ERNST THÄLHMANN


Ernst Thälmann, uno dei più grandi leader della classe operaia tedesca e dirigente del Partito comunista della Germania (Kpd), nacque ad Amburgo -città alla quale sarà legata tutta la sua vita- il 16 aprile 1886.

A quei tempi Amburgo era non solo il maggior centro economico della vecchia Germania, ma politicamente era anche una delle città più libere e progressiste del paese: una vera e propria fucina di ribelli e di combattenti contro la reazione, molto più di Berlino o di Monaco. Proprio qui nel 1867 era uscita la prima edizione del "Capitale” di Marx.

Ed è stato qui che Thälmann imparò a conoscere le difficoltà della vita del lavoratori. La sciò la famiglia a 16 anni con tre marchi in tasca. Viveva nella miseria: mangiava poco, dormiva nei ricoveri pubblici, fino a notte tarda leggeva libri. Dapprima fece lo scaricatore di porto, poi viaggiò su navi come mozzo e aiutante fuochista, finché aderì al sindacato dei trasportatori marittimi. A 17 anni s'era già iscritto al Partito socialdemocratico indipendente, schierandosi su posizioni marxiste rivoluzionarie, contro l'opportunismo di destra e di sinistra.

Nel 1915 conobbe Rosa, la sua futura moglie, mentre lavoravano insieme nella grande lavanderia Walscher.

Durante la prima guerra mondiale difese i princìpi dell'internazionalismo proletario, sostenendo la parola d'ordine di uno dei fondatori del Kpd, Karl Liebknecht: “Il nemico principale si trova nel tuo stesso paese”. La guerra aveva arrecato alla Germania immani distruzioni, nell'industria e nell'agricoltura: solo fra morti, feriti e prigionieri aveva perduto 7 milioni e mezzo di persone.

Tra le masse popolari, spinte anche dagli avvenimenti dell'Ottobre bolscevico, si rafforzava il movimento di protesta contro il regime e la guerra imperialistica: i soldati non volevano più combattere, i civili organizzavano gli scioperi.

In quel periodo non vi era un vero e proprio partito proletario tedesco: l'unica corrente rivoluzionaria era rappresentata dagli “spartachisti”, che militavano nel Partito socialdemocratico indipendente.

L'Inizio della cosiddetta “rivoluzione di novembre” va collegato con il rifiuto di molti equipaggi della marina tedesca di misurarsi in uno scontro decisivo con gli inglesi. Convinti che la guerra fosse già perduta, I marinai indissero una manifestazione di protesta a Kiel. Questa, di fronte all'eccidio perpetrato da un reparto di ufficiali, si trasformò ben presto in rivolta. Ormai la scintilla era scoppiata.

A Berlino era la rivoluzione, ad Amburgo lo sciopero generale; si eleggono i Consigli di operai e di soldati; il movimento rivoluzionario si estende In tutta la Germania, determinando l'abbattimento della monarchia e del governo del kaiser.

La notizia dell'insurrezione dei portuali giunse a Thälmann quando già si trovava, perché costretto, nelle trincee del fronte occidentale. Decise di abbandonarle e di ritornare nella sua Amburgo, preoccupandosi di organizzare, insieme ad altri compagni, l'associazione provvisoria dei Consiglio operaio-militare per le funzioni amministrative della città.

Ma la rivoluzione non ebbe l'esito che molti speravano. Lo Spartakusgruppe, debole sul piano organizzativo, legato a un partito che ne ostacolava le iniziative, incapace di conquistare larghe masse popolari (soprattutto fra i contadini), non fu in grado di trasformare le conquiste democratico-borghesi della rivoluzione in conquiste socialiste. La schiacciante maggioranza dei Consigli operai non lottò per la liquidazione dei vecchio apparato statale reazionario: ancora pesava l'eredità delle illusioni socialdemocratiche sul parlamentarismo.

Né la situazione migliorò in modo sostanziale quando gli spartachisti, capeggiati da Liebknecht, Rosa Luxemburg, Mehring e altri, decisero di fondare alla fine del 1918 un nuovo partito: ormai l'occasione era perduta e alla reazione non fu difficile, agli inizi dei 1919, eliminare i due più importanti leader del movimento operaio, Liebknecht e la Luxemburg.

