Pellizza da Volpedo - Il quarto stato (1891-1901)

Pellizza da Volpedo

Il Quarto Stato

Capitolo 1 - Introduzione

L'arte per l'umanità, questo era lo scopo di Giuseppe Pellizza da Volpedo. In base all'analisi del suo percorso artistico, delle sue affermazioni sull'arte in generale e sul ruolo dell'artista nella società si tenta in questa tesina di ricostruire la genesi del suo quadro Il quarto stato.

La prima parte tratta della vita dell'artista e delle problematiche artistiche della sua pittura, nella seconda parte si analizzerà la genesi del quadro Il quarto stato, il « monumento più alto che il movimento operaio abbia mai potuto vantare in Italia»1. Nell'arco di dieci anni del 1891 al 1901 Pellizza ha realizzato tre diversi quadri sul soggetto di una manifestazione contadina. Nel 1891 cominciava gli Ambasciatori della fame, che ancora non esprime intenzioni politiche ben precise, intenzioni che saranno invece rese esplicite nel quadro La Fiumana del 1895, in cui si legge una dichiarazione per il diritto umano universale. Dopo i scontri del maggio 1898 a Milano e una repressione statale verso il movimento operaio Pellizza decide di riprendere il lavoro con un messaggio chiaramente favorevole alla lotta di classe. Nella conclusione si tenta di sistemare le sue idee politiche e artistiche paragonando le due al esempio del pittore e la sua opera. Si tenterà anche di riflettere sulla fortuna del quadro attraverso le sue riproduzioni. La riproduzione di massa è la chiave per il successo del quadro, in particolare tra la popolazione operaia.2

Capitolo 2 - Pellizza da Volpedo (1868-1907)

2.1  Note biografiche e artistiche

«Io vi amo o uomini eccellenti, proprio perché oggi siete incapaci di vivere. Infatti è questo, oggi, il miglior modo di vivere.»1

Giuseppe Pellizza da Volpedo è nato a Volpedo in Lombardia il 28 luglio 1868 da una famiglia che viveva dei prodotti delle terre possedute dei dintorni del paese. Si suicida il 14 giugno 1907 dopo la morte di suo figlio e di sua moglie.

Pellizza comincia nel 1883, all'età di 15 anni a seguire corsi di disegno presso Giuseppe Puricelli. Dietro consiglio di amici e sopratutto di Victor Grubicy de Dragonsuo padre lo iscrive all'Accademia di Brera. Lì segue tutta la prima parte dell'iter accademico fino al 1887, riportando buoni successi e ottenendo vari premi. La sua formazione presso Puricellilo porta alla copia dal vero, all'elaborazione di ritratti e nature morte. Nel 1886 il suo maestro parte per la Russia e Pellizza deve cercarsi un nuovo insegnante. Lo trova in Pio Sanquirico. Da Sanquirico, Pellizza impara soprattutto lo studio dal vero su modelli viventi. Alla mostra nazionale di Venezia del 1889 vede tutte le possibilità espressive delle scuole artistiche italiane. Convinto che l'arte non cresce nell'ambiente accademico braidense, decide di non tornare più a Milano a studiare, ma di tentare nuove vie. Pellizza decide di recarsi a Roma per frequentare l'Accademia di San Luca e per seguire i corsi della scuola libera del nudo all'Accademia di Francia a Villa Medici. «Insoddisfatto di maestri che seguivano poco gli allievi e che brillavano per la loro assenza delle aule»2 , Pellizza lascia Roma per Firenze, non senza essere stato molto impressionato da Raffaello e da Michelangelo e dall'arte rinascimentale in generale. A Firenze, approdando nel 1888 Fattorie copiando figure dal vero, Pellizza comincia ad allargare l'ambito delle sue composizioni ed a dedicarsi intensamente al disegno.3 Accanto allo studio di opere di arte antica a Firenze, egli vuole entrare in contatto con i protagonisti della prima avanguardia pittorica italiana, i Macchiaioli. Pellizza impara dai Macchiaioli «lo studio del paesaggio dal vero definito da piani di colore tersi e luminosi e con eliminazione di passaggi chiaroscurali per una definizione tonale dei contrasti luminosi»4 . Dopo aver imparato a lavorare dal vero, egli applica la lezione dei Macchiaioli in La piazza di Volpedo del 1888. Nello stesso anno, Pellizza decise di giungere un'altra volta l'accademia e va all'Accademia Carrara di Bergamo per rinfrancarsi del tutto nel disegno presso Cesare Tallone5 . Il Maltese, che era nel dopoguerra uno dei primi critici d'arte a apprezzare Pellizza, sottolinea l'influenza del Tallone, scrivendo: «Pellizza aveva tratto dal Tallone, a Bergamo, la profonda fedeltà al vero, la vigorosa coscienza della pittura come linguaggio [...].»6

