ECONOMIA E SOCIETA' |
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LENIN E L'ECONOMIA DI MERCATO
Il mio nome è Tetsuzo Fuwa, e questa è la mia prima lezione fuori dal Giappone. È un grande onore per me poter visitare l’Accademia Cinese delle Scienze Sociali e poter parlare a ricercatori di diversi settori. Mi accingo ad intervenire su “Lenin e l’economia di mercato”. Ho scelto questo argomento perché esso coinvolge in senso ampio tanto la Cina quanto il Giappone. Il Partito Comunista Cinese ha adottato una linea politica tesa a sviluppare una “economia di mercato socialista” al suo Congresso una decina di anni fa. Ma anche in precedenza la Cina ha avuto un approccio pragmatico su tale questione. Ed ora state proseguendo sulla via verso “il socialismo attraverso un’economia di mercato”. Il Giappone è nel cuore dell’economia capitalistica ed il Partito Comunista Giapponese si pone l’obiettivo di raggiungere il socialismo nel proprio paese attraverso un processo graduale. Il corso che seguiremo sarà “socialismo attraverso un’economia di mercato” oppure una “combinazione di economia pianificata ed economia di mercato”. Assisteremo a nuovi sviluppi storici e ci troveremo di fronte a nuovi problemi per la teoria e la pratica del socialismo scientifico. Lenin è stato il primo comunista ad analizzare il rapporto tra economia di mercato e socialismo Dal 1998 al 2001 sono stato impegnato in una ricerca su “Lenin ed il Capitale”, producendo una quarantina di articoli che sono stati pubblicati su una rivista a scadenze fisse per un intero triennio. È stato questo un tentativo di prendere in esame l’attività teorica di Lenin a partire dagli anni della gioventù. Uno dei maggiori argomenti sul piano teorico affrontati dal dirigente bolscevico negli ultimi tre anni precedenti la malattia del 1923 è stato proprio il rapporto tra economia di mercato e socialismo. Marx ed Engels sono i fondatori del socialismo scientifico e nostri grandi predecessori, ma essi non hanno mai avuto la possibilità di operare nella pratica alla costruzione del socialismo. Io non credo che essi abbiano mai investigato sino in fondo le relazioni tra economia di mercato e socialismo, nemmeno dal punto di vista teorico. Per questo Lenin è stato il primo comunista a raccogliere la sfida. Egli si è trovato di fronte a numerose difficoltà nel corso dei propri studi, sottoponendo a modifiche radicali i propri punti di vista. Una rivisitazione di tali diligenti sforzi da parte di un predecessore, io penso, ci potrà essere di aiuto e di esempio per affrontare le questioni aperte dei nostri giorni. Lenin ha respinto l’economia di mercato nella prima fase della rivoluzione Volgendo lo sguardo alle attività di Lenin, scoprirete che un possibile utilizzo dell’economia di mercato non rientrava nei suoi schemi, durante la vittoriosa Rivoluzione d’Ottobre, la rivoluzione socialista russa. Mentre era impegnato nella costruzione di un nuovo sistema economico a seguito del successo rivoluzionario, egli credeva fermamente nel principio che socialismo ed economia di mercato fossero incompatibili tra loro. Questo atteggiamento si è ulteriormente rafforzato durante la guerra contro l’intervento straniero e la contro-rivoluzione. La concezione leniniana dell’economia comunista riguardava la produzione industriale in aziende controllate dallo stato e la fornitura di grano da parte dei contadini, con la cessione delle eccedenze dei raccolti all’autorità centrale sovietica, che le avrebbe distribuite al popolo. Si riteneva che questo percorso avrebbe da una parte agevolato lo sviluppo industriale del paese e, dall’altra, permesso all’autorità sovietica di fornire ai contadini trattori, fertilizzanti ed altri aiuti necessari, nonostante il paese dovesse ancora uscire dall’austerità successiva alla guerra. Questo contesto portava a considerare l’“economia di mercato” ed il “libero commercio” come simboli dei nemici della costruzione del socialismo, come