Lo stesso Thälmann fu al centro di un drammatico episodio. Il governo, dopo aver soffocato le manifestazioni degli operai berlinesi, aveva dato ordine di liquidare le repubbliche dei Consigli di Brema e di Cuxhaven. Gli operai di Brema si appellarono a quelli di Amburgo, ma i socialdemocratici di destra del Consiglio di questa città sabotarono l'organizzazione degli aiuti. Un contingente armato al comando di Thälmann dovette recarsi a piedi da Amburgo a Brema, perché i socialdemocratici che dirigevano lo sciopero dei ferrovieri si rifiutarono di trasportarlo, sostenendo che sarebbe stato un atto di “crumiraggio”!

E così il distaccamento non poté giungere in tempo a Brema, causando la definitiva sconfitta degli operai insorti. Successivamente dovette piegarsi anche il proletariato di Cuxhaven. Per questo e altri motivi Thälmann -che ebbe un ruolo molto importante nell'organizzare l'ala sinistra del Partito socialdemocratico indipendente- decise nel 1920 di aderire al partito comunista. Gli operai, a suo giudizio, avevano bisogno di “un'avanguardia temprata come I'acciaio nel fuoco dell'esperienza rivoluzionaria”.

Per effetto dell'unificazione dell'ala sinistra con il Kpd i membri del partito salirono da 100mila a 300mila. Durante le elezioni del Landtag prussiano il partito ottenne nel 1921 più di 1,2 milioni di voti. Nello stesso anno i nazisti attentarono, senza successo, alla vita di Thälmann.

Agli inizi del 1923 si formò in Germania una nuova situazione rivoluzionaria. Centomila soldati franco-belgi, a titolo di risarcimento dei danni provocati dalla Germania durante la prima guerra mondiale, furono mandati a occupare la regione della Ruhr.

La Francia, vedendo da un lato che la Germania non era in grado di pagare alle potenze vincitrici il debito impostole con il trattato di Versailles, e mirando dall'altro a una propria egemonia in Europa, non aveva alcuna intenzione di aspettare: per di più la Ruhr, ricchissima di materie prime e di industrie, le faceva particolarmente gola.

I comunisti tedeschi, aiutati dai partiti e dai sindacati comunisti di tutto il mondo, iniziarono subito la lotta contro gli invasori. Essi proponevano l'organizzazione di un fronte unico che servisse anche a rovesciare il governo Cuno, fermo sulle posizioni della “resistenza passiva”.

Purtroppo però i dirigenti della socialdemocrazia e dei sindacati, che avevano un grande ascendente sugli operai, preferirono appellarsi all'”unione patriottica” e alla conclusione di una “pace civile” con la borghesia.

Alcuni dirigenti opportunisti dello stesso Kpd - contro i quali, fra gli altri, lottò Thälmann - preferivano considerare il fronte unico della classe operaia più come un compromesso fra il loro partito e i dirigenti socialdemocratici, che non come una premessa del governo proletario. Questo permise al governo Cuno di sferrare violenti attacchi al movimento operaio e al partito comunista, anche se poi, di fronte allo sciopero generale di 3 milioni di persone, fu costretto a dimettersi.

Purtroppo il Kpd non seppe utilizzare la situazione favorevole dando un fine politico allo sciopero e obbligando i socialdemocratici a formare un governo operaio. L'unico autentico rivoluzionario nella direzione del partito restava Thälmann, il quale era veramente intenzionato a preparare una lotta armata per la conquista dei potere. Per questo fu minacciato addirittura dì espulsione. Ma grazie alla sua influenza il Cc decise di creare un consiglio militare permanente.

Si prevedeva un'insurrezione nella Germania centrale e ad Amburgo, senza però prendere in considerazione i centri operai di Berlino e della Ruhr. Di fronte a questo nuovo pericolo il governo di Stresemann, che aveva sostituito Cuno, introdusse lo stato d'assedio, vietando così gli scioperi e abolendo la conquista operaia delle 8 ore lavorative.

I comunisti risposero creando dei governi operai in Sassonia e in Turingia, ma senza voler armare il proletariato, né controllare le banche e la produzione, né sciogliere la polizia e incoraggiare l'attività rivoluzionaria degli operai e dei contadini. In pratica - disse G. Dimitrov - si comportavano “come ministri parlamentari nell'ambito della democrazia borghese”.

In ogni caso lo svolgersi degli avvenimenti obbligava i comunisti a prepararsi a una insurrezione armata. Il governo non poteva assolutamente tollerare la presenza di amministrazioni popolari alternative e dì reparti militari a tutela del proletariato.