Importante per la sua visione dell'arte è stata la mostra universale di Parigi nel 1889, dove si reca spinto dalla necessità di approfondire lo studio degli effetti di luce. Dopo aver studiato dal vero, incrementato la sua facoltà di disegnare ritratti e veduti, Pellizza torna verso la ricerca della luce e la sua trascrizione in colore sulla tela.7 In Ricordo di un dolore, un ritratto di sua sorella scomparsa durante la sua assenza a Parigi, Pellizza sintetizza nel 1889 gli insegnamenti ricevuti a Parigi. Nel 1890 decide di ritornare a Volpedo per lavorare finalmente da solo:

«Certo è che se un giovane dopo aver fatti gli studi di iniziazione all'arte, anche avendo dell'ingegno, dovesse continuamente rimanersi lontano dagli artisti, completamente solitario, senza darsi il menomo pensiero di quanto avviene intorno a lui fatto d'arte, ignaro dello svolgimento continuato delle idee, si ridurrebbe in breve tempo ad un abbrutimento inevitabile. [...] Ai giorni nostri si esige molto più dal pittore, per cui gli è necessario il contatto diretto, continuato della natura chi gli abbisogna ritrarre; vivere in essa, di essa, per essa onde assimilarsela quanto può e così porsi in grado di tradurla facendone risaltare quei caratteri pei quali si distingue. Stiasi continuamente in città il pittore che nelle vita cittadina cerca il suoi soggetti, ma chi vuol ritrarre il lavoratore dei campi deve faticare, sudare con lui!»8

Sembra che il giovane Pellizza descriva il suo percorso accademico per spiegare la sua scelta di ritornare nel suo paese natale e rimanere lontano dai circoli artistici delle grandi città. Per fare un'arte pura, un'arte che corrisponda al cento per cento a se stesso, l'artista non deve subire l'influenza degli altri artisti, ma invece deve rimanere completamente solitario per concentrarsi sui valori essenziali. Dice che per ritrarre la natura deve vivere nella natura e non in città. Vale la stessa cosa per chi vuol ritrarre il lavoratore dei campi deve faticare, sudare con lui. Pellizza parla infatti dell'identità della vita e dell'arte. Si deve vivere i soggetti dell'arte per essere capaci di ritrarli adeguatamente.

A Volpedo Pellizza dipinge all'aperto e in campagna, «[...] sperimentando in tutte nuove ricerche cromatiche per dare l'impressione di figure ambientate in uno spazio atmosferico o naturale [...]»9 . Ha appena finito il iter classico dell'accademia e comincia a subire altre influenze, in modo di sviluppare un proprio stile artistico. È sopratutto la sua gamma cromatica che cambia, diventando più chiara e «[...] eliminando le terre e cercando di ottener il massimo di luminosità utilizzando colori puri disposti con pennellate franche, e realizzando i contrasti e la vivacità della luce con la presenza di pennellate bianche o tono su tono»10 . Nel 1892, sotto l'influenza del suo amico NominelliPellizza tenta i primi dipinti in tecnica divisionista per raggiungere la piena luminosità della luce solare.

