Pellizza da Volpedo
Il Quarto Stato
Capitolo 1 - Introduzione
L'arte per l'umanità, questo era lo scopo di Giuseppe
Pellizza da Volpedo. In base all'analisi del suo percorso artistico, delle sue
affermazioni sull'arte in generale e sul ruolo dell'artista nella società si
tenta in questa tesina di ricostruire la genesi del suo quadro Il quarto stato.
La prima parte tratta della vita
dell'artista e delle problematiche artistiche della sua pittura, nella seconda
parte si analizzerà la genesi del quadro Il quarto
stato, il « monumento più alto che il movimento operaio abbia mai
potuto vantare in Italia»1. Nell'arco di dieci anni del 1891 al 1901 Pellizza ha
realizzato tre diversi quadri sul soggetto di una manifestazione contadina. Nel
1891 cominciava gli Ambasciatori della fame,
che ancora non esprime intenzioni politiche ben precise, intenzioni che saranno
invece rese esplicite nel quadro La Fiumana del
1895, in cui si legge una dichiarazione per il diritto umano universale. Dopo i
scontri del maggio 1898 a Milano e una repressione statale verso il movimento
operaio Pellizza decide di riprendere il lavoro con un messaggio chiaramente
favorevole alla lotta di classe. Nella conclusione si tenta di sistemare le sue
idee politiche e artistiche paragonando le due al esempio del pittore e la sua
opera. Si tenterà anche di riflettere sulla fortuna del quadro attraverso le sue
riproduzioni. La riproduzione di massa è la chiave per il successo del quadro, in
particolare tra la popolazione operaia.2
Capitolo 2 - Pellizza da Volpedo (1868-1907)
2.1 Note biografiche e artistiche
«Io vi amo o uomini eccellenti, proprio perché oggi siete incapaci di vivere. Infatti è questo, oggi, il miglior modo di vivere.»1
Giuseppe Pellizza da Volpedo è
nato a Volpedo in Lombardia il 28 luglio 1868 da una famiglia che viveva dei
prodotti delle terre possedute dei dintorni del paese. Si suicida il 14 giugno
1907 dopo la morte di suo figlio e di sua moglie.
Pellizza comincia nel
1883, all'età di 15 anni a seguire corsi di disegno presso Giuseppe Puricelli. Dietro consiglio di amici e sopratutto di Victor Grubicy de
Dragonsuo padre lo iscrive all'Accademia di Brera. Lì
segue tutta la prima parte dell'iter accademico fino al 1887, riportando buoni
successi e ottenendo vari premi. La sua formazione presso Puricellilo porta alla copia dal vero, all'elaborazione di ritratti e
nature morte. Nel 1886 il suo maestro parte per la Russia e Pellizza deve
cercarsi un nuovo insegnante. Lo trova in Pio Sanquirico.
Da Sanquirico, Pellizza impara soprattutto lo studio dal vero su modelli
viventi. Alla mostra nazionale di Venezia del 1889 vede tutte le possibilità
espressive delle scuole artistiche italiane. Convinto che l'arte non cresce
nell'ambiente accademico braidense, decide di non tornare più a Milano a
studiare, ma di tentare nuove vie. Pellizza decide di recarsi a Roma per
frequentare l'Accademia di San Luca e per seguire i corsi della scuola libera
del nudo all'Accademia di Francia a Villa Medici. «Insoddisfatto di maestri che
seguivano poco gli allievi e che brillavano per la loro assenza delle aule»2 , Pellizza lascia Roma per Firenze, non senza essere
stato molto impressionato da Raffaello e da Michelangelo e dall'arte
rinascimentale in generale. A Firenze, approdando nel 1888 Fattorie copiando figure dal vero, Pellizza comincia ad allargare
l'ambito delle sue composizioni ed a dedicarsi intensamente al disegno.3 Accanto allo studio di opere di arte antica a Firenze,
egli vuole entrare in contatto con i protagonisti della prima avanguardia pittorica italiana, i Macchiaioli.
Pellizza impara dai Macchiaioli «lo studio del paesaggio dal vero definito da
piani di colore tersi e luminosi e con eliminazione di passaggi chiaroscurali
per una definizione tonale dei contrasti luminosi»4 . Dopo aver imparato a lavorare dal vero, egli applica
la lezione dei Macchiaioli in La piazza di
Volpedo del 1888. Nello stesso anno, Pellizza decise di giungere
un'altra volta l'accademia e va all'Accademia Carrara di Bergamo per
rinfrancarsi del tutto nel disegno presso Cesare Tallone5 . Il Maltese, che era nel dopoguerra uno dei primi
critici d'arte a apprezzare Pellizza, sottolinea l'influenza del Tallone,
scrivendo: «Pellizza aveva tratto dal Tallone, a Bergamo, la profonda fedeltà al
vero, la vigorosa coscienza della pittura come linguaggio [...].»6
Importante per la sua visione dell'arte è
stata
la mostra universale di Parigi nel 1889, dove si reca spinto dalla necessità di
approfondire lo studio degli effetti di luce. Dopo aver studiato dal vero,
incrementato la sua facoltà di disegnare ritratti e veduti, Pellizza torna verso
la ricerca della luce e la sua trascrizione in colore sulla tela.7 In Ricordo di un
dolore, un ritratto di sua sorella scomparsa durante la sua assenza a
Parigi, Pellizza sintetizza nel 1889 gli insegnamenti ricevuti a Parigi. Nel
1890 decide di ritornare a Volpedo per lavorare finalmente da solo:
«Certo è che se un giovane dopo aver fatti gli studi di iniziazione all'arte, anche avendo dell'ingegno, dovesse continuamente rimanersi lontano dagli artisti, completamente solitario, senza darsi il menomo pensiero di quanto avviene intorno a lui fatto d'arte, ignaro dello svolgimento continuato delle idee, si ridurrebbe in breve tempo ad un abbrutimento inevitabile. [...] Ai giorni nostri si esige molto più dal pittore, per cui gli è necessario il contatto diretto, continuato della natura chi gli abbisogna ritrarre; vivere in essa, di essa, per essa onde assimilarsela quanto può e così porsi in grado di tradurla facendone risaltare quei caratteri pei quali si distingue. Stiasi continuamente in città il pittore che nelle vita cittadina cerca il suoi soggetti, ma chi vuol ritrarre il lavoratore dei campi deve faticare, sudare con lui!»8
Sembra che il giovane Pellizza descriva
il suo percorso accademico per spiegare la sua scelta di ritornare nel suo paese
natale e rimanere lontano dai circoli artistici delle grandi città. Per fare
un'arte pura, un'arte che corrisponda al cento per cento a se stesso, l'artista
non deve subire l'influenza degli altri artisti, ma invece deve rimanere
completamente solitario per concentrarsi sui
valori essenziali. Dice che per ritrarre la natura deve vivere nella natura e
non in città. Vale la stessa cosa per chi vuol ritrarre il
lavoratore dei campi deve faticare, sudare con lui. Pellizza parla
infatti dell'identità della vita e dell'arte. Si deve vivere i soggetti
dell'arte per essere capaci di ritrarli adeguatamente.
A Volpedo Pellizza
dipinge all'aperto e in campagna, «[...] sperimentando in tutte nuove ricerche
cromatiche per dare l'impressione di figure ambientate in uno spazio atmosferico
o naturale [...]»9 . Ha appena finito il iter classico dell'accademia e
comincia a subire altre influenze, in modo di sviluppare un proprio stile
artistico. È sopratutto la sua gamma cromatica che cambia, diventando più chiara
e «[...] eliminando le terre e cercando di ottener il massimo di luminosità
utilizzando colori puri disposti con pennellate franche, e realizzando i
contrasti e la vivacità della luce con la presenza di pennellate bianche o tono
su tono»10 . Nel 1892, sotto l'influenza del suo amico
NominelliPellizza tenta i primi dipinti in tecnica
divisionista per raggiungere la piena luminosità della luce solare.
Pellizza inizia a praticare sistematicamente la nuova tecnica, che aveva
già notato nelle opere di Segantini, di Morbellie di Previatialla prima Triennale di
Brera del 1891. È stata questa mostra a suscitare un grande dibattito sul
divisionismo e sul vero significante, con
Victor Grubicy come protagonista principale, intervenendo
su diversi fronti come la stampa e l'organizzazione della mostra. Il suo primo
quadro in tecnica divisionista èSul fenile del
1893, un quadro «che accompagnasse alla fedeltà al vero naturale scene e
soggetti profondamente impegnati sul piano dei significati umani e
sentimentali»11 . A partire di questo quadro si nota un nuovo
elemento nella sua pittura, una dimensione umana che èil risultato delle
riflessioni artistiche sulla natura umana.
