IDEE PER UN SOCIALISMO DEMOCRATICO
|
|
|
Lenin, Gerico e i Pink Floyd
Roberto Sidoli, Massimo Leoni, Daniele Burgio Fin dal luglio del 1917, durante il sesto congresso di quell’eccezionale partito bolscevico guidato da Lenin – un congresso decisivo, che preparò l’imminente ed epocale Rivoluzione Socialista d’Ottobre – venne sottolineata pubblicamente la distinzione profonda esistente tra il marxismo creativo e il marxismo dogmatico: il secondo anche teorizzato e difeso ad oltranza dalla successiva teoria dell’invarianza, secondo la quale il marxismo doveva assolutamente rimanere nel corso del tempo una sorta di dogma immutabile, al pari dei Veda indiani o del Talmud. I relatori e l’organizzatore di quest’incontro, il Centro culturale Concetto Marchesi (che ringrazio anche a nome di Daniele Burgio e Massimo Leoni, coautori di questa relazione) hanno scelto la via difficile ma proficua del marxismo creativo, capace di avviare un processo di sviluppo e di arricchimento del suo già gigantesco bagaglio di conoscenze proprio confrontandosi con le novità esplosive offerte, dopo il 1883 e la morte del geniale Karl Marx, dalla dinamica storica su scala planetaria nei suoi diversi aspetti, a partire da quello tecnologico-scientifico, di importanza sempre crescente. Un dato di fatto da cui deve partire il marxismo creativo del Ventunesimo secolo riguarda purtroppo la tenuta relativa – seppur subendo gravissime crisi economico-politiche e avviando guerre devastanti - della formazione economico-sociale capitalistica nei punti alti dello sviluppo mondiale, dopo il 1815-24: in altri termini, il ritardo plurisecolare della rivoluzione in Occidente e di quella trasformazione radicale, dei rapporti sociali di produzione considerata da Marx – a ragione – matura dal punto di vista oggettivo, già attorno alla metà dell’Ottocento. Un compagno prestigioso come Alvaro Cunhal nel 1991, notò giustamente a questo proposito che nel XX secolo i comunisti avevano sbagliato a valutare la vittoria del socialismo sul capitalismo su scala mondiale come un “processo inarrestabile, inevitabile e irreversibile”, fatti testardi, tanto cari a Lenin, hanno purtroppo dimostrato che non (non) era un processo irreversibile. Non intendo soffermarmi, come si fa di solito, sui complessi motivi di questo gigantesco “ritardo storico” di quasi due secoli, ma viceversa cercare di trarne delle lezioni utili per la teoria/praxis dei comunisti del Ventunesimo secolo. A mio avviso, la dinamica storica globale a partire dal 1770 (macchina a vapore di James Watt e avvio su vasta scala della Rivoluzione industriale) fino ad arrivare ai nostri giorni dimostra come si sia creata e riprodotta ininterrottamente una sorta di “biforcazione” nella storia dell’umanità, a causa della quale sussistono simultaneamente e contemporaneamente sia la possibilità del successo di una via socialista e di una “linea rossa” socioproduttiva, di matrice collettivistica e cooperativa, che invece dell’alternativa “linea nera” capitalistica, fondata invece dallo sfruttamento dell’uomo sull’uomo. Come minimo dal 1770 viviamo pertanto nell’epoca dello “sdoppiamento”, delle opzioni socioproduttive (e politico-sociali) a disposizione del genere umano, come dimostra da un lato e purtroppo la tenuta relativa del sistema capitalistico nelle metropoli occidentali e, dall’altro, concreti e reali processi alternativi di matrice “rossa”, quali ad esempio lo sviluppo del movimento cooperativo dopo il 1840 e – soprattutto – le formazioni economico-sociali collettivistiche sorte via via dopo la Rivoluzione Socialista d’Ottobre, dopo l’«assalto» al cielo dei bolscevichi e degli operai/contadini poveri dell’ex-impero zarista. La pratica storica universale ha mostrato come, dopo il 1770 e l’avvio della Rivoluzione industriale, risulti possibile allo stesso tempo l’affermazione di una “strada” capitalistica nella storia del genere umano, ma anche e simultaneamente (per fortuna…) una via di sviluppo alternativa e diversa, socialista e cooperativa: è