L'ARMENIA E IL SUO GENOCIDIO


LA VERSIONE TURCA DEL GENOCIDIO ARMENO
www.e-turchia.com/storia7.htm

Prendiamo tre momenti storici. Saranno sufficienti per trarne delle conclusioni a fronte delle accuse armene.

Primo momento: comprende gli otto secoli di storia che vanno dall'XI sec. alla seconda metà del XIX secolo. Durante questo lungo periodo, turchi ed armeni dell'Anatolia convissero pacificamente nonostante la differenza di lingua, religione e cultura. Un’armonia tale che non trova riscontro in altre parti e tra altri popoli esistenti a quell’epoca nel mondo. Motivo principale di questa coesistenza pacifica fu la tolleranza verso i molteplici gruppi etnici della quale i turchi avevano fatto la loro politica.

Secondo momento: si riferisce ai fatti verificatisi durante la Prima Guerra Mondiale. Nel 1915 l'Impero Ottomano era impegnato militarmente su due fronti. Da un lato, ad occidente, opponeva resistenza agli attacchi delle Forze Alleate nei Dardanelli, dall’altro, ad Oriente, doveva guardarsi dall'invasione delle Armate russe zariste. L’antefatto, però. E ricordare come, nel corso di tutta la seconda metà del XIX secolo, Mosca era stata tra quelle potenze che - con la scusa di farsi paladine della questione armena - avevano come unico scopo quello di accelerare la disintegrazione dell' <uomo malato>. Perciò, durante il conflitto, i russi si prefissero l’obiettivo di disorientare le linee di difesa ottomane con la creazione nelle retrovie di sacche di disturbo ad opera di ribelli armeni alcuni dei quali scelti proprio all’interno dell’esercito ottomano. Una tale collaborazione, tra i soldati dello zar Nicola ed i ribelli armeni, diventava per i capi di questi ultimi la soluzione ottimale al raggiungimento della loro indipendenza nazionale. Per Costantinopoli si trattava invece di puro e semplice tradimento. Furono giorni brutti, fatti di insurrezioni, di rivolte, di rappresaglie e anche di uccisioni. Dopo un ennesimo ultimatum, il Governo ottomano fu costretto a procedere contro l’insurrezione. Furono presi quindi alcuni provvedimenti. Alcuni immediati, quali il trasferimento dei soldati armeni dalle zone operative a quelle non operative. Fu poi decisa l'evacuazione della popolazione armena nell'Anatolia orientale, l’attuale Siria settentrionale. Si adottarono infine quelle misure necessarie ad assicurare la sicurezza delle truppe e a proteggere i passaggi che servivano ad approvvigionare l'esercito.

Certo, si trattò di un trasferimento doloroso che vide la popolazione armena attraversare zone montagnose e aride in condizioni molto difficili. I mezzi di trasporto scarseggiavano e la gente che veniva trasferita doveva percorrere lunghe distanze a piedi, spesso vittime di tribù che erano sfuggite al controllo dell’autorità centrale dello Stato. Ad aggravare la situazione ci si misero epidemie e carestie che colpirono sia la popolazione civile che quella militare. Senza dimenticare che, in simili circostanze già pesanti, il colpo di grazia alle volte veniva dal comportamento troppo zelante di alcuni amministratori i quali - per eseguire gli ordini del governo - non si occupavano delle misure da prendere per la protezione delle persone trasferite. In breve, in quella parte dell'Anatolia si stava compiendo una grande tragedia. Solo che si trattava di una tragedia comune a tutte le genti, causata dalla guerra, e che però provocava migliaia di vittime ad ambedue le parti. Ma non era, pur tuttavia, un genocidio. Mancava, per esserlo, l’elemento essenziale identificabile nell’ <intenzione di eliminare>, così come lo si intende nella "Convenzione sulla prevenzione e repressione del crimine del genocidio". Fu, non altro, che la conseguenza del conflitto, di azioni di guerra, di una atmosfera da reazioni armate e di autodifesa peraltro legittime, là dove tutti si stavano ormai rendendo conto che l’Impero che si stava disgregando, minato com’era dal disordine e dalla disorganizzazione. D'altro canto, nessuno dei provvedimenti di cui abbiamo appena accennato fu preso nei conflitti degli armeni lontani dal fronte o che si erano stabiliti nelle grandi città come Costantinopoli e Smirne.

