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GRECIA CONTRO PERSIA LA PRIMA GUERRA MONDIALE DELL'ANTICHITA'
dal 499 al 480 |
I guerra greco-persiana |
II guerra greco-persiana |
I e II guerra greco-persiana |
impero persiano |
impero persiano |
impero persiano |
impero persiano |
Ancora oggi ci si chiede come sia stato possibile che un
vastissimo impero di 3,5 milioni di kmq, esteso dall'Egitto all'India, quale
quello persiano, non sia stato capace di occupare un minuscolo territorio come
la Grecia, internamente diviso in città-stato indipendenti.
Quella fu una specie di guerra mondiale, che avrebbe potuto decidere, se fosse
finita diversamente, le sorti dell'intera Europa e forse dell'intera Africa.
I territori che l'impero persiano comprendeva oggi coincidono, all'incirca, con
interi paesi quali Iran, Afghanistan, Turchia, Siria, Libano, Israele, Armenia,
Cipro, Tagikistan, Kuwait, Tracia e Macedonia, nonché quasi tutto il Pakistan, il
Turkmenistan, l'Uzbekistan, l'Azerbaigian, la Georgia, l'Irak e l'Egitto, più
altre porzioni di Stato in India, Libia, Giordania, Kirgizistan... Era un impero
assolutamente impressionante, senza precedenti storici, che prese le mosse
dall'unica vera città dell'antica Perside: Persepoli. Tutte le coste dei mari e
dei laghi più importanti di quel tempo erano state occupate: golfo Persico, mar
Arabico, mar Rosso, mar Mediterraneo, mar Egeo, mar Nero, mar Caspio, fino al
lago d'Aral. Per raggiungere queste dimensioni era bastato un secolo.
Sbaglieremmo a pensare che si trattasse di un impero molto più dittatoriale dei
precedenti assiro-babilonesi. Certo lo schiavismo era di stato, ma si evitava di
distruggere le città conquistate o di deportarne le popolazioni e si
rispettavano i culti e le lingue locali.
Ciro (558-530) fu abilissimo ad approfittare del conflitto tra il re dei Medi
e l'aristocrazia, scontenta della sua politica accentratrice. Questa tattica di
favorire l'oligarchia locale, che finiva col tradire gli interessi del proprio
Stato, fu una costante di tutti i sovrani persiani.
Con un milione di uomini e con una "guerra lampo" Ciro arrivò a conquistare
gli Stati della Lidia (odierna Turchia) e tutte le città costiere dell'Asia
Minore, e solo dopo aver fatto questo occupò la grande Babilonia, che s'era
praticamente trovata isolata nei propri commerci.
Agli ebrei permise di ritornare in Palestina e di ricostruire il loro tempio,
avendo in mente di utilizzare in quella regione una piazza d'armi tramite cui
invadere l'Egitto (infatti nei confronti dei fenici, che gli assicurarono una
flotta navale, organizzò il medesimo rimpatrio).
L'Egitto gli serviva per il controllo del Mediterraneo. Tuttavia, prima di
scatenare la guerra, volle consolidare i propri confini, impegnandosi
militarmente contro le tribù nomadi delle steppe e fu proprio in uno di questi
scontri che rimase ucciso (530 a.C.).
Il figlio maggiore Cambise (530-522) prese a muoversi là dove il padre aveva
fallito e in brevissimo tempo, dopo aver tratto dalla sua parte l'aristocrazia
laica e religiosa, occupò l'Egitto.
Purtroppo però, invece di limitarsi a controllare la situazione, consolidando
le nuove conquiste, dichiarò guerra sia alla Libia (ove dominava Cartagine) che
all'Etiopia. Fu un disastro su entrambi i fronti: il prestigio del sovrano
crollò a picco e, in seguito a rivolte interne guidate dall'aristocrazia dei
Medi, morì in circostanze oscure.
