degli inglesi. Entrambe sostenevano l'idea d'una punizione extragiudiziaria dei capi fascisti.

Churchill e Roosevelt, in seguito, proposero a Stalin di compilare una lista di 50 o 100 nomi di persone la cui responsabilità criminale risultasse evidente dal ruolo ufficiale ch'esse ricoprivano al momento dell'arresto: di costoro andavano immediatamente fucilati tutti i generali. Stalin rispose che questo poteva essere fatto solo dopo il verdetto di un tribunale, altrimenti il mondo avrebbe pensato che le potenze alleate avevano paura di processarli. Le posizioni inglesi e sovietiche rimasero immutate anche a Yalta.

Pressato da ambienti ebraici e democratici, Roosevelt cominciò ad accettare l'idea d'una procedura giudiziaria, ma a condizione che la si tenesse a porte chiuse, senza giornalisti né fotografi. Solo dopo la conferenza di Crimea si convinse della necessità di allestire un grande processo internazionale contro i capi hitleriani. Ciò determinò, inevitabilmente, il mutamento della posizione britannica, anche perché questa volta erano l'Urss e la Francia ad appoggiare le proposte americane.

Dal 26 giugno all'8 agosto si tenne a Londra una conferenza dei rappresentanti americani, sovietici, inglesi e francesi per la stesura di un accordo sull'istituzione d'un tribunale militare internazionale, avente un proprio statuto.

A tale proposito, spesso si trovano in saggi di storici americani e tedeschi, affermazioni secondo cui il suddetto statuto si basava esclusivamente sulle idee elaborate dai giuristi americani, in particolare da M. Bernays, W. Chandler e R. Jackson. Idee che riguardavano soprattutto il concetto di cospirazione o complotto, nonché il principio della responsabilità penale riguardo alla preparazione e allo scatenamento d'una guerra d'aggressione.

In particolare i giuristi statunitensi erano convinti che bisognasse trovare una base legale per punire i reati tedeschi che risalivano all'anteguerra, al fine di dimostrare che le atrocità commesse durante la guerra erano una conseguenza del nazismo.

Tuttavia, sin dal febbraio 1943, il giurista sovietico N. Polianski aveva già sottoposto alla commissione straordinaria del proprio Stato sui crimini degli occupanti nazifascisti, un progetto intitolato "Organizzazione dei processi penali per i crimini di guerra".

Il testo affermava esplicitamente che i dirigenti nazisti colpevoli di aver minato le basi della pace mondiale dovevano comparire davanti a un tribunale internazionale.

Molto prima delle sconfitte del terzo Reich, le inchieste della suddetta commissione avevano dimostrato che i gravissimi crimini del nazismo non erano azioni isolate di singole unità della Wehrmacht, ma una condotta sistematica imposta dal governo hitleriano. Oltre al suddetto progetto, anche gli studi dell'accademico A. Trainin contribuirono alla stesura dello statuto londinese.

Il suo libro apparso nel 1944, Responsabilità penale degli hitleriani, conteneva un'analisi scientifica di tutto il sistema criminale della cricca nazista. L'opera, come noto, fu particolarmente apprezzata da molti giuristi e politici americani. Nel corso di sei settimane i delegati delle quattro potenze riunite a Londra lavorarono alla soluzione di tutti i difficili problemi connessi all'istituzione di questo tribunale speciale.

L'8 agosto 1945 fu firmato l'accordo. In seguito, 19 Stati proclamarono la propria totale adesione ai principi dello statuto e sottoscrissero l'accordo. Nel complesso il tribunale nacque dalla volontà di 23 paesi risultati vincitori nella guerra contro la Germania nazista.

Questo fatto dispiacque molto ai conservatori di destra e qualcuno, nei decenni successivi, non mancò di sostenere che il diritto del tribunale non aveva altra giurisdizione che quella che gli era stata conferita dal diritto del vincitore o, in altri termini, che il diritto del vincitore si sostituiva al diritto esistente (vedi F. Johnson, in "The Times", 20/11/1985 o il già citato Malanowski, in "Der Spiegel", n. 47/1985).