Per arricchire la sua
formazione e la sua cultura `umanistica' egli decise di recarsi a Firenze per
frequentare l'Istituto di studi superiori, studiando la letteratura, la
filosofia, l'estetica e la storia. Lì è entrato in contatto con Fattori, Segantinied altri artisti, e ha
seguito le lezioni di Pasquale Villonie Augusto Conti. Tutti i due, Villoni e Conti, furono molto importanti per
la sua formazione intellettuale. Il primo per «la sua concezione positivista
della storia» e il secondo per averlo indirizzato «ad una visione spiritualista
della bellezza e a un idealismo filosofico».12 Nel 1894 ritornò a Volpedo, partecipando a diverse
mostre e intensificando i rapporti amichevoli con Segantinie Morbelli. Con Segantiniha contatto epistolare e con Morbelliun rapporto di stretta familiarità. Era Morbellia dargli consigli sul lavoro divisionista.13
Nell'arco dal 1891 al 1901 Pellizza lavorava
sul suo quadro con soggetto sociale, primo intitolato Ambasciatori della fame, poi Fiumana e Il cammino dei
lavoratori e alla fine Il quarto
stato, cambiando tanto il titolo quanto la tecnica e il colore.
L'evoluzione dei quadri mostrano bene le diverse influenze artistiche, dal
divisionismo al simbolismo, che confluiscono in un'arte personale.
Nella
metà degli anni Novanta entra in contatto con pittori simbolisti e si interessa
di più al problema del simbolismo. Fa amicizia profonda con Giovanni Cena, che pubblicava articoli sui simbolisti ed era uno dei
protagonisti della critica per il simbolismo.14 Pellizza partecipava al dibattito sul simbolismo coi
suoi dipinti (cf. Lo specchio della vita) e con
diversi articoli in riviste artistiche-letterarie. Egli iniziava nel 1895 una
seconda versione degli Ambasciatori della Fame,
di cui il titolo viene cambiato in Fiumana
sotto l'influenza dei simbolisti.15 Sente il bisogno di creare l'arte per l'umanità, per
il popolo, per la vita quotidiana e contadina: «[...] l'arte moderna deve
essere, oltreché armonia di colore ed equilibrio di forma, elevato nel concetto
ed umana [...]. Sento che ora non è più l'epoca di fare l'arte per l'arte, ma dell'arte
per l'umanità.»16 Nel corso del 1898 dipinge diversi quadri simbolisti,
con «una puntuale ricerca di significati»17 , come per esempio il suo Autoritratto. Il 1899 era il «momento nodale della sua
parabola simbolista»18 : Dopo la scomparsa inaspettata e dolorosa del suo
grande amico SegantiniPellizza entra in corrispondenza
intensa coi i suoi amici, come Neera, Vittorio Pica, Ojetti, Tumiatie Grubicy. Voleva continuare la
riflessione di Segantinisui valori espressivi della
natura. Pellizza comincia a rinnovare il suo interesse per il paesaggio “puro”,
apprezzando particolarmente le esperienze degli impressionisti, conosciute
all'Esposizione universale di Parigi nel 1900.
Dopo aver cominciato una
terza versione del suo quadro sociale, Il cammino dei
lavoratori nel 1898 con un messaggio politico e filosofico diverso da
quello della Fiumana, lo finisce nel 1901,
intitolandolo adesso Il quarto stato. È stato
esposto per la prima volta a Torino nel 1902. Pellizza è rimasto molto deluso
dalla critica e dalla reazione del pubblico. Rinuncia ad elaborare altri quadri
con soggetti sociali. Dal 1902 si concentra su vedute di paesaggi puri, «ma
senza rinunciare a strutturare profondamente l'immagine secondo ben precise
leggi di produzione armonica e rifiutando la semplice resa visiva
dell'impressionismo: pur copiando dal vero, puntava sui fenomeni più generali
ed universali, ricavando da essi il massimo di suggestione e di significato»19 . Comincia ad interessarsi a l'École de Barbizon, di cui ha visto qualche quadro alla
Biennale di Venezia nel 1901, ed ai pittori inglesi di vedute paesaggiste come
John Constablee William Turner.
Il sole del 1904 è il risultato del suo studio
del paesaggio puro, dipingendolo nelle montagne ed ispirandosi a fare altre gite
negli Appennini e nelle Alpi in Svizzera, sui luoghi segantiniani. Verso il 1905
sembra ritornare definitivamente verso uno stile predivisionista. Insomma,
dichiara in una lettera a Morbellidel 12 ottobre 1905:
«[ho rinunciato] al puntinismo per una pennellata più libera che crea forma e
colore in un stesso istante». Cerca uno stile più adatto ad allargare gli
orizzonti della pittura che sembra di trovare ritorno all'impressionismo e poi
alla scuola di Barbizon: «un ritorno all'impressionismo che si dovrebbe fare
invece di spingere il divisionismo ai limiti estremi del puntinismo».20 Cercando nuove esperienze artistiche si recò nel 1906
a Roma, dove incontrò tra gli altri Balla, Boccioni e Severini. Questo contatto
sembra di non averlo influenzato molto, nell'estate del 1906 preferisce
ritornare in Engadina negli stessi luoghi segantiniani.
Non si può dire
come avrebbe finito le sue esperienze artistiche seguendo Segantini: nel 1907 si suicidò dopo la morte del figlio e di sua
moglie Teresa. «[...] Pellizza al suicidio: si impiccherà nel suo studio il 14
giugno 1907. Ma sarebbe difficile non cogliere in quel gesto un'altra
coincidenza: nello studio di Pellizza c'erano ancora i grandi cartoni e l'enorme
tela del Quarto Stato, così come nella libreria si trovava la traduzione
italiana del romanzo di Zola, L'OEuvre, o Vita d'artista. In quel libro Zola narra la vicenda del
geniale pittore Claude Lantier e dei suoi tentativi per dare una grande opera
che renda la molteplice realtà della società contemporanea: lo troveranno una
mattina nel suo studio “impiccato sulla grande scala, di fronte alla sua opera
mancata”.»21
Anche se il suo suicidio «rende meditabondi
sull'ormai insanabile conflitto tra le idealità alimentate dall'arte e la dura
realtà di un mondo che nella sua pratica quotidiana le travolgeva ogni
giorno,»22 Pellizza rimane nella nostra consapevolezza come
artiste engagé, che provava a superare il lato
puramente tecnico del divisionismo in favore di una chiara posizione per i
diritti dei suoi contadini. «Come uomo e come artista»23 , come lo disse Severiniancora
nel 1936, Giuseppe Pellizza era impegnato per aiutare gli altri, sia lavorando
al livello artistico sia lavorando nell'associazione di mutuo aiuto di Volpedo.
2.2 Pellizza, tra idea e realtà
«L'arte deve essere una] rappresentazione idealista della natura e di noi stessi, in vista del perfezionamento fisico e morale della nostra specie.»24
Le metamorfosi del Quarto stato non sono solo un esempio di cambiamento di
stile di dipingere seguendo una moda, ma anche un buon esempio per analizzare le
relazioni tra un idea, un concetto, e l'oggetto dipinto; in questo caso
l'oggetto è una realtà sociale finta, perché, benché il luogo e le persone siano
presi dal vero, la situazione nella quale sono raffigurati non è realmente
accaduta.