slogan contro-rivoluzionari. Il compito maggiore del partito comunista era quello di spingere il popolo, con particolare riferimento ai contadini che erano abituati all’economia di mercato, ad abbandonare la loro inclinazione a favore dell’economia di mercato. Questa politica, successivamente definita “comunismo di guerra”, è terminata all’inizio del 1921. Adozione della “Nuova Politica Economica” per migliorare le relazioni con i contadini Il “comunismo di guerra” aveva tuttavia provocato elementi di antagonismo difficili da risolvere sul campo. I contadini erano stati sì disponibili a sopportare le privazioni nel corso della guerra contro le forze contro-rivoluzionarie e l’intervento straniero, ma una volta che la Russia Sovietica riuscì a sconfiggere questi nemici e raggiungere la pace, il loro malcontento esplose, provocando sollevazioni in diverse località. A Kronstadt, porto vicino a Leningrado (al tempo la capitale, e città nota come bastione della rivoluzione), persino i marinai rivoluzionari scesero in rivolta, rivendicando il “libero commercio” o la “libertà di commercio”. Lenin considerò questa pericolosa situazione assai più seriamente di ogni altro dirigente politico della Russia sovietica di quel tempo. Il nodo centrale era come migliorare le relazioni del governo socialista con i contadini. Esistevano le condizioni per costruire un’alleanza operaio-contadina, elemento essenziale nel processo di costruzione di una nuova società? Le dichiarazioni e gli articoli di Lenin nel corso di questo periodo mostrano chiaramente quanto egli si sia dato da fare per trovare una risposta. Se si considera che anche Lenin riteneva l’economia di mercato una parola d’ordine contro-rivoluzionaria, si potrà comprendere il coraggio necessario per assumere la difficoltosa decisione di accettare questo principio. La Nuova Politica Economica, NEP, ebbe inizio nel marzo del 1921: solitamente si fa riferimento ad essa, in maniera non corretta, come sinonimo di accettazione di un’economia di mercato. Nonostante il drastico cambiamento, Lenin inizialmente non avrebbe potuto spingersi fino al punto di riconoscere l’economia di mercato; egli perseguì una riforma che non prevedeva una economia di mercato, ma che, attraverso uno “scambio di prodotti”, permettesse ai contadini di scambiare il grano con beni industriali ed altri prodotti provenienti dalle città. Senza raggiungere, però, buoni risultati. Dopo sei mesi di riflessione, nell’ottobre 1921 egli giunse alla conclusione che era necessario adottare un’economia di mercato. L’annuncio di questa conclusione, che Lenin elaborò a costo di grandi fatiche, ebbe grandi ripercussioni nel partito. Documenti di una conferenza del Partito Comunista Russo di quell’epoca, disponibili nelle Opere di Lenin, mostrano chiaramente quanto profondo fosse lo scompiglio. Un intervento alla discussione sostenne che “Essi non ci hanno insegnato a commerciare in prigione”, mentre un altro sottolineava che i comunisti non possono essere coinvolti nel molto insoddisfacente lavoro del commercio. Nel suo intervento conclusivo, Lenin criticò queste posizioni, sostenendo che non è scusabile per dei rivoluzionari cedere allo scoramento. Verso il “socialismo attraverso un’economia di mercato” In questo modo la Russia ha cominciato a studiare l’economia di mercato, essendo stata la discussione stimolata dalla politica di miglioramento delle relazioni del governo con i contadini dopo la vittoria della rivoluzione. Una volta assunta la decisione di imboccare questa strada, Lenin cominciò immediatamente ad approfondirne i diversi aspetti, sviluppandoli all’interno di una politica che avrebbe avuto un’influenza fondamentale sul destino della Rivoluzione Russa e del socialismo, vale a dire la via verso il “socialismo attraverso un’economia di mercato”. Alcuni documenti del tempo mostrano che essa determinò un impressionante sviluppo. Penso che la nuova politica consistesse in alcuni elementi cardine.
