Conversando con André Malraux, Picasso spiegò che le maschere congolesi del museo Trocadero di Parigi avevano colpito la sua identità artistica e gli avevano rivelato una raison d’etre che andava ben al di là di semplici considerazioni formali.

"Quelle maschere non erano dei qualsiasi pezzi di scultura. Tutt’altro, erano degli oggetti magici… Quelle sculture negre erano intercessori, mediatori… Erano contro tutto, contro gli spiriti ignoti e minacciosi. Osservavo sempre i feticci. Li capivo. Anch’io sono contro tutto. Anch’io credo che è tutto ignoto, che tutto è nemico! Tutto!...
Capii che cosa i Negri usano per le loro sculture. Erano armi. Per aiutare la gente a tenersi lontana dall’influsso degli spiriti, per aiutarla a diventare indipendente. Sono strumenti.
Se diamo una forma agli spiriti, diventiamo indipendenti. Gli spiriti, l’emozione inconscia (la gente ne parlava ancora molto) – sono tutto la stessa cosa.
Capii perché ero un pittore. Tutto solo in quel terribile museo, in mezzo a maschere, bambole fatte dai pellirosse, manichini polverosi. Le “Demoiselles d’Avignon” devono essere nate in me in quel giorno, ma assolutamente non per ciò che riguarda le forme: piuttosto perché si trattava del mio primo quadro esorcista - sì proprio così".