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COME RICORDARE IL 150° ANNIVERSARIO
DELL'UNIFICAZIONE NAZIONALE ITALIANA?
In occasione di questo 150° anniversario dell'unificazione nazionale
potremmo porci due semplici domande. La prima: Cos'è che dal 1861 ad
oggi riteniamo che sia stato maggiormente tradito rispetto agli ideali
risorgimentali?
L'elenco è breve:
- il Mezzogiorno è stato il grande penalizzato, in quanto s'è
voluto trasformarlo in un'enorme colonia di risorse umane, naturali
e materiali per l'industrializzazione del centro-nord. Se ancora
oggi i meridionali avvertono come traditori i Savoia e persino
Garibaldi, il motivo è tutto qui: la cronica mancanza di una riforma
agraria a favore delle plebi rurali; la netta subordinazione delle
esigenze agricole a quelle industriali.
- Unità nazionale e processo industriale hanno voluto dire decollo
di un sistema sociale basato sul capitalismo privato, senza
alternative di sorta; quel capitalismo che porterà sì al miracolo
economico della belle époque e del consumismo anni
Cinquanta-Sessanta, ma anche al brigantaggio, all'emigrazione,
all'abbandono delle terre, alla penetrazione massiccia del
capitalismo nelle campagne (e quindi alla formazione di monocolture
per i mercati e alla fine di qualunque esperienza di autoconsumo e
di comunità di villaggio).
- Lo sviluppo del capitalismo privato, prima concorrenziale poi
monopolistico (con l'appoggio dello Stato), ha comportato una
devastazione irreversibile dell'ambiente naturale, nel senso che si
è preferito privilegiare il concetto di "produzione di beni
industriali" piuttosto che quello che "riproduzione di beni
naturali" (al nostro paese s'è imposta con la forza l'idea di
"consumare" quante più merci possibili).
- La centralizzazione dei poteri politici, nella capitale romana,
ha mortificato enormemente gli usi, i costumi, le tradizioni, le
lingue locali e regionali, nonché l'autonomia delle comunità
territoriali e degli Enti Locali (cosa che oggi si cerca di
recuperare, senza però rimettere in discussione lo sviluppo
capitalistico del paese, attraverso l'idea di "federalismo", che,
guarda caso, sembra procedere in parallelo a una accelerazione dei
processi politici verso una repubblica presidenziale).
- La permanenza di uno "Stato del Vaticano" ha reso impossibile
un'effettiva separazione giuridica e politica tra Stato e chiesa,
un'affermazione della laicità dello Stato, una formulazione
autenticamente democratica degli articoli costituzionali riferiti
alla libertà di coscienza e di religione (l'art. 7, p.es., sarebbe
semplicemente da abolire).
Ora poniamoci la seconda domanda: Dal 1861 ad oggi cos'è che si è
maggiormente sviluppato a favore della democrazia sociale, culturale e
politica?
- Nel secondo dopoguerra si è sviluppato lo Stato sociale
(scuola, sanità, previdenza, assistenza ecc.), che però si è
cominciato progressivamente di smantellare sin dall'inizio degli
anni Ottanta e soprattutto a partire dal crollo del cosiddetto
"socialismo reale", di cui lo Stato sociale dei paesi occidentali
costituiva una sorta di "mimesi". Si fa questo senza rendersi conto
che gli sbocchi inevitabili del puro liberismo sono stati, fino ad
oggi, due guerre mondiali, intervallate da decenni di disumane
dittature, e là dove non s'è imposta la dittatura politica
(p.es. in Francia o in Inghilterra) è stato solo perché si
beneficiava ancora dei vecchi imperi coloniali, cioè di una
dittatura economica.
- Le battaglie condotte dal mondo del lavoro contro il capitale
(anni Venti, Resistenza e anni Sessanta-Settanta) hanno sicuramente
contribuito a migliorare le condizioni di vita dei lavoratori, ma
anche queste conquiste si stanno progressivamente riducendo,
soprattutto a causa del fatto che il globalismo del capitale sta
inducendo alla delocalizzazione delle imprese occidentali, là dove
il costo del lavoro è minimo. Il che comporta che le nostre
conquiste tecnico-scientifiche possono essere acquisite da quelli
che un tempo venivano chiamati "paesi del Terzo mondo", senza che
questi abbiano bisogno di ripercorrere tutto l'iter storico e
culturale che ci è servito per ottenerle.
- La donna ha sicuramente aumentato la consapevolezza di una
propria diversità di genere da far valere nel rapporto con l'uomo,
ma l'Italia resta ancora un paese molto indietro rispetto ad altri
paesi nord-europei. Soprattutto la donna italiana non è in grado
d'intervenire nella rappresentazione che di lei danno i mass-media
(tv, cinema, carta stampa e pubblicità).
- E' aumentata la sensibilità per i problemi dei consumatori, ma
resta ancora molto forte l'egemonia economica dei produttori. Il
consumatore vede il produttore come un nemico da combattere proprio
perché il produttore vede il consumatore come un pollo da spennare.
- E' notevolmente cresciuto l'interesse per i problemi ambientali,
per le produzioni biologiche e per quelle ecosostenibili, ma nel
complesso ciò non scalfisce il trend dominante, che resta basato su
saccheggio e spreco di risorse naturali, e questo nell'illusione che
scienza e tecnica siano sempre in grado di risolvere i loro stessi
problemi, ma anche nell'errata percezione di causare danni minimi
coi nostri comportamenti sbagliati, per non parlare della
irresponsabilità con cui assegniamo ad altri o alle generazioni
future il compito di rimediare ai nostri guasti.
- E' aumentato il senso di appartenere a una comunità europea, ma
siamo ancora lontanissimi dall'avere un'identità comune europea. Gli
Stati continuano a muoversi in maniera separata e non vogliono
attribuire al Parlamento europeo poteri effettivi. Le religioni,
specie quella cattolico-romana, ostacolano notevolmente la
formazione di un'identità europea laica. L'Europa continua ad
essere avvertita come un di più, spesso inutile e oneroso.
Probabilmente però la cosa che più manca alla coscienza degli
italiani non è il senso della democrazia o della laicità, che pur
certamente da noi difettano più che altrove in Europa. E' piuttosto la
consapevolezza di ciò che l'Italia fa nel mondo. Noi non sappiamo
nulla di come il nostro paese si muove all'estero. Non sappiamo cosa
produce, cosa acquista, come lo faccia, che rapporti abbia con tutti i
paesi della terra. Soprattutto non sappiamo quali siano i legami
internazionali che determinano il nostro benessere.
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