Fu proprio in questa occasione che si verificò uno degli episodi più infelici nella storia del Kpd. La sera dei 21 ottobre 1923, in un piccolo appartamento operaio di Amburgo, si tenne una riunione della direzione dell'organizzazione del litorale del Baltico. Presiedeva Thälmann. All'ordine del giorno c'era l'elaborazione di un piano insurrezionale, in cui si prevedeva uno sciopero generale. Il piano fu approvato il giorno seguente.

Sennonché la dirigenza opportunista del partito, con sede a Berlino, decise di revocare l'insurrezione armata nel momento stesso in cui 18mila operai dei cantieri di Amburgo erano già stati mobilitati. Per tre giorni e tre notti si condusse la battaglia nelle strade della città contro un nemico assai più numeroso. Pur essendo male armati gli insorti applicavano una tattica flessibile che permetteva loro di conservare le posizioni respingendo i furibondi attacchi dell'esercito e della polizia. Le battaglie più violente si svolsero nei sobborghi. Thälmann dirigeva le operazioni militari e lo si vedeva sulle barricate in diversi quartieri della città. Lo stato maggiore cambiava costantemente di luogo.

Naturalmente, senza ricevere gli aiuti attesi la rivolta non poteva durare a lungo. Ecco perché il comando militare, su proposta dì Thälmann, dette l'ordine di ritirarsi. Nel suo messaggio del 25 ottobre, diffuso in tutta la città, era scritto che la lotta veniva non conclusa ma solo sospesa, poiché essa avrebbe dovuto ispirare tutta la classe operaia a intraprendere nel futuro nuove azioni rivoluzionarie. La sconfitta ad Amburgo - dirà poi Thälmann - “è stata mille volte più feconda e preziosa per le future lotte di classe di una ritirata senza aver nemmeno sparato un colpo”.

Ad Amburgo si scatenò immediatamente il terrore controrivoluzionario. L'organizzazione comunista fu soppressa e i suoi beni confiscati. La sconfitta del proletariato in questa città fu il segnale per l'attacco della reazione in tutto il paese. In poco tempo caddero i governi operai della Sassonia e della Turingia. Il 23 novembre il Kpd venne messo fuori legge.

Lo stato d'assedio durò fino al febbraio del '24. La minaccia della rivoluzione proletaria aveva indotto le stesse potenze vincitrici a rinunciare a una politica eccessivamente dura nei confronti della Germania. Anzi, cercando di favorire la borghesia tedesca, si permise una certa ripresa dell'economia: cominciarono ad affluire i capitali stranieri, si concentrava la produzione, ma aumentava lo sfruttamento degli operai.

Grazie alla sua esperienza politica in fatto di lotta di classe, Thälmann venne eletto nel 1925 presidente del Cc del Kpd. Rivoluzionario marxista conseguente, egli applicò la linea leninista del partito, volta a creare una combattiva e cosciente avanguardia della classe operaia, orientata verso un obiettivo preciso e strettamente legata alle masse.

Thälmann chiamò subito i lavoratori a creare un fronte operaio unico anti-monopolistico e a lottare contro le richieste di indennizzo dei principi tedeschi per le proprietà tolte loro nel 1918. Il partito organizzò molti scioperi e anche delle manifestazioni a favore degli operai italiani Sacco e Vanzetti, condannati ingiustamente negli Usa.

Nonostante questo i dirigenti socialdemocratici respinsero sempre tutte le proposte miranti a realizzare azioni comuni. Essi anzi, accettando di partecipare a un governo di coalizione, esaltavano la razionalizzazione capitalistica per bocca del loro massimo teorico, R. Hilferding. Fu proprio questo governo che vietò le dimostrazioni del Primo maggio, sparò contro gli operai di Berlino scesi in piazza e proibì la milizia operaia creata su iniziativa di Thälmann. E fece questo proprio nel momento in cui iniziava a imporsi all'attenzione delle masse un movimento assai pericoloso come quello nazista.

Thälmann, che a partire dal '24 rappresentava il Kpd come deputato al Reichstag, si candidò nel 1925 alle elezioni presidenziali del Reich. Non vinse, ma ottenne milioni di voti (la lista dei deputati comunisti ne raccolse quasi 3,7 milioni).

