LA GRECIA TRA ORIENTE E OCCIDENTE
Storia ed evoluzione della Grecia classica


Le imprese di Filippo II e la nuova unità politico-militare greca

Tratteremo qui avanti delle imprese militari portate avanti dalla Macedonia sotto la guida di Filippo II, ovvero della progressiva conquista da parte di tale stato di quella schiacciante egemonia sulle zone circostanti - traciche ed ellespontiche, nonché e soprattutto su quelle propriamente greche - che avrebbe costituito il presupposto stesso delle imprese di Alessandro Magno dei decenni seguenti.

Lacoonte, Musei Vaticani

Divideremo un tale argomento in base a criteri di natura prettamente cronologica : in una prima parte infatti parleremo delle conquiste macedoni dal 358 fino al 346 (anno in cui la Macedonia si affacciò prepotentemente all'orizzonte degli stati greci della madrepatria); e in una seconda invece, del periodo che va dal 346 al 336 (anno della morte di Filippo), periodo durante il quale il sovrano macedone consolidò - anche attraverso la creazione di adeguate strutture istituzionali e di una più solida organizzazione politica e militare - il proprio predominio sull'area greca.

(a) Il primo periodo dell'espansione macedone (359 - 346)

Acquisita nel 359 la reggenza dello stato macedone, Filippo II si diede subito da fare non solo - argomento appena trattato - per rafforzarne le strutture interne, ma anche per consolidarne gli allora vacillanti confini di nord-ovest.

Successivamente a una tale opera di consolidamento territoriale, egli diede inizio a quel grandioso processo di espansione nelle regioni limitrofe che lo rese presto padrone dei mari e delle terre dell'Europa balcanica meridionale e delle vicine zone marittime, egee ed ellespontiche. Un'operazione questa, che fu resa possibile da più fattori concomitanti: a) innanzitutto, dalla crescente debolezza di quei poteri politici e militari che in precedenza avevano effettivamente saputo esercitare un'egemonia su quelle zone: cioè quelli della Persia e della potenza marittima ateniese; b) in secondo luogo, dall'ampliamento progressivo dei confini e delle zone d'influenza della Macedonia e - con essi - della ricchezza affluente nelle casse di un tale stato, mezzo indispensabile per il rafforzamento dei suoi eserciti; c) in terzo luogo infine, dall'indiscutibile abilità militare e diplomatica - oltre che dall'ambizione - del nuovo sovrano.

La prima impresa militare di Filippo fu, nel 358, la sottomissione del regno illirico, ovvero l'appianamento delle divergenze territoriali che lo dividevano da esso (anche se bisogna ricordare come una piena soluzione del problema illirico si avesse solo nel 344).

Ottenuta una certa stabilità a ovest, egli si impegnò dal 358 in quel grandioso piano di espansione verso est (Tracia e Stretti) e verso sud (Grecia) che sarebbe appunto culminato, con la battaglia di Cheronea del 338, in una sostanziale conquista della Grecia.

-- La prima fase: l'espansione a est --

Analizziamo ora le fasi salienti (rimandando però, per una trattazione più completa e dettagliata, ad altri e più vasti testi di storia greca) di tale espansione.

Nel 258, Filippo conquistava la città di Anfipoli, da anni orami uno dei principali obiettivi dell'espansionismo politico ateniese. E seppure in un primo tempo egli dichiarasse di aver compiuto l'impresa in favore di Atene - di cui asseriva di cercare l'alleanza e l'amicizia -, in un secondo momento, con un pretesto, egli si rifiutava di cedere la città alla sua legittima proprietaria. Scoppiava allora (357) un primo conflitto tra i due stati, che si risolveva in breve tempo in una vittoria della Macedonia - anche per l'appoggio che quest'ultima aveva ottenuto dalla vicina Lega degli Stati calcidici, con la promessa, in cambio di un aiuto militare, della cessione della città di Potidea, antica e ricca colonia ateniese in quell'area.

Dopo questa prima - ma significativa - vittoria, Filippo si volgeva a est, conquistando prima (col pretesto di fornire aiuti e protezione alla città di Crenide) la ricchissima regione aurifera del Pangeo, che in seguito sarebbe divenuta per il suo stato un'immane fonte di ricchezze (356); in un secondo momento (355) le ricche regioni della Tracia fino al fiume Nesto (…mentre la parte di esse ancora indipendente si alleava, a scopo difensivo, con Atene); nonché infine la città di Metone, colonia attica posta ad occidente della regione Calcidica (…cioè praticamente già su suolo macedone).