Pellizza inizia a praticare sistematicamente la nuova tecnica, che aveva già notato nelle opere di Segantini, di Morbellie di Previatialla prima Triennale di Brera del 1891. È stata questa mostra a suscitare un grande dibattito sul divisionismo e sul vero significante, con Victor Grubicy come protagonista principale, intervenendo su diversi fronti come la stampa e l'organizzazione della mostra. Il suo primo quadro in tecnica divisionista èSul fenile del 1893, un quadro «che accompagnasse alla fedeltà al vero naturale scene e soggetti profondamente impegnati sul piano dei significati umani e sentimentali»11 . A partire di questo quadro si nota un nuovo elemento nella sua pittura, una dimensione umana che èil risultato delle riflessioni artistiche sulla natura umana.

Per arricchire la sua formazione e la sua cultura `umanistica' egli decise di recarsi a Firenze per frequentare l'Istituto di studi superiori, studiando la letteratura, la filosofia, l'estetica e la storia. Lì è entrato in contatto con Fattori, Segantinied altri artisti, e ha seguito le lezioni di Pasquale Villonie Augusto Conti. Tutti i due, Villoni e Conti, furono molto importanti per la sua formazione intellettuale. Il primo per «la sua concezione positivista della storia» e il secondo per averlo indirizzato «ad una visione spiritualista della bellezza e a un idealismo filosofico».12 Nel 1894 ritornò a Volpedo, partecipando a diverse mostre e intensificando i rapporti amichevoli con Segantinie Morbelli. Con Segantiniha contatto epistolare e con Morbelliun rapporto di stretta familiarità. Era Morbellia dargli consigli sul lavoro divisionista.13

Nell'arco dal 1891 al 1901 Pellizza lavorava sul suo quadro con soggetto sociale, primo intitolato Ambasciatori della fame, poi Fiumana e Il cammino dei lavoratori e alla fine Il quarto stato, cambiando tanto il titolo quanto la tecnica e il colore. L'evoluzione dei quadri mostrano bene le diverse influenze artistiche, dal divisionismo al simbolismo, che confluiscono in un'arte personale.

Nella metà degli anni Novanta entra in contatto con pittori simbolisti e si interessa di più al problema del simbolismo. Fa amicizia profonda con Giovanni Cena, che pubblicava articoli sui simbolisti ed era uno dei protagonisti della critica per il simbolismo.14 Pellizza partecipava al dibattito sul simbolismo coi suoi dipinti (cf. Lo specchio della vita) e con diversi articoli in riviste artistiche-letterarie. Egli iniziava nel 1895 una seconda versione degli Ambasciatori della Fame, di cui il titolo viene cambiato in Fiumana sotto l'influenza dei simbolisti.15 Sente il bisogno di creare l'arte per l'umanità, per il popolo, per la vita quotidiana e contadina: «[...] l'arte moderna deve essere, oltreché armonia di colore ed equilibrio di forma, elevato nel concetto ed umana [...]. Sento che ora non è più l'epoca di fare l'arte per l'arte, ma dell'arte per l'umanità16 Nel corso del 1898 dipinge diversi quadri simbolisti, con «una puntuale ricerca di significati»17 , come per esempio il suo Autoritratto. Il 1899 era il «momento nodale della sua parabola simbolista»18 : Dopo la scomparsa inaspettata e dolorosa del suo grande amico SegantiniPellizza entra in corrispondenza intensa coi i suoi amici, come Neera, Vittorio Pica, Ojetti, Tumiatie Grubicy. Voleva continuare la riflessione di Segantinisui valori espressivi della natura. Pellizza comincia a rinnovare il suo interesse per il paesaggio “puro”, apprezzando particolarmente le esperienze degli impressionisti, conosciute all'Esposizione universale di Parigi nel 1900.