Nel '24 era stata costituita anche “l'Unione dei combattenti rossi”, che raggruppava oltre 70.000 persone, tra cui 45.000 senza partito, e Thälmann ne era presidente.

Nel settembre del '25, all'età di 39 anni, Thälmann era presidente di un partito, quello comunista, che per forza e per seguito, era secondo soltanto a quello bolscevico.

Nel maggio 1928 marciò a Berlino alla testa di una colonna di 100.000 “combattenti rossi” e pronunciò un importante discorso a Lustgarten in cui affermava la necessità i giovani alla lotta rivoluzionaria (evidentemente trascurati dai comunisti) e la necessità di realizzare un fronte unito nelle aziende e nelle vie delle città tra comunisti e socialdemocratici, in funzione antimilitarista.

Nel 1929, con tutta la sua famiglia, si trasferì in Tarpenbeckstrasse 66 (quartiere Eppendorf), ove oggi ha sede il museo a lui dedicato. Durante questo periodo sua preoccupazione principale fu quella di dimostrare la necessità di un fronte comune per sbarrare la strada al nazismo.

Scorgendo subito quale minaccia per la pace nel mondo costituiva il legame dei circoli aggressivi dell'alta borghesia tedesca con i nazisti, Thälmann, all'interno del suo partito, contribuì a smascherare con una lucida analisi la cupidigia delle industrie degli armamenti e la spinta espansionistica dell'imperialismo tedesco. Egli voleva realizzare un fronte popolare antifascista di tutte le forze democratiche, a prescindere cioè dall'appartenenza a questo o quel partito e dalle concezioni ideologiche in genere, nell'interesse della pace: un fronte che fosse contro la guerra, non limitato quindi alla sola Germania. Ma questo progetto non venne attuato in tempo.

I socialdemocratici non risposero mai ai suoi appelli; anzi, quando nel 1929 i loro dirigenti di Berlino proibirono nella capitale la tradizionale manifestazione del 1° Maggio e quando quasi 200.000 operai organizzarono una pacifica marcia per la città, la polizia diretta dai burocrati socialdemocratici si scagli con ferocia contro i manifestanti, uccidendone 33 e ferendone centinaia.

Alla fine dei 1929 scoppiò nei paesi capitalisti una crisi economica di portata mondiale, la più rovinosa e profonda di tutte le crisi di sovrapproduzione che la storia dei capitalismo avesse fino ad allora conosciuto. Essa giunse dopo alcuni anni di stabilizzazione relativa dell'economia e quindi fu del tutto inattesa. Si prolungò per 4 anni, dal 1929 al 1933, e colpì con maggior forza gli Stati Uniti e la Germania.

L'aumento delle tasse, l'inflazione, il taglio dei salari furono gli aspetti dominanti di questo periodo. In Germania i disoccupati arrivarono a più di 5 milioni. I numerosi scioperi che ne seguirono assunsero un carattere di massa. Di fronte alla grande sfiducia verso il sistema capitalistico, l'alta borghesia si vide costretta ad affidarsi ai partiti fascisti. Il Kpd chiedeva ai contadini d'allearsi con gli operai. Nelle elezioni del 1930 ottenne 4 milioni 590 mila voti, contro i 6 milioni 800 mila voti del partito nazista. La possibilità di vincere il fascismo era ancora reale, ma la socialdemocrazia rifiutò sempre d'appoggiare le rivendicazioni dei comunisti.

Alle elezioni presidenziali dei 1932 Thälmann propose la sua candidatura e ottenne circa 5 milioni di voti, contro gli 11 milioni 300 mila di Hitler e i 18 milioni 700 mila di Hindenburg.

La situazione comunque rimase incerta sino al 1933, allorché gli industriali e i banchieri, spaventati dall'ascesa rivoluzionaria delle masse, decisero di consegnare il governo al partito nazista. Le forze antifasciste non furono all'altezza della situazione: troppo disorganizzate per opporsi con efficacia a questo disegno eversivo. La classe operaia era divisa e una parte notevole di essa subiva ancora l'influenza dei leader opportunisti della socialdemocrazia, ostili a un fronte unico di lotta.

