ECONOMIA E SOCIETA' |
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IL DEBITO DEI PAESI POVERI
Da dove viene il debito dei paesi poveri? L’indebitamento dei paesi arretrati è un carattere strutturale delle relazioni capitalistiche mondiali. In ultima analisi, esso deriva dal semplice fatto storico che i paesi arretrati si affacciano sull’arena della competizione mondiale quando il mondo è già diviso tra potenze imperialiste che li sovrastano tecnologicamente e militarmente. Le multinazionali controllano i settori vitali dell’economia mondiale. Esercitano questo controllo non solo e non tanto grazie al puro potere politico e militare, che pure è presente, ma grazie alle leggi di funzionamento del libero scambio. Poiché ogni merce viene venduta sulla base dei suoi costi di produzione e poiché le multinazionali hanno le risorse per migliorare continuamente la tecnologia riducendo i costi, i produttori dei paesi arretrati si trovano costantemente tagliati fuori dal mercato. L’eredità di secoli di colonizzazione ha poi lasciato questi paesi del tutto legati a una sola merce (spesso un metallo o una coltura); così quando il prezzo di questa merce cala, questi paesi subiscono veri tracolli nel giro di pochi giorni. D’altra parte, quando i prezzi salgono, come è il caso del petrolio ultimamente, ad arricchirsi sono pochissime persone, sia nei paesi produttori che in quelli consumatori. A ciò si aggiunge il peso crescente della finanza mondiale, che non solo ha conquistato i mercati finanziari locali (si consideri che nel ’94 l’8% del settore bancario dell’Europa orientale era in mani estere, oggi è già il 60%, in America Latina il 50% e così via), ma ha strettamente legato le sorti di ogni paese agli investimenti dei giganti del credito, spinti all’estero dalla riduzione dei profitti in patria. Così, le finanze dei paesi arretrati sono sempre più in mano alle grandi banche internazionali. Gli aiuti occidentali Una volta stabilita l’inevitabilità dei debiti dei paesi poveri, occorre però anche aggiungere che ci sono debitori e debitori. Non bisogna mai dimenticare che il più grande debitore del mondo è l’America. Gli Stati Uniti accumulano con il resto del mondo un debito al ritmo di 30 miliardi di dollari al mese. Ma non ci risulta il Fondo monetario faccia grandi pressioni su Washington. Non a caso. Il ruolo del FMI è sostanzialmente di assicurare i profitti delle banche americane, e occidentali in genere, nei loro affari nel terzo mondo. Ha cioè lo stesso compito dell’esercito o della flotta americana, e opera con armi altrettanto micidiali. Con la fine dello stalinismo, i paesi del terzo mondo non hanno avuto più alternative, per avere accesso ai prestiti non c’era che presentarsi dal Fondo col cappello in mano. Il crollo delle materie prime, lo strapotere delle multinazionali sono fattori che hanno peggiorato enormemente le condizioni sociali e finanziarie di questi paesi. Inoltre i vari paesi imperialisti li usano come burattini per combattere tra loro guerre per procura. Ovviamente, dopo avergli venduto immani quantità di armi, i governi occidentali si lamentano che in quei paesi i soldi degli “aiuti” vanno sprecati in armamenti…; in generale bisogna ricordare che per ogni dollaro d’aiuto che va a questi paesi, ne tornano due sotto forma di commesse a ditte americane. Si consideri, per esempio, che subito dopo le seguenti dichiarazioni di Clinton: “Oggi ordino alla mia amministrazione di condonare al 100 per cento il debito che queste nazioni hanno con gli USA, qualora questo denaro venga usato per finanziare bisogni umani fondamentali” (Clinton, 29/9/1999), il parlamento americano ha varato il “Nafta for Africa”, un accordo che apre le porte dei paesi africani alle aziende americane. Come al solito, in cambio di quattro soldi, un intero continente è stato venduto al miglior offerente. I “piani di