La questione gesuitica

STORIA DELLE RELIGIONI


La questione gesuitica

Dario Lodi

Ovviamente in poche righe si può solo dare cenni sulla Compagnia di Gesù, i famosi gesuiti, di cui lo stesso papa odierno, Francesco I fa parte (è la prima volta che un gesuita sale al soglio pontificio). Ignazio di Loyola, il fondatore della Compagnia nel 1534, immaginava una compagine di fedeli a Gesù disposta a mettere in pratica il Vangelo ovunque. L’ordine fu riconosciuto nel 1540. Fu dotato, da parte di Ignazio stesso, di una guida, gli “Esercizi spirituali” e raccomandata l’osservanza della dottrina ispirata al Sacro Cuore di Gesù. Nella sostanza, una calata nella spiritualità più vera, concretamente basata sulla solidarietà fra gli uomini, dotati sì di libero arbitrio, ma nel contempo soggetti al volere imperscrutabile divino.

Dati i tempi, assai poco favorevoli ai più deboli, la Compagnia di Gesù s’incaricò di sollevare le pene oggettive dei poveri, dei malati, dei carcerati, persino delle prostitute, offrendo aiuti materiali e morali. La loro disponibilità verso il prossimo arrivava al concetto di probabilismo, per cui licenziando il confessato, gli si dava il conforto che si riteneva più adatto a lui (per i giansenisti, quasi dei protestanti, al peccatore si doveva dare una punizione esemplare e il soggetto poteva essere accettato nel seno della religione solo se si pentiva in modo assoluto e non relativo come pareva evidente nel caso gesuitico).

Morto Ignazio, i gesuiti aggiunsero l’insegnamento, cioè non si limitarono alla pratica evangelica, bensì vollero insegnare la dottrina biblica e in particolare quella della Nuova Bibbia. Ne venne una sorta di degrado spirituale per il montare dottrinario e dogmatico. La spinta verso la fede della “Societas Iesu” (i gesuiti posponevano al loro nome le lettere S.I.) nella forma catechistica, divenne una caratteristica della Compagnia, la cui attività fu frenetica a partire da metà XVI secolo con Francesco Saverio (morto nell’isola di Sancian, Cina Meridionale, nel 1552) e continuata ininterrottamente per oltre due secoli, durante i quali i predicatori, fra cui Matteo Ricci, che raggiunse la Cina, morendo a Pechino nel 1610, arrivarono in Giappone (da cui furono ricacciati), in Paraguay, Canada, in Africa, in Iran, nel Bengala, in India, in Russia, in Prussia …

Si calcola che nell’America Meridionale i gesuiti, ai primi del ‘600, possedevano un terzo delle terre fertili grazie alle occupazioni dell’intero territorio da parte di Spagnoli e Portoghesi. Pur in modo attenuato, ma forse per mancanza di forze militari dirette, i gesuiti si comportarono nella stessa maniera feroce degli occupanti laici. Comportamento, peraltro, non sconosciuto in patria con l’Inquisizione, la caccia alle streghe, i roghi degli eretici. Naturalmente una questione di uomini, come per quanto riguarda i famigerati Domenicani, più che di dottrina. La stessa veniva applicata, infatti, con molta liberalità, dispotismo e ignoranza sostanziale.

La Compagnia fu sciolta nel 1773 da Clemente XIV, sotto pressioni monarchiche (si riteneva che i gesuiti parteggiassero troppo per il papa, togliendo autorità regale) e ripristinata, quasi in sordina, da Pio VII nel 1814: ormai non faceva più paura. È tuttora attiva con quasi 18.000 membri (in discesa) e, come tutti gli altri religiosi, vive in un mondo suo, lontano da quello vero, seppur non fa mancare la sua opera di carità (ma pare per lo più, ormai, una degnazione).

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Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Religioni
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Aggiornamento: 14/12/2018