Dopo aver cominciato una terza versione del suo quadro sociale, Il cammino dei lavoratori nel 1898 con un messaggio politico e filosofico diverso da quello della Fiumana, lo finisce nel 1901, intitolandolo adesso Il quarto stato. È stato esposto per la prima volta a Torino nel 1902. Pellizza è rimasto molto deluso dalla critica e dalla reazione del pubblico. Rinuncia ad elaborare altri quadri con soggetti sociali. Dal 1902 si concentra su vedute di paesaggi puri, «ma senza rinunciare a strutturare profondamente l'immagine secondo ben precise leggi di produzione armonica e rifiutando la semplice resa visiva dell'impressionismo: pur copiando dal vero, puntava sui fenomeni più generali ed universali, ricavando da essi il massimo di suggestione e di significato»19 . Comincia ad interessarsi a l'École de Barbizon, di cui ha visto qualche quadro alla Biennale di Venezia nel 1901, ed ai pittori inglesi di vedute paesaggiste come John Constablee William Turner. Il sole del 1904 è il risultato del suo studio del paesaggio puro, dipingendolo nelle montagne ed ispirandosi a fare altre gite negli Appennini e nelle Alpi in Svizzera, sui luoghi segantiniani. Verso il 1905 sembra ritornare definitivamente verso uno stile predivisionista. Insomma, dichiara in una lettera a Morbellidel 12 ottobre 1905: «[ho rinunciato] al puntinismo per una pennellata più libera che crea forma e colore in un stesso istante». Cerca uno stile più adatto ad allargare gli orizzonti della pittura che sembra di trovare ritorno all'impressionismo e poi alla scuola di Barbizon: «un ritorno all'impressionismo che si dovrebbe fare invece di spingere il divisionismo ai limiti estremi del puntinismo».20 Cercando nuove esperienze artistiche si recò nel 1906 a Roma, dove incontrò tra gli altri Balla, Boccioni e Severini. Questo contatto sembra di non averlo influenzato molto, nell'estate del 1906 preferisce ritornare in Engadina negli stessi luoghi segantiniani.

Non si può dire come avrebbe finito le sue esperienze artistiche seguendo Segantini: nel 1907 si suicidò dopo la morte del figlio e di sua moglie Teresa. «[...] Pellizza al suicidio: si impiccherà nel suo studio il 14 giugno 1907. Ma sarebbe difficile non cogliere in quel gesto un'altra coincidenza: nello studio di Pellizza c'erano ancora i grandi cartoni e l'enorme tela del Quarto Stato, così come nella libreria si trovava la traduzione italiana del romanzo di Zola, L'OEuvre, o Vita d'artista. In quel libro Zola narra la vicenda del geniale pittore Claude Lantier e dei suoi tentativi per dare una grande opera che renda la molteplice realtà della società contemporanea: lo troveranno una mattina nel suo studio “impiccato sulla grande scala, di fronte alla sua opera mancata”.»21

Anche se il suo suicidio «rende meditabondi sull'ormai insanabile conflitto tra le idealità alimentate dall'arte e la dura realtà di un mondo che nella sua pratica quotidiana le travolgeva ogni giorno,»22 Pellizza rimane nella nostra consapevolezza come artiste engagé, che provava a superare il lato puramente tecnico del divisionismo in favore di una chiara posizione per i diritti dei suoi contadini. «Come uomo e come artista»23 , come lo disse Severiniancora nel 1936, Giuseppe Pellizza era impegnato per aiutare gli altri, sia lavorando al livello artistico sia lavorando nell'associazione di mutuo aiuto di Volpedo.

2.2  Pellizza, tra idea e realtà

«L'arte deve essere una] rappresentazione idealista della natura e di noi stessi, in vista del perfezionamento fisico e morale della nostra specie.»24

Le metamorfosi del Quarto stato non sono solo un esempio di cambiamento di stile di dipingere seguendo una moda, ma anche un buon esempio per analizzare le relazioni tra un idea, un concetto, e l'oggetto dipinto; in questo caso l'oggetto è una realtà sociale finta, perché, benché il luogo e le persone siano presi dal vero, la situazione nella quale sono raffigurati non è realmente accaduta.