Dopo avere imparato a dipingere dal vero, secondo i canoni del
naturalismo25 , Pellizza si interessa al Divisionismo, dopo aver
visto gli impressionisti a Parigi e dopo aver ritrovato il suo amico Nominellia Firenze. Ma nel rapporto con Nominelli, Morbellie Segantinisi limita non solo alla tecnica, ma approfondisce anche la riflessione sul contenuto.26 All'inizio della sua formazione Pellizza si era
concentrato sulla sua tecnica, sul disegno e sul dipinto. Entrando nei circoli
divisionisti capisce subito il conflitto con l'altra parte del dipingere - il
conflitto tra realtà dipinta e l'idea perseguita. Il binomio è rappresentato nel
divisionismo con Previatida un lato e Segantinidall'altro. Previatie con lui
Grubicysostengono una prevalenza dell'idea «in direzione
di una idealità indeterminata, fluttuante e evanescente» invece Segantiniopta per una realtà «attraverso un fermo impianto
strutturale.»27 Tocca a Pellizza decidere tra la prevalenza o
dell'idea o della realtà. Nell'arco di dieci anni di esecuzione del soggetto
sociale si possono vedere bene i diversi accenti. Sin dall'inizio, già quando
imparava presso Puricelli e Sanquirino lo studio dal vero, Pellizza escludeva
«vaghe e indistinte idealizzazioni»28 , prendendo la realtà fisica come momento
fondamentale della realizzazione pittorica. All'inizio l'accento è messo dunque
più sulla realtà seguendo Segantini.29
Nel contatto con Puricelli, Sanquirino e
Tallone, poi coi Macchiaioli e i Divisionisti, Pellizza era entrato in un «milieu
[...] ideologicamente orientato in senso positivista»30 . Il positivismo, di cui Auguste Comte aveva già
scritto il testo fondamentale negli anni Quaranta del '800, era diventato l'idea
filosofica più diffusa nell'ultimo quarto del secolo. Il credo nella scienza e
nel progresso verso un futuro felice per l'umanità si infiltrava in tutte le
circostanze della vita. Analogo allo sviluppo dell'impressionismo al
pointillismo/divisionismo/neoimpressionismo - “l'impressionismo scientifico” -
nel campo dell'arte, le idee politiche in alcuni ambienti della società si
sviluppano in una “dialettica positivista” verso la sicurezza che il socialismo proletario sia vincente sulla borghesia.
«Comunque, a differenza del socialismo degli universitaires francesi, allora prevalentemente non
marxista, il marxismo esercitò una tale attrazione sugli italiani intellettuali
che, per qualche tempo, il marxismo italiano sembrò quasi una salsa con cui
veniva condita l'insalata culturale fondamentalmente positivista,
evoluzionistica e anticlericale della classe media italiana.»31
Infatti era Pellizza a provare la sintesi tra
idee socialiste e arte che sembrava essere non-politica. Gli impressionisti, con
l'eccezione di Pissaro, si interessavano puramente alla tecnica artistica, come
in seguito i neoimpressionisti e divisionisti. Al livello socio-politico Pellizza
era vicino alle idee di pittori come Courbet, che
prendeva chiaramente una posizione politica e a cui Pellizza si avvicinò anche
artisticamente verso la fine dalla sua vita. C'è una grande somiglianza tra il
Funeraille à Ornans del 1849 e il Quarto stato: nel raffigurare dei contadini, nella
misura del quadro e anche nell'impegno politico-sociale. «Sapere, afferma
Courbetnel 1855, per potere: questa è stata la mia idea.
Essere in grado di tradurre i costumi, le idee, l'aspetto della mia epoca
secondo il mio giudizio, essere non soltanto un pittore ma un uomo, in una
parola fare dell'arte viva, ecco il mio scopo.»32 Sicuramente le parole di Courbet ma sopratutto la sua
peinture engagée influenzavano il giovane
Pellizza. Vedeva anche lui nel dipingere un impegno per l'umanità, un impegno
politico: «Il mio scopo è il bene dell'umanità, è di esprimere le verità che
arridono al mio intelletto. Cosa importa se sarò disprezzato, vilipeso? L'arte
deve sublimarsi col pensiero. Amo più esser giusto nel pensiero che nella
forma.»33 In rispetto al Quarto
stato invece questa affermazione sembra un po' paradossale, perché
egli aveva già definito il nucleo del quadro nel 1891/2, nucleo che poi ha
avuto tanto successo presso la gente “popolare”, ma lavorava per altri diec'anni
circa sulla forma del quadro, elaborando diverse tecniche di realizzazione. Però
non si può neanche rimproverargli di fare l'art pour
l'art. Non cercava un microorganismo artistico in cui poter lavorare,
ma sviluppava le sue facoltà sempre in relazione al contenuto e al messaggio da
dare. In una lettera al suo amico Morbellidel 1895
scrive: «[...] Non credo peraltro che egli abbia raggiunto lo scopo dell'arte
moderna la quale dev'essere oltre che l'armonia di colore ed equilibrio di
forme, dev'essere dico elevata nel concetto ed umana. Queste sono parole, ma io
non trovo altre adatte ad esprimere il mio pensiero: sento che ora non è più il
tempo di fare dell'Arte per l'Arte, ma
dell'Arte per l'Umanità. La tua Risaia entra in questa nuova? formula, e checché si
dica, per me ha un valore anche per questo. Presto mi metterò assiduo ai miei
Ambasciatori della fame, e, a rischio d'andar
famelico anch'io lo farò[...].»34 Nell'anno in cui comincia la seconda versione del
quadro Ambasciatori della fame e la intitola
La Fiumana, riprende chiaramente la critica dei
naturalisti all' art pour l'art, anche una
critica che è stata fatta agli impressionisti, e si dichiara pronto all'idea di
lavorare per tutta l'umanità.
La
decisione di Pellizza di dipingere in modo divisionista è dunque non solo una
decisione artistica ma anche l'espressione di una convinzione socio-politica:
«l'uso di questa tecnica gli si imponeva come strumento ineliminabile del
progresso»35 . L'uso del divisionismo divenga quasi una specifica
visione del mondo, un Weltanschauung del credo
nel futuro umano. Victor Grubicy de Dragonlo afferma: «Se
arte è vita e la luce è una forma di vita, la tecnica divisionista, la quale
tende ad accrescerebbe di molto l'espressione sulla tela, può essere la culla di
nuovi orizzonti per il domani.»36 Così la pittura divisionista diventa in questo momento
per Pellizza quasi la condizione artistica per dipingere gli Ambasciatori della fame. Sembra però che Pellizza non
era convinto che sarebbe stato seguito dai suoi amici. In una lettera a Neeradel 1897 scrive: «[...] ricordo di averle parlato nella mia
ultima lettera di una evoluzione del mio spirito verso l'ideale d'una società
costruita su basi meno ingiuste che la presente ed ella, per risposta, mi
esortava a non ingolfarmi nella questione sociale: ora, siccome vado ognora
rafforzandomi nella opinione che l'artista, pur restando artista, non deve, come
uomo, rimanere estraneo a questioni così vitali, sentirei dispiacere se gli amici
mi abbandonassero. [...]»37 E infatti dopo l'esposizione del Quarto Stato nel 1901 a Torino Pellizza è stato molto
deluso dalle reazioni della critica e anche da quelli dei suoi amici. Sembra che
i suoi dubbi del 1897 siano giustificati.
Capitolo 3 - La genesi del Quarto Stato (1891-1901)
Nell'arco di dieci anni dal 1891 al 1901 Giuseppe Pellizza da Volpedo1 lavorava su diversi quadri con lo stesso soggetto sociale: nel 1891 gli Ambasciatori della fame, nel 1895 La Fiumana e nel 1898 Il cammino dei lavoratori che poi nel 1901 è stato cambiato da lui in Il quarto stato. Esistono diversi schizzi, studi e bozzetti (cf. la lista alla fine della tesina), come anche appunti e taccuini della sua riflessione sul soggetto sociale.2 In questo capitolo si parlerà dei tre quadri e dei corrispondenti bozzetti, di un disegno del 1895 e di una pittura di paesaggio di Volpedo, che serviva come sfondo per gli altri quadri.
3.1 1891-1895: Ambasciatori della fame
Attraverso la genesi
del Quarto stato si capisce il suo rapporto
dialettico con la pittura contemporanea, con la storia e con le teorie sociale
dell'epoca.