Questo modo di vedere le cose è tipico anche di non pochi storici tedeschi, come ad esempio H. Härtle e W. Maser. Quest'ultimo ha cercato addirittura di dimostrare che i crimini nazisti non erano perseguibili penalmente secondo le norme giuridiche allora in vigore.

Dal canto suo, lo storico inglese M. Balfour s'è stupito che gli alleati non avessero considerato il problema di includere dei giudici di paesi neutrali nel tribunale militare. E' difficile tuttavia pensare che paesi come Spagna, Portogallo o Turchia sarebbero stati veramente in grado d'intervenire con cognizione di causa in un processo del genere.

Il tribunale, al pari del comitato dei casi d'accusa, fu formato in modo equo dai delegati dell'Urss, degli Usa, della Gran Bretagna e della Francia. Esso sanciva il diritto di questi paesi d'esercitare le funzioni legislative sul territorio occupato della Germania.

Lo scopo non era solo quello di giudicare i criminali nazisti, ma anche quello di democratizzare la Germania, allontanando i nazisti attivi da tutti gli incarichi sociali, dalle cariche dirigenziali di imprese, dai programmi di istruzione, dal mondo della scuola, dell'arte, dell'editoria, da qualunque posto di responsabilità.

I paesi che avevano sottoscritto l'accordo inviarono a Norimberga i propri rappresentanti. I governi polacco, jugoslavo e cecoslovacco proposero al comitato dei capi d'accusa d'inviare al processo un delegato ciascuno, al fine di produrre le prove dei crimini nazisti compiuti nei loro paesi, ma la proposta venne respinta da Stati Uniti e Inghilterra.

Il 29 agosto fu pubblicata una prima lista dei principali criminali di guerra in cui figuravano politici, industriali, militari, diplomatici e ideologi nazisti fra i più in vista: Göring, Hess, Ribbentrop, Bormann, Keitel, Ley, Krupp, Frank e altri. Tutti costoro - che i sociologi reazionari americani avrebbero preferito rinchiudere in cliniche per malati di mente o esiliare in un'isola come Napoleone - vennero accusati d'aver pianificato e scatenato guerre d'aggressione per instaurare il dominio mondiale dell'imperialismo tedesco, d'aver assassinato e torturato prigionieri di guerra e civili, d'aver deportato civili in Germania per i lavori forzati, d'aver ucciso ostaggi, distrutto beni pubblici e privati, d'aver sterminato, asservito e deportato intere popolazioni civili e perpetrato altre atrocità per ragioni politiche, razziali e religiose. In una parola, furono accusati di crimini contro la pace e contro l'umanità: 50 milioni di morti attendevano giustizia.

Furono sottoposti a giudizio anche la direzione del partito nazista, la Gestapo, le SS, i servizi di sicurezza e le squadre d'assalto, lo staff governativo, lo stato maggiore generale e il comando supremo della Wehrmacht. Era infatti necessario constatare giuridicamente il carattere criminale di queste organizzazioni, al fine di dare la possibilità ai tribunali nazionali di perseguire gli individui che vi avevano appartenuto.

Fu inoltre deciso di conferire alla procedura un carattere dibattimentale (formula del contraddittorio), per cui si concesse alla pubblica accusa e alla difesa uguali possibilità di produrre prove a carico e a discarico, di chiedere udienze testimoniali, di condurre controinterrogatori, di tenere arringhe.

La difesa degli imputati e delle organizzazioni criminose venne assicurata da avvocati tedeschi, molti dei quali militavano, non senza una certa fama, nel partito nazionalsocialista.

Cominciato dunque il 20 novembre 1945, il processo diede luogo a 403 sedute. La radio, il cinema e la stampa permisero a milioni di persone di seguire lo svolgimento del processo. I rappresentanti della stampa si videro accordare 250 posti disponibili su 350.