Con la conquista della Tracia fino al fiume Nesto, aveva in sostanza termine la prima fase dell'espansione macedone, espansione nel corso della quale tale stato riusciva a guadagnare degli ampi sbocchi marittimi, conquistando inoltre molte delle floridissime città elleniche di tale area (ciò che favorì la contaminazione macedone con l'elemento ellenico), e facendo inoltre propria una regione come quella del Pangeo, ricchissima di filoni auriferi.

D'altronde, se la reazione ateniese di fronte all'espansionismo militare macedone non era stata particolarmente decisa, ciò che era avvenuto soprattutto per due ordini di ragioni: a) da una parte il fatto che, proprio in quegli anni (357 - 355), si stesse svolgendo una "guerra sociale" all'interno dello stesso Impero marittimo ateniese, in seguito alla quale tre dei principali stati componenti di esso - Chio, Rodi e Bisanzio - se ne dissociavano, diminuendone notevolmente il peso e le dimensioni; b) e dall'altra (un argomento di cui abbiamo già parlato nei precedenti paragrafi…) il fatto che stesse prendendo piede all'interno di una tale città-stato un nuovo indirizzo politico, molto più incline a un atteggiamento di 'raccoglimento' che non a coltivare con audaci e rischiose imprese militari le tradizionali aspirazioni imperialiste della città - e ciò, ovviamente, fatte salve le relazioni commerciali e le principali fonti di ricchezza economica!

Nonostante infatti Filippo, con le recenti conquiste, finisse per sottrarre ad Atene dei territori che - anche qualora non appartenessero ufficialmente alla sua Lega marittima, e quindi al suo impero politico e militare - ne subivano comunque fortemente (a causa soprattutto degli stretti rapporti di natura economica) l'influenza a livello politico, i traffici della città-stato attica restavano sempre estremamente floridi, non perdendo in sostanza nemmeno parte della propria precedente vitalità.

Ciò - assieme al già citato problema delle guerre sociali - induceva Atene a non prendere troppo seriamente l'espansione del vicino stato macedone. Solo a partire dalla dichiarazione di guerra di Filippo alla vicina Penisola calcidica (349), Atene avrebbe dovuto affrontare un aut aut irrevocabile: o cedere al conquistatore macedone, o tentare una volta di più, in onore soprattutto della sua antica tradizione imperialistica, di mantenere il proprio dominio politico-militare sui mari, dominio peraltro già fortemente ridimensionato dalla guerra del 357 contro alcune alleate.

-- La seconda fase: l'inizio della conquista greca --

Potenziata la propria influenza sulle vicine regioni marittime egee, Filippo si sentì allora pronto per iniziare l'espansione anche sui territori greci, posti a sud della Macedonia.

L'occasione per intraprendere tale impresa gli fu fornita dalla guerra - detta "guerra sacra" - scatenatasi tra la Lega beotica (la cui egemonia, come si è visto, già dopo la battaglia di Mantinea del 362 aveva iniziato a vacillare) e gli stati della Focide, per il predominio sui territori della città sacra di Delfi (il cui santuario costituiva una 'inesauribile' miniera d'oro).

Mentre i Focesi avevano chiesto l'aiuto della vicina potenza tessalica, i Beoti si erano invece alleati alla Macedonia di Filippo II. In tal modo quest'ultimo, presentandosi una volta di più come paciere nelle contese tra piccoli e litigiosi stati locali, aveva posto le basi per una penetrazione (potenzialmente anche pacifica) in territori fino ad allora estranei alla sua influenza politica.

E anche se la guerra tra i due fronti - beota/macedone e focese/tessalico - si sarebbe risolta solo nel 346, già nel 352 Filippo riusciva a sottomettere la Tessaglia, uno stato che di lì a due secoli sarebbe rimasto sempre un sicuro dominio macedone.

Ma l'evento scatenante dell'ultima fase della conquista dei territori greci ed egei, fu la guerra dichiarata nel 349 da Filippo alle città della Lega calcidica (le stesse - si badi - la cui alleanza egli aveva precedentemente cercato e trovato (357) nella lotta contro Atene per la conquista di Anfipoli), con il pretesto di un atto di insubordinazione nei suoi confronti.