Impressionato dai scioperi e dalle manifestazioni di strada
Pellizza comincia nel 1891 con primi schizzi sul soggetto dello sciopero. Avendo
visto dal vivo le lotte popolari e avendo preso fotografie e schizzi dalla
stampa, disegna la massa di gente che lotta per i loro diritti. All'inizio degli
anni Novanta dell'Ottocento il soggetto dello sciopero èstato dipinto anche da
altri pittori italiani. Pellizza ne poteva vedere due alla Triennale di Brera
del 1891: La piazza Caricamento a Genova di
Plinio Nominellie L'oratore di
sciopero di Emilio Longoni, tutte e due opere
di tematica sociale.3
figura 1 L'abbozzo degli Ambasciatori della fame è dell'Aprile 1891. La scena ha
luogo sulla piazza Malaspina a Volpedo che Pellizza aveva già ritratto in un
quadro nel 1891. Il bozzetto4 mostra già una composizione con tre figure centrali
davanti ad un gruppo di persone sulla piazza - Pellizza chiamerà questa
composizione più tardi “embrionale”. La struttura del paesaggio e le figure si
integrano distribuendosi per linee ortogonali. La visione è leggermente
dall'alto, corrispondente alla strutturai tettonica dal punto di vista prescelto
da Piazzetta Malaspina. La prospettiva dall'alto forza la composizione pesando
sul terzetto nel primo piano. La composizione su due piani, la piazza a metà
ombra e le mura della città con i contadini, che sono connessi al terzetto
centrale. Il terzetto figura come ponte intermedio tra la massa e chi è o
dovrebbe essere al posto dello spettatore. Le figure non sono molto distinte,
trattandosi di un bozzetto, solo nel terzetto si possono distinguere
caratteristiche di fisionomia e di vestiti. È gente in abito da lavoro,
contadini di Pellizza, con un aspetto determinato. Dunque i tre uomini sono
infatti rappresentati come ambasciatori, come intermediari tra il grande
proprietario, a cui appartiene la villa Malaspina, e i lavoratori che chiedono
pane per nutrire le loro famiglie. La struttura delle tre figure vista dall'alto
sulla piazza e la massa di gente sullo sfondo saranno la struttura fondamentale
del quadro, che non cambierà nell'arco dei dieci anni dell'evoluzione del
dipinto con soggetto sociale. Nei dieci anni dal 1891 al 1901 Pellizza mutò
l'applicazione tecnica del dipingere e i valori del colore per «poter meglio
precisare i vari significati»5 del soggetto. Il colore del bozzetto è delicato e
accentua i toni chiari ma non puri. Il colore è distribuito con velocità ed
immediatezza. Il paesaggio stesso resterà immoto a dare certezza e una sorta di
verità alla marcia dei lavoratori. La natura e il paesaggio, anche le mura e le
case, sono punti fissi a cui sono rapportati gli uomini. L'uomo è mobile, l'uomo
cambia il suo destino sullo sfondo della natura immobile.
L'opera si
pone come vera e propria base per tutte le successive elaborazioni di questo
soggetto. La composizione è già fissata con sicurezza: lo stacco d'ombra in
primo piano, il gruppo avanzante di due uomini e le figure sul fondo. Pellizza
ci spiega l'identità dei caratteri in una pagina del suo diario: «[...] due
contadini s'avanzano verso lo spettatore, sono i due stati ordinati dalla massa
di contadini che vien dietro per perorare presso il Signore la causa comune -
Uno dessi intelligentissimo energico parrebbe nato anziché pei lavori di campagna
pegli ardui sentieri del pensiero, l'altro che lo vien coadiuvando è uomo dalla
tempra forte robusta bonaria in lui un non comune buon senso è stato causa
dell'incarico affidatogli - Un compagno si avvicina loro e vuol indurre il capo a
voltarsi per veder la sua moglie che col bambino in collo è svenuta per fame
[...].»6 Troviamo dunque come carattere fondamentale dei due
personaggi centrali l'intelligentissimo energico e
la tempra forte robuste bonaria. I due
Ambasciatori vanno a perorare presso il Signore la causa
comune, cioè richiedono di essere pagati meglio o di avere
semplicemente pane per mangiare. La moglie del personaggio centrale, che va
avanti con fermezza, è già svenuta per fame. La
donna col bambino, di cui parla nel diario, sta ancora in disparte dalla scena
centrale. Nella Fiumana, quattro anni più
tardi, sarà messa in primo piano accanto all'ambasciatore
centrale.
La scena descritta non era insolita per l'Italia
postrisorgimentale. Le riforme della Sinistra
storica dopo il 1876 finivano per «acutizzare i contrasti e gli
squilibri già esistenti»7 . Negli anni Ottanta dell'800 c'era una grande crisi
agraria, che aveva come una conseguenza il rincaro dei generi alimentari e il
peggioramento delle condizioni di vita. Denutrizioni, malattie, analfabetismo e
redditi da fame erano le conclusione della pubblicazione di Jacini
dell'inchiesta agraria negli anni Ottanta del '800 sulle condizioni di vita
delle masse rurale.8 In conseguenza il malcontento e l'esasperazione si
manifesta nella collera popolare e poi in lotte organizzate dei lavoratori. Dal
1884 cominciano i grandi scioperi dei braccianti, nel 1887 sale alla presidenza
del consiglio Francesco Crispi. La sua presidenza «doveva dare inizio ad uno dei
periodi più tumultuosi dopo l'unificazione»9 , perché era una svolta in senso autoritario. «La
politica crispina contribuì infatti all'acuirsi del malcontento popolare, che
sfociava via via in forme di lotta sempre più organizzate.»10 In questo periodo nascono i partiti socialisti e
operai, le camere del lavoro e vengono organizzati congressi del mondo operaio.
L'idea di Pellizza di dipingere la lotta pacifista dei operai per i loro diritti
(soprattutto esistenziale di sopravvivenza) nasce dunque in questo contesto
politico-sociale.
Piazza Malaspina a Volpedo
figura 2 Sul quadro del paesaggio, che serviva come sfondo per gli Ambasciatori si vede la Piazza Malaspina a Volpedo, il primo piano è in penombra, la luce del sole viene dalla sinistra dello spettatore, sulla sinistra c'è un muro di casa, nella parte centrale del piano medio si vede un muro, disposto diagonalmente dal fondo a sinistra al piano medio per finire alla destra, aumentando il senso di prospettiva reale, e poi sul fondo a destra si possono distinguere tre casette, qualche albero e il cielo blu. La tonalità cromatica è tenuto probabilmente al colore reale del paese: ocra-apenaria-marrone. È stato fatto dal vero e da una visione del luogo reale.11
Ambasciatori della fame
figura 3 Questo quadro ci da una descrizione più meticolosa della topografia di Volpedo. L'attenzione è accentuata dalla presenza del palazzo Malaspina grazie alla larga ombra in primo piano. La composizione non ha cambiato molto: sempre la stessa prospettiva, l'ombra sul primo piano, il muro a sinistra e le case a destra, è una sintesi tra il quadro della piazza e il bozzetto del aprile '91. Nello sfondo si distinguono già i lavoratori, da una massa quasi indistinta e senza fine. Nel piano medio c'è il terzetto con una una figura centrale, il più avanti, e due figure al lato, quella della sinistra nella stessa figurazione che quella centrale, tutti i due con capelli che danno ombra in faccia, finché non si può veder bene gli occhi, che da ancora più di fermezza alle due. La figure alla destra raggiunge la figure centrale, guardandola. Si chiarisce la funzione del terzo personaggio, com'era già descritto nel suo diario da Pellizza: il ragazzo a destra sta indicando un secondo gruppo a destra in fondo. Questo gruppo è il gruppo delle donne, tra cui si trova anche la moglie del ambasciatore centrale. Nel bozzetto non si poteva ancora ben identificare il gruppo come donne. Sembra che le donne figurano come contrapposto ai lavoratori, essendo allo stesso momento la fine, la motivazione per i lavoratori di lottare, ma anche una ragione per gli uomini di reagire con calma e non con forza presso il Signore. I vestiti dei tre sono quei dei poveri, semplice, di lavoratori di terra. Il loro colore è lo stesso del paese, della terra, della massa. Il colore è puro e terso. Larghe pennellate rendono plastica le forme. Nel cielo blu su può vedere in sfondo la montagne del aerea volpedano. Il modo di dipingere il quadro ricorda la lezione di Cezanne e dei machiaoli.12
Ambasciatori della fame, disegno
figura 4 Nel 1895, dopo tre anni di interruzione, Pellizza riprende il lavoro sul soggetto, disegnando una nuova
versione degli Ambasciatori della fame. Questa
versione, un disegno carboncino e gesso su carta marroncino, è un altra tappa
verso il nuovo quadro la Fiumana. Le due figure
in primo piano sono abbozzati con forza, mentre le altre figure e lo sfondo sono
lasciato un po' nello sfumato.