Dopo avere imparato a dipingere dal vero, secondo i canoni del naturalismo25 , Pellizza si interessa al Divisionismo, dopo aver visto gli impressionisti a Parigi e dopo aver ritrovato il suo amico Nominellia Firenze. Ma nel rapporto con Nominelli, Morbellie Segantinisi limita non solo alla tecnica, ma approfondisce anche la riflessione sul contenuto.26 All'inizio della sua formazione Pellizza si era concentrato sulla sua tecnica, sul disegno e sul dipinto. Entrando nei circoli divisionisti capisce subito il conflitto con l'altra parte del dipingere - il conflitto tra realtà dipinta e l'idea perseguita. Il binomio è rappresentato nel divisionismo con Previatida un lato e Segantinidall'altro. Previatie con lui Grubicysostengono una prevalenza dell'idea «in direzione di una idealità indeterminata, fluttuante e evanescente» invece Segantiniopta per una realtà «attraverso un fermo impianto strutturale.»27 Tocca a Pellizza decidere tra la prevalenza o dell'idea o della realtà. Nell'arco di dieci anni di esecuzione del soggetto sociale si possono vedere bene i diversi accenti. Sin dall'inizio, già quando imparava presso Puricelli e Sanquirino lo studio dal vero, Pellizza escludeva «vaghe e indistinte idealizzazioni»28 , prendendo la realtà fisica come momento fondamentale della realizzazione pittorica. All'inizio l'accento è messo dunque più sulla realtà seguendo Segantini.29

Nel contatto con Puricelli, Sanquirino e Tallone, poi coi Macchiaioli e i Divisionisti, Pellizza era entrato in un «milieu [...] ideologicamente orientato in senso positivista»30 . Il positivismo, di cui Auguste Comte aveva già scritto il testo fondamentale negli anni Quaranta del '800, era diventato l'idea filosofica più diffusa nell'ultimo quarto del secolo. Il credo nella scienza e nel progresso verso un futuro felice per l'umanità si infiltrava in tutte le circostanze della vita. Analogo allo sviluppo dell'impressionismo al pointillismo/divisionismo/neoimpressionismo - “l'impressionismo scientifico” - nel campo dell'arte, le idee politiche in alcuni ambienti della società si sviluppano in una “dialettica positivista” verso la sicurezza che il socialismo proletario sia vincente sulla borghesia. «Comunque, a differenza del socialismo degli universitaires francesi, allora prevalentemente non marxista, il marxismo esercitò una tale attrazione sugli italiani intellettuali che, per qualche tempo, il marxismo italiano sembrò quasi una salsa con cui veniva condita l'insalata culturale fondamentalmente positivista, evoluzionistica e anticlericale della classe media italiana.»31

Infatti era Pellizza a provare la sintesi tra idee socialiste e arte che sembrava essere non-politica. Gli impressionisti, con l'eccezione di Pissaro, si interessavano puramente alla tecnica artistica, come in seguito i neoimpressionisti e divisionisti. Al livello socio-politico Pellizza era vicino alle idee di pittori come Courbet, che prendeva chiaramente una posizione politica e a cui Pellizza si avvicinò anche artisticamente verso la fine dalla sua vita. C'è una grande somiglianza tra il Funeraille à Ornans del 1849 e il Quarto stato: nel raffigurare dei contadini, nella misura del quadro e anche nell'impegno politico-sociale. «Sapere, afferma Courbetnel 1855, per potere: questa è stata la mia idea. Essere in grado di tradurre i costumi, le idee, l'aspetto della mia epoca secondo il mio giudizio, essere non soltanto un pittore ma un uomo, in una parola fare dell'arte viva, ecco il mio scopo.»32 Sicuramente le parole di Courbet ma sopratutto la sua peinture engagée influenzavano il giovane Pellizza. Vedeva anche lui nel dipingere un impegno per l'umanità, un impegno politico: «Il mio scopo è il bene dell'umanità, è di esprimere le verità che arridono al mio intelletto. Cosa importa se sarò disprezzato, vilipeso? L'arte deve sublimarsi col pensiero. Amo più esser giusto nel pensiero che nella forma.»33 In rispetto al Quarto stato invece questa affermazione sembra un po' paradossale, perché egli aveva già definito il nucleo del quadro nel 1891/2, nucleo che poi ha avuto tanto successo presso la gente “popolare”, ma lavorava per altri diec'anni circa sulla forma del quadro, elaborando diverse tecniche di realizzazione. Però non si può neanche rimproverargli di fare l'art pour l'art. Non cercava un microorganismo artistico in cui poter lavorare, ma sviluppava le sue facoltà sempre in relazione al contenuto e al messaggio da dare. In una lettera al suo amico Morbellidel 1895 scrive: «[...] Non credo peraltro che egli abbia raggiunto lo scopo dell'arte moderna la quale dev'essere oltre che l'armonia di colore ed equilibrio di forme, dev'essere dico elevata nel concetto ed umana. Queste sono parole, ma io non trovo altre adatte ad esprimere il mio pensiero: sento che ora non è più il tempo di fare dell'Arte per l'Arte, ma dell'Arte per l'Umanità. La tua Risaia entra in questa nuova? formula, e checché si dica, per me ha un valore anche per questo. Presto mi metterò assiduo ai miei Ambasciatori della fame, e, a rischio d'andar famelico anch'io lo farò[...].»34 Nell'anno in cui comincia la seconda versione del quadro Ambasciatori della fame e la intitola La Fiumana, riprende chiaramente la critica dei naturalisti all' art pour l'art, anche una critica che è stata fatta agli impressionisti, e si dichiara pronto all'idea di lavorare per tutta l'umanità.

