IDEE PER UN SOCIALISMO DEMOCRATICO
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IL MALE DI VIVERE DELLA GIOVENTÙ
Di fronte ai tanti delitti della criminalità organizzata, alle numerose stragi del dopo-discoteca, alle morti per overdose, per AIDS, ai suicidi di molti giovani e altre cose analoghe, vien da pensare che la vita oggi abbia perso molto del suo valore nel nostro Paese. Si ha proprio la netta impressione che la quantità di parole che si spendono a favore della vita, del diritto al "bene-essere", sia diventata inversamente proporzionale al rispetto effettivo di questo valore e di questo diritto. Le parole sembrano o inutili, perché non incidono sul reale, oppure false, perché lo giustificano sempre. Si ha persino l'impressione, a volte, che ci si limiti a parlare di diritto alla qualità della vita proprio per impedire ch'essa venga garantita, o che se ne parli solo per convincere l'opinione pubblica ch'essa viene veramente garantita o che comunque lo possa essere (visto appunto che se ne parla!). Questa forma di "deduzione logica" è tipica della tradizione razionalista occidentale: ci basta sentire le dichiarazioni di "buona volontà" per avere la certezza che alle intenzioni seguiranno i fatti. Le parole per noi hanno un effetto magico, feticistico: basta pronunciarle perché funzionino da sole! Ma perché l'attività delittuosa, criminale, è diventata il pane quotidiano dei nostri mass-media? Perché i giornalisti si compiacciono di poter offrire in pasto ai vari utenti solo le notizie più negative? Perché questo gioco al massacro? Semplicemente perché la differenza tra ciò che questa società promette (cioè gli ideali di cui si vanta) e ciò ch'essa riesce a mantenere (cioè i fatti di cui si dovrebbe vergognare) è così grande che il ceto medio (borghese) non riesce più a sopportarla? Esso preferisce, non credendo nella possibilità di una transizione, che si rinunci in parte all'ideale e che si mostri chiaramente che non ci sono alternative. È con questa convinzione statica delle cose che un giovane sceglie di drogarsi e un altro di diventare mafioso, sceglie cioè di uccidere se stesso o gli altri. Ovviamente non si tratta di "libera scelta", poiché i condizionamenti che la gioventù subisce sono veramente tanti; e non sembra affatto che questi condizionamenti possano diminuire all'aumentare del benessere economico, anzi, semmai è il contrario. Il ceto medio, che è il ceto più rappresentativo della nostra società (anche se non necessariamente il più importante), si scopre ogni giorno di più ai margini delle leggi e dei meccanismi che regolano la nostra società. Oggi la parola "marginale" andrebbe sottratta dal suo riferimento strettamente economico. "Marginale" oggi può essere anche una famiglia che guadagna 50 o anche 100 milioni l'anno e che non per questo ha qualche possibilità d'influire, in modo decisivo, sui destini del proprio quartiere, della propria città... Il "marginale" è diventato un individuo più o meno benestante cui s'impedisce di formulare progetti significativi per l'ambiente in cui vive. La gioventù risente moltissimo di questa mancanza di protagonismo, ed è la prima che rimuove l'angoscia d'impotenza con la cultura d'evasione, con gli atteggiamenti egoistici e superficiali. Negli anni '50 e '60 i giovani hanno "imitato" gli adulti finché si sono accorti del dualismo che gli adulti manifestavano fra le cose dette e le cose fatte, fra i valori pubblici (della società civile, del mercato) e quelli privati (della famiglia, della religione). Negli anni '70 essi hanno contestato questa ipocrisia chiedendo una maggiore coerenza. Negli anni '80 la società ha risposto con una maggiore coerenza, ma al negativo. Invece di dimostrare coi fatti la verità degli ideali o dei valori professati verbalmente, gli adulti, convinti che gli ideali non si possono realizzare, hanno accettato di estendere la negatività dei loro fatti a tutti i livelli, pubblico e privato. Di qui l'aumento della corruzione, della criminalità, del qualunquismo... I giovani degli anni '80 sono tornati ad imitare gli adulti, ma
ottenendo questa volta risultati assai diversi da quelli ottenuti negli
