I LIMITI DEL RAZIONALISMO OCCIDENTALE

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L'autogestione di una democrazia diretta


I LIMITI DEL RAZIONALISMO OCCIDENTALE

Dovremmo chiederci più spesso se la razionalità occidentale sia un criterio dirimente per la razionalità in quanto tale. Da noi razionalità coincide con "logica", che è basata sul "sillogismo", il quale viene usato prevalentemente per giustificare il lato peggiore delle cose. Eccone un esempio classico: "Se taluni cittadini non pagano le tasse e lo Stato glielo permette, anch'io, che sono cittadino del medesimo Stato, non voglio pagarle". Come si può notare, la conclusione non serve a mettere in discussione la legittimità di chiedere tributi da parte di uno Stato disastrato, né serve a ribadire la necessità sociale di pagare le tasse, ma serve unicamente per confermare la realtà di un ingiusto privilegio e per far sì ch'esso sia fruito da quante più persone possibili.

Nel migliore dei casi la razionalità coincide con la "dialettica", che è l'unità e insieme l'opposizione dei contrari: il che significa saper vedere nelle cose il lato "buono" e il lato "cattivo". Non alla maniera del principio greco di "non-contraddizione", secondo cui una cosa non può essere allo stesso tempo "buona" e "cattiva". Questo principio, dalla moderna dialettica (scoperta da Hegel) è stato considerato terribilmente ingenuo ed anche poco proficuo, poiché non prevede la possibilità di creare l'essere dal non-essere, cioè il bene dal male.

Effettivamente quella di Hegel è stata una grande scoperta, solo che non abbiamo saputo metterla in pratica sino in fondo. E per una semplice ragione: ci siamo rifiutati di applicarla a noi stessi, cioè alla nostra civiltà. L'individuo occidentale, infatti, essendo portato, a causa della vita alienata che vive, a fare speculazioni astratte, raramente si trova ad avere quell'energia sufficiente per mettere in pratica le proprie riflessioni. Da noi si fanno grandi affermazioni di principio, contraddette sistematicamente e in modo alquanto grossolano dalla realtà. Questo per dire che il concetto di "razionalità" ha poco o nulla a che vedere con quello di "dialettica".

In Occidente l'uomo "razionale" prevalente è quello che "calcola" (imprenditore, commerciante, libero professionista...), è l'opportunista che sa fare i propri interessi, è il sofista con lo spirito di contraddizione (vedi ad es. certi politici, avvocati, giornalisti, insegnanti...), è il programmatore che usa una terminologia per iniziati, è il ricercatore tecnico-scientifico chiuso nel suo laboratorio... Perché non consideriamo razionale anche l'uomo che prova sentimenti profondi, radicati nella sua coscienza, l'uomo che sa essere istintivo senza essere bestiale o stupido? Per quale ragione nell'Occidente razionale l'istintività diventa subito banalità, trivialità, bassezza d'animo o addirittura sado-masochismo? La risposta è già stata detta: da noi l'esperienza coincide soprattutto col saper fare ragionamenti astratti, logico-formali (senza un vero riscontro con la realtà), cioè essa non riguarda -se non in maniera limitata, privata, ufficiosa- il rapporto umano sentito, concreto, profondamente vissuto.

L'ipertrofia razionalistica sembra essere una stretta conseguenza dell'accentuato individualismo che ci caratterizza. (Da notare che in Occidente le rivoluzioni socialiste sono fallite proprio per questo motivo: sotto il dominio dell'individualismo i rivoluzionari di professione si affidavano alla spontaneità delle masse; essi cioè pensavano che le masse sarebbero insorte da sole, semplicemente dopo aver "letto" i loro manifesti rivoluzionari!).

Nella nostra civiltà i sentimenti fanno parte della sfera privata, del non-detto e non-dicibile, del non-rappresentabile... A meno che il sistema non ne abbia bisogno per vendere certi prodotti commerciali o per controllare e condizionare la psicologia delle masse, ma in questo caso si tratta sempre di sentimenti stereotipati, facilmente prevedibili (vedi ad es. la pubblicità o i films drammatici o le interviste fatte dai giornalisti nei casi più tragici, come i terremoti, gli attentati, gli omicidi, i sequestri, le disgrazie con morti e feriti). I sentimenti si sono per così dire atrofizzati: chi li manifesta appare immediatamente come un individuo ingenuo, superficiale, inaffidabile, insomma un "perdente". Quasi si preferisce tollerare lo sviluppo degli istinti più bassi, come la gelosia, la vendetta, l'inimicizia, la sessualità malsana della pornografia, della prostituzione o dell'omosessualità.

Forse un giorno gli uomini capiranno che il rapporto umano non può essere sostituito da alcunché: non dal sesso, né dai soldi, né dal potere e neppure dalle parole. Chi pretende di farlo si dà, inevitabilmente, dei surrogati o delle perniciose sublimazioni. Sesso, soldi e potere (politico e/o intellettuale) non sono che stupefacenti -se vissuti per legittimare l'alienazione-, al pari della religione nel Medioevo o di qualunque altra ideologia in cui si crede fanaticamente. Forse un giorno gli uomini smetteranno di lamentarsi di questa loro miseria interiore e cercheranno di vivere intensamente ogni giorno, ogni ora, ogni minuto della loro vita, pensando che tutto quanto non riguarda direttamente il rapporto umano è cosa inutile o falsa, cioè tempo sprecato.


Le immagini sono prese dal sito "Foto Mulazzani"

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Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Politica - Socialismo democratico
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Aggiornamento: 11/12/2018