La decisione di Pellizza di dipingere in modo divisionista è dunque non solo una decisione artistica ma anche l'espressione di una convinzione socio-politica: «l'uso di questa tecnica gli si imponeva come strumento ineliminabile del progresso»35 . L'uso del divisionismo divenga quasi una specifica visione del mondo, un Weltanschauung del credo nel futuro umano. Victor Grubicy de Dragonlo afferma: «Se arte è vita e la luce è una forma di vita, la tecnica divisionista, la quale tende ad accrescerebbe di molto l'espressione sulla tela, può essere la culla di nuovi orizzonti per il domani.»36 Così la pittura divisionista diventa in questo momento per Pellizza quasi la condizione artistica per dipingere gli Ambasciatori della fame. Sembra però che Pellizza non era convinto che sarebbe stato seguito dai suoi amici. In una lettera a Neeradel 1897 scrive: «[...] ricordo di averle parlato nella mia ultima lettera di una evoluzione del mio spirito verso l'ideale d'una società costruita su basi meno ingiuste che la presente ed ella, per risposta, mi esortava a non ingolfarmi nella questione sociale: ora, siccome vado ognora rafforzandomi nella opinione che l'artista, pur restando artista, non deve, come uomo, rimanere estraneo a questioni così vitali, sentirei dispiacere se gli amici mi abbandonassero. [...]»37 E infatti dopo l'esposizione del Quarto Stato nel 1901 a Torino Pellizza è stato molto deluso dalle reazioni della critica e anche da quelli dei suoi amici. Sembra che i suoi dubbi del 1897 siano giustificati.

Capitolo 3 - La genesi del Quarto Stato (1891-1901)

Nell'arco di dieci anni dal 1891 al 1901 Giuseppe Pellizza da Volpedo1 lavorava su diversi quadri con lo stesso soggetto sociale: nel 1891 gli Ambasciatori della fame, nel 1895 La Fiumana e nel 1898 Il cammino dei lavoratori che poi nel 1901 è stato cambiato da lui in Il quarto stato. Esistono diversi schizzi, studi e bozzetti (cf. la lista alla fine della tesina), come anche appunti e taccuini della sua riflessione sul soggetto sociale.2 In questo capitolo si parlerà dei tre quadri e dei corrispondenti bozzetti, di un disegno del 1895 e di una pittura di paesaggio di Volpedo, che serviva come sfondo per gli altri quadri.

3.1  1891-1895: Ambasciatori della fame

Attraverso la genesi del Quarto stato si capisce il suo rapporto dialettico con la pittura contemporanea, con la storia e con le teorie sociale dell'epoca.

Impressionato dai scioperi e dalle manifestazioni di strada Pellizza comincia nel 1891 con primi schizzi sul soggetto dello sciopero. Avendo visto dal vivo le lotte popolari e avendo preso fotografie e schizzi dalla stampa, disegna la massa di gente che lotta per i loro diritti. All'inizio degli anni Novanta dell'Ottocento il soggetto dello sciopero èstato dipinto anche da altri pittori italiani. Pellizza ne poteva vedere due alla Triennale di Brera del 1891: La piazza Caricamento a Genova di Plinio Nominellie L'oratore di sciopero di Emilio Longoni, tutte e due opere di tematica sociale.3