Alla richiesta di aiuto da parte delle città calcidiche contro l'invasore, Atene (pur già al tempo divisa tra due opposti fronti interni, più pacifista l'uno e più aggressivo l'altro - fronti che inoltre, dopo la stipula della pace del 346, avrebbero conosciuto un ulteriore inasprimento delle proprie divergenze) rispondeva positivamente, dando così l'avvio a un conflitto il cui sapore di fondo era già quello di uno 'scontro finale' tra le libere città-stato greche e la potenza dispotica dei macedoni.

E se anche Filippo riusciva in un solo anno nell'impresa di conquista della Lega calcidica (Olinto infatti, città a capo di essa, cadeva nelle sue mani già nel 348), la guerra tra Atene e la potenza macedone proseguiva fino al 346, anno in cui Filocrate, un politico ateniese di orientamento moderato (a favore cioè di una politica 'misurata' in campo militare) proponeva al nemico, ovviamente col consenso dei propri connazionali, di stipulare un accordo di pace (detto appunto Pace di Filocrate).

Sempre nel 346 inoltre, Filippo riusciva nell'impresa - nella quale aveva invece fallito nel 352 - di 'sfondare' la resistenza dei Focesi presso le Termopili. In tal modo, dopo la conquista della Tessaglia nel 352, egli riusciva a penetrare anche nel suolo della Grecia centrale, in qualità una volta di più di tutore e custode dell'ordine politico di una regione martoriata da guerre sanguinose tra gli stati componenti.

Filippo, acquisendo peraltro i voti detenuti dalle città della Focide di recente sottomissione, diveniva così un membro a pieno titolo della stessa Anfizionia delfica (un'antichissima lega sacra, i cui membri erano le maggiori città-stato della Grecia centrale), ricevendo poi da queste una carica onorifica di altissimo valore simbolico, quella di "presidente dei gioghi olimpici", carica con la quale veniva in sostanza suggellata - anche su un piano morale e culturale - l'avvenuta adozione del macedone da parte della nazione greca.

(b) Il secondo periodo dell'espansione macedone, ovvero il dilagare di Filippo in Grecia (346 - 336)

Subito dopo essersi 'installato' in Grecia, Filippo iniziava una vasta opera di proselitismo, da una parte stipulando una - e peraltro non certo la prima! - 'pace comune' tra i greci, la cui reale efficacia era tuttavia nei fatti limitata agli stati delle zone da lui effettivamente dominate, e dall'altra trovando un accordo di spartizione territoriale con la Persia, in base al quale se quest'ultima avrebbe controllato le regioni egee orientali (ovvero i territori delle coste ioniche e anatoliche), a lui sarebbero invece spettate le zone occidentali di recente conquista (e cioè quelle comprese tra la Tracia e la Grecia).

In seguito a quest'ultimo provvedimento inoltre (reso possibile anche dalla tendenza del colosso asiatico, negli ultimi decenni, a dissolversi in una miriade di stati indipendenti - più o meno coincidenti con le satrapie -, e da una conseguente diminuzione di controllo sui propri territori, soprattutto su quelli più periferici) egli poteva presentarsi ai greci come il liberatore dell'Ellade dal dominio e dalle mire espansionistiche persiane.

Ma la "Pace di Filocrate" del 346, non poteva essere per Filippo null'altro che una tregua momentanea, il seguito della quale sarebbe stata inevitabilmente una ripresa dell'opera di conquista di quei territori della Grecia - e in primis proprio di Atene - che ancora resistevano alle sue mire espansionistiche.

Lo stesso poi, si poteva dire di quel partito ateniese della guerra che, guidato dal politico e sommo oratore Demostene, da anni oramai denunciava il pericolo costituito per l'Impero ateniese dall'espansione militare e territoriale del vicino stato macedone. Anche per quest'ultimo infatti, la pace stipulata nel 346 costituiva in sostanza solo un'occasione per ritemprare le forze dell'esercito ateniese, allo scopo di porre in essere quello scontro finale con Filippo II, col quale - quantomeno nei suoi disegni - Atene avrebbe riaffermato il proprio antico ruolo d'egemonia nell'Egeo e - forse - anche sul resto Grecia.