Il pubblico ministero aveva per scopo non soltanto quello di esibire le prove della colpevolezza dei 22 imputati (Bormann fu giudicato in contumacia; il caso Krupp venne sospeso a motivo di una paralisi che l'aveva colpito; Ley s'impiccò in carcere alcuni giorni dopo aver appreso l'atto d'accusa) e delle sei organizzazioni criminali suddette, ma anche di ricostruire il sistema e il modo di funzionamento generale del nazifascismo.

Sotto questo aspettò l'accusa si preoccupò costantemente di distinguere i nazisti dal popolo tedesco. Le imputazioni furono dirette contro forze sociali rigorosamente delimitate. Di fronte alle 2.500 prove documentate fornite dall'accusa, la difesa ebbe ben poco da controbattere.

Nel contempo fu deciso, su proposta sovietica, di non circoscrivere il processo intorno a questi soli documenti, ma di utilizzare anche le deposizioni dei testimoni, la proiezione di documentari sui campi di sterminio e altro materiale. Questo in effetti permise di denunciare più agevolmente i tentativi degli imputati di sottrarsi alle loro responsabilità e di addossarle ai due leader nazisti più autorevoli, Hitler e Himmler, spesso ricordati dagli imputati come personaggi folli, sadici, demoniaci.

Gli avvocati dei caporioni nazisti sostenevano che non esisteva all'epoca né mai era esistita una legge che autorizzasse il perseguimento penale degli statisti per lo scatenamento di un'aggressione.

Ancora oggi molti la pensano così. Si pretese cioè di non conoscere la differenza fra i concetti di "legge" esistenti nei due diritti, nazionale e internazionale.

Nella sfera del diritto nazionale, la legge è un fatto formalizzato, cioè debitamente espresso, dal potere legislativo dello Stato. Essa in un certo senso serve anche per impedire gli abusi da parte dello Stato. Ma nella sfera delle relazioni interstatali non c'è, né potrebbe esserci, un corpo o un'istanza legislativa sovrastatale in grado di promulgare leggi valide per ogni paese.

Qui valgono unicamente, come principali fonti del diritto, i patti, i trattati o il costume giuridico internazionale. La convenzione di Londra e lo statuto del tribunale si fondavano appunto sulle norme e sui principi stabiliti dalla Convenzione dell'Aja del 1907, da quella di Ginevra del 1929 e da altri atti internazionali, che trattavano in particolare dei prigionieri di guerra e dei rapporti fra truppe di occupazione e civili.

Il problema si poneva per i crimini commessi in tempo di pace, nel periodo in cui Hitler era stato al potere in Germania: soppressione dell'opposizione politica e nazificazione del paese, persecuzione degli ebrei tedeschi e creazione dei lager, sistematica violazione dei trattati internazionali.

In ogni caso senza questi documenti sarebbe stato impossibile riconoscere l'aggressione come un crimine internazionale, il peggiore che ci possa essere.

Nel febbraio 1933, qualche giorno dopo l'elezione di Hitler a cancelliere, la delegazione sovietica alla conferenza sul disarmo espose un progetto di dichiarazione sulla definizione di "aggressione".

I principi fondamentali erano i seguenti: inviolabilità delle frontiere nazionali esistenti e non ingerenza negli affari interni di altri paesi. Già col Decreto sulla pace di Lenin, l'Urss aveva giudicato l'aggressione come il più grande crimine contro l'umanità. Questo decreto influenzò notevolmente l'apparizione di numerose dichiarazioni e protocolli della Società delle nazioni che condannavano l'uso politico-nazionale della guerra e che consideravano l'aggressione come un crimine internazionale (si pensi per esempio alla dichiarazione, molto importante, del 24 settembre 1927, adottata dalla VIII sessione, in cui votarono, fra l'altro, le delegazioni tedesca, italiana e giapponese).