L’Unione Sovietica ruppe con questa politica cinque anni dopo la morte di Lenin Nel marzo 1923, diciassette mesi dopo aver completato questo piano, Lenin si ammalò, per poi morire nel gennaio del 1924. Al potere salì Stalin che, come capo del governo e del partito comunista, tra il 1929 ed il 1930 portò a termine la cosiddetta “collettivizzazione delle campagne”, con metodi di requisizione forzata dei raccolti. Se la NEP era finalizzata a migliorare le relazioni del governo con i contadini, la successiva politica di “collettivizzazione delle campagne” significava la fine della NEP. Da allora, la politica per raggiungere il “socialismo attraverso un’economia di mercato” non ha più trovato spazio in Unione Sovietica. Numerosi decenni dopo, quando questo paese era guidato da Mikhail Gorbaciov, si tornò a discutere molto di “introdurre un’economia di mercato”, ma durante i precedenti sessant’anni, durante e dopo l’era Stalin, l’Unione Sovietica si era completamente modificata, a partire dal sistema socio-economico. In effetti, la società sovietica era ormai un sistema nel quale il socialismo, o anche una direzione verso il socialismo, non esisteva. Nessun paese ha imboccato questa via Per questo ritengo che il “socialismo attraverso un’economia di mercato”, attualmente tentato da Cina e Vietnam, sia una strategia che nessun paese ha mai sperimentato. Nel mio intervento in occasione dell’80° anniversario del PCG lo scorso luglio ho cercato d’indagare riguardo alla forza motrice che muoverà il mondo nel il XXI° secolo. In quel contesto ho citato quanto la Cina sta tentando di fare con le seguenti parole: “Nonostante l’Unione Sovietica sia scomparsa, i progetti di socialismo legati alla figura di Lenin non lo sono. Esistono paesi che stanno intraprendendo nuovi progetti di socialismo, tra i quali Cina, Vietnam e Cuba. Il “socialismo attraverso un’economia di mercato” perseguito da questi paesi è precisamente quanto proposto da Lenin e poi rovesciato da Stalin. Questa è una via ancora inesplorata e per questo vi potranno essere numerose difficoltà non previste. Ad ogni modo non ho dubbi sul fatto che i risultati di questo cammino avranno un grande impatto sul corso dei processi che caratterizzeranno il XXI° secolo”. Cosa occorre fare per proseguire la strada verso il socialismo? Essendo questa una questione fondamentale, vi saranno diverse questioni teoriche che dovranno essere investigate. Consentitemi di soffermarmi su due elementi. Il primo riguarda il problema di cosa deve essere fatto per far sì che la via di un’economia di mercato abbia successo in quanto via per raggiungere il socialismo. Nell’analizzare ciò che la via del “socialismo attraverso un’economia di mercato” avrebbe significato, Lenin sottolineò dettagliatamente che il sistema economico avrebbe implicato cooperazione e competizione tra diversi settori: socialismo, capitalismo di stato, capitalismo privato e piccola produzione. Egli ha anche prodotto diverse ed originali osservazioni riguardo le misure da intraprendere affinché questo processo portasse verso il socialismo e non segnasse un ritorno al capitalismo. Ritengo che oggi potremmo apprendere molto da queste osservazioni. Lenin sottolineò in primo luogo e soprattutto l’importanza di rafforzare il settore socialista attraverso la competizione all’interno del mercato, in modo tale da renderlo abbastanza forte da reggere la concorrenza con il settore capitalistico. Da questo punto di vista, egli chiarì l’importanza di imparare quanto più possibile da capitalismo interno ed estero. Uno degli slogan avanzati da Lenin era “per essere un buon commerciante, uno deve commerciare alla maniera europea”. Apparentemente questa poteva sembrare una dura risposta a coloro che ritenevano che “Essi non ci hanno insegnato a commerciare in prigione”. Lenin in realtà intendeva dire che “essere in grado di commerciare non è sufficiente; occorre divenire uomini d’affari più abili rispetto ad un omologo europeo”. Un'altra parola d’ordine avanzata da