Ma nella democratica Atene, si era formato anche un altro fronte - la cui esistenza tuttavia non sarebbe bastata a scongiurare la guerra degli anni immediatamente successivi - essenzialmente favorevole a una resa pacifica di fronte all'invasore esterno, visto come un vero e proprio "salvatore della patria": nascente astro politico capace di unificare la bellicosa compagine degli stati greci, a tutto vantaggio tra l'altro delle mire commerciali e degli interessi capitalistici delle classi in essi dominanti.

Mentre (come si è già detto) Demostene era alla guida di quel fronte imperialista e militarista che si era schierato nettamente a favore della guerra, Eubolo e - almeno negli anni dopo il 346 - l'oratore Eschine lo erano invece dell'opposto partito filo-macedone, decisamente più pragmatico ed "opportunista". [1]

Pochi anni prima del nuovo conflitto con Atene inoltre, Filippo portava a termine la conquista dei territori della Tracia ancora indipendenti (342), anche se una vera e propria ripresa delle ostilità tra i due fronti si sarebbe avuta solo con il tentativo da parte del Macedone di conquistare Bisanzio, nel 340.

In modo simile a quanto già era accaduto con la Lega Calcidica, anche in quest'ultimo caso Atene accorreva in soccorso di un territorio che ne reclamava il sostegno, e ciò al fine di salvaguardare la propria supremazia - seppure oramai solo implicita - su di esso (si ricorderà infatti, come Bisanzio facesse parte di quella Lega di città-stato che, attraverso la guerra sociale del 357, si erano dissociate dal dominio ateniese: stati i quali ora non aspiravano certo a essere ricompresi in un nuovo dominio, quale sarebbe stato quello di Filippo).

A differenza però di ciò che era avvenuto per la Lega Calcidica, Filippo - scontrandosi con forze navali di tradizione ed esperienza decisamente superiore rispetto alle proprie - non riusciva qui ad avere la meglio. A un tale fattore, si dovette forse nell'anno successivo, il 339, la decisione del sovrano macedone di spostare il conflitto sulla terraferma greca.

Ma per porre in atto una tale opzione, era innanzitutto necessario procurarsi un valido pretesto. E cosa meglio della proverbiale 'litigiosità' dei Greci delle regioni centrali - sulle quali inoltre egli aveva già da tempo esteso la propria influenza - poteva fornirglielo?

Fomentata così, attraverso le proprie influenze sulle classi politiche elleniche, una nuova lite tra Beoti e Focesi per i territori sacri di Delfi, Filippo trovava finalmente un valido motivo per giustificare il suo intervento sulla Grecia centrale, nonché - implicitamente - sulla Grecia tutta.

Contrariamente alle sue aspettative però, la guerra si rivelava ben presto più dura di quanto egli avesse calcolato: Tebe e la Lega beotica difatti - l'alleanza delle quali, dopo la vittoria congiunta di pochi anni prima contro la Focide e la Tessaglia, egli dava per scontata - si schieravano a favore di quella compagine di stati greci (composta da Atene, dai Focesi, da Corinto, e in generale dalle maggiori potenze greche) che, ad opera dell'ateniese Demostene, si era formata in tutta fretta per fronteggiare il suo intervento.

Sotto la guida di Demostene, la Grecia conosceva così un ultimo (ma inutile) rigurgito di orgoglio nazionale, nel disperato tentativo di impedire una propria esplicita conquista da parte di un dominatore esterno, quale era Filippo II. Un tale tentativo tuttavia, pur costellato da notevoli successi, terminava l'anno seguente (338) presso i campi di Cheronea, con la sconfitta e la resa al nemico dell'improvvisata Lega panellenica.

In tal modo dunque, Filippo diveniva a tutti gli effetti, padrone incontrastato di quella Grecia europea che era riuscito definitivamente a piegare e a sconfiggere.

Ottenuta una tale vittoria, al sovrano macedone non restava dunque altro da fare che regolare i conti con le città-stato ribelli (e soprattutto ovviamente con quelle della Lega beotica, alle quali, colpevoli di aver tradito la sua fiducia, sarebbe toccata la punizione più dura…), e successivamente riorganizzare da un punto di vista politico e militare la compagine di tali stati, attraverso la creazione di una coalizione nella quale egli avrebbe detenuto un ruolo nettamente dominante.