Il 27 agosto 1928 la Germania, insieme ad altri 62 stati, ratificò il cosiddetto patto Briand-Kellogg, col quale s'impegnava a regolare tutte le controversie interstatali, per mezzo di strumenti pacifici. E' dunque evidente che già nel 1939 l'aggressione era considerata dal diritto internazionale come un gravissimo crimine. Questo peraltro permise ai giudici del processo di Norimberga d'affermare che lo statuto del tribunale non costituiva un esercizio arbitrario, da parte delle nazioni vittoriose, della loro supremazia, poiché esso esprimeva semplicemente il diritto internazionale vigente al momento della sua elaborazione.

Il processo durò dieci lunghi mesi nel corso dei quali purtroppo cominciò a svilupparsi, al suo esterno, quella che poi venne chiamata "guerra fredda".

Gli imperialisti americani e inglesi ripresero a considerare la Germania un potenziale alleato nella lotta contro l'Urss. Non pochi imputati speravano che il processo si risolvesse in un nulla di fatto, e in questo senso il discorso pronunciato da Churchill a Fulton il 5 marzo 1946 li incoraggiava. Ma le loro speranze andarono deluse.

Mostrando che la cooperazione fra rappresentanti di Stati a diverso regime sociale era possibile non soltanto in condizioni estreme di guerra contro un nemico comune, ma anche in tempo di pace, il tribunale militare pronunciò il suo storico verdetto il 10 ottobre 1946.

La maggioranza degli imputati venne condannata all'impiccagione (fra questi Göring si uccise col cianuro); Hess, Raeder e Funk ebbero l'ergastolo; Schirach e Speer 20 anni di prigione; Neurath 15 anni; Dönitz 10 anni; Schacht, Papen e Fritsche furono rimessi in libertà.

Il tribunale riconobbe come organizzazioni criminali la direzione del partito nazista, le SS, la Gestapo e i servizi di sicurezza. Purtroppo la maggior parte dei delegati delle potenze occidentali non ritenne opportuno considerare come organizzazioni criminali anche il governo hitleriano, lo stato maggiore generale e il comando supremo della Wehrmacht, avendo specificato che i loro membri potevano essere perseguiti a titolo individuale.

Piuttosto grave fu la decisione di escludere dall'elenco di tali organizzazioni le truppe d'assalto. Questa benevolenza non dipese dalla mancanza di prove convincenti, ma piuttosto dalle pressioni esercitate sul tribunale da parte degli ambienti reazionari degli Usa, dell'Inghilterra e della Francia.

Mirando a separare il nazismo dal capitale monopolistico, essi riuscirono persino a ottenere un verdetto di assoluzione per Schacht, che fu presidente della Reichs-bank, ministro dell'economia del Reich e amministratore generale in materia di riconversione bellica dell'economia.

Le prove in realtà dimostrarono che, scelto come trait d'union dagli industriali e dai finanzieri tedeschi per il trasferimento di tutti i poteri a Hitler, Schacht fu in grado di assicurare la creazione della base finanziaria e industriale per la macchina bellica nazista.

Le pressioni furono davvero molte. Ancora prima dell'apertura del processo, il direttore dell'ufficio americano dei servizi strategici, W. Donovan, incaricato di preparare l'accusa contro gli imputati nazisti, assicurò a titolo confidenziale a R. H. Jackson, che faceva parte del pubblico ministero, di poter ottenere da Schacht rivelazioni schiaccianti contro Göring, in cambio naturalmente d'un verdetto favorevole.

Jackson si oppose risolutamente ma Donovan partì per gli Usa minacciando di fare un rapporto contro di lui a Washington. Forti pressioni vennero esercitate anche nei confronti della pubblica accusa britannica (si pensi, ad esempio, al presidente della Bank of England, M. Normann).

Viceversa, l'avvocato sovietico I.T. Nikichenko chiese di mettere a verbale il disaccordo della parte sovietica nei confronti sia dell'assoluzione di Schacht, Papen e Fritsche, che della pena troppo benigna inflitta a Hess, nonché del mancato riconoscimento dello stato maggiore, del comando supremo della Wehrmacht e del gabinetto governativo come organizzazioni criminali.