stato, è e sarà la sfera politico-sociale e i rapporti di forza tra le classi a determinare quale delle due alternative socioproduttive, quale delle due “vie” in opposizione si affermi come dominante ed egemone, volta per volta, nelle diverse formazioni statali, a partire dal 1770 fino ad arrivare ai nostri giorni e all’inizio del terzo millennio. Ma non solo: ritengo che anche la durata globale nel tempo di questo campo di potenzialità socioproduttive alternative, in cui esistono e si possono affermare sia la “linea rossa” collettivistica che quella “nera” di matrice classista, vada estesa leggermente, diciamo di circa… diecimila anni, di cento secoli e dieci millenni, partendo dalla Gerico collettivistica dell’8500 avanti Cristo: e cioè partendo dalla prima protocittà, la Shanghai del lontano neolitico, quando scoperte epocali sul campo produttivo quali l’agricoltura e l’allevamento proiettarono l’umanità nell’era del surplus, del plusprodotto costante accumulabile con relativa facilità, in un contesto socioproduttivo egualitario, e collettivistico in cui era assente lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, quale quello di Gerico e dell’area siropalestinese di allora. Serve, a mio avviso, un mutamento profondo di paradigma teorico dell’interpretazione della dinamica umana degli ultimi dieci millenni. Secondo la concezione marxista-ortodossa della storia universale, infatti, quest’ultima può essere paragonata a una grande e lunga strada a senso unico, anche se composta da alcune diramazioni secondarie che in seguito si ricollegano al sentiero principale, oltre che da una serie di “vicoli ciechi” storici che via via vengono abbandonati, più o meno rapidamente. In questa prospettiva storica, la “grande strada” è formata nella sua essenza da vari segmenti interconnessi, seppur ben distinti tra loro (comunismo primitivo del paleolitico, nella preistoria della nostra specie; fase del modo di produzione asiatico; periodo schiavistico; fase feudale; epoca capitalistica e, infine, socialismo/comunismo), ma essa era ed è considerata tuttora un tracciato predeterminato, almeno in ultima istanza: qualunque “viaggiatore” e società poteva/può anche prendere delle “scorciatoie” ma alla fine, volenti o nolenti, era/è/sarà costretto a rientrare nel sentiero di marcia principale e nelle sue variegate, ma obbligate tappe di percorso. In base ai dati storici allora a conoscenza di Marx ed Engels, fino al 1883/95, questa era probabilmente l’unica visione complessiva del processo di sviluppo della storia universale che poteva essere (genialmente) elaborata a quel tempo ma, proprio dopo il 1883/95, tutta una serie di nuove scoperte ed avvenimenti storici (Gerico, civiltà cinese Yangshao, civiltà Ubaid nell’odierno Iraq, ecc.) portano a preferire una diversa concezione generale della dinamica del genere umano. Immaginiamoci pertanto una “grande strada” che, dopo un lunghissimo segmento (fase paleolitica e mesolitica) obbligato di scorrimento, si trovi di fronte improvvisamente ad un “grande bivio” ed a una gigantesca biforcazione: da tale bivio partono e si diramano due diverse ed alternative strade, che conducono a mete assai dissimili, senza alcun obbligo a priori per i “viaggiatori” (a causa del Fato/forze produttive) di scegliere l’una o l’altra. Ma non basta. Non solo non vi è più una sola strada obbligata di percorso, ma - a determinate condizioni e pagando determinati “pedaggi” – qualunque “viaggiatore” e qualunque società umana può trasferirsi nell’altro tracciato, alternativo a quello selezionato in precedenza, cambiando pertanto radicalmente le proprie condizioni materiali di “viaggio” nell’autobus che stanno utilizzando con altri passeggeri: la scelta iniziale di partenza “al bivio”, giusta o sbagliata, risulta sempre reversibile in tutte e due le direzioni di marcia, in meglio o anche in peggio. Fuor di metafora, la concezione che si propone ritiene che subito dopo il 9000 a.C., ben undici millenni fa nell’Eurasia del periodo neolitico, con la scoperta