|
PSICOLOGIA E LINGUAGGIO
I) Il linguaggio viene indicato come attributo essenzialmente umano. Tutti
gli animali comunicano (anche in modi per noi impossibili, come gli ultrasuoni),
ma solo il linguaggio umano può riferirsi a eventi lontani nello spazio e nel
tempo, può generare e comprendere espressioni che non erano state utilizzate in
precedenza, può combinare nel suo vocabolario -in maniera sempre diversa- un
numero di suoni distinti. Il sistema fonatorio dell'uomo (vedi ad es. la
laringe) è unico. Naturalmente la comunicazione è possibile in quanto esiste
una corrispondenza tra "segno" (parola, gesto...) e
"oggetto" designato, determinata da una regola (codice), e vale sia
per l'emittente che per il destinatario.
II) Linguaggio e parola. Nel caso dell'uomo la comunicazione
linguistica è anzitutto verbale (il suono viene emesso e percepito: canale
fonetico-acustico). Ma si utilizza anche il canale grafico-visivo. I ciechi
però usano il metodo Braille (configurazione spaziale di punti letta col
tatto), mentre i sordomuti usano il linguaggio mimico-gestuale (canale
motorio-visivo). Un uomo adulto di cultura medio-superiore può usare anche più
di 200.000 parole!
Nell'uomo vi è la possibilità di comunicare usando parole che valgono a
designare categorie di grado sempre più elevato
(mela>frutto>vegetale>naturale>ecologico>vivente). L'uomo cioè
può servirsi di parole astratte, che non indicano un oggetto o sue
proprietà, ma relazioni tra oggetti o fatti o funzioni logiche. Le parole
sono collegate tra loro da regole di grammatica-sintassi. Naturalmente,
perché una frase abbia senso, non basta che siano rispettate queste regole
(vedi il diario di uno schizofrenico). Anzi, una frase può aver senso anche
se non rispetta queste regole (come nei linguaggi cifrati o in codice).
In sintesi: a motivo della capacità simbolica (astrattiva) del linguaggio,
l'uomo è in grado di padroneggiare una quantità enorme di informazioni con
un dispendio minimo di energia, cioè con un rendimento molto elevato. Sono
stati fatti molti tentativi per far parlare gli animali, ma sono tutti
falliti. I migliori risultati sono stati ottenuti usando il linguaggio dei
sordomuti (vedi lo scimpanzè Washoe, che aveva appreso 294 combinazioni di 2
o più segni; ad es. "io-uscire, tu-uscire", per indicare l'esigenza
di fare una passeggiata con qualcuno).
III) Proprietà funzionali. Le funzioni più semplici del linguaggio
sono quelle che ognuno può facilmente comprendere:
espressiva (come mezzo per segnalare stati d'animo o intenzioni
dell'emittente);
evocativa (per influenzare il ricevente: ad es. il pianto del
neonato);
rappresentativa (come mezzo di comunicazione del pensiero astratto,
per informare su eventi lontani nel tempo e nello spazio);
intraindividuale (per pensare meglio, per controllare meglio il
comportamento, per avere un libero scambio d'informazioni).
In sintesi: il linguaggio ha un prevalente valore di stimolo e di risposta.
Ad es.: se faccio una telefonata per avere informazioni, il linguaggio ha
proprietà di stimolo; se per inviare informazioni, ha proprietà di risposta
(a un precedente stimolo). Il parlare è una risposta verbale a una
stimolazione. Da notare che la quantità d'informazione veicolata da una frase
non è uniformemente distribuita: ad es. in una frase di 7 parole, ogni parola
non contiene 1/7 dell'informazione totale della frase, in quanto vi sono delle
parole-chiave che ne contengono di più e altre di meno.
IV) La Psicolinguistica ha lavorato molto sulle funzioni che può
avere il "significato" delle parole.
Significato estensivo: la capacità di comunicare è relativa alla
comunità di appartenenza che ha prodotto quel linguaggio (ad es. gli
esquimesi hanno circa 90 parole diverse per indicare altrettanti modi di
essere della neve);
Significato intensivo: il livello di comprensibilità di questo
significato dipende dal livello di consenso sociale circa il contenuto
proprio di una parola. Parole come democrazia, libertà, essere, nulla...
sono utilizzate con significati molto diversi tra loro. Ovviamente, in una
società stabile, con una cultura dominante riconosciuta dalla stragrande
maggioranza, il significato intensivo è unitario, condiviso.
Associazione verbale: il significato di una parola può essere
stimato rilevando la sequenza di altre parole con cui essa è associata.
Nei test di associazione verbale si è verificato che tali associazioni
risultano in relazione con la classe sociale di appartenenza dei soggetti
o con la professione svolta; che le associazioni dei componenti di una
famiglia sono molto simili tra loro; che i figli fanno associazioni più
simili a quelle della madre; che i maschi associano in modo più simile al
padre rispetto alle femmine; che i bambini associano usando termini con
cui potrebbero comporre una frase (ad es. martello -> chiodo).
Significato connotativo: una parola è carica di certe risonanze
emotive e cognitive che sono relativamente indipendenti dal significato
proprio, singolarmente considerato (ad es. la parola senza senso PALM
potrebbe indicare un sapone da barba: significato denotativo; ma perché
PALM sia venduto sul mercato, occorre che abbia anche un significato
connotativo di morbido, profumato, schiumoso, economico, ecc.).