Ciò avrà un riflesso anche nel processo di denazificazione della Germania, in quanto, mentre nella zona sovietica di occupazione lo si portò a termine entro l'inizio del 1946, operando una differenziazione tra nazisti attivi, militaristi, criminali di guerra e quanti avevano aderito al nazismo solo nominalmente o passivamente ed erano disposti a rompere per sempre con questa ideologia, viceversa nelle zone d'occupazione occidentale il processo avvenne in maniera molto formale e giuridica.

P.es. nella zona di occupazione americana 12 milioni di persone dovettero rispondere a un questionario di 150 domande. Il metodo di verifica massiccia della popolazione risultò tecnicamente del tutto inefficace e permise di fatto ai nazisti attivi, inclusi i criminali, di sfuggire a regolari processi.

Ben presto le amministrazioni occidentali di occupazione cominciarono a escludere dalla denazificazione le cosiddette "persone necessarie": gli intellettuali, gli industriali, gli specialisti, certe categorie di militari.

La storia di questo dopoguerra ha dimostrato che lo statuto del tribunale e il verdetto finale sono stati due documenti fondamentali nel campo delle relazioni internazionali, politiche e giuridiche. Il processo di Norimberga ha messo fine all'impunità dell'aggressione e ha dato un grandissimo valore, ai fini della tutela reale della pace, alle norme del diritto penale internazionale. Per la prima volta nella storia alcuni statisti sono stati puniti come criminali del diritto comune per aver preparato, scatenato e condotto una guerra d'aggressione.

Dopo Norimberga, per chi dovesse commettere crimini contro la pace o l'umanità, non sarebbe più possibile pretendere l'immunità con il pretesto di aver agito in base a quanto stabilivano documenti ufficiali dello Stato o in armonia con la legislazione interna di uno Stato. Era stato definitivamente infranto un principio giuridico consolidato, secondo cui nessun reato è punibile se non è considerato tale nel momento in cui viene commesso.

Il fatto stesso di essere un capo di Stato o un funzionario di un organo statale non può più essere considerato un motivo sufficiente per scagionarsi dalle proprie responsabilità o per pretendere una sentenza mite.

Al processo venne infatti risolto anche il problema della responsabilità per i crimini commessi eseguendo ordini altrui. L'esistenza di un ordine criminale non dispensa affatto il suo esecutore dalla responsabilità: al massimo può essere considerata come una circostanza attenuante.

Questi e altri principi vennero confermati l'11 dicembre dall'assemblea generale dell'Onu. Non fu certamente un caso che la Carta delle Nazioni Unite vide la luce a San Francisco contemporaneamente al primo accordo internazionale sui crimini di guerra, nel maggio del 1945.

Oggi le idee di Norimberga sono diventate norme universalmente riconosciute dal diritto internazionale (per esempio, nell'agosto 1979 sono state ribadite dall'XI congresso dell'Associazione mondiale di scienze politiche).

Ma non è tutto. Nel corso delle udienze al palazzo di giustizia di Norimberga si stabilì un fatto irrefutabile: il nazismo era stato voluto dagli scopi espansionistici dell'imperialismo tedesco, cioè dalla sua aspirazione al dominio mondiale.

Il tribunale dimostrò l'essenza barbara e il carattere disumano dei principi ideo-politici del nazismo, e provò in maniera convincente che il fascismo al potere conduce necessariamente alla guerra, al terrore, allo sterminio degli uomini, al genocidio e all'asservimento schiavistico di intere popolazioni.

I materiali di questo processo antifascista attestano pure che i militari giocarono un ruolo estremamente pericoloso durante l'instaurazione del regime nazista in Germania, nonché nella preparazione delle guerre d'aggressione e nell'elaborazione di una politica d'occupazione. I generali tedeschi vennero considerati ampiamente responsabili delle sofferenze inflitte a milioni di persone.