Nel suo diario Pellizza ci spiega le
ragioni per riprendere il soggetto: «Gli ambasciatori sono due si avanzon seri
sulla piazzetta verso il palazzo del signor che proietta l'ombra ai loro piedi
[...] si avanza la fame coi i suoi
atteggiamenti molteplici - Son uomini, donne, vecchi, bambini: affamati tutti
che vengono a reclamare ciò che di diritto - sereni e calmi, del resto, come chi
sa di domandare ne più ne meno di quel che gli spetta - essi hanno sofferto
assai, è giunta l'ora del riscatto, così pensano e non vogliono ottenere colla
forza, ma colla ragione - qualcuno potrà alzare il pugno in atto di minaccia ma
la folla non è, con lui, essa fida nei suoi ambasciatori - gli uomini
intelligenti [...] Una donna accorso mostra il macilento bambino, un'altra,
una terza, è per per terra che tenta invano di allattare il bambino sfinito colle
mammelle sterili - un'altra chiama impreca [...]».13 Il soggetto riceve un aspetto più generalizzante. Non
vuole solo dipingere un momento nella vita contadina, ma vuole far vedere l'idea
generale che sta dietro: la rivendicazione pacifica di una parte della società,
che ha sofferto assai. La
fame viene identificata con la folla delle persone. La lotta della
fame per il suo diritto è una lotta serena, calma e
ragionava. La
fame però non viene obbligatoriamente identificata alla classe
operaia. L'iconografia non è tipica per la sinistra di questo periodo, non si
vedono bandiere ecc. Si vedono solo uomini, donne, bambini, che fanno
semplicemente parte del genere umano, senza prendere qualsiasi posizione
politica. Insomma, è una visione positiva basata sulla ragione
umane.
3.2 1895-1898: Fiumana
«L'arte deve essere socialmente utile all'uomo traendolo della realtà informa, anarchica, verso una realtà organica [...] socialista.»14
La Fiumana, eseguita quattro anni dopo i primi schizzi per Ambasciatori della fame, corrisponde nel suo cambiamento di tecnica pittorica, di struttura e di colore al mutamento della convinzione politico-filosofica del pittore: il messaggio è più accentuato sul significato universale del soggetto sociale, sull'universalità dei diritti umani.15 Infatti, anche la scelta letteraria del titolo Fiumana, con implicazione simbolista, è frutto di questa ricerca di universalità: «[...] gli umili, gli oppressi, forti del loro buon diritto, entrano nella storia con l'impeto travolgente di una fiumana»16 .
Fiumana, bozzetto
figura
5 La grande versione della Fiumana è preceduta da uno studio in olio. Il colore
sembra di luce di temporale e la folla nello sfondo è appena abbozzata. La
struttura dell'opera successiva è già definita nel bozzetto: il terzetto di due
uomini e la donna con bimbo guidano la marcia della folla. La quantità di gente
è aumentata, corrispondente al titolo è diventata una vera fiumana umana.
L'ombra nel primo piano è stata eliminata: le tre figure centrali vengono più
in avanti e sono meno visti dall'alto. La figura giovanile è stato sostituita
solo sul bozzetto da una figura di donna. Perché il giovanotto è stato
sostituito da una donna? Che pensa Pellizza del ruolo delle donne: «Per me la
donna più che render parte con vera coscienza è compagna passiva dell'uomo nella
sua corsa verso l'equilibrio ed è perciò che le mie donne invece di rivelare un
pensiero profondo si interessano o dell'uomo o del bambino o tendono a vedere i
fatti isolati senza assurgere allo scopo finale dell'uomo.»17 Sembra essere un pensiero tipicamente macista del
secolo scorso. Il ruolo della donna è stare accanto all'uomo, la compagna passiva dell'uomo, non capace di essere
protagonista propria e vera. Invece di essere protagonista della lotta, la
figure della donna corrisponde piuttosto ad una allegoria dell'umanità.18 La gamma luminosa è impostata su «contrasti dal
giallo al rosso, con dominanti sulfuree nelle figure e su toni dal blu al verde
nello sfondo, dove il cielo è di forte intensità blu azzurrata e verdi delle
piante si riflettano nel terreno»19 .
Nel corso del 1895/96 Pellizza studia di
nuovo i singoli personaggi con disegni e cartoni preparatori, alcuni in
grandezza naturale, non essendo contento con la forza suggestiva delle figure
esistenti. Questi studi sono molto importanti, perché segnano un punto d'arrivo
nell'estetica e nella poetica del giovane artista. Forse in riferimento a
Proudhon Pellizza scrive nel 1895: «L'arte deve dare al popolo il ritratto di
lui, ma abbellito»20 . Nella ricerca di adesione alla realtà del mondo
contadino persegue un ideale di perfezione formale; questi studi sono i
studi di figura, studio
di mano e i studi di figure
maschile (cf. nella list alla fine della tesina i numeri 4-11).
figura 6 Nel luglio dell'anno 1895 Pellizza comincia a lavorare sulla grande tela Fiumana. I tre protagonisti sono resi in una taglia di corpo quasi reale. Pellizza aveva portato delle varianti significative alla linea del paesaggio e alle figure della schiera alle spalle dei protagonisti. La linea di figure retrostanti ha subito variazioni: sono più slanciate e allungate. Sono moltiplicate le teste delle figure in sfondo, facendo riferimento ad una grande massa, una fiumana umana. Scotti 1980 afferma, che Pellizza «dovette servirsi anche di alcuni fotografie eseguite appositamente coi i suoi modelli in posa»21 . Magari usare fotografie di modelli sul posto reale rendeva il dipinto più vivace. Pellizza non voleva mostrare una scena ferma, ma una massa di gente vivente e palpitante: «Il popolo non è più quasi una natura morta, ma una massa vivente e palpitante, piena di speranze umili o di minacce oscure.»22 .
«S'ode ... passa la Fiumana dell'umanità
genti correte ad ingrossarla. Il restarsi è delitto
filosofo lascia i libri tuoi a metterti alla sua
testa, la guida coi tuoi studi.
Artista con essa ti reca ad alleviarle i dolori colla
bellezza che saprai presentarle
operaio lascia la bottega in cui per lungo lavoro ti
consumi
e con essa ti reca
e tu chi fai? La moglie il pargoletto teco conduci
ad ingrossare la fiumana dell'Umanità assetata di
giustizia - di quella giustizia conculcata fin qui
e che ora miraggio lontano splende.»23
Questo piccolo poema, scritto sul verso della tela, esprime la volontà di Pellizza di voler fare un quadro ancore più generalizzante degli Ambasciatori della fame. Adesso vuole fare un quadro sulla Fiumana dell'umanità, la cui tutte e tutti devono ingrossare. La marcia va verso un futuro, in cui la giustizia splende miraggio lontano. La giustizia per tutta l'umanità è la speranza e il motivo centrale della sua Fiumana. E' convinto, che si deve dare al soggetto una forte idea. Segue l'idea di Proudhon, che si deve dare una visione idealista e positiva dell'uomo, per condurre l'uomo ad un perfezionamento morale. È l'impegno umano che solleva la sua pittura, che egli chiama la pittura sociale: «È un tentativo che faccio per sollevarmi un pochino dalla volgarità dei soggetti che non sono informati ad una forte idea. Tento la pittura sociale [...]. La mia aspirazione all'equità mi ha fatto ideare una massa di popolo, di lavoratori della terra i quali intelligenti, forti, robusti, uniti, s'avanzano come fiumana travolgente ogni ostacolo che si frappone per raggiungere luogo ove'ella trova equilibrio [...].»24
3.3 1898-1901: Il Quarto Stato
«Coraggio e sempre avanti, il giorno della vittoria sarà lontano, ma sarà.»25
Perché Pellizza ha ripreso il
lavoro sul soggetto sociale una terza volta? Probabilmente ci erano due ragioni
principali: non era contento del risultato tecnico-artistico e la situazione
socio-politico aveva ancora cambiato e Pellizza voleva in corrispondenza a
questa nuova situazione.
