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IL Verbo avere
Gli studi qui pubblicati sono una piccola parte di quanto
presente nel testo "I Segni nel tempo" (anni 1997-2001) Non esistono parole italiane inizianti con h! E l’h non si pronuncia nelle voci dell’indicativo presente! Essa [1], l’h, è un’eredità delle forme latine del verbo habère (avere) che faceva, nell’indicativo presente, hàbeo (ho), hàbes (hai), hàbet (ha), hàbent (hanno). In passato la h accompagnava – come nel latino – le nostre forme verbali, e anche le parole latine comincianti per h, una volta italianizzate, avevano conservato la stessa iniziale: si scriveva huomo (latino homo), honore (latino honor), hora (latino hora) – e così via – ma si leggeva come se fosse scritto uomo, onore e ora (cioè, senza h). Per questo motivo, nel Quattrocento qualcuno si chiese: a che serve la h se non si pronuncia? Si accese, così, una battaglia tra i fautori della h iniziale (Ariosto, per esempio) e gli avversarii. L’Accademia della Crusca propose, per conciliare, l’abolizione della h iniziale in tutte le parole, mantenendola soltanto nelle quattro forme del verbo avere per non confonderle con altre parole di identica grafia ma di significato diverso (o vocale/congiunzione; ai preposizione articolata; a vocale/preposizione semplice; anno sostantivo, l’arco di dodici mesi). Nel ‘700, però, i dissidenti suggerirono che, per evitare questa confusione, sarebbe stato sufficiente accentare le forme del verbo: io ò, tu ài, egli à, essi ànno, ma la proposta non fu accèttàta da tutti, e la discussione proseguì, e prosegue, anche se, oggi, entrambe le forme ànno/hanno lo stesso diritto di cittadinanza. A sentire Policarpo Petrocchi (Castello di Cireglio, montagna di Pistoia, 1852-1902) [2], “il verbo avere, in quattro voci, prende per distinzione l’h o l’accento. L’h è più usata; l’accento è più ragionevole. Se in composizione scrivo: mi riò, si rià, quantunque riavere sia naturalmente composto da avere, l’h non la metto, perché non ci sta bene, e l’accento mi torna meglio; l’h parrebbe che stesse lì in avere, o nei suoi composti, a segnare un’aspirazione”. [1] Cfr Come parlare e scrivere meglio - guida pratica all’uso della lingua italiana, pagg. 71-72, di Aldo Gabrielli, “Selezione dal Reader’s Digest”, 1992. [2] LA GRAMMATICA ITALIANA, Piccola Biblioteca, volume 70, pagine 49-50, 1952, Longanesi & C, Milano. Vedi anche Linguaggio - Traduzioni di testi e mode lessicali - La Grammatica dei chatter Testi
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Le immagini sono state prese dal sito Foto Mulazzani