Terzo momento: i buoni rapporti pacifici esistenti fra la popolazione turca e la minoranza armena sono una palese contraddizione con le asserzioni di quanti insistono sul presunto <genocidio>. Ma per comprendere appieno questo assunto si deve, innanzi tutto, prendere in esame le caratteristiche delle ultime tre generazioni di armeni che risiedevano all'estero, e paragonare il loro destino con quello degli armeni della Turchia.

  1. La prima generazione riguarda coloro che furono costretti ad abbandonare l'Impero Ottomano. I parenti di questa generazione coltivarono immediatamente un sentimento di vendetta, dimenticando però che le sofferenze subite altro non erano che la conseguenza per il loro tradimento nei confronti dell'Impero e che comunque a piangere erano stati tanto gli armeni quanto i turchi. Fatto si è che un gruppo di questi armeni misero in atto una serie di attentati terroristici contro funzionari ottomani.
  2. La seconda generazione riguarda coloro che, trasferitisi all’estero, si adattarono al loro nuovo ambiente e alla nuova società che li aveva accolti. Va detto che questa gente seppe distinguersi subito per le doti che aveva, quali la diligenza nel lavoro ed il talento artistico. Meriti che dettero loro popolarità e ricchezza.
  3. La terza generazione è figlia di questa prosperità giacché, riaffermandosi forte il sentimento di identità nazionale, si volle ancora una volta ricorrere ad atti di violenza. C’era un obiettivo: fare in modo che il passato non fosse dimenticato e bloccare, al tempo stesso, il fenomeno dell’integrazione graduale degli armeni – all’estero - con il nuovo ambiente. La strada più facile era quella del ricorso al terrorismo.

In quanto alla terza generazione di armeni residenti in Turchia, questa non ebbe al contrario alcuna crisi di identità. Aveva, infatti, mezzi e qualità per perpetuare le caratteristiche del loro gruppo etnico, come nei giorni di coesistenza pacifica durante l'Impero Ottomano. Come poteva essere diversamente, considerato che i loro diritti di minoranza religiosa erano garantiti dal Trattato internazionale di Losanna, siglato nel 1923 e di cui l'Italia è firmataria? Si può, pertanto, ben affermare che gli armeni della Turchia non hanno preso parte mai ad atti di violenza, né mai si sono lamentati delle loro condizioni. Continuano a vivere la loro vita, ad essere istruiti nelle scuole armene ed a professare la loro libertà religiosa nelle loro chiese.

Ciò nondimeno ci sono persone che continuano a parlare di un <genocidio> per fatti avvenuti ottantacinque anni fa. Perché? Semplice: dato che il genocidio è <un crimine contro l'umanità>, va da sé che - parlando di genocidio – con facilità si può influenzare l'opinione pubblica mondiale per mobilitarla contro uno Stato, una nazione od un popolo. Oltre tutto il genocidio è un crimine imprescrittibile, un crimine che va comunque punito senza tener conto dell’epoca in cui è stato commesso. Ne consegue che da parte di alcuni circoli si preferisca travisare la storia descrivendo come genocidio una tragedia umana condivisa da due popoli in circostanze di guerra. Ciò però serve loro da pretesto per accusare i turchi e minarne la dignità di fronte all'opinione pubblica mondiale". 

1 - 2 - 3 - 4 - 5 - 6 - 7 - 8 - 9 - 10 - 11


Web Homolaicus

Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Storia - Storia contemporanea
 - Stampa pagina
Aggiornamento: 23/08/2013