Lenin era di “mettersi alla prova attraverso la competizione tra le imprese di stato e capitalistiche”. Occorrerebbe notare qui che la necessità per il sistema socialista di “sconfiggere il capitalismo” non si pone solamente sul terreno dei vantaggi economici, quali la produttività e l’efficienza. In un articolo Lenin sottolineò la necessità di migliorare la sicurezza nei luoghi di lavoro prendendo ad esempio gli elementi di eccellenza del capitalismo. Come per dire che lo slogan di Lenin “sconfiggere il capitalismo” si estendeva a questioni quali ambiente ed inquinamento, dal momento che il socialismo avrebbe dovuto mostrarsi superiore in tutti i settori. La seconda osservazione, riguarda le “alture strategiche”, vale a dire i punti chiave dell’economia del paese. Lo Stato deve possedere un fermo controllo della struttura socialista, elemento questo che gli permetterà di assumere la direzione dello sviluppo economico. Quando Lenin sottolineò l’importanza delle “alture strategiche”, egli faceva riferimento alla necessità da parte dello Stato socialista di assumere il controllo della maggior parte dei mezzi di produzione nell’industria e nei trasporti. Ritengo che questa opinione trovasse una propria giustificazione nelle particolari circostanze della Russia dell’epoca e, di conseguenza, che la funzione delle “alture strategiche” sia un argomento da verificare a partire dalle condizioni storiche di ciascun paese. Il terzo aspetto riguarda la difesa della società e dell’economia contro i fenomeni negativi che l’economia di mercato è destinata a produrre. Quest’ultima, anarchica e competitiva, è del tutto simile alla legge della giungla e costituisce la vera ragione dell’insicurezza del lavoro, della disoccupazione e dell’ingiustizia sociale. Il mercato non ha gli strumenti per contenere tali contraddizioni, che possono essere invece controllate attraverso lo Stato sociale ed altre misure di sicurezza sociale. Nonostante Lenin non avesse elaborato grandi osservazioni a questo proposito in seguito all’adozione della NEP, vorrei però citare un interessante episodio storico. I principi relativi alla sicurezza sociale sono stati fissati per la prima volta a livello mondiale in una dichiarazione del governo rivoluzionario sovietico dopo la Rivoluzione d’Ottobre. Più tardi, questi principi hanno avuto una grande influenza all’interno del mondo capitalistico, dal momento che essi gettavano le fondamenta del controllo sociale rispetto agli effetti negativi dell’economia di mercato sotto il capitalismo. Devo sottolineare che un aspetto negativo dell’economia di mercato risiede nella sua inclinazione a favorire lo sviluppo dell’avidità e della corruzione. Le istituzioni pubbliche devono mantenere con fermezza i principi del socialismo, ma nel momento in cui esse dovessero essere contaminate da vari generi di corruzione, burocratismo ed autocrazia, saranno questi ultimi a prevalere. Consapevole di tutto questo, Lenin ripetutamente enfatizzò l’importanza della supervisione e dell’ispezione popolari, unite all’autodisciplina delle pubbliche istituzioni. Per questo, nei suoi ultimi anni, egli sottolineò con insistenza la necessità di elevare i livelli culturali del popolo e di mettere ciascun individuo nelle condizioni di adempiere alle proprie responsabilità. Vorrei dire ancora una parola. Oggi, il capitalismo è ad un bivio: deve scegliere se accettare l’economia di mercato come panacea o porre quest’ultima sotto controllo sociale e democratico. La tendenza a considerare l’economia di mercato come onnipotente è largamente rappresentata dall’amministrazione Bush negli Stati Uniti, mentre la vocazione al controllo democratico sull’economia di mercato si manifesta in molti paesi europei. Questo punto richiama diverse questioni economiche a livello mondiale, quali la devastazione ambientale, la disparità sociale e l’indipendenza di ciascun paese. Sono convinto che l’oggetto fondamentale della futura ricerca sul piano del contesto storico sarà quello di verificare