Significato contestuale: il significato di una parola varia a
seconda del contesto logico in cui è inserita. Anzi, proprio per il fatto
di appartenere a un contesto logico, le parole acquistano una significato
più definito che non quando sono isolate (fenomeno della ridondanza. Ad
es. La madre si preoccupa della salute dei suoi figli). Nelle comunità si
usano messaggi ridondanti per ridurre la fatica di comprendere le
informazioni o per comprendere anche le informazioni incomplete o
disturbate.
V) Lo sviluppo del linguaggio. Nell'uomo l'emissione di suoni da parte
del sistema fonatorio precede di molto l'organizzazione della fonazione in
linguaggio articolato.
Il pianto della nascita è la prima manifestazione fonatoria:
rappresenta lo stato di panico determinato dal repentino e totale
cambiamento delle condizioni di vita del feto. In seguito, rappresenta un
disagio interno (fame, sonno...), invocazione d'aiuto, reazione di
protesta...;
dalla nascita a 6 mesi può emettere solo grida, borbottii o vari tipi
di pianto. I suoni non sono ancora linguaggio, anche se i fonemi si stanno
trasformando in sillabe. Dopo il primo mese può reagire col sorriso
quando sente la voce materna. A 3 mesi distingue differenti intonazioni
emotive della voce (ira, gioia...) e voci diverse.
Da 6 a 9 mesi emette un repertorio di suoni che comprende tutta la
gamma posseduta dall'uomo. In questa fase tutti i bambini del mondo usano
uno stesso linguaggio. Il neonato passa dalla semplice ripetizione di una
sillaba (senza che vi sia la comprensione del significato)
all'associazione fra la sillaba e ciò ch'essa significa.
Da 9 mesi a 1 anno la gamma dei suoni si restringe e viene
delimitandosi alle intonazioni del proprio ambiente di vita. A 10 mesi
comprende le prime parole. La comprensione della parola precede sempre la
sua produzione (anche nell'adulto, per lo studio delle lingue).
Dall'età di 1 anno inizia la capacità di emettere una successione di
suoni differenziati, per comporre una parola, che viene a riassumere il
valore di una frase (ad es. "pappa" sta per "ho fame"
o "non ho più fame"). La parola non è soggetta ad alcuna
regola grammaticale.
All'età di 18 mesi può comporre due parole in una frase, anche se vi
sono bambini che iniziano a parlare solo a 2-3 anni (poi recuperano
facilmente il tempo perduto).
A 2 anni compone frasi sempre diverse, con un numero sempre maggiore di
parole (circa 270, che diventano circa 1500 a 3 anni e circa 3500 a 6
anni). Inizia ad adottare regole grammaticali e sintattiche.
All'età di 4 anni ha un lessico ampio, appropriato e organizzato
secondo delle regole. Non riesce ancora a comprendere le
"eccezioni" della grammatica.
Dopo i 4 anni compaiono modi di esprimersi del tutto particolari
(varianti stilistiche) legati all'ambiente di vita o del tutto personali.
VI) L'origine del linguaggio. La presenza di una naturale
predisposizione al linguaggio (il corpo umano è geneticamente predisposto alla
comunicazione verbale) è premessa necessaria ma non sufficiente a farlo
maturare. La predisposizione dev'essere attivata entro un contesto di
comunicazione umana e verbale, altrimenti non si manifesta (es: il caso di
Victor, ritrovato per caso all'età di 12-13 anni in un bosco francese, che non
imparò mai a parlare. Oppure, bambini allevati isolatamente da genitori ciechi
che si comportano come se lo fossero). In definitiva, il linguaggio ha tre basi:
biologica (a livello anatomo-fisiologico),
intellettiva (che porta alla conoscenza),
ambientale (che offre un mondo linguistico già compiuto, tanto che,
in questo senso, non siamo noi a parlare ma è il linguaggio che ci fa
parlare secondo norme sue proprie).
- Strocchi M. Cristina,
Psicologia della comunicazione. Manuale per lo studio del linguaggio
pubblicitario e delle tecniche di vendita, San Paolo Edizioni
- Puggelli Francesca R.,
L'occulto del linguaggio. Psicologia della pubblicità, Franco Angeli
-
Guida a Wittgenstein. Il «Tractatus», dal «Tractatus» alle «Ricerche»,
matematica, regole e linguaggio privato, psicologia, certezza, forme di vita,
Laterza
- Pititto Rocco,
La comunicazione difficile. Psicologia dellinguaggio e della comunicazione,
La Scuola
- Meschiari Alberto,
Psicologia delle forme simboliche. «Rivoluzione copernicana», filosofia del
linguaggio e «Spirito oggettivo», Le Lettere
- Fasce Silvana,
Letteratura e psicologia: l'espressione del linguaggio interiore,
Compagnia dei Librai
-
Psicologia dello sviluppo del linguaggio, Il Mulino
-
Psicologia dello sviluppo del linguaggio e della comunicazione, ISU
Università Cattolica
- Picardi Eva,
La chimica dei concetti. Linguaggio, logica, psicologia (1879-1927), Il
Mulino
- Sanguineti Eugenio,
Psicologia del linguaggio. Afasiologia, ETS
- Lurija Aleksandr,
Neuropsicologia del linguaggio grafico, EMP
- Attili Grazia - Ricci Bitti Pio E.,
I gesti e i segni. La comunicazione non verbale in psicologia e
neuropsicologia clinica e il linguaggio dei sordi, Bulzoni
|