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Da qualunque visuale si esamini il bacino del Mediterraneo, esso appare
come il ricettacolo naturale di una civiltà che gli è debitrice dei suoi
caratteri; da qualunque visuale si esamini il bacino dell’Egeo, ci
accorgiamo che esso accentua con singolare vigoria ciascuna delle
caratteristiche che distinguono il Mediterraneo nel suo complesso:
caratteristiche le quali fanno dell’Egeo la culla della civiltà. Quel
che stupisce altrove, nei grandi paesi dell’Oriente, è l’enorme
nell’uniforme: nella produzione, nella potenza, nella bellezza stessa,
in tutto impera la quantità.
Nell’Egeide, il continuo variare della natura non lascia possibilità in
nessun luogo a grandi agglomeramenti né di piante, né di animali, né di
uomini. In ogni campo, nella politica come nell’arte, è impossibile
aggiungere indefinitamente il medesimo al medesimo. Qui trionfano
l’autonomia e l’individualismo, e i doni naturali si sviluppano
liberamente, senza altro ostacolo che la necessità di un’organizzazione
armoniosa.
Tuttavia, nella cerchia ristretta di una città o di un’isola, una simile
civiltà corre il rischio d’esaurire ben presto la sua linfa e di morire
anzi tempo. Ma c’è il mare, il grande benefattore. Attraverso di esso,
gli Egei vanno a cercare la ricchezza e a prender conoscenza dei costumi
d’altri popoli.
Grazie al mare, possono stabilirsi in terre lontane, ingrandendo il loro
paese con innumerevoli colonie e, dando alla propria civiltà una sempre
nuova giovinezza, portarla sino ai confini del mondo conosciuto. In
complesso, il "miracolo greco", anzi il miracolo egeo, è l’effetto di un
singolare concorso di condizioni naturali su uomini capaci di trarne
partito.
Gustave Glotz, La civiltà egea |