se i paesi ed i loro sistemi economici impegnati a raggiungere il socialismo attraverso un’economia di mercato dimostreranno la loro superiorità nel promuovere il progresso sociale. Quale sarà il futuro dell’economia di mercato? Un altro punto che vorrei sollevare come argomento di studio è più teorico e riguarda il futuro, e riguarda il destino dell’economia di mercato. Quando la combinazione tra economia pianificata ed economia di mercato raggiungerà con successo il socialismo, l’economia di mercato perirà o sopravviverà? Sugli aspetti negativi dell’economia di mercato ci siamo già soffermati, ma uno studio dell’economia di mercato in prospettiva deve essere consapevole, come ho già menzionato, che essa ha degli importanti effetti economici che non possono essere sostituiti da altri metodi o meccanismi. Prendiamo la funzione dell’economia di mercato nel riequilibrio tra domanda e offerta. Sarebbe possibile stimare la domanda di scarpe in un paese senza utilizzare i meccanismi di mercato, ma quando si tratta della domanda di particolari modelli e colori delle scarpe, si è costretti a fare i conti con i meccanismi di mercato per un lungo periodo, anche se utilizzi un computer sofisticatissimo. Allo stesso modo, la valutazione del mercato è utile se si intende stimare o comparare la produttività del lavoro o la performance aziendale. Riguardo la questione “se crea più valore il lavoro qualificato rispetto a quello dequalificato”, Marx sottolineò che la misura è determinata dai meccanismi di mercato. Nelle parole di Marx, tale valore è determinato da un “processo sociale” antecedente i produttori, vale a dire attraverso un aspetto dell’economia di mercato. È davvero emblematico che il sistema economico pianificato sul modello sovietico abbia prodotto un totale fiasco proprio da questo punto di vista, come dimostrano chiaramente i rapporti di Chruscëv al Comitato Centrale del Partito Comunista dell’Unione Sovietica durante gli anni cinquanta e sessanta. Ad un certo punto egli sottolineò che “in Unione Sovietica i risultati delle attività produttive erano misurati sulla base del peso dei prodotti; la produzione di lampadari più pesanti era valutata come una grande prestazione lavorativa; lampadari più pesanti avrebbero potuto accrescere i profitti di un’impresa, ma per chi?” E ancora, oltre a questo: “Per quale ragione le forniture prodotte in Unione Sovietica sono tanto impopolari? Perché le aziende stanno producendo prodotti pesanti. Le forniture estere sono più leggere e maneggevoli. Nel nostro paese il risultato della produzione della maggior parte dei macchinari è dato dal peso dei prodotti, e per questo si utilizza una quantità di ferro doppia rispetto al necessario. Con la conseguenza che le fabbriche non riescono a raggiungere i loro obiettivi, ma solamente a fabbricare prodotti di nessuna utilità. Noi dobbiamo creare nuovi parametri per misurare i risultati delle fabbriche”. Questo era il livello di studio riguardante la definizione dei parametri per la valutazione dei risultati economici trent’anni dopo aver abbandonato l’economia di mercato. Noi abbiamo a tal proposito un’esperienza interessante. Dopo la fine della guerra di aggressione Usa contro il Vietnam e la restaurazione della pace, noi inviammo una delegazione per studiare l’economia vietnamita e dare consigli riguardo la ricostruzione. La delegazione ha visitato i distretti agricoli dove, come sapete, si coltiva il riso nelle risaie. Per aiutare la meccanizzazione dell’agricoltura vietnamita, l’Unione Sovietica inviò macchine per il trapianto del riso. Essendo un prodotto dell’economia pianificata sul modello sovietico, questi macchinari erano talmente pesanti che affondavano nel fango delle risaie. I vietnamiti si sono sentiti obbligati ad utilizzare il dono ed attaccarono due barche su entrambi i lati della macchina per evitare che affondasse. La giovane pianta di riso veniva piantata ugualmente, ma essa, appena piantata, rimaneva pressata dalle due barche. Alla fine i