L'impero sembrava dover crollare come un gigante d'argilla, ma chi riuscì ad
opporsi efficacemente al declino degli Achemenidi persiani fu il nuovo sovrano
Dario (522-486), che capì una cosa fondamentale per le sorti dell'impero: non
bastavano le campagne militare per dominare, ci voleva anche una politica
accorta e soprattutto un'efficiente amministrazione. E fu così che creò un
regime assolutistico, centralizzato e burocratizzato, dove l'elemento militare
(i cui ranghi più elevanti o più scelti - circa 10.000 unità - erano composti di
persiani) doveva continuare a svolgere un ruolo decisivo. Solo il sovrano poteva
conferire le cariche e decretare le pene, anche nei confronti della nobiltà.
Dario divise l'impero in 20 province (satrapie) e ognuna di esse, esclusa la
Persia, doveva pagare ingenti tasse, in genere proporzionali alle effettive
risorse e dimensioni, anche se, siccome lo Stato le dava in appalto, gli
esattori, che le versavano in anticipo, si rifacevano sulle popolazioni
riscuotendo maggiori tributi di quelli previsti. Ogni anno entravano nelle casse
dello Stato oltre 400 tonnellate d'argento (l'India era l'unica che doveva
pagare le tasse in oro). Con la parola "tributo" i sovrani intendevano anche
l'invio periodico di contingenti armati per rimpinguare le fila dell'esercito,
continuamente impegnato in guerre di conquista.
Gli stessi satrapi (di origine persiana, salvo eccezioni), pur avendo poteri
illimitati, erano affiancati da un comandante militare che dipendeva solo dal re
ed entrambi venivano tenuti costantemente sotto controllo da ispettori reali,
che giungevano nelle satrapie sempre all'improvviso. Per gestire il proprio
impero, lo stesso Dario soggiornava a turno in una delle diverse capitali: Susa,
Persepoli, Ecbatana e Babele.
Le strade venivano costruite per unificare militarmente ed economicamente
l'impero (quella da Sardi a Susa era lunga 2400 km): tutte erano sterrate e
costellate di ostelli per vitto e alloggio e di stazioni per il cambio dei
cavalli o dei cammelli. Ma si usavano anche i mari, i fiumi e i laghi. Dario
volle addirittura congiungere il Nilo col mar Rosso col taglio dell'istmo (oggi
Suez), ma l'impresa non gli riuscì. Fu però in grado di disegnare, mediante una
spedizione navale, la prima mappa dei venti monsonici e delle correnti
dell'oceano Indiano.
Il sovrano era l'unico che poteva coniare monete d'oro (il darico aveva un
peso fisso di 8 grammi): i satrapi potevano farlo con quelle d'argento. Quanto
alla lingua comune, egli impose l'aramaico (antichissima lingua di alcune tribù
nomadi semite) solo per gli atti pubblici, per i contratti e nei tribunali. Per
il resto ogni popolazione poteva tenersi la propria lingua, esattamente come i
propri dèi.
Imponenti, sotto il suo regno, furono le opere di bonifica e di
canalizzazione, con cui si riuscì a portare acqua anche nelle zone
semidesertiche.
Sul piano militare Dario conquistò parte dell'India, il territorio ad oriente
del mare d'Aral e alcune terre della parte nord del mar Nero, le isole dell'Egeo
e le città greche sulle sponde settentrionali di questo mare e la Tracia. Furono
gli attacchi falliti contro la Scizia a minare il prestigio militare del suo
governo.
Infatti, in seguito a quelle sconfitte iniziarono a ribellarsi ai propri
governatori filo-persiani alcune città elleniche della costa ionica, nel 500
a.C. La più importante di esse, Mileto, temendo l'arrivo dei persiani, chiese
aiuto alla Grecia, che però rispose debolmente con Atene ed Eretria. Mileto e
altre città furono rase al suolo e i loro abitanti o uccisi o venduti come
schiavi.