La città di Corinto ospitò perciò, nel 337, un Congresso al quale parteciparono tutti gli stati greci - con la sola eccezione di Sparta, la quale, pur divenuta oramai una potenza di secondo piano, rimaneva fieramente arroccata in una posizione isolazionistica. In seguito a un tale congresso, si formava una Lega che - nonostante si chiamasse "panellenica" - era in sostanza capeggiata da Filippo, ovvero da un non greco!

In tale congresso veniva stipulato un patto di alleanza tra le varie città-stato, che le obbligava alla non belligeranza reciproca (il tutto, chiaramente, sotto la vigilanza del capo stesso della Lega), e che implicava inoltre l'esistenza di una coalizione di natura militare - a scopo difensivo/offensivo - sia tra di esse che con gli eserciti della Macedonia, e al cui comando si poneva lo stesso Filippo.

Con la morte improvvisa - e violenta - di quest'ultimo nell'anno successivo (336), si interrompeva infine una serie impressionante di vittorie e di conquiste le quali, qualora fossero continuate, si sarebbero certamente dirette contro lo Stato che da sempre costituiva il più tradizionale nemico dell'Ellade, ovvero la Persia.

D'altronde - come tutti sanno - con la scomparsa di Filippo II, sarebbe spettato al figlio di questi, Alessandro Magno, il compito di portare a compimento una tale missione imperialistica: ciò che egli avrebbe fatto in un modo che, molto probabilmente, neppure a suo padre sarebbe riuscito!

(c) Bilancio complessivo degli anni di Filippo II

Volendo tentare di spiegare il perché del 'miracolo macedone' - ovvero dell'emergere come potenza guida di un mondo vastissimo (coincidente più o meno con l'Europa balcanica meridionale) di uno stato che, fino a pochi decenni prima, costituiva ancora una realtà di secondo piano - dovremmo forse ricorrere all'effetto combinato e sinergico di due fattori concomitanti.

A nostro avviso difatti, a base di un tale processo, vi fu da una parte l'indebolimento dei tradizionali poteri politici e militari delle zone interessate dall'espansione macedone (sia di quello ateniese, e più in generale greco, la cui causa fu lo scardinamento degli equilibri politici e territoriali faticosamente venutisi a creare nei decenni immediatamente precedenti le guerre del Peloponneso; sia di quello persiano, indebolito soprattutto da lotte intestine di carattere dinastico, che da tempo ne minavano l'unità e la coesione politica e militare); e dall'altra, un fattore del tutto interno alla Macedonia negli anni di Filippo II (seppure, certamente, anche molto stimolato dalla situazione esterna appena descritta): e cioè una vasta impresa di consolidamento e di rinnovamento sia politico che militare da parte del nuovo sovrano, impresa all'interno della quale bisogna comprendere altresì anche l'invenzione di nuove e rivoluzionarie tecniche di carattere militare.

Oltre a tutto ciò, ovviamente, vi fu l'effetto cumulativo delle vittorie macedoni: ogni conquista infatti incrementava non solo il prestigio, ma anche le risorse materiali di uno stato già in forte espansione.

Un altro aspetto da approfondire, è il tipo di ricezione che le imprese di Filippo II trovarono all'interno del mondo greco (e in quello ateniese in particolare), nonché quello relativo a una presa di posizione - seppure ad post, ed ovviamente nei limiti del possibile e del ragionevole… - nei confronti di quei due fondamentali orientamenti politici i quali, in anni tanto tormentati, finirono per contendersi il favore dell'opinione pubblica greca.

La discesa in Grecia di Filippo, e la conquista da parte di questi del mondo ellenico, costituirono in un certo senso l'avverarsi di una 'profezia', o comunque di un'aspettativa generalizzata tra la gente comune, la quale - fin dai tempi di Lisandro, il generale spartano autore della definitiva sconfitta ateniese - viveva nell'attesa spasmodica di un grande condottiero che fosse capace di risolvere l'endemica situazione di crisi del mondo greco! Senza contare poi che le imprese del macedone, si collocarono in concomitanza con una profondissima situazione di crisi interna alle stesse poleis greche, e ciò sia da un punto di vista politico (l'efficienza delle loro strutture era infatti pesantemente minata da quella recrudescenza di antichi squilibri sociali ed economici, di cui abbiamo già parlato sopra; cfr il paragrafo sulla Situazione della Grecia (e di Atene) nel periodo delle conquiste di Filippo) che da un punto di vista ideologico (il declino materiale di tali istituzioni infatti, non poteva non essere accompagnato da un parallelo declino di carattere morale…).

