STORIA ROMANA


IL TRAMONTO DELL'OLIGARCHIA SENATORIA

a) Introduzione

Figura di grande fascino storico, per la lungimiranza e la capacità di comprendere i mutamenti profondi in atto nel suo tempo, Silla è tuttavia anche un personaggio profondamente ambiguo e contraddittorio.

La contraddizione di fondo della sua azione - che ne costituisce però anche l'originalità - sta nel tentare di arginare le forze antagonistiche al Senato adoperando i loro stessi mezzi.

In questo modo, se da una parte egli riesce a ottenere una temporanea riaffermazione di quest'ultimo (dovuta soprattutto alla sua forte personalità), dall'altra la sua azione è la dimostrazione lampante dell'arretratezza della classe senatoria rispetto ai tempi nuovi. E' sintomatico di questa situazione il fatto che nell'arco di tutta la sua carriera egli si scontri con la diffidenza dei suoi stessi alleati.

Silla costituisce comunque l'ultima personalità di spicco della classe senatoria, e le sue imprese sembrano quasi il 'canto del cigno' dell'oligarchia e dei suoi valori.

Lucio Cornelio Silla

b) La guerra mitridatica e la prima guerra civile

Mentre in Italia si combatte la guerra sociale, in Oriente si è aperta già da un pezzo la questione mitridatica.

Mitridate, re del Ponto, regno situato nei pressi di Pergamo e della Bitinia, insedia già da tempo questi territori minando così la supremazia romana in quella zona.

La politica da tenersi in tale frangente è uno dei molti (nonchè dei principali) motivi di dissidio tra il Senato e i cavalieri.

Questi infatti propendono per una politica aggressiva e una soluzione militare della questione (tra di essi ovviamente troviamo lo stesso Mario); i senatori invece, coerentemente con la decisione di non farsi coinvolgere in nuovi conflitti all'esterno, propendono per una soluzione che sia il più pacifica possibile.

I cavalieri inoltre hanno molti interessi commerciali nella zona in questione, e per questo non vogliono certo che essa sia sottratta al dominio di Roma.

La situazione precipita quando Mitridate (88) fa massacrare un numero imprecisato di mercanti italici residenti nella zona del Ponto. Si impone allora una risposta militare da parte di Roma.

Il Senato assegna a Silla la provincia asiatica e il compito di ristabilirvi la pace, risolvendo il conflitto con Mitridate.

A Roma intanto, sull'onda dell'indignazione popolare per la strage avvenuta ai danni degli Italici, si sta riformando (sotto la guida di Sulpicio Rufo) una alleanza politica tra cavalieri e popolari, che comprende in sé anche gli Italici. Alla sua testa si pone, una volta di più, Mario.

Obiettivo immediato di tale coalizione è di trasferire a quest'ultimo la conduzione delle operazioni militari in Asia.

Sarà proprio il dissidio su chi debba condurre questa nuova impresa militare a far esplodere la prima guerra civile.

Silla infatti, deciso a non mollare una preda tanto ghiotta, prospetta al proprio esercito quale perdita di guadagni comporterebbe il fatto di cedere il campo a Mario e al suo esercito, convincendolo così a marciare su Roma: un'azione tanto estrema da risultare del tutto inaspettata ai nemici, e che perciò li coglie di sorpresa e li costringe alla fuga.

E' l'88, e Silla ritorna immediatamente in Oriente per combattere la sua campagna, lasciando Roma nelle mani dei consoli Ottavio e Cinna.

L'anno seguente si ha tuttavia la violentissima vendetta dei popolari, i quali tornati a Roma si riappropriano della città mettendola a ferro e fuoco e giustiziando sommariamente molti esponenti dell'oligarchia.

Nell'86 poi, il consolato passerà nelle mani di Mario (che muore lo stesso anno) e di Cinna (il quale si è alleato ora con la parte popolare). Quest'ultimo manterrà il potere fino all'84, anno in cui verrà assassinato.
Egli perseguirà una politica responsabile di riconciliazione, volta al ristabilimento della pace e dell'equilibrio interno (non si dimentichi che due guerre a brevissima distanza di tempo, quella sociale e quella civile, avevano piegato Roma finanziariamente ed economicamente) mirando a riavvicinare ai popolari i senatori più moderati e assumendo un atteggiamento attendista nei confronti di Silla, ancora impegnato in Oriente.

c) Il ritorno di Silla e la seconda guerra civile; le riforme dell'82

Ma l'omicidio di Cinna (84), a opera dei suoi stessi soldati, stravolge nuovamente la situazione, determinando una svolta intransigente all'interno del movimento popolare.

Proprio per questo il ritorno di Silla dopo la campagna in Oriente (nel corso della quale ha sconfitto Mitridate, costringendolo alla resa e a pagare una forte ammenda, e ha sedato una rivolta in Atene) determina la seconda guerra civile.