vietnamiti decisero di porre fine all’utilizzo di queste macchine. Questo esempio dimostra quanto difficile sia trovare un sostituto dell’economia di mercato come sistema per migliorare la produttività del lavoro e l’efficienza delle attività economiche. Marx, dal canto suo, non si pose nemmeno la questione. Nel Capitale sottolineò che il concetto di valore rimane nella società comunista. Ad ogni modo, non possiamo utilizzare questo elemento di analisi per concludere che nel pensiero marxiano anche l’economia di mercato avrebbe continuato a rimanere valida. Se il concetto di valore rimarrà valido, dobbiamo comunque porci il problema se è possibile una sua sopravvivenza senza l’economia di mercato. Affinché il concetto di valore mantenga una propria validità nella società comunista, deve esserci un qualche genere di meccanismo in base al quale poter misurare il “valore” del lavoro in sostituzione del “processo sociale” che operava dietro i produttori, vale a dire la “economia di mercato”. Credo che tutto ciò coinvolga questioni teoriche di primo piano ancora irrisolte; questioni che potranno trovare soluzione solamente con il trascorrere del tempo e con l’accumulazione di esperienze pratiche a livello mondiale. Marx pose a fondamento della propria teoria del socialismo e del comunismo la critica su basi scientifiche della società capitalistica, e dimostrò che essa sarebbe stata sostituita da una forma più alta di società come storica necessità. Nel fare questo egli respinse ogni tentativo di redigere un progetto definito per una nuova società futura, rimanendo solamente fermo sull’osservazione generale relativa ai meccanismi di progresso della società. Proprio questo è alla base della sua teoria del socialismo e del comunismo. Marx rimase fedele alla visione generale che tale questione sarebbe stata elaborata dalle future generazioni, nel momento in cui avrebbero portato a termine attività pratiche grazie alle quali essi avrebbero accumulato e imparato dalle varie esperienze. Lenin apprezzò questo approccio di Marx e disse: “Marx non ha affidato a se stesso, od ai futuri dirigenti della rivoluzione socialista, il compito di dare contenuto, forma o modalità e mezzi coi quali procedere sul terreno rivoluzionario”. Dobbiamo tenere bene a mente che siamo noi i protagonisti dello sforzo di creare una nuova società. Questo percorso ha una valenza universale Prima di concludere la mia lezione, vorrei sottolineare che nulla riguardo il “socialismo attraverso un’economia di mercato” deriva come eredità dal pensiero di Marx; tutto quanto scaturisce dalle necessità riscontrate sul campo. Ho affermato in precedenza che questo costituisce un “nuova sfida storica”. Si tratta anche di una nuova sfida sul piano teorico, con una portata universale. Nessuno dovrebbe nutrire dubbi sul fatto che anche paesi capitalistici ad alto grado di sviluppo come il Giappone si troveranno di fronte a problemi simili in futuro. Quando in questi paesi vi saranno governi che si batteranno per il raggiungimento del socialismo e cominceranno a fare progressi su questo terreno, si creerà un settore socialista all’interno dell’economia di mercato. La razionalità e superiorità di questo settore sarà messa alla prova nell’economia di mercato ed esso accrescerà la propria importanza ed efficacia. Questo processo sarà differente da paese a paese ma, nonostante questo, il percorso di base “attraverso un’economia di mercato verso il socialismo” sarà comune alla maggioranza dei paesi. Io seguirò con estrema attenzione i vostri sforzi presenti e la vostra esperienza. Vi potranno essere zig-zag, successi e fallimenti. Continuerò a studiare quanto state perseguendo collegandolo alla prospettiva di una futura società giapponese che noi stiamo immaginando. Questo articolo proviene dal Circolo A. Gramsci di Cagliari L'url per questo intervento è: www.gramscicagliari.org//modules.php?name=News&file=article&sid=37 Piano e mercato possono
coesistere? |
Le immagini sono prese dal sito "Foto Mulazzani"