aggiustamento strutturale” Il Fondo monetario, quando un paese arriva alla bancarotta, interviene per evitare che a rimetterci siano i creditori, cioè le banche occidentali e propone al paese un accordo capestro così concepito: per prima cosa si avviano le “riforme strutturali” dell’economia e cioè: si distrugge lo stato sociale, si svaluta la propria moneta, si abbassano i salari, si svendono le aziende migliori alle multinazionali, insomma si rende il paese appetibile per il capitale occidentale. Dopo di che si passa a “rimodulare” il debito, cioè a suddividerlo in più rate. Chi osa ribellarsi viene punito (ad esempio, di recente la Moldavia non ha privatizzato le aziende del settore agricolo rapidamente come voleva il FMI e quello ha ritirato gli aiuti). Dall’inizio degli anni ’80, oltre novanta paesi sono stati costretti a ricorrere ai famigerati piani di aggiustamento strutturale, grazie ai quali la finanza americana diviene il vero governo del paese. Oltre ai “cattivi”, il Fondo ovviamente ha anche i suoi “buoni”, cioè paesi che esalta per le politiche “sane” portate avanti. Purtroppo, sembra che le lodi del Fondo portino decisamente sfortuna. Negli anni ’90 i buoni erano il Messico e le tigri asiatiche, prima che la crisi spazzasse via l’uno e le altre. Ovviamente in quei casi, il Fondo ha subito dato decine di miliardi di dollari a quei paesi senza condizioni. Le condizioni le stan ponendo adesso che la situazione è più stabile e sono le solite: tagli, tagli e ancora tagli. Non a caso gli operai coreani hanno ribattezzato il Fondo “sono licenziato” (dalle iniziali inglesi “IMF”, I’m fired). La politica del Fondo ha enormemente impoverito i paesi arretrati, li ha ancor più resi dipendenti dalle multinazionali e ha tra l’altro ingigantito spaventosamente i loro debiti (che era di 75 miliardi di dollari nel 1970, 900 nel 1985, dieci volte tanto ora). Si è trattato di una politica così fallimentare che economisti famosi e coinvolti direttamente nella controrivoluzione capitalistica in Europa orientale, Sachs, Sitglitz e altri, le hanno attaccato frontalmente. Nell’aprile scorso Joseph Stiglitz, noto economista e Vice-Presidente della Banca Mondiale, ha pubblicato un articolo su “The New Republic” in cui ha attaccato la “stupidità” del Fondo. Vale la pena riportare qui alcuni brani, innanzitutto sul rapporto con i paesi debitori: “il Fondo ama procedere senza chiedere niente a nessuno. In teoria dovrebbe supportare le istituzioni, in pratica con le sue prescrizioni ne minaccia la stabilità. Sotto il profilo formale il Fondo negozia e non impone le condizioni dei prestiti, ma nella negoziazione tutto il potere è concentrato nelle sue mani”. Poi sulla gente che valuta il destino di intere popolazioni: “Quando decide di assistere una nazione, il Fondo vi manda una “missione” di economisti cui manca in molti casi una conoscenza approfondita del Paese: tornano a casa con idee molto più chiare sulla qualità degli alberghi a cinque stelle che sulla realtà dei villaggi.” La stoltezza di queste istituzioni è andata aumentando con il crollo dello stalinismo e la situazione di generale arretramento delle lotte che si è avuta negli anni ’90. Fino a non molto tempo fa, ad esempio, la Banca Mondiale spiegava che per ridurre la povertà serve anche lo stato sociale. Poi se ne dimenticò. Adesso non fa che proporre le ricette della Thatcher, che hanno distrutto l’industria nel paese che ha fatto la rivoluzione industriale in paesi che ancora non hanno un’industria vera e propria. Si è giunti al punto che lo scorso giugno l’economista responsabile del rapporto annuale della Banca Mondiale Ravi Kanbur se ne è andato perché avevano cambiato la sua relazione esaltando il liberismo, le privatizzazioni ecc. C’è infine da ricordare che il funzionamento di queste istituzioni è lo specchio fedele dei loro padroni. Così, i