L'estinzione delle classi

IDEE PER UN SOCIALISMO DEMOCRATICO
L'autogestione di una democrazia diretta


L'ESTINZIONE DELLE CLASSI

Tutte le forme di alienazione o di violenza nascono, nella nostra società, dalla divisione in classi contrapposte.

Nei paesi est-europei si è cercato di liquidare tale divisione con una rivoluzione politica e, ad un certo punto, i governi in carica hanno imposto a tutta la società una proprietà collettiva che, necessariamente, essendo appunto "imposta", coincideva con quella dello Stato. Lo "Stato di tutto il popolo" era la mimesi della democrazia sociale, che è poi quella in cui solo liberamente si accetta e si gestisce la proprietà comune.

In quei paesi le alienazioni e le violenze assunsero subito una veste politica e ideologica. Cioè la base della violenza non era più economica, rappresentata in sostanza dalla volontà del singolo che si oppone alle regole di un collettivo. La base della violenza era diventata più sofisticata, appunto perché politica, in quanto gestita da un collettivo.

Il terrore veniva compiuto in nome dello Stato, più o meno direttamente, o, se vogliamo, dall'ideologia di un partito politico.

Oggi queste forme di violenza ideopolitica sono crollate in tutti i paesi est-europei e anche in tutti i paesi comunisti del mondo, se si esclude la Cina, che comunque costituisce da sola 1/5 dell'umanità, e hanno prevalso quelle determinate dalla classica proprietà privata.

Per quale motivo una violenza così sofisticata è crollata prima ancora del crollo del capitalismo? Oggi addirittura si pensa che il capitalismo non crollerà mai, proprio perché l'unica alternativa possibile sembra essere definitivamente scomparsa.

Il motivo in realtà è molto semplice. Là dove il valore umano era stato capace di creare una rivoluzione anticapitalistica, lì lo stesso valore è stato capace di creare una rivoluzione contro il tradimento degli ideali del socialismo democratico.

Se in Cina questo non è avvenuto non è stato, probabilmente, perché il tradimento si era dimostrato meno forte, ma perché meno forte è stata la presenza del valore umano.

La Cina quindi si presta a diventare l'erede del crollo sia del socialismo reale (sul piano politico) che del capitalismo avanzato (sul piano economico). Dovremo quindi aspettarci una integrazione della violenza basata sull'economia con la violenza basata sulla politica. Il socialismo cinese sarà nello stesso tempo autoritario e opportunista: autoritario quel tanto che basta a impedire che si imponga il primato delle leggi del capitale, opportunista perché vorrà sfruttare del capitalismo tutto quanto gli potrà servire per garantire l'autoritarismo politico.

* * *

E' sbagliato sostenere che le classi saranno liquidate solo quando vi sarà un alto grado di sviluppo delle forze produttive.

Stati Uniti, Giappone ed Europa occidentale hanno già raggiunto questo grado, conservando, nel contempo, una netta distinzione tra le classi.

Lo sviluppo deve riguardare non la forza produttiva, che può essere anche minima, ma la consapevolezza politica, sociale e culturale della necessità della transizione al socialismo. Perché maturi questa consapevolezza è sufficiente possedere dei valori umani.

Questa consapevolezza non è determinata in alcun modo dal livello delle forze produttive, se non in maniera incidentale.

Il fatto che le teorie socialcomuniste siano state elaborate nei paesi capitalisti non sta di per sé a significare che in questi paesi la rivoluzione socialista avrebbe dovuto compiersi prima che altrove.

La storia ha dimostrato che non esistono soggetti predefiniti in grado di fare la rivoluzione.

L'istanza rivoluzionaria può appartenere a forze produttive di grado infimo e di cultura modesta.

Il problema principale da risolvere è come organizzare tali forze che hanno tali istanze. E per risolvere questo problema i paesi capitalisti non sono più favoriti di altri.

Se si sostiene che la rivoluzione socialista non potrà mai essere compiuta finché le forze produttive non avranno raggiunto un certo grado di sviluppo, si rischia alla fine di sostenere che la rivoluzione non potrà mai essere compiuta, perché ci sarà sempre qualcuno che sosterrà che quel certo grado di sviluppo non è stato ancora raggiunto.

Ogni nazione deve decidere al proprio interno il proprio sviluppo, e all'interno di ogni nazione devono poterlo decidere i soggetti interessati.

Queste nazioni dovrebbero essere lasciate libere di decidere il proprio destino, ma -come noto- il capitalismo, che vive dello sfruttamento altrui, non può permettere una libertà del genere. Ecco perché l'aiuto a queste nazioni da parte di altre nazioni che han già compiuto la rivoluzione socialista, può considerarsi legittimo.

Nessuno, d'altro canto, è autorizzato a sostenere che fino a quando una società capitalista non ha esaurito tutte le proprie potenzialità è impossibile la transizione al socialismo.

