O CAPITALISMO O BARBARIE

IDEE PER UN SOCIALISMO DEMOCRATICO
L'autogestione di una democrazia diretta


O CAPITALISMO O BARBARIE

Una civiltà non si regge in piedi se non riesce a convincere i propri cittadini che i suoi valori, i suoi modelli di vita sono assolutamente superiori a quelli di ogni altra civiltà, passata, presente e futura. La maggioranza dei cittadini deve avere la convinzione che alla propria civiltà non vi siano alternative praticabili: al massimo sono possibili sono aggiustamenti, riforme, ma non rivolgimenti rivoluzionari.

In quella romana, p.es., nonostante la presenza dello schiavismo, della povertà, dell'indebitamento progressivo dei cittadini liberi meno abbienti, nonostante il crescente latifondismo, il rapace fiscalismo dello Stato, la durissima leva militare e quant'altro, la gran parte dei cittadini era convinta che Roma fosse superiore a ogni altra civiltà in virtù della propria ingegneria e architettura, in virtù della proprie arte bellica, in virtù del proprio diritto... Solo quando la disperazione raggiunse livelli inusitati, i cittadini (specie quelli della periferia dell'impero) cominciarono a pensare che sotto i barbari sarebbero stati meglio.

Lo stesso avviene con la civiltà borghese, dove in nome della scienza e della tecnica, della capacità commerciale e finanziaria, della potenza bellica, della grande elaborazione di leggi, di filosofie, di ideologie di ogni tipo, su qualunque argomento dello scibile umano, si è convinti d'essere i migliori della terra.

I cittadini hanno la convinzione che, nonostante le crisi cicliche di sovrapproduzione, i fallimenti bancari e aziendali, i dissesti finanziari delle borse mondiali, le relazioni illegali tra economia e politica, la cronica disoccupazione e la crescente inflazione, il nostro sistema di vita non abbia alternative, ovvero costituisca in ogni caso, in via di principio, quanto di meglio si possa desiderare.

Sin dalle sue origini la borghesia ha generato l'attività commerciale più immorale e, nel contempo, ha predicato a tutta la società, ereditandola da una chiesa non meno corrotta, la morale più umana e più cristiana mai apparsa sulla terra. Dietro la copertura di elevati principi etici si sono tollerate, nella pratica quotidiana, le peggiori bassezze.

Ci si può chiedere, in tal senso, quali caratteristiche potrà e dovrà avere la prossima civiltà, quella che sostituirà la nostra. Dovrà per forza avere un aspetto più elevato della sordida economia borghese. Dovrà per forza mostrare maggiore coerenza tra valori umani e prassi sociale, almeno nella fase iniziale, quella in cui lotterà per imporsi sulla nostra. La politica, l'ideologia, l'etica, la coscienza dovranno necessariamente avere più importanza del profitto, della rendita, del denaro, del capitale, dell'oro e delle pietre preziose. Dovranno avere più importanza anche della scienza, della tecnica che devastano la natura, del militarismo aggressivo e colonialista con cui ancora oggi si vuol dominare il mondo intero.

In occidente, nei paesi capitalisti ci si appella all'etica, ai suoi principi assoluti, universali, quando fallisce l'economia, quando i gestori della produzione, del business, della finanza rivelano il loro vero volto di truffatori, di usurai legalizzati, di corrotti e corruttori. Si parla di etica nella speranza che i cittadini, cui sono stati abusivamente tolti moltissimi risparmi per rimediare i guasti dei manager furbi o incapaci, degli imprenditori senza scrupoli, dei bancari cinici ed egoisti e degli speculatori finanziari, abbiano pazienza, usino misericordia, tolleranza, sappiano perdonare gli iniqui, la cui iniquità - ci viene detto, con facce che a dir di bronzo è poco - resta puramente soggettiva, incapace di mettere in forse l'oggettività metafisica del sistema.

Ieri venivamo spaventati col pericolo del comunismo, oggi veniamo rassicurati che non ci succederà nulla, che possiamo continuare tranquillamente a consumare, a ballare sul Titanic, ché tanto la situazione, in un modo o nell'altro, si sistemerà. Proprio perché non c'è alternativa. Se affondano le imprese, le banche, le società finanziarie, affonda la civiltà. E questo oggi è inconcepibile, visto che l'unica alternativa possibile, il cosiddetto "socialismo reale", è miseramente fallito.

Oggi gli statisti, gli economisti borghesi continuamente e cordialmente ci dicono: O capitalismo o barbarie. Come se le due cose fossero davvero in alternativa.

FARE SISTEMA O USCIRE DAL SISTEMA?

"Fare sistema" o "uscire dal sistema" sono espressioni che sembrano non voler dire nulla al singolo cittadino.