dell’agricoltura, allevamento e artigianato specializzato, si sia creato e riprodotto costantemente fino ai nostri giorni un “grande bivio”, da cui si sono diramate due “strade”, due linee e due tendenze socioproduttive di matrice alternativa, l’una di tipo cooperativo-collettivistico e l’altra di natura classista, fondata invece sullo sfruttamento dell’uomo sull’uomo. Pertanto dopo il 9000 a.C. e fino ai nostri giorni, nell’era del surplus, non sussiste alcun determinismo storico, ma altresì un campo di potenzialità oggettive (basato sullo sviluppo delle forze produttive e sulla creazione/riproduzione ininterrotta di un plusprodotto accumulabile… l’era del surplus) su cui si possono innestare, e si innestano poi concretamente delle prassi sociali contrapposte, volte a condividere in modo fraterno mezzi di produzione/ricchezza/surplus o, viceversa, a fare in modo che essi vadano sotto il controllo e possesso di una minoranza del genere umano, in entrambi i casi con immediate ricadute anche sulla sfera politico-sociale delle diverse società. Detto in altri termini, a parità di sviluppo qualitativo delle forze produttive e già formatisi elementi cardine quali agricoltura/allevamento/surplus costante, fin dal 9000 a.C. per arrivare ai nostri giorni era (ed è tuttora) possibile che si sviluppasse sia l’egemonia di rapporti di produzione collettivistici, che quella alternativa di matrice classista: un effetto di sdoppiamento nel quale nulla era/è tuttora scritto a priori, nei libri mastri della Storia. Situazione di “sdoppiamento”, potenziale/reale, valida nel 9000 avanti Cristo ma anche nel 2013 della nostra era, valida nel 8999 a.C., ma anche nel prossimo anno e nei prossimi decenni del nostro terzo millennio: uno stato di sdoppiamento, che da più di dieci millenni esclude a priori qualunque forma di determinismo storico. Lo schema generale in oggetto risulta nostro avviso indispensabile per comprendere in modo adeguato alcuni importanti fenomeni contemporanei, quali: - il sopracitato “ritardo” della rivoluzione in Occidente, considerata invece da Marx come possibile, necessaria e matura sin dalla metà dell’Ottocento; - la stessa formazione e il processo di riproduzione pluridecennale delle società sorte dalla epocale e collettivistica Rivoluzione d’Ottobre, da quella rivoluzione contro il Capitale giustamente esaltata da Antonio Gramsci fin dal suo sorgere; - l’ipernegativo crollo dell’Unione Sovietica e degli altri paesi collettivistici del Patto di Varsavia, che a mio giudizio ha messo (tra le altre cose) in crisi ormai irreversibile qualunque concezione deterministica del processo di sviluppo della storia universale, a partire dal 1989/91 e più di due decenni or sono; - la “NEP cinese”, sviluppatasi nel gigantesco paese asiatico dal 1979, con la sua coesistenza pluridecennale tra un egemone settore statale-cooperativo e una forte rete di imprese capitalistiche; - i processi antimperialisti sorti in America Latina dopo il 1998 (Venezuela, Bolivia, Ecuador, ecc.), che hanno determinato l’avvio di una lunga e difficile fase di transizione al socialismo in America Latina, sempre prendendo spunto anche dall’esperienza rivoluzionaria cubana. Sono fenomeni e processi concreti con cui, più o meno direttamente, le forze antagoniste del mondo occidentale si confrontano/scontrano quasi in modo quotidiano, e che richiedono ormai da tempo di ottenere una cornice storico-teorica dentro la quale essere collocati e spiegati in modo adeguato, almeno nelle loro linee essenziali. Ma c’è di più, sotto questo aspetto. Una seconda novità epocale risulta infatti il fatto innegabile per cui la storia universale del genere umano, già sdoppiata e per così dire “schizofrenica” dopo il 9000 a.C., è entrata a partire dal luglio/agosto del 1945 (primo esperimento nucleare a Los Alamos e uso genocida delle armi nucleari a Hiroshima e Nagasaki, da parte dell’imperialismo statunitense) in modo irreversibile nell’era del “prometeismo sdoppiato”. Fin dai tempi di Esiodo, quasi tre