Non esistono meccanismi automatici o leggi dettate dalla inevitabilità delle circostanze che possono determinare uno sviluppo progressivo o il passaggio da una civiltà a un'altra.

Non c'è automatismo di sorta né verso il meglio né verso il peggio. Si tratta sempre di prendere delle decisioni, anche se gli effetti di queste decisioni si fanno veramente sentire solo nel lungo periodo.

Chi crede negli automatismi non crede nel valore umano, cioè essenzialmente nella libertà. Certo, chi pensa che la transizione al socialismo debba essere una conseguenza di un alto sviluppo delle forze produttive, è perché sa bene che, nell'ambito del capitalismo, uno sviluppo del genere non può che avere come contraltare un forte sviluppo degli antagonismi di classe.

Ma il fatto ch'esistano degli antagonismi del genere non può significare, di per sé, che si svilupperà una transizione verso il socialismo democratico.

Potrebbe esserci una transizione verso la barbarie o verso un socialismo tutt'altro che democratico. Non sono le circostanze che di per sé possono decidere quale sia la soluzione migliore per determinati problemi. Occorre sempre una scelta di libertà. Anche perché è sulla base di questa scelta che si affermano forme diverse di transizione e, all'interno di queste, forme diverse di democrazia.

La democrazia non è mai un processo inevitabile, neppure quando il suo contrario non è credibile da nessun punto di vista.

Se la transizione al socialismo è stata dapprima tentata nei paesi est-europei, significa che questi avevano, rispetto a quelli occidentali, maggior senso del valore umano.

* * *

Si dovrebbe fare una ricerca trasversale sulla tipologia dei conflitti interumani nelle diverse civiltà antagonistiche.

La diversità delle forme è notevole ed è tutta in relazione alla consapevolezza, che è progressiva, dei limiti di una determinata tipologia. P. es. il livello eccezionale di attenzione che i faraoni e i loro sacerdoti attribuivano alla questione dell'aldilà (piramidi, imbalsamazione ecc.) va messo in relazione con l'accentuarsi delle contraddizioni sociali e quindi con la mancanza di un'alternativa concreta alla pratica dello schiavismo di massa.

Cioè quando gli uomini si accorgono che una tipologia di conflitto ha dei limiti insuperabili o non più sostenibili al cospetto di una popolazione che ha cominciato a prendere consapevolezza dei propri diritti, ecco che subentra la necessità di realizzare nuove forme di conflitto, più sofisticate delle precedenti, meno evidenti o comunque soggette a una gestione tale da poter ingannare chi rimane fermo alla consapevolezza o alla rappresentazione delle tipologie di conflitto precedenti.

Con questo naturalmente non si vuol sostenere che le varie tipologie non possono coesistere tra loro, ma semplicemente che una civiltà si caratterizza per il prevalere di una determinata tipologia su tutte le altre.

Di regola la zona geografica in cui avviene tale prevalenza è quella stessa in cui aveva dominato, in precedenza, una diversa tipologia.

Tant'è che risulta del tutto naturale, per una civiltà, usare una tipologia "avanzata" del conflitto in un determinato territorio e una tipologia più "arretrata" se non addirittura "obsoleta" in un altro territorio: l'importante è che quest'ultima sia sufficientemente idonea a rispecchiare determinati interessi di potere.

Insomma, la ricerca trasversale dovrebbe riguardare i conflitti basati sugli schiavi da possedere (quindi antagonismo di tipo fisico: quanti più schiavi tanto più potere), sulle terre da possedere (e quindi il patrimonio immobile, su cui far lavorare schiavi, totalmente privi di libertà, e soprattutto servi della gleba), sui capitali da possedere, cioè sul possesso del denaro che si autovalorizza e che permette di acquistare merci, tra cui lo stesso operaio, che è l'ex-servo della gleba. Qui la terra si possiede non tanto come patrimonio immobile, quanto soprattutto come fonte di risorse da sfruttare con l'aiuto delle macchine.

Infine abbiamo avuto il conflitto basato sull'ideologia politica: il comunismo. Dominati e dominatori sono in relazione all'appartenenza a questo o quel partito. Lo Stato è totalmente padrone della società e quindi dell'economia e del cittadino. In teoria anche un individuo di origini povere può diventare un despota se acquisisce i principi di una determinata ideologia vincente. Il potere economico o materiale o personale è una semplice conseguenza di quello politico.

L'ultima forma di conflitto sarà necessariamente quella spirituale: il dominio della coscienza sulle coscienze, il plagio non solo politico ma anche umano delle menti...


Le immagini sono prese dal sito "Foto Mulazzani"

Web Homolaicus

Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Politica - Socialismo democratico
 - Stampa pagina
Aggiornamento: 11/12/2018