Fu così che scoppiò la "guerra mondiale" tra Persia e Grecia, ovvero tra Asia
ed Europa. Dario infatti ne approfittò per attaccare Atene che aveva aiutato
Mileto e le altre colonie. Nel 492 intraprese la prima spedizione
marittimo-terrestre lungo il litorale della Tracia, ma la flotta perse subito
300 navi in una terribile tempesta presso il monte Athos. Si dovette rimandare
di due anni la spedizione punitiva, e questa volta si arrivò nei pressi della
piana di Maratona, sulla costa settentrionale dell'Attica. Atene stava per
essere attaccata, ma, pur non avendo ottenuto alcun aiuto da Sparta, ebbe la
meglio in una battaglia che passerà alla storia, quella appunto di Maratona, con
192 morti contro 6.400. Subito dopo tutte le città greche dichiararono la loro
indipendenza dalla Persia: Dario, che dovette affrontare sommosse a Babilonia e
in Egitto, rinunciò ai piani di conquista e morì nel 486 a.C.
Ancora una volta sembrava che il colosso dovesse crollare da un momento
all'altro. Invece si riprese sei anni dopo con Serse (486-465), che attraversò
l'Ellesponto e alle Termopili, grazie a un traditore greco, ebbe la meglio sugli
spartani, che intanto s'erano alleati con Atene. Per fortuna che il partito
democratico ateniese, guidato da Temistocle, era riuscito a convincere i
cittadini a puntare le loro risorse economiche sul potenziamento della flotta
navale; sicché, nonostante Atene venisse lasciata in mano ai persiani, dopo
averne evacuata la popolazione, gli uomini in grado di combattere ebbero la
meglio in un'altra storica battaglia, quella navale di Salamina (480).
Temendo rivolte interne, Serse tornò in Asia, lasciando un grosso esercito in
Tessaglia, ma dopo un po' di tempo venne assassinato in uno degli intrighi di
corte. Ne approfittarono ateniesi e spartani, che, coordinando perfettamente le
loro azioni militari, a più riprese sconfissero duramente i persiani (Platea,
Capo Micale, Cipro ecc.). Finalmente nel 449 la Persia si convinceva a
riconoscere l'indipendenza delle città greche in Asia Minore.
* * *
Dunque come fu possibile che un topolino come la Grecia poté sconfiggere un
elefante come la Persia? Gli storici hanno dato varie motivazioni.
- Per i greci si trattò di una guerra di liberazione nazionale dallo
straniero e i militari che difendevano la patria erano gli stessi cittadini,
non dei mercenari, come invece lo erano i persiani.
- In Grecia prevalsero, nella conduzione della guerra, gli elementi
democratico-borghesi, più popolari di quelli aristocratico-oligarchici, i
quali, molto probabilmente, avrebbero preferito cercare un compromesso
vantaggioso coi sovrani persiani.
- I persiani non avevano una particolare cultura da trasmettere, con cui
tener unito l'impero, ma solo un'enorme forza militare, con cui pretendevano
di conquistare in tempi molto brevi vastissime porzioni di territorio.
- Le popolazioni si lasciavano sottomettere o quando il loro livello
economico e culturale era molto basso, oppure quando, pur essendo elevato,
esistevano gruppi sociali che preferivano tradire il loro paese pur di
conservare il loro potere.
- I sovrani persiani tendevano a risolvere le contraddizioni interne al
loro impero usando soprattutto la politica estera, fatta di continue
conquiste.
- L'impero persiano adottò una specie di schiavismo di stato basato
prevalentemente sull'agricoltura, essendo tutte le terre di proprietà del
sovrano, che le cedeva in usufrutto ai propri funzionari o alla nobiltà
locale dei paesi conquistati. In Grecia invece vi era una sorta di
schiavismo privato basato prevalentemente sul commercio marittimo e
sull'autonomia delle città-stato, che non avrebbero potuto in alcun modo
tollerare un'amministrazione centralizzata dell'economia, benché il regime
spartano fosse il più vicino a quello persiano.
E' tuttavia sbagliato considerare più democratica la civiltà ellenica. Lo
dimostra il fatto che subito dopo la vittoria contro la Persia, il mondo greco
si autodistrusse in una guerra civile tra Atene e Sparta (quest'ultima preferì
allearsi coi persiani piuttosto che sottomettersi ad Atene). La Grecia vinse la
guerra ma perse la pace.
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