millenni or sono, si intende per prometeismo la variegata tendenza culturale e le proteiformi praxis concrete (a partire dallo sciamanesimo del paleolitico) che ritengono possibile e auspicabile che l’uomo superi in modo gigantesco e “titanico” i propri limiti e debolezze, di tipo individuale e/o collettivo, partendo dalla sfera fisico-biologica fino a quella mentale, dal livello tecnologico (Prometeo donò il fuoco all’umanità, secondo la mitologia greca) fino a quello politico-sociale: un prometeismo delle capacità umane colmo di tensioni interne insanabili, specialmente tra la sua tendenza classista ed elitaria (Nietzsche, per fare un nome) e la controtendenza cooperativa ed egualitaria (Shelley e Marx, sempre solo a titolo d’esempio). Ora, a partire da Los Alamos e dal luglio del 1945 il genere umano è via via entrato in modo repentino e irreversibile, seguendo la via tecnologico-scientifica con il suo particolare sviluppo a spirale, nella nuova e particolare epoca del “prometeismo sdoppiato”, carica allo stesso tempo di enormi potenzialità positive, ma anche di giganteschi pericoli per la stessa sopravvivenza del genere umano. Proprio Robert Oppenheimer, il geniale scienziato a capo del “progetto Manhattan”, citò nel luglio del 1945 la frase “sono diventato Morte, il distruttore di mondi”, tratta da uno dei testi sacri della religione vedica: ma sempre lo stesso scienziato statunitense – un compagno, tra l’altro – dopo Hiroshima esclamò, in modo duramente critico/autocritico, che “i fisici hanno conosciuto il peccato”. Cosa intendo, per epoca del “prometeismo sdoppiato”? Non solo l’era del nucleare, ma anche l’epoca della possibilità di indirizzare l’energia atomica sia per scopi di distruzione che per compiti pacifici (la nuova sintesi e fusione termonucleare, come nel nuovo laboratorio internazionale in via d’attivazione a Cadarache, nel sud della Francia); sia per scopi di profitto capitalistico che per fini cooperativi e senza fini di lucro privato. Non solo l’era dello spazio cosmico, ma anche l’epoca della possibilità concreta di utilizzare la tecnologia spaziale sia per scopi di distruzione (guerre stellari di Reagan e Obama, ecc.) che per obiettivi pacifici, quali ad esempio le telecomunicazioni, l’esplorazione del cosmo, ecc. Non solo l’era del computer e di Internet, ma anche la possibilità di usare il software e la rete informatica per il profitto capitalistico (“modello Microsoft”), o viceversa per una condivisione cooperativa e libera dei computer (“modello Linux”, per intenderci facilmente), delle informazioni e delle conoscenze in tutti i campi del sapere. Non solo l’era della genetica, ma anche l’epoca della possibilità di modificare il genoma di piante, animali e dello stesso uomo per fini di accumulazione privata (si pensi ai vergognosi brevetti sui geni umani, a titolo di esempio), o viceversa per scopi solidaristici e collettivi. L’elenco può essere facilmente allungato, come del resto gli esempi concreti di “sdoppiamento” e uso alternativo delle nuove, gigantesche e ormai irreversibili scoperte scientifico-tecnologiche verificatesi dopo il 1945, se si prendono in esame anche altri campi innovativi del “lavoro universale” quali le nanotecnologie, la robotica, le ricerche dell’Intelligenza Artificiale, ecc. Ad esempio nel maggio del 2013 alcuni fisici cinesi, lavorando in un contesto collettivistico, sono riusciti a teletrasportare alla velocità della luce, per una distanza di 97 chilometri, un gruppo di 100 milioni di atomi di rubidio: il successo “titanico” è stato ottenuto da un gruppo di ricercatori coordinato da Jian-Wei Pan: è il primo grande successo del teletrasporto quantistico di oggetti macroscopici. La ricaduta nel futuro dell’esperimento cinese risulta enorme, visto che il teletrasporto quantistico di proprietà fisiche e di informazioni potrebbe presto avere infatti varie applicazioni nello sviluppo di avveniristiche reti e computer quantistici. I sistemi quali gli atomi di rubidio potrebbero infatti comportarsi come