Fu in un tale clima di sconforto generalizzato e di attesa quasi 'messianica', che si collocarono le conquiste di Filippo e la fine dell'indipendenza greca, oltre che, ovviamente, il tramonto sostanziale di quelle nobili aspirazioni e di quegli ideali patriottici che avevano caratterizzato la Grecia nel suo periodo propriamente classico.

Ma anche in una simile situazione di crisi, gli antichi ideali ellenici di potenza - fondati sull'idea dell'indipendenza politica delle poleis, se non addirittura di un loro dominio nei confronti dei vicini stati non greci - non potevano certo scomparire improvvisamente, "sciogliendosi come neve al sole".

Nonostante il loro anacronismo infatti, essi continuavano - soprattutto ad Atene - a esercitare un forte ascendente sulla maggior parte della popolazione. Anche a ciò, molto probabilmente, si dovette il prevalere del fronte della guerra (rappresentato da Demostene, un politico che fu anche uno dei più grandi oratori dell'intera storia greca) su quello, più moderato, favorevole in sostanza alla pace e alla resa di fronte al nemico (fronte rappresentato, oltre che da politici quali Eubulo e Filocrate, anche da due grandi oratori quali Eschine e Isocrate).

Retrospettivamente, possiamo forse dare più ragione ai secondi - Eubolo e Eschine - che non al primo - Demostene -, anche se dobbiamo comunque riconoscere la grandezza di quest'ultimo, che fu capace di intuire il pericolo costituito da Filippo per l'indipendenza ateniese e greca, nonché di elaborare delle valide strategie politico-militari di difesa.

E' infatti difficilmente opinabile l'affermazione secondo cui Demostene si ostinasse a difendere una struttura politica - quella appunto della polis tradizionale, indipendente e sovrana - già da anni ormai entrata in crisi per ragioni endogene, e sulla via quindi di un inarrestabile declino. Il futuro assetto politico dell'Ellade e degli stati limitrofi - e ciò vista non solo la decisa estensione e internazionalizzazione degli interessi economici e commerciali, ma anche a causa di quei fattori sociali di cui abbiamo già parlato e di cui riparleremo più avanti - non poteva più essere quello di un frazionamento territoriale basato su piccole entità di carattere locale, bensì piuttosto quello di una realtà maggiormente unitaria e di respiro decisamente più ampio, capace - tra l'altro - di favorire i rapporti commerciali al proprio interno attraverso una maggiore continuità di fondo.

Possiamo concludere questo breve bilancio dei primi anni dell'espansione macedone, ricordando la presa di posizione di un grande oratore ateniese - Isocrate - il quale, pure all'epoca oramai già ulta novantenne, salutava profeticamente in Filippo non tanto il 'conquistatore' dell'Ellade, quanto piuttosto il suo benefattore, colui che non soltanto sarebbe stato in grado di restituirle quella pace interna della quale essa aveva tanto bisogno, ma anche di unire le forze degli stati ellenici in una grande impresa di 'riscossa nazionale' contro il vicino colosso persiano !


[1] Un esempio delle due diverse idee di conduzione dello Stato - quella di Eubulo e quella di Demostene - lo troviamo nel provvedimento sul "theorikon" (il fondo delle finanze statali destinato alla comunità) fatto approvare da Eubulo - e fortemente osteggiato dal suo rivale - in base al quale le eccedenze di bilancio dello Stato avrebbero dovuto essere devolute in favore dei cittadini più bisognosi, quindi per mantenere inalterata una precaria 'pace sociale', già minata come si è visto da pesanti squilibri economici, anziché per finanziare nuove imprese militari.

Dal canto suo, Demostene si scagliò pesantemente - almeno in un primo momento - contro una tale legge, che inibiva la possibilità di dar vita a nuove imprese di conquista, interrompendo così la gloriosa tradizione imperialistica ateniese. (torna su)


a cura di Adriano Torricelli

Web Homolaicus

Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Storia - Antica
 - Stampa pagina
Aggiornamento: 01/05/2015