Sbarcato a Brindisi nell'83 difatti, Silla tenta una riconciliazione con i popolari, ma inutilmente.

Tale fallimento segna l'inizio di un'altra guerra intestina, ancora più sanguinosa della prima, dal momento che essa coinvolge questa volta anche le popolazioni italiche.

Il generale patrizio pensa subito a guadagnarsi i favori di buona parte dei municipi italici, garantendo loro il rispetto dei diritti precedentemente acquisiti e prospettando un'alleanza tra ceti dirigenti romani e ceti dirigenti locali (promessa che - come vedremo - verrà rispettata!).

Subito dopo la vittoria della guerra (82) inoltre, Silla instaurerà una dittatura in Roma (della quale è ormai virtualmente padrone assoluto) portando avanti un programma di riforme costituzionali volte a riaffermare il predominio del Senato.

Il suo intento è proprio quello di rafforzare l'autorità e il dominio politico delle antiche istituzioni romane, al fine di rafforzarne la centralità e prevenire così il sorgere di poteri personalistici (dei quali paradossalmente il suo è stato proprio uno degli esempi più eclatanti!).

Tali riforme - ispirate alla proposte fatte da Druso circa dieci anni prima - consisteranno essenzialmente in:

  • un ampliamento della base senatoria, con l'introduzione degli equestri e degli italici (come del resto aveva loro promesso);
  • una drastica diminuzione dei poteri dei tribuni, cui viene tolto il diritto di veto e proibita l'assunzione di altre cariche politiche;
  • l'aumento del numero dei pretori (magistrati di rango immediatamente inferiore ai consoli, deputati ad amministrare le colonie) al fine di una migliore distribuzione delle cariche, contro il loro possibile accentramento in poche mani.

Accanto a queste riforme, egli opera poi la confisca di molti terreni (soprattutto campani) che assegna poi ai veterani del proprio esercito.

Nell'80 si ritira infine a vita privata in Campania, dove muore poco dopo.

Non amato dagli altri senatori - che non lo capiscono -, dopo la sua morte saranno le forze più tradizionali a riprendere il potere. Esse tuttavia manterranno fondamentalmente intatte le modifiche da lui apportate all'assetto istituzionale.

Fino al 70, l'anno del consolato di Crasso e di Pompeo, tali forze deterranno il predominio politico in Roma, cercando senza successo di estirpare i germi rivoluzionari antioligarchici.

CONCLUSIONI

Al termine del processo di estensione territoriale costituito dalle guerre puniche (conclusosi a metà del II secolo) si affermano in Roma sempre più chiaramente due indirizzi politici opposti tra loro:

- da una parte vi è quello, più conservativo, del Senato e della nobiltà terriera, spaventata all'idea delle possibili conseguenze di un'ulteriore estensione territoriale.

Un tale processo di 'mondializzazione' infatti, renderebbe sempre meno governabili attraverso le antiche strutture senatorie i territori dell'Impero, favorendo inoltre l'affermazione a livello politico dei ceti plebei: sia di quelli finanziari, sia di quelli popolari (i primi attraverso l'estensione dei mercati e degli appalti legati a guerre di conquista, opere pubbliche, ecc.; gli altri invece attraverso l'impiego nelle fila degli eserciti, divenuti oramai realtà di tipo professionale);

- dall'altra parte troviamo invece l'indirizzo politico (che col tempo finirà per prevalere) sostenuto dai ceti equestri, decisamente più aperto a una politica militare e di estensione territoriale.

Dal momento inoltre che una tale politica d'ampliamento richiede un uso sempre più massiccio delle forze armate, assistiamo in questi anni a una progressiva trasformazione di queste ultime in strumenti di potere e di imposizione anche a livello politico, in funzione ovviamente anti-senatoria. (Fatto che trova una chiara dimostrazione nella vicenda personale di Mario e - anche se ciò può sembrare paradossale - in quella di Silla).

Un altro problema col quale lo Stato deve sempre più fare i conti è la presenza di vaste masse dei diseredati, di coloro cioè che sono rimasti privi di terre e di sostanze proprie, i quali - alla meglio - si riciclano impiegandosi negli eserciti, oppure si riversano nelle città, dove vivono di espedienti a spese dei cittadini più ricchi (secondo l'antica pratica clientelare).

La lotta contro un tale piaga sociale costituirà la 'bandiera' politica soprattutto dei Gracchi, i quali con i propri tentativi di riforma costituzionale cercheranno di dare una svolta positiva alla situazione in atto.

Nonostante inoltre la fine indecorosa sia di Tiberio sia di Gaio, le loro idee - soprattutto quelle del secondo - ispireranno le strategie politiche dei popolari anche nei successivi decenni.


1- Il riformismo dei Gracchi
2- Mario, l'uomo nuovo
Adriano Torricelli

Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Storia
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Aggiornamento: 11/09/2014