memorie quantistiche, come ricorda lo stesso Pan: “Da un punto di vista più pratico, il teletrasporto fra nodi di memoria quantistica potrebbe essere un modulo nelle future reti quantistiche per scambiare e trasferire informazioni. Un esperimento simile è stato condotto con singoli ioni. Il nostro esperimento, tuttavia, presenta un tasso di successo molto più alto”. La fantascienza del passato sta diventando a poco a poco realtà, a partire dai computer quantistici immaginati dal fisico Richard Feynman tre decenni fa e dall’Intelligenza Artificiale dei prossimi decenni: Star Trek è quasi tra noi, seppur in forme assai diverse da quelle immaginate dall’industria cinematografica di Hollywood. Vi è poi un microchip che impiantato nel cervello di persone paralizzate, permette loro (già dal 2006) di pilotare macchine esterne, di leggere la posta e spostare oggetti. Passando all’ingegneria genetica, è da tempo già in azione (e deve essere posta sotto il controllo collettivo, oltre che indirizzata per il bene comune) la pratica scientifico-tecnologica tesa al potenziamento genetico delle capacità umane, attraverso lo screening genetico pre-impianto e la fecondazione in vitro. Non si tratta di fantascienza, visto che proprio nel rapporto “Global Trends 2030 Alternative Worlds”, redatto dall’autorevole National Intelligence Council statunitense, si esamina dal punto di vista borghese anche l’accesso selettivo e ineguale (inevitabile, in regime capitalistico) alle biotecnologie del potenziamento umano, prevedendo che entro il 2030 e in meno di due decenni inizierà addirittura un processo di biforcazione e di sdoppiamento nello stesso percorso evolutivo della specie umana: tra ricchi capaci di utilizzare per se e i propri figli la modificazione genetica, e proletari esclusi invece dall’uso di tale pratica scientifico-tecnologico. Ancora qualche dubbio, sull’era del prometeismo sdoppiato? Alla fine di agosto del 2013 è stata annunciata la creazione di un microcervello artificiale, seppur ancora embrionale, da parte dell’Istituto di Biotecnologia molecolare di Vienna: a proteggere tale microcervello non è un cranio, ma le pareti di una provetta. Dopo cuori, fegati, cornee, reni, oggi la fabbrica degli organi ha creato addirittura un cervello umano: il tessuto vivente più complesso dell'universo è stato costruito dagli scienziati, usando come mattoni cellule staminali. Il futuro ipertecnologico e prometeico risulta già operante in mezzo a noi, coesistendo dialettica-mente con il presente dell’inizio del terzo millennio. Nella primavera del 2013, ad esempio, un gruppo di ricercatori guidato dal professore S. Mitalipov è riuscito ad ottenere cellule staminali clonando quelle di un adulto. Si tratta del primo e ancora limitato prototipo di clonazione terapeutica a scopo medico, avente per oggetto le nostre cellule umane: un primo passo concreto che facilita il processo complicato che, nei prossimi decenni, via via porterà verso la clonazione umana, ponendo fin d’ora il problema dell’accesso universale- gratuito (o invece elitario/classista) e del controllo collettivo rispetto a tale formidabile campo di praxis scientifico-tecnologica, virtualmente capace di potenziare enormemente i poteri fisico-mentali, la longevità e vitalità degli esseri umani. Risulta fin troppo facile rilevare come la nuova era del “prometeismo sdoppiato” ponga subito non solo dei dilemmi enormi, sconosciuti fino al luglio del 1945, ma anche delle potenzialità enormi ai marxisti e all’intero genere umano. Come sottolineato da André Tosel, il principale problema è che l’aut-aut storico, di valore generale, che sta di fronte alla nostra specie non è più solo quello tra socialismo o capitalismo, oppure tra “socialismo o barbarie” indicato da Engels o Rosa Luxemburg: ora è diventato socialismo o autodistruzione dell’uomo: in sostanza, diventa ormai urgente fermare i “fuorilegge” dell’umanità (= il capitalismo), che stanno mettendo sinora in pericolo lo stesso processo di riproduzione biologico del genere