Poco prima d'arrivare al potere gli hitleriani inscenarono una manifestazione provocatoria a Berlino davanti alla casa di Liebknecht, sede del Cc del Kpd e della redazione del giornale comunista “Die Rote Fahne”. Il partito si appellò agli operai chiedendo di organizzare una contro-manifestazione di protesta: vi parteciparono diverse centinaia di migliaia di persone. Ma la dirigenza socialdemocratica non si lasciò convincere da questi fatti e i nazisti seppero così approfittare della situazione. E' vero che per battere i comunisti nelle ultime elezioni del 1933 cercarono di screditarli appiccando il fuoco al Reichstag e incarcerando il bulgaro G. Dimitrov, ma è anche vero che quando Hitler fece il colpo di stato ben poche forze erano in grado di resistergli.

Fu così che iniziò nel paese un periodo d'inaudito terrore contro non solo i comunisti, ma anche tutte le organizzazioni progressiste e gli stessi appartenenti ai partiti socialdemocratici. Il Kpd si rifugiò nella clandestinità.

Il 3 marzo 1933 Thälmann venne arrestato. Egli passerà 11 anni e mezzo in diverse prigioni tedesche: Berlino, Moabit, Hannover, Bautzen... Ma né la segregazione né le torture, fisiche e morali, riuscirono a piegare questo valoroso antifascista.

Le lettere scritte dalle prigioni ai suoi amici e compagni, quelle alla moglie Rosa e alla figlia Irma sono una straordinaria testimonianza della forza d'animo e della serietà con cui quest'uomo seppe affrontare la vita.

Nella lettera a Rosa del 24 aprile 1933 scrive: “Un uomo che ha il senso della dignità non rinuncia alle sue azioni. Ci si può accanire, è vero, nel braccare il bene e la verità, ma una volta ch'essi hanno messo radice è impossibile soffocarli per molto tempo [ ... ] Rassegnati dunque a questa situazione, come fanno molte altre donne, obbligate a vivere in tempi così difficili, lontane da coloro che amano”.

In un'altra lettera rivolta a un compagno di prigione Thälmann analizza l'attività del Kpd, i suoi errori e le sue sconfitte, e dice: “Si può stimare, nel suo giusto valore, la statura d'un uomo politico giudicandolo non soltanto in base a quello che ha fatto, ma anche a quello che voleva fare. Chi vuole dirigere il corso della storia, aprire nuove strade alla sua epoca, condurre il suo popolo verso un avvenire migliore, chi si sente una vocazione del genere e si pone per obiettivo quello di accendere i cuori degli altri con la sua fiamma interiore, costui getta una sfida al mondo dell'incomprensione, della negazione, al mondo ostile. Solo la lotta infatti ha un senso nella vita!”.

I nazisti avevano intenzione d'imbastire contro di lui un clamoroso processo, ma temendo di ripetere il fallimento di quello a carico di Dimitrov, furono costretti a rinunciarvi.

Non si riuscì però a liberarlo in nessun modo, nonostante le molteplici manifestazioni operaie e popolari indette dai comunisti di tutto il mondo.

Il 18 agosto 1944, quando ormai la sorte del nazismo era segnata, per ordine di HitIer e di Himmler (che evidentemente avevano ancora paura di lui), alcuni aguzzini delle SS gli spararono alla nuca nel lager di Buchenwald, senza alcuna sentenza e in gran segreto.

Finita la guerra, la moglie e la figlia cercarono a più riprese di organizzare un processo contro gli assassini di Thälmann, ma la giustizia della Rft, pur avendo tutte le prove necessarie, ha sempre rifiutato di collaborare.

Solo nel 1985, a Krefeld, iniziò, seppur lentamente, il procedimento giudiziario contro l'unico esecutore ancora vivo, Wolfgang Otto, e che si è concluso con un verdetto di colpevolezza. La pena, 4 anni di reclusione, è stata minima, ma il fatto che non sia stato assolto - cosa che spesso accade quando sono in causa dei criminali di guerra - sta a indicare il livello di pressione dell'opinione pubblica. E che Otto fosse un criminale la stessa corte marziale americana la dimostrò allorché decise di condannarlo a 20 anni di carcere per le atrocità commesse nel lager di Buchenwald; pena che poi non scontò perché nel 1952, dopo solo 4 anni di carcere, le stesse autorità americane lo graziarono permettendogli non solo di ricevere 6.000 marchi di “ricompensa per i danni subiti”, ma anche di dedicarsi all'insegnamento nel ginnasio di Geldern. Quando andò in pensione, nella sua anzianità di lavoro fu incluso anche il “lavoro” nel lager di Buchenwald.


Enrico Galavotti - Homolaicus