funzionari del Fondo, che già guadagnano centinaia di migliaia di dollari l’anno, si sono aumentati gli stipendi del 25% in tre anni. Con che serietà vadano poi a consigliare i tagli in paesi in cui interi villaggi camperebbero con un loro mese di straordinario non si sa. Il recente meeting di Okinawa che è costato 500 milioni di dollari (4 milioni solo per costruire la casa di Clinton), sarebbe bastato a pagare il debito di 3-4 paesi. E che dire del fatto che, proprio come in una multinazionale, i diversi paesi hanno voce in capitolo sulla base delle “azioni” che hanno e cioè del loro riserve presso il Fondo? Questo significa che 43 paesi africani contano per il 4,38% e gli Stati Uniti per il 18%. E' infine superfluo ricordare che al Fondo non interessano cose come diritti umani, libertà sindacali ecc. Così, a prescindere dal vero livello di vita delle masse, se un paese ha un passato di “socialismo” (cioè di alleanza con qualche paese stalinista) è un disastro, se invece privatizza l’economia va bene, anche se nel frattempo massacra e tortura decine di migliaia di operai, contadini, delegati sindacali. Cosa c’è dietro la riduzione dei debiti agli “HIPC”? Di paesi poveri ne esistono tanti. Quelli più poveri e più indebitati sono definiti “HIPC” (paesi poveri altamente indebitati). Nel ’96 Fondo e Banca Mondiale hanno detto: se un HIPC si comporta bene gli facciamo lo sconto. Per essere un paese HIPC ci sono tre condizioni. Le prime due sono ovvie: essere molto poveri e molto indebitati. La terza è notevole: “avere un passato di riforme e politiche equilibrate” cioè aver tagliato. Dunque, anche con questi paesi è la solita storia: si fanno le “riforme”, dopo tre anni il Fondo prende in considerazione la candidatura e inizia la seconda fase, cioè una valutazione delle nuove “riforme” (“stabilità macroeconomica” la chiamano). Alla fine di tutto questo arriva lo sgravio. In tutto, il Fondo farà uno sconto di 28 miliardi di dollari, in cambio del quale questi paesi si consegnano mani e piedi a Wall Street. La cosa che colpisce è che quando nel ’97 l’Asia fu investita da una crisi esplosiva, il Fondo diede senza condizioni una cifra quattro-cinque volte maggiore di questa. Perché? E che dire dei 140 miliardi di dollari dati alla Russia che la Banca Mondiale ammette essere andati all’estero grazie a Eltsin e la sua cricca? Quali “riforme” ha portato avanti Eltsin per meritare quei soldi? La realtà è che il Fondo si permette la più assoluta arroganza con i paesi che più avrebbero bisogno di aiuto. Peraltro, l’iniziativa per la riduzione dei debiti dei paesi HIPC è solo l’ultima di una serie. Di iniziative analoghe se ne parla già dagli anni ’70 e più ne parlano più quei paesi si impoveriscono e si indebitano. Tanto per fare un esempio, nell’88 erano 27 e ora 41… Ma a parte questa politica dei due binari, occorre ricordare che il Fondo ha innanzitutto il ruolo di evitare che la bancarotta di un paese arretrato, provocata spesso propri dai suoi “piani”, non si tramuti in perdite per le banche creditrici. Questa funzione di assicurazione venne fuori la prima volta quando alcuni paesi dell’America Latina, Messico in testa, andarono in bancarotta all’inizio degli anni ’80, rischiando di provocare perdite spaventose per le banche americane. Fu preparato il famoso “piano Brady”, cioè lo Stato americano e il Fondo garantivano i soldi prestati dalle banche. Da allora il Fondo fa sempre la stessa cosa: impone politiche distruttive e rifonde le eventuali perdite alle grandi banche. Vale la pena formulare un esempio di come le politiche di FMI e Banca Mondiale sono dannose di fronte al funzionamento dell’economia mondiale. La Guinea stava portando avanti il suo piano di aggiustamento strutturale in modo magnifico. L’inflazione era scesa nel ’96 al 3,5%, i tagli allo stato sociale erano stati colossali (per es. la sanità