umano. Dal 1945 al 2013 non è ancora successo il peggio, e cioè la guerra atomica-chimico-batteriologica su vasta scala, visto che sinora Hiroshima e Nagasaki sono fortunatamente rimasti due esempi per il momento isolati di genocidi ipertecnologico prodotti dall’imperialismo statunitense. Ma per il 2014? Per i prossimi decenni, per il prossimo secolo? Già ora si creano mini-atomiche, si fanno esperimenti di guerra informatica (USA/Israele contro Iran, nel 2010) e si programmano a Washington le guerre stellari. Fino a quando potrà durare la “tregua” attuale, visto tali premesse, e/o per quanti anni ancora, per quanti decenni ancora? Non certo molti, purtroppo, in assenza di movimenti di massa antagonisti. Secondo punto nodale, per i comunisti e i marxisti: che fare, in questa nuova situazione e nella nuova epoca del “prometeismo sdoppiato”? A nostro avviso emergono almeno quattro compiti principali, sia a livello teorico che pratico, sotto questo (decisivo) aspetto. Innanzitutto introdurre i parametri basilari e preventivi di “massima cautela” e della necessità della sperimentazione, controllata e di lunga durata, rispetto al processo impetuoso della scienza-tecnologia: parametri di controllo la cui possibile concretizzazione pratica fa a pugni, direttamente con le leggi dell’accumulazione capitalistica, con la ricerca costante del massimo profitto privato nel più breve tempo possibile tipica della borghesia. Bisogna inoltre prendere atto con una nuova e collettiva “coscienza enorme” (Marx, Grundrisse) della posta in palio esistente dal luglio del 1945, nel 2013 e nei prossimi decenni, avente per oggetto il destino (o il non destino/estinzione) dell’umanità per i prossimi secoli e millenni. Di fronte a tale gigantesca posta in palio, come comunisti non abbiamo il diritto di essere stanchi o delusi, anche in Italia: dobbiamo effettuare assieme una “rivoluzione mentale”, anche sotto questo profilo. In terzo luogo, fermo restando il parametro della “massima cautela”, i comunisti devono tornare ad essere gli alfieri principali del progresso tecnico-scientifico e dello sviluppo del “lavoro universale” di marxiana memoria per scopi collettivi/cooperativi, rifiutando la tecnofobia che dal 1968/75 è iniziata a dilagare via via anche nelle nostre file. Infine bisogna iniziare a creare su scala europea un modello alternativo e “rosso” di sviluppo scientifico-tecnologico: energie rinnovabili, auto elettriche, sintesi termonucleare, internet gratuito, Linux, insegnamento via computer e noleggio gratuito di computer agli studenti, ecc. da proporre alle masse popolari italiane e europee. Si tratta solo di una bozza iniziale, certo, ma da qualche parte dobbiamo pure ricominciare anche in questo campo, come marxisti delle metropoli imperialiste e dell’Europa. Per concludere facciamo riferimento a un intervista pubblicata sulla rivista El Moncada di Italia-Cuba, dello scrittore e analista spagnolo Josè Lopez, che fa riferimento apertamente al marxismo e al materialismo dialettico, anche se con coordinate a volte distanti dai sottoscritti. Giustamente, a nostro avviso, il compagno Josè Lopez ha ricordato che “la storia è sempre aperta. Il genere umano si comporta in modo indeterministico (per fortuna), ma non in maniera del tutto casuale, caotica, (sempre per fortuna!, perché se no la storia umana non potrebbe essere conoscibile e quindi prevedibile e controllabile). La storia umana ha le sue leggi, ma queste sono “blande”. Dal luglio/agosto del 1945 siamo stati proiettati in modo irreversibile in una nuova epoca, in cui tutto è possibile, nel bene o nel male. Il vaso di Pandora si è ormai aperto in modo irreversibile, nel bene o nel male: sta a noi far prevalere l’opzione umanista contro le tenebre della distruzione (possibile) del genere umano, affinché non prevalga – per usare il titolo di uno splendido disco dei Pink Floyd, di quattro decenni fa – il “Dark side on the Moon”, dell’umanità. Fonte: www.robertosidoli.net |
Le immagini sono prese dal sito "Foto Mulazzani"