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APULEIO: L'ASINO IN CROCELUCIO E LUCIGNOLO
Apuleio, a cui i manoscritti più recenti attribuiscono il prenome di Lucio, visse nel II secolo d.C., sotto il principato di Antonino Pio e di Marco Aurelio. Nacque a Madaura, l'odierna Mdaurusch, in Algeria, all'incirca nell'anno 125 e morì certamente dopo il 160, anno in cui, ad Alessandria, subì un famoso processo di cui egli stesso parla apertamente. Finì assolto dall'accusa di essersi servito di arti magiche per sedurre e sposare la madre di un suo amico. Lucio è anche l'eroe della vicenda narrata ne Le Metamorfosi; una elaborazione latina di un romanzo greco del quale è rimasto solo un compendio (epítome). Il protagonista "... è un giovane pieno di curiosità, che desidera imparare l'arte della magia; egli usa però un unguento sbagliato e viene trasformato in asino. Sotto questa forma sarà costretto a vagare per il mondo, cambiando spesso padrone; e poiché gli uomini non vedono in lui che l'asino, non gli prestano attenzione, e parlano e agiscono davanti a lui senza alcun ritegno", finché, purificato per intervento di Iside, riacquista forma umana ed è ammesso fra gli iniziati ai misteri della dea. Nella sua introduzione a Le Metamorfosi (editrice Rizzoli Bur, Mi, ventesima edizione, ottobre 2000), Reinhold Merkelbach non esita a riconoscere che "Anche nel Pinocchio di Collodi l'influenza dell'antico modello trapela in modo evidente". Oltre che nell'evidenza della vicenda narrata, nello svolgersi pedagogico e morale delle vicende umane e asinine dei protagonisti delle storie, Lucio e Pinocchio, l'evidenza del riscontro è in quel nome del compagno di sventure di Pinocchio, il celebre Lucignolo, appunto, che rimane asino per sua sventura fino alla miseranda fine. Riscontriamo dunque la traccia archeologica della fonte di ispirazione al tema della liberazione attraverso un travaglio che è il riscatto di emancipazione umana a partire da un residuo di animalità istintuale. E' il superamento della metamorfosi asinina nella condizione (che la psicoanalisi situa nella fase adolescenziale) dove il soma (soma, somaro) è il carico dell’incesto magico della vecchia madre-amante che pesa fino ad impedire un distacco sociale e generazionale del soggetto. Il riscatto è nella conquista della condizione di adulto e di amante della giovane dea. Lo stesso tema fu, in tutt'altro contesto, quello sviluppato da Teseo che seppe con l'aiuto della giovane Arianna superare la trappola della bestia, il Minotauro. Il labirinto è inganno, negazione di ogni esterno al cerchio famigliare, luogo dell'incesto della dea madre che tutto confonde nell'istintualità animale che precede (o allontana) la capacità di discernimento tipica della coscienza umana. La tauromachia è traccia ancora attuale di questi riti di superamento del dominio divino e al tempo stesso animale del corpo materno. Con l'uccisione della grande bestia (King Kong, il Drago, la Balena, lo Squalo...) si esorcizza, almeno nelle intenzioni, il possesso della condizione animale in quella dell'individuo evoluto sessualmente e socialmente, favorendo il ricambio di generazione. Altre volte ancora la Bestia ha il sopravvento fino ad imporre l'incesto quale regola trionfante: la condizione animale-divina di Giocasta e quella della Sfinge coincidono. Giocasta è la Sfinge! Non è intenzione del figlio Edipo uccidere il Padre, ma è il volere della Madre-Sfinge-Giocasta che realizza per destinazione la fantasia di sostituzione del marito padre con il figlio divenuto adulto. L'ASINO IN CROCEC'è però un altro importante riferimento che è necessario rilevare per cogliere il senso profondo dell'allegoria che Collodi opera attraverso il suo straordinario Pinocchio e che ne spiega l'enorme potenziale di significato: la raffigurazione sacra dell’asino ha avuto fin dagli inizi del cristianesimo un singolare riconoscimento in Vaticano, grazie anche al fatto che si è recentemente scoperta tutta una iconografia sacra nella quale addirittura Gesù Cristo è raffigurato con orecchie e zoccoli asinini. Si è accertato che l’asino in croce del famoso graffito sul muro del Palatino a Roma o l’immagine di Gesù con orecchie d’asino e zoccoli ammantato di toga con un libro in mano, di cui riferisce Tertulliano, sono tutt’altro che caricature di pagani in scherno dei cristiani. Si tratta di immagini sacre, benché rare rispetto a quella dell’agnello. Nel Paedagogium o collegio imperiale, dove studiavano i figli dell’antico patriziato romano, si vede infatti un ragazzo in adorazione del Cristo in croce a forma di asino. Anticamente per tutto l’Oriente l’asino simboleggiava la saggezza e la regalità. Sul versante della negatività, come cavalcatura di una perversa divinità egizia e perciò bestia in disgrazia, l’asino è visto da autori che, come Apuleio, lo considerarono metafora della condizione umana. Appunto nella metamorfosi di Apuleio si ha la parabola dell’uomo che, desideroso di trasformarsi in uccello e di volare sulla testa degli altri, sbaglia unguento magico e si vede crescere al posto delle ali le orecchie e il resto del somaro. La parabola ricalca i miti della caduta dell’anima nel «lupanare» del mondo e le allegorie del viaggio penitenziale che l’uomo deve compiere, se vuole uscire dall’errore originario e liberarsi dalla bestialità in cui si dibatte.
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