da 16 a 12 dollari di spesa pro capite); quando il prezzo dell’alluminio, principale merce esportata dal paese, è crollato di un terzo e tutti gli equilibri sono saltati. Che ha fatto allora la Banca Mondiale? Gli ha imposto: la totale fluttuazione della valuta, la totale apertura del sistema finanziario e la privatizzazione di oltre metà delle imprese pubbliche. E in cambio di tutto ciò, il debito del paese, che è ora di 2,5 miliardi di dollari, sarà di 5 miliardi nel 2010 anche se nel frattempo il paese ne pagherà altri 4 (documento preliminare del 10/12/1999). Ma cosa interessa a questi organismi se i debiti conducono direttamente alla morte di milioni di persone? Se la penetrazione delle multinazionali ha annientato i piccoli contadini, spingendoli in città, creando bidonville spaventose, dove muoiono a grappoli per le malattie, la guerra. Soluzioni vere e soluzioni farsa Il debito dei paesi “poveri” non scomparirà mai; al contrario, va aumentando. Le ipocrite campagne per la riduzione del debito, che siano della Chiesa o di qualche governo, servono solo a rendere possibile la prosecuzione dello status quo e cioè la possibilità per le grandi banche internazionali di fare soldi in tutte le condizioni. La famosa iniziativa di Colonia significa rinunciare al 2,5% del debito totale (il 12% dei paesi più indebitati). In cambio di queste briciole, gli Usa vogliono la resa senza condizioni. Proprio come lo strozzino si assicura che le sue vittime non si suicidino per evitare di rimetterci gli interessi, il Fondo monetario lascia i paesi “poveri” sempre sull’orlo della bancarotta, in modo che siano sempre costretti a obbedire in cambio di pochi spiccioli. Il senso della campagna per la riduzione del debito è stata molto ben sintetizzata dal reverendo Mofele Tsele, responsabile per il Giubileo del Sudafrica: “Vi sono campagne dei ricchi che servono solo l’interesse dei ricchi. Chiediamo a tutti i movimenti che si ispirano al Giubileo di distanziarsi da quelle campagne per il condono dei debiti in cui le decisioni sono prese dai governi creditori o dagli stati per i loro interessi. Il sud afferma che il debito è già stato ampiamente pagato. Non dobbiamo più nulla. Infatti è il nord che deve restituire al sud” (intervista a Il Manifesto del 29/2/2000) Sebbene la religione non aiuti a raggiungere conclusioni corrette, l’esperienza diretta ha portato questo signore a considerazioni ben più radicali di quelle che sentiamo persino all’interno di Rifondazione. I lavoratori e i contadini dei paesi poveri hanno pagato e ripagato i debiti con il supersfruttamento, le guerre civili, le carestie, la distruzione dello stato sociale, il calo brusco delle loro condizioni di vita complessive, oltre che naturalmente, con una montagna di interessi. In America Latina, l’unico paese “HIPC” è la Bolivia. Negli scorsi anni il suo governo ha portato avanti politiche che gli hanno attirato le lodi del Fondo e che, tanto per cambiare, hanno avuto effetti sociali spaventosi (il 70% della popolazione è povero). Per ricompensare il governo di questa mattanza il Fondo ha approvato in febbraio uno sconto sul debito di 850 milioni di dollari, ma il proletariato ha ricompensato il governo a suo modo e all’inizio di aprile è scoppiata una rivoluzione. Questa è la strada per liberarsi dal giogo del Fondo Monetario e ce l’hanno mostrata i lavoratori in Sudafrica, in Nigeria, in Bolivia, oltre che in Ecuador e in tutti gli altri paesi in cui nell’ultimo periodo ci sono stati scioperi generali e rivolte che hanno messo in difficoltà se non rovesciato governi marionette del Fondo monetario. Questa è l’unica via. Se l’ipocrita motto della Banca Mondiale è “il nostro sogno un mondo senza povertà”, il proletariato di questi paesi deve porsi un altro obiettivo: un mondo senza di loro. (ottobre 2000) |
Le immagini sono prese dal sito "Foto Mulazzani"