Secondo Aurora Scotti26 Pellizza non era contento dei «rapporti luminosi fra
le parti» e dell'impostazione dei gruppi. Voleva rendere più impetuosa la
fiumana, «facendola avanzare a cuneo verso l'osservatore» e dare più«dinamismo»
e più«notazioni realistiche» all'opera.27
Peròla motivazione di riprendere il lavoro
sul «più grande manifesto che il proletariato italiano possa vantare fra l'Otto e
il Novecento»28 non era solo di natura artistica. Sicuramente anche
gli eventi politici hanno portato Pellizza a rielaborare il soggetto sociale con
un nuovo messaggio. L'anno in cui riprende le fatiche di lavorare una terza
volta sul soggetto, il 1898, è anche l'anno delle violente repressioni del
Bava-Beccaris a Milano. Già nel corso del 1897 gli scioperi agrari e urbani sono
aumentati drasticamente. Questa situazione culmina nei scontri del maggio 1898
di Milano. Pellizza ha sicuramente ripreso questi eventi come occasione di
mutuare la concezione del quadro verso un messaggio chiaramente politico in
favore per lotta dalla classe operaie. Il pittore, «convinto della bontà
dell'idea e della sua storicità» iniziava in quest'anno un manifesto
dell'avanzarsi ineluttabile di una nuova classe popolare.29
Il cammino dei lavoratori
figura
7 Il bozzetto è stato cominciato nel 1898 in scala molto più
ridotta rispetto alla Fiumana. La composizione
è organizzata in tre piani paralleli. Le carattere dell figure non sono di una
più grande espressività e i gesti e i moti delle mani sono accentuati, dando
anche una più grande espressività gestuale alle persone. Le figure creano gruppi
di due o tre persone, che discutano. Le prime file dei lavoratori sono definiti
con più forza plastica «pur infossare come fiumana le parte finale della
schiera, sotto un cielo articolato in spazi sereni e in turbinose nuvole»30 . Il colore è caldo e chiaro con una ricchezza di
ocra-rosati, com'è infatti la luce del sole di giorno avanzato.31 La sua tecnica di dipinger Pellizza descrive nel modo
seguente: «Mi giova la teoria dei contrasti, quella dei complementari e la
divisione del colore a seconda dello scopo che mi prefiggo nei miei lavori.
Tutta la scienza riguardante la luce ed i colori mi desta un particolare
interesse: per essa posso avere coscienza di quel che faccio. [...] A questo
mirano i tentativi che faccio presentemente; e, nella speranza di approdare i
miglior risultato, faccio studi preliminari per ben determinare nella mente
quello che voglio fare; poi disegno i cartoni da calcare sulla tela, su questa
applico il colore di preparazione addirittura a posto, quindi cerco di finire
ogni particolare del quadro dal vero. E nel risultato la fattura non dovrebbe essere né tutta a puntini, né
tutta a
lineette, né tutta ad impasto; e nemmeno o tutta liscia, o tutta scabrosa; ma
varie come sono varie le apparenze dagli oggetti nella natura, e raggiunger con
le forme e con i colori "un'armonia parlante" (questo sarebbe il supremo scopo),
un'idea alla mente od un sentimento al cuore. [....]»32 La pennellata è composta di puntini e di lineette, ma
la tecnica pittorica dipende dal soggetto da rappresentare. Si forma i oggetti
non solo col colore e col disegno, ma anche colla tecnica usata.
In una
lettera a V. Pica Pellizza spiega la sua intenzione che lo aveva portato a sviluppare nuovi tentativi artistici (già ripreso nel 1898 col titolo Il cammino dei lavoratori): «Col fatto reale
dell'avanzarsi di una massa di uomini del lavoro io tento simboleggiare il
grande cammino che essi vanno compiendo [...].»33 Sembra che le sue idee sul soggetto siano state
influenzate di idee socio-proletarie: non si tratta più di una fiumana umana, ma di uomini del
lavoro, che non lottano solo per il diritto universale: il loro
cammino è una lotta di classe. Non è una rivoluzione, la gente non corre, ma il
loro avanzare è lento e pacato, non avversivo, ma persuadente e nella loro
lentezza e fermezza suggeriscono un senso di invincibilità. Pellizza sembra
essere persuaso, come un grande numero d'artisti del suo tempo, dell'avanzare
della classe operaia verso un più luminoso avvenire, di progresso e di ben
essere.
Sembra che Pellizza abbia (politicamente) subito un sviluppo da
un socialismo utopico ad un socialismo marxista. Sotto l'impressione della
sempre aumentando differenza delle classe sociali e della repressione di una
gran parte della classe dirigente, Pellizza sembra aderire pienamente alla classe operaia. Segue la critica, che già Karl Marx e
Friedrich Engelsavevano espresso nel loro Manifesto del partito comunista del 1848: «È inerente
tanto alla forma non evoluta della lotta di classe quanto alla loro propria
situazione, che essi credono d'essere di gran lunga superiori all'antagonismo di
classe. Vogliono migliorare la situazione di tutti i membri della società, anche
dei meglio situati. Quindi fanno continuamente appello alla società intera, senza
distinzione, anzi, di preferenza alla classe dominante. Giacché basta soltanto
comprendere il oro sistema per riconoscerlo come il miglior progetto possibile
della miglior società possibile.»34
Il Quarto Stato
figura
8 Nel 1898 Pellizza comincia il terzo quadro col titolo
Il cammino dei lavoratori, che poi sarà
intitolato nel 1901 Quarto stato. Il titolo
Quarto Stato fu ispirato dalla lettura della
Storia socialista della rivoluzione francese di
Jean Jaurès.35
In relazione alla Fiumana il Quarto stato
èdi dimensioni più grande (da 450cmx275cm a 543cmx285cm), permettendo così «le
figure in primo piano una scala assai vicina al vero»36 . Il ritmo della composizione è più stemperato e il
colore rinuncia ai contrasti espressivi. Insomma la nuova tela è più omogenea e
ferma della ancora la Fiumana. In rispetto alla
Fiumana la rappresentazione della massa non è
più indistinta, ma più chiara e «dai ritmi compositivi improntati a maggiore
solidità ed oggettività»37 . Il paesaggio è stato ripensato totalmente: invece
della «montagna innevata ed in luce all'estremo limite dell'orizzonte» della
Fiumana, Pellizza inizia una nuova composizione
per poter raggiungere in pieno «la vagheggiata solennità e forza del
modellato».38 Lo sfondo non doveva essere troppo dettagliato e
chiaro per non disturbare l'attenzione dello spettatore. La natura è stata
dipinta in una gamma di colore scuro e sfumato, e da l'impressione solitaria e
assorta. Il cielo è un tramonto blu, rosa, e viola in lunghe e decorative
strisciature. La natura sfumata-scura funziona come contrapposto alla piazza
Malaspina illuminata dalla luce mezzo giornale. Sul piano di significati
simbolici vediamo dunque la classe operaia uscendo da condizioni scuri e miseri
e andando verso un futuro illuminata e felice. Rimane solo a conoscere il modo
con il cui si ottiene il futuro felice, come si vede nelle discussioni delle
figure.
E' stato accentuata la ricerca della modulazione delle figure con
ombra e luce, la creazione di volumi e corpi in grandezza naturale. Riprende
anche lo studio dei tre personaggi centrali, per cui posavano per diversi
schizzi (cf. lista alla fine della tesina numeri 12-21) da sinistra a destra
Clemente Bidone, Giovanni Zarri (tutti e due contadini di Pellizza) e Teresa
Pellizza, sua moglie. Si vede già nei studi che seguono la Fiumana la ricerca di una maggiore solidità e oggettività. Bidone e Zarri sono stati ristudiati con un «plasticismo quasi
geometrizzante»39 . I due maschi non cambiano molto nel loro atteggiamento in rispetto alle versioni precedente, però sono resi
più netti e
emblematici nella loro fermezza. Giovanni Zarri si distingue della massa con il
«reso vivido dal colore rosso, dominante senza sfumatura ed ombre capo sul
panciotto»40 . La donna invece, la cui lunga veste e la sua posa
ricordano una statua antica, sta un po' accanto e introduce lo spettatore con un
gesto della sua mano di sinistra nel quadro, accompagnandolo con il suo visto
verso gli ambasciatori. La folla alle spalle del terzetto è compatta, unitaria e
continua. Occupa tutto lo spazio da un lato del quadro all'altro. Le figure
laterale chiudono agli estremi la composizione.41
La composizione dei personaggi, le relazioni
tra le parti e il tutto, ricordano la pittura rinascimentale. Giovanni Cena nota
nel 1902: «Per il disegno, per la distribuzione delle figure, per la complessità
e il ritmo della composizione, per lo studio accurato e sintetico di ciascuna
figure vi viene in mente un pittore ben lontano nel tempo e nelle idee:
Raffaello.»42 E infatti, ci vengono in mente in particolare il
riferimento a Raffaello e le sue stanze vaticane. I gesti dei personaggi, in
particolare la loro posizione delle mani, fanno pensare anche nel loro raggruppamento in conversazioni alla Scuola
d'Atena.43 Per esempio il gruppo a destra delle spalle della
donna ricorda il disputo tra Platone e Aristotele, il primo mostrando con le sue
mani verso il cielo e l'ultimo invece verso la terra, cioè due concezioni
filosofiche totalmente diverse. Sembra che anche i lavoratori mostrano diversi
atteggiamenti di prendere verso la lotta per il loro diritto. Nel loro
abbigliamento abbastanza uniforme presentano diverse possibilità di
comportamento e di reazione. Nella fila seguente si aggiunge all'atteggiamento
dei gesti della prima file lo sguardo dei lavoratori. Le mani e la testa hanno
una funzione essenziale di caratterizzare la massa. Alcuni persone guardano
lontano (verso un futuro più felice?), altri davanti a se (pensando alla
lotta?), altri verso lo spettatore ecc.