Generalmente tutti noi "facciamo sistema", pur senza volerlo o pur senza saperlo. Noi tutti esistiamo ereditando un sistema di vita precedente e ne riproduciamo le condizioni della sua sopravvivenza. In tal senso, p.es., anche il proletariato occidentale è co-responsabile dello sfruttamento delle periferie neocoloniali da parte dell'imperialismo statunitense, nipponico ed euroccidentale (a questo imperialismo ora bisogna aggiungere anche quello cinese, che tiene in condizioni sub-umane i propri lavoratori, i cui prodotti possono essere venduti in tutto il mondo a prezzi stracciati).

Per "uscire dal sistema" c'è solo un modo: conquistare il potere politico e condizionare con lo strumento della politica l'attività economica. Il problema è come farlo, cioè non solo come "conquistare" il potere ma anche - ed è ancora più importante - come "condizionare" l'economia, evitando di ripetere tutti gli errori del passato.

La storia della sinistra ha dimostrato che, sul problema della "conquista", i metodi generalmente sono due: o si conquista politicamente lo Stato dopo aver conquistato culturalmente la società civile, oppure questa si conquista "dopo" aver conquistato quello.

La prima soluzione è detta "gramsciana", la seconda "leninista". La prima non è mai arrivata a conquistare alcuno Stato; la seconda vi è riuscita in più Stati, ma è poi sempre stata tradita da una gestione autoritaria del potere.

Dov'è che si sbaglia quando si creano alternative al sistema, ovvero quando la politica vuole condizionare l'economia?

Intanto bisogna dire che la via gramsciana sbaglia nell'illudersi che il passaggio dalla conquista della società alla conquista dello Stato possa avvenire in maniere indolore, cioè in maniera automatica, come una logica conseguenza, una inevitabile necessità. E' addirittura un errore pensare di poter conquistare una società di tipo "borghese" in maniera "progressiva", per determinazioni quantitative, senza traumatiche rotture.

Il capitale ha mezzi molto potenti per "imborghesire" la popolazione, al punto che in una società "borghese" si è tutti "corrotti", inevitabilmente. Per convincersene, è sufficiente vedere quante volte si è venuti meno, proprio durante le rivoluzioni, agli ideali di giustizia sociale.

Da quanto è nato il socialismo, i "momenti forti" in Italia sono stati soltanto il "Biennio rosso", la Resistenza e il Sessantotto, e ogni volta gli ideali sono stati traditi. E gli altri paesi europei han fatto lo stesso: dalla Comune di Parigi alla Repubblica di Weimar, ecc.

Nell'Europa occidentale non solo è fallita la strategia gramsciana, ma anche quella pre- o filo-leninista di conquista dello Stato, che in genere si presenta quando le crisi sociali sono gravissime e insostenibili, di regola correlate a disastri bellici.

Il socialismo europeo non è mai riuscito ad approfittare delle situazioni favorevoli a una "fuoriuscita dal sistema", quelle in cui le contraddizioni del sistema esplodono. Nelle società borghesi avanzate, opulente, il socialismo non riesce a spuntarla né in situazioni pacifiche né in quelle disastrate.

Al massimo il socialismo riesce a imporsi nei paesi periferici più arretrati, nei cosiddetti "anelli deboli" del sistema, dove la povertà regna sovrana. Solo che in questi paesi, dopo aver compiuto la rivoluzione, nasce immancabilmente una dittatura. Sicché non si capisce dove stia l'errore.

In occidente il socialismo, nel migliore dei casi, rischia di diventare un puntello del sistema borghese; altrove rischia di negare più libertà di quante ne neghi il capitalismo.

Le strade da percorrere sono altre. "Uscire dal sistema" non può voler dire soltanto attendere passivamente che la sua crisi strutturale giunga a esplodere, ma non può neppure voler dire aiutare il sistema a sopravvivere compiendo singoli aggiustamenti o parziali riforme.

A livello di società civile bisogna uscire progressivamente dalla logica del mercato, entrando in quella dell'autoconsumo, e il giorno in cui s'imporrà l'esigenza di una rivoluzione politica, occorrerà da subito porre le condizioni perché lo Stato venga sostituito dal governo politico della società civile, la quale deve essere messa in grado di autogestirsi.

In Russia la rivoluzione venne tradita nel momento stesso in cui si svuotarono i "soviet" del loro effettivo potere. Non si può affidare a uno "Stato socialista" il compito di abbattere la borghesia, perché poi, dopo che l'avrà fatto, esso non avrà pietà neppure del proletariato.

Bisogna demandare immediatamente alla società civile il compito di liberarsi della mentalità borghese al proprio interno, smantellando progressivamente tutte le funzioni dello Stato.


Le immagini sono prese dal sito "Foto Mulazzani"

Web Homolaicus

Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Politica - Socialismo democratico
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Aggiornamento: 11/12/2018