anni '50 e '60. Laddove infatti esisteva un'ingenua fiducia nelle
possibilità di un cambiamento, è subentrata la netta convinzione che
tale possibilità sia irrealizzabile. I giovani di oggi imitano senza
chiedersene la ragione. Avvertono sì, con la loro sensibilità, che la
società è una giungla, dove vince il più forte o il più astuto, ma, non
sapendo cosa fare per modificare le cose, vi si adeguano ostentando
disprezzo e indifferenza. I giovani infatti ostentano disprezzo e indifferenza nei confronti di questa società, ma ogni giorno che passa avvertono che con questi atteggiamenti il loro "male di vivere" non diminuisce ma anzi aumenta. Abituati come sono a prendere le cose per istinto, potrebbero anche illudersi che con la forza e la violenza si possa ottenere più facilmente ciò che si desidera. Il fenomeno dei naziskin non rientra forse in questa logica? * * * 1) In una società dove il crimine non paga (soprattutto il grande crimine), dove sembra non esserci più alcune differenza tra "bene" e "male", in quanto tutto è diventato opinabile, relativo, per quale motivo un giovane dovrebbe accettare, con un senso di colpa, le pesanti sanzioni che gli vengono comminate per i suoi delitti? 2) In una società dove nessuno fa qualcosa perché l'"ordine" venga rispettato (non solo l'ordine pubblico, ma anche quello delle "cose": giustizia, onestà, verità, ecc.), per quale motivo il giovane non dovrebbe credere che le proprie azioni "trasgressive" vanno comunque premiate, anche se comportano conseguenze tragiche per qualcuno? 3) In una società dove tutto sembra apparentemente "facile" (se si dispone del denaro), o dove tutto appare "lecito" (se lo scopo è quello d'arricchirsi), per quale motivo il giovane dovrebbe comportarsi secondo delle regole etiche? Perché stupirsi se i giovani -istintivi come sono- non si preoccupano di salvare le apparenze nei crimini che commettono, mostrando di credere in una morale del tutto formale? Tutto ciò non per scaricare ogni responsabilità sulla società, ma per indurre gli adulti a riflettere su loro stessi, su quello che sono, perché nessuno si senta in diritto di affermare che i propri figli assassini sono dei "mostri" venuti fuori dal nulla. I modelli culturali che offre questa società sono così incentrati sull'affermazione del singolo individuo, che chiunque si ritiene assolutamente libero di non lasciarsi condizionare. Le persone più sprovvedute spesso sono anche quelle più convinte d'essere così forti (moralmente) da potersi sottrarre in ogni momento ai condizionamenti indotti dai media. Tali individui, in verità, sono così plagiati che non riescono neppure a immaginare che vi possa essere un diverso modo di vivere la vita o di guardare la realtà. Essi infatti danno per scontato che quanto offre la società, attraverso i media, sia l'unica esperienza possibile o comunque rilevante, l'unica veramente dominante. L'individualismo nei giovani è così forte ch'essi preferiscono addebitare totalmente al singolo individuo le cause del suo insuccesso (disoccupazione, droga, criminalità ecc.), piuttosto che cercare delle concause nel contesto socio-ambientale. Non conoscendo il modo per poter modificare le cose in positivo, essi accettano, come unico criterio di vita, i rapporti di forza, all'interno dei quali è lecito quasi tutto. I giovani sono lo specchio più fedele di questa società, quello più immediato. * * * I giovani sono così abituati all'individualismo borghese che, pur rendendosi conto che la società è invivibile, preferiscono condannare molto severamente chi ne trasgredisce le regole (p.es. uccidendo o rubando), piuttosto che cercare delle attenuanti. La regola fondamentale è che all'individualismo bisogna rassegnarsi, senza però fare di questo individualismo un modo per emergere sugli altri. L'unico attenuante tollerata è quella relativa al gruppo, nel senso che un gruppo può far valere legittimamente dei propri diritti o interessi contro altri gruppi o contro le istituzioni. Ma dentro il gruppo deve valere il conformismo, anche rispetto ai valori dominanti dell'individualismo borghese. Fonti
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Le immagini sono prese dal sito "Foto Mulazzani"