L'avanzare non è rapido, con
forza violente, ma è sicuro e ineluttabile con sicurezza e la certezza di
vincere. È una lotta anche intellettuale, con consapevolezza del proprio ruolo
storico. Questo quadro èil frutto di dieci anni di elaborazione
artistico-tecnica e di maturazione politico-filosofica, «dando forma ad un
quadro in cui il popolo aveva la compiutezza e l'equilibrata serenità e
positività delle concezione classiche»44 . Il quadro è l'espressione dell'artista-pensatore di
un socialismo positivo e evoluzionista.45 Anche l'uso della tecnica divisionista s'infila in una
riflessione sulla tecnica adatta a una certa weltanschauung. Il credo nelle
scienze e nel progresso sociale trova il suo equivalente nel modo scientifico di
dipingere secondo la tecnica del divisionismo: «[...] le lotte dei lavoratori e
il loro progresso sociale si univano alla alla tecnica ostinatamente
divisionista, piú scientifica e quindi progressista rispetto a quelle del
passato, e a dominanti linee ondulate in cui Pellizza vedeva la sigla della
modernità.»46
Capitolo 4 - Conclusione
Con delusione di
Pellizza Il Quarto Stato non fu accolto con
molto entusiasmo da parte dalla critica d'arte e neanche dei suoi amici
artisti.1 Non ha vinto un premio alla Triennale di
Tcvffbxg Appendice B - Figure Ambasciatori della
fame, 1891, bozzetto olio su tavoletta, cm. 25x37.2, Coll. privata,
Milano.
Paesaggio: piazza
Malaspina a Volpedo, c. 1891, olio su tela, cm. 42.8x80.7, Coll.
privata, Milano.
Ambasciatori della
fame, c. 1891-92, olio su tela, cm. 73x51.5, Coll. privata, Biella.
Ambasciatori della
fame, 1895, cm. 159x198, Coll. privata, Milano.
Fiumana,
1895, bozzetto olio su tela, cm. 77.8x44.2, Coll. Ferraris, Biella
Fiumana,
1896, olio su tela, cm. 450x275, Coll. privata, Torino.
Il cammino dei
lavoratori, 1898, bozzetto olio su tela, cm. 116x66, Coll. privata,
Alba.
Quarto
Stato, 1901, olio su tela, cm. 543x285, Civica Galleria d'Arte
Moderna, in deposito presso il Comune di Milano.
Gruppo di lavoratori, c. 1898-99,
carboncino su carta, cm. 185x143, Coll. privata, Roma Studio di figura maschile (ritratto di Giovanni
Zarri), c. 1898-99, carboncino su carta, cm. 98x205, Coll. privata Tortona.
Studio di figura maschile (ritratto C. Bidone), 1898,
carboncino su carta, cm. 96x200, Coll. Rizzoli, Milano.
Appendice B - Dipinti, studi e bozzetti.
1891-1901 Dipinti Ambasciatori della fame, c. 1891-92, olio
su tela, cm. 73x51.5, Coll. privata, Biella.
Ambasciatori della fame, 1891, bozzetto
olio su tavoletta, cm. 25x37.2, Coll. privata, Milano.
Paesaggio: piazza Malaspina a Volpedo, c.
1891, olio su tela, cm. 42.8x80.7, Coll. privata, Milano.
Fiumana, 1895, bozzetto olio su tela, cm.
77.8x44.2, Coll. Ferraris, Biella.
Fiumana, 1896, olio su tela, cm. 450x275,
Coll. privata, Torino.
Il cammino dei lavoratori, 1898, bozzetto
olio su tela, cm. 116x66, Coll. privata, Alba.
Quarto Stato, 1901, olio su tela, cm.
543x285, Civica Galleria d'Arte Moderna, in deposito presso il Comune di
Milano. Cartoni e disegni Sciopero, 1890, matita su carta, cm.
17x10.7, Coll. privata, Milano.
Gruppo di Contadini, c. 1891, matita su
carta, cm. 23.5x13.8, Coll. Pasqué, Milano.
Paesaggio, 1891, matita su carta, cm.
6x10, Studio Pellizza, taccuino n. 13, f. 19v, Volpedo.
Ambasciatori della fame, 1895, cm.
159x198, Coll. privata, Milano.
Studio di figura, 1895, carboncino su
carta, cm. 96x160, Coll. Timò, Alessandria.
Studio di figura, c. 1895-96,
carboncino e
contésu carta, cm. 95x158.5, Pinacoteca Civica, Alessandria.
Studio di figura femminile (ritratto della
moglie), 1895, carboncino su carta, cm. 35x52, Coll. M. Bruni Pellizza.
Studio di mano, 1896, carboncino su
carta, cm. 14.9x18.6, Coll. N. Del Conte Pellizza, Volpedo.
Studio di figura di giovane uomo, c.
1896, carboncino su carta, cm. 30,8x44,2, Coll. Valinotti, Torino.
Studio di figure, c. 1896, matita su
carta, cm. 31x21, Coll. M. Bruni Pellizza, Volpedo.
Studio di figura maschile, 1896,
carboncino su carta, cm. 72.4x142, Coll. E. Del Conte, Milano.
Studio di figura maschile (ritratto C.
Bidone), 1898, carboncino su carta, cm. 96x200, Coll. Rizzoli, Milano.
Studio di figura maschile (ritratto di
Giovanni Zarri), c. 1898-99, carboncino su carta, cm. 98x205, Coll. privata,
Tortona.
Gruppo di lavoratori, c. 1898-99,
carboncino su carta, cm. 185x143, Coll. privata, Roma.
Gruppo di lavoratori, 1898-99, carboncino
su carta, cm. 134x145, Coll. privata, Roma.
Gruppo di lavoratori, c. 1898-99,
carboncino su carta, cm. 141x200, Coll. privata, Roma.
Studio di testa, c. 1899, carboncino su
carta, cm. 32x37.8, Coll. M. Bruni Pellizza, Volpedo.
Studio per il bambino, 1899, marita su
carta, cm. 19x26.2, Coll. M. Bruno Pellizza, Volpedo.
Studio di braccia con testa, c.
1899-1900, carboncino su carta, cm. 50x50, Coll. M. Bruni Pellizza, Volpedo.
Studio di testa, c. 1900-01, carboncino
su carta, cm. 27x31.6, Coll. E. Del Conte, Milano.
Studio di testa, 1901, penna su carta,
cm. 13.1x22.3, Coll. M. Bruni Pellizza, Volpedo. Bibliografia Pellizza da Volpedo Cassasini, M., E. Cau, P. Pernigotti e V. Tosonotti (a cura di), La memoria nelle immagini. Cent'anni di Volpedo,
Volpedo 1992. Lamberti, Maria Mimita, Pellizza da Volpedo e il
Quarto Stato, in Storia dell'arte
italiana, II. parte vol. III cap. 5, pp. 87-93. Mensi, Arturo (a cura di), Giuseppe Pellizza da
Volpedo 1868-1907, Alessandria 1954. Mostra
12.07.-30.09.1954. Pelissero, Gabriella, Pellizza per il
“Quarto Stato”, Torino 1977. Scotti, Aurora (a cura di), Il quarto
Stato, Milano 1976 (Gabriele Mazotta Editore). Scotti, Aurora (a cura di), Pellizza da
Volpedo, Milano 1980 (Electa). Scotti, Aurora, Pellizza da Volpedo. Catalogo
generale, Milano 1986 (Electa). Scotti, Aurora und Pierluigi Pernigotti, Lo
Studio-Museo di Giuseppe Pellizza da Volpedo e i luoghi Pellizziani
(Guidi ai Musei in Piemonte, 2), Torino 1996.
Scotti Tosini, Aurora (a cura di), Giuseppe Pellizza
da Volpedo. Disegni. “ Lo studio dell uomo mi condusse alla
natura”, Milano 1996. Commune di Tortona, Catalogo dei Manoscritti di
Giuseppe Pellizza da Volpedo, Tortona 1974. Vescovo, M. (a cura di), Racconti pelizziani.