Infine il processo permise di stabilire che dietro i carnefici delle SS c'erano i magnati industriali e finanziari del terzo Reich, i quali sostenevano materialmente non solo i piani criminali dei leader fascisti, ma anche le "misure speciali" di Himmler, lasciando che fossero uccisi, a forza di estenuanti lavori nei lager, centinaia di migliaia di prigionieri, sfruttando, fino al totale esaurimento fisico, milioni di operai deportati, fornendo altresì gli equipaggiamenti e i macchinari necessari per le camere a gas e i forni crematori.

A processo concluso, nel dicembre 1947, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite istituì una Commissione per promuovere lo sviluppo progressivo del diritto internazionale e la sua codificazione che, nel 1950, produsse una dichiarazione contenente i sette principi discendenti da Norimberga che stabiliva:

  1. il principio della responsabilità personale;
  2. il primato del Diritto Internazionale su quello nazionale;
  3. il principio che nessuna immunità fosse concessa sulla base della teoria degli atti di sovranità;
  4. che nessuna immunità fosse concessa sulla base di un ordine superiore;
  5. il diritto ad avere un processo equo;
  6. in che cosa consistessero i crimini contro la pace, i crimini di guerra e quelli contro l’umanità;
  7. che anche la complicità è un crimine di Diritto Internazionale.

Stando al suo statuto, il tribunale avrebbe dovuto fare nuovi processi ad altri criminali nazisti, ma la guerra fredda lo ha impedito. Al massimo si è proceduto in base alla giustizia nazionale (p.es. la ex-Rdt, dal 1945 al 1950, perseguì penalmente 12.147 nazisti, cioè il 95 per cento del totale degli imputati, sostenendo con estrema coerenza il principio dell'imperscrittibilità dei crimini contro la pace e l'umanità).

E' stata proprio l'imperscrittibilità dei crimini nazisti, sancita dalle Nazioni Unite e dal Parlamento europeo, ha permettere di procedere legalmente contro Eichmann, Kappler, Tournier, Barbie e Priebke.

Per quanto riguarda gli Stati Uniti, 12 processi soltanto sono stati compiuti nel palazzo di giustizia di Norimberga sotto l'egida dei tribunali militari americani. Tali processi si sono però discostati alquanto dai principi fissati nel verdetto del tribunale internazionale. Stessa cosa va detto per i processi fatti dai tribunali inglesi e francesi.

Una parte considerevole delle pene di morte pronunciate dai tribunali dei paesi occidentali furono commutate in ergastolo, finché, verso gli anni 1957-58, quasi tutti i criminali di guerra vennero rilasciati dalle autorità americane, inglesi e francesi. Sino alla fine degli anni Ottanta ben 50 mila nazisti, di cu 10 mila residenti negli Usa, godevano della più assoluta impunità.

Anche gli ambienti governativi della ex Germania federale hanno sempre cercato di ostacolare le indagini intraprese da privati cittadini o da talune organizzazioni antifasciste.

Ampiamente sostenuti dal grande capitale - che dal 1945 a oggi ha già scatenato più di 100 guerre e conflitti locali, uccidendo più di 15 milioni di persone - molti partiti e gruppi neofascisti agiscono attualmente in 60 paesi capitalisti.

Nello statuto e nella sentenza del tribunale di Norimberga sono stati definiti criminali non solo lo scatenamento e la conduzione d'una guerra aggressiva, ma anche tutte le operazioni che servono per pianificare e preparare un'aggressione.

Eppure non si è fatto nulla per mettere al bando i progetti, soprattutto americani, di militarizzazione dello spazio, il progetto delle cosiddette "guerre stellari", nonché la possibilità di rendere fattibile e vincente una guerra nucleare.

Ci si chiede il motivo per cui gli Stati Uniti e alcuni loro alleati continuano a respingere l'idea di classificare come crimine internazionale contro la pace e la sicurezza dell'umanità - accanto al genocidio, al colonialismo, al razzismo e all'apartheid - anche il primo impiego delle armi nucleari.


Web Homolaicus

Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Storia
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Aggiornamento: 25/08/2013