Intorno al Quarto Stato. Ommagio a Giuseppe Pellizza da Volpedo,
Volpedo 1995 (Mostra 1.05.-14.05.1995).
Arte e storia in generale Barilli, Renato, L'arte contemporanea. Da Cézanne
alle ultime tendenze, Milano 1984 (Feltrinelli). Benjamin, Walter, L'opera d'arte nell'epoca della
sua riproducibilitàtecnica. Arte e societàdi massa, Torino 1966 (Einaudi). Benevolo, Leonardo, Storia dell'architettura
moderna, Bari 4 1971 (Laterza).
Fiori, Teresa, Archivi del Divisionismo,
Roma 1968 (Officina Edizioni). Damigella, Anna Maria, La pittura simbolista in
Italia. 1885-1900, Torino 1981 (Einaudi). Egbert, Donald Drew, Arte e sinistra in Europa dalla
Rivoluzione francese al 1968, Milano 1975 (Feltrinelli).
Elia, Mario Manieri (a cura di), William Morris.
Opere, Bari 1985 (Laterza). Haskell, Francis, Arte e linguaggio della
politica, Firenze 1978 (Studio per edizioni scelte). Hobsbawm, Eric J. et al. (a cura di), Il marxismo
nell'età della seconda internazionale (Storia
del marxismo, vol. II), Torino 1979 (Einaudi). Lux, Simonetta, Arte, società, tenica,
Assisi 1971 (Beniamino Carruci). Lux, Simonetta, Sociologia dell'arte. Definizioni,
storia, bibliografia, Roma 1979 (Il Bagatto). Maltese, Corrado, Storia dell'arte in Italia.
1785-1943, Torino 1992 (prima edizione 1960) (Einaudi). Arte e socialità dal realismo al simbolismo
1865-1915, Mostra Palazzo della Permanente, Milano 1979
(giugno-settembre). L'Età del divisionismo, Mostra Palazzo
della Permanente, Milano 1990. Negri, Antonello, Il Realismo. Da Courbet agli anni
Venti, Bari 1989 (Laterza). Anzani, Giovanni e Carlo Pirovano, La pittura del
primo Novecento in Lombardia (1900-1945), in: Carlo Pirovano (a
cura di), La pittura italiana. Il Novecento,
Milano 1991 (Electa), pp. 69-210. Divisionismo Italiano, Milano 1990
(Electa). Mostra Museo d'Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto,
21.04.-15.07.1990.
Quinsac, Annie-Paule, La Peinture Divisioniste
Italienne. Origines et Premiers Développements. 1880-1895, Paris
1972 (Éditions Klincksieck).
Il quarto
stato fu trascurato da parte della critica per vari anni. Pellizza
viene preso in considerazione per la prima volta nel libro Ritratti di artisti iltaliani di Ugo Ojetti, che include la sua biografia. Nel 1920 esce la prima
monografia su Pellizza a cura di Francesco Sappori, nel 1944 segue un altra di
Severino Bellotti. Nel frattempo ci furono anche tentativi di leggere la sua
opera in chiave fascista, come per esempio nella rivista Alexandria che dedicava numerosi contribuiti tra il 1936
e il 1939 al pittore. Per il quarantesimo anniversario della sua morte nel 1947
il comune di Volpedo pubblica un fascicolo monografico su Pellizza. Nel 1954,
due anni dopo la presentazione di Pellizza al Padiglione
del Divisionismo della Biennale di Venezia, viene pubblicato da
Arturo Mensi il catalogo della mostra sul volpedese in Alexandria. L'interesse
della critica d'arte e una sua valutazione positiva cominciano però solo negli
anni Sessanta: col libro di Corrado Maltese del 19602 con gli Archivi del
divisionismo del 19683 e la mostra del Divisionismo
italiano nel 1970. Le ricerche sul pittore vengono completo con due
monografie negli anni Settanta: Il quarto stato
a cura di Aurora Scotti e Pellizza per il Quarto
Stato di Gabriella Pelissero. Col Catalogo
generale di Aurora Scotti, pubblicato nel 1986, finiscono per il
momento le ricerche su Pellizza.4
Il successo del quadro presso il pubblico
cominciò, cono il consenso dell'autore, attraverso la diffusione di riproduzioni
su cartolina e stampa socialista.5 L'iconografia del quadro è stata subito capita dalla
maggior parte della popolazione lavoratrice. La soluzione iconografica è stata
molto importante: nel 1900 Hans Baluschek sviluppa una
soluzione simile nel suo Proletarie. Anche Otto
Griebel riprende nel 1928-30 lo schema iconografico nel
suo quadro Internazionale con la stessa vista
dall'alto su una massa infinita di lavoratori. Anche loro, benché sono disegnato
in modo meno tipicizzante, mostrano la loro forza come classe unitaria. Anche
Griebel ha avuto probabilmente in mente , come Baluschek, Il quarto stato quando dipingeva il quadro.6
Tramite la riproduzione tecnica le masse
operaie potevano dividere l'entusiasmo portato da Pellizza, il «sociale creatore
del manifesto politico del proletariato»7 , per le idee socialiste. Probabilmente la sua fama
non era dovuto al quadro stesso, ma alla sua riproduzione. Il quarto stato ha sopravissuto gli anni della dittatura
fascista fino ai nostri giorni con un' immensa popolarità.8 Sembra che anche cent'anni dopo la sua creazione,
l'iconografia del quadro abbia una grande attrazione: è stato p. es. usato da
Bernardo Bertolucci per il suo film Novecento.
È stato usato anche per una quantità notevole di pubblicazioni, tra l'altro per
la copertina del supplemento del lavoro nel corriere
della sera.9 Attraverso di una sua diffusione di massa, sotto forma
di riproduzioni e di pubblicazioni nella stampa di sinistra, ha avuto una
fortuna immediata presso i partiti e le organizzazioni operai. Gli operai non
andavano sicuramente al museo per vedere questo quadro (con dimensioni di
pittura di storia). La sua popolarità è dovuta ad un'iconografia ben percettibile e alla sua distribuzione o riproduzione di massa. «Proprio questo
tipo di medium [riproduzioni nelle gazzette, cartoline, ecc.] nella diffusione
dell'immagine mi sembra importante per chiarire la sua popolarità che giunse nei
primi decenni del Novecento al risultato di una sua enorme diffusione nelle
sezioni di partito e nei circoli operaie. Era qui infatti che si rivelava la sua
capacità di tradurre in “simbolo compatto, diretto e sintetico, mezzo secolo di
iconologia popolare a Daumier ai preraffaelliti”, iconologia che per giunta si
era calata e identificata nella concezione del socialismo quale era maturata, a
livello popolare e colto nello stesso tempo, nell'Italia settentrionale del
primo Novecento.»10
La distribuzione e diffusione di massa del
Quarto stato tramite la sua riproduzione
tecnica aveva probabilmente una portata mai vista in quest'epoca: ma come lo
dovrà definire Walter Benjamin una generazione più tardi, con la sua
riproduzione tecnica, un opera d'arte perdeva anche la sua aura. Pellizza aveva
lavorato per dieci anni al suo quadro per arrivare alla fine ad un risultato
(artistico) ottimo. Ma la maggior parte della popolazione non andava a Milano
per vedere il quadro al museo. Lo vedeva invece sopratutto in riproduzioni, su
cartoline, libri giornali etc.. Così l'opera d'arte aveva perso fin dall'inizio
la sua autenticità. Non era il suo hic e nunc a
dargli la sua grande fama - come è p. es. il caso dell'arte del rinascimento
tanto ammirato da Pellizza.
La riproduzione tecnica del quadro con una
finalità ideologica, lo strappa al controllo del messaggio da parte
dell'artista. Il Quarto stato è stato
probabilmente uno dei primi quadri ad essere usato sopratutto come riproduzione
nella stampa avendo ricevuto cosi una grande popolarità. Quest'uso dell'immagine
del Quarto stato da parte della sinistra
politica anticipava l'evoluzione della propaganda di massa usata sotto i regimi
totalitari del periodo seguente. Al contrario delle intenzioni originarie di
Pellizza, che voleva fare un'arte per
l'umanità, il Quarto stato è
diventato così un modello per la stampa politica.
Frédéric Bußmann
Linienstrasse 45
10119
Berlin
Germania
This document was translated from LATEX by HEVEA.
http://userpage.fu-berlin.de/~stern89/pellizza.html