Ambasciatori della fame, bozzetto

figura 1 L'abbozzo degli Ambasciatori della fame è dell'Aprile 1891. La scena ha luogo sulla piazza Malaspina a Volpedo che Pellizza aveva già ritratto in un quadro nel 1891. Il bozzetto4 mostra già una composizione con tre figure centrali davanti ad un gruppo di persone sulla piazza - Pellizza chiamerà questa composizione più tardi “embrionale”. La struttura del paesaggio e le figure si integrano distribuendosi per linee ortogonali. La visione è leggermente dall'alto, corrispondente alla strutturai tettonica dal punto di vista prescelto da Piazzetta Malaspina. La prospettiva dall'alto forza la composizione pesando sul terzetto nel primo piano. La composizione su due piani, la piazza a metà ombra e le mura della città con i contadini, che sono connessi al terzetto centrale. Il terzetto figura come ponte intermedio tra la massa e chi è o dovrebbe essere al posto dello spettatore. Le figure non sono molto distinte, trattandosi di un bozzetto, solo nel terzetto si possono distinguere caratteristiche di fisionomia e di vestiti. È gente in abito da lavoro, contadini di Pellizza, con un aspetto determinato. Dunque i tre uomini sono infatti rappresentati come ambasciatori, come intermediari tra il grande proprietario, a cui appartiene la villa Malaspina, e i lavoratori che chiedono pane per nutrire le loro famiglie. La struttura delle tre figure vista dall'alto sulla piazza e la massa di gente sullo sfondo saranno la struttura fondamentale del quadro, che non cambierà nell'arco dei dieci anni dell'evoluzione del dipinto con soggetto sociale. Nei dieci anni dal 1891 al 1901 Pellizza mutò l'applicazione tecnica del dipingere e i valori del colore per «poter meglio precisare i vari significati»5 del soggetto. Il colore del bozzetto è delicato e accentua i toni chiari ma non puri. Il colore è distribuito con velocità ed immediatezza. Il paesaggio stesso resterà immoto a dare certezza e una sorta di verità alla marcia dei lavoratori. La natura e il paesaggio, anche le mura e le case, sono punti fissi a cui sono rapportati gli uomini. L'uomo è mobile, l'uomo cambia il suo destino sullo sfondo della natura immobile.

L'opera si pone come vera e propria base per tutte le successive elaborazioni di questo soggetto. La composizione è già fissata con sicurezza: lo stacco d'ombra in primo piano, il gruppo avanzante di due uomini e le figure sul fondo. Pellizza ci spiega l'identità dei caratteri in una pagina del suo diario: «[...] due contadini s'avanzano verso lo spettatore, sono i due stati ordinati dalla massa di contadini che vien dietro per perorare presso il Signore la causa comune - Uno dessi intelligentissimo energico parrebbe nato anziché pei lavori di campagna pegli ardui sentieri del pensiero, l'altro che lo vien coadiuvando è uomo dalla tempra forte robusta bonaria in lui un non comune buon senso è stato causa dell'incarico affidatogli - Un compagno si avvicina loro e vuol indurre il capo a voltarsi per veder la sua moglie che col bambino in collo è svenuta per fame [...].»6 Troviamo dunque come carattere fondamentale dei due personaggi centrali l'intelligentissimo energico e la tempra forte robuste bonaria. I due Ambasciatori vanno a perorare presso il Signore la causa comune, cioè richiedono di essere pagati meglio o di avere semplicemente pane per mangiare. La moglie del personaggio centrale, che va avanti con fermezza, è già svenuta per fame. La donna col bambino, di cui parla nel diario, sta ancora in disparte dalla scena centrale. Nella Fiumana, quattro anni più tardi, sarà messa in primo piano accanto all'ambasciatore centrale.

La scena descritta non era insolita per l'Italia postrisorgimentale. Le riforme della Sinistra storica dopo il 1876 finivano per «acutizzare i contrasti e gli squilibri già esistenti»7 . Negli anni Ottanta dell'800 c'era una grande crisi agraria, che aveva come una conseguenza il rincaro dei generi alimentari e il peggioramento delle condizioni di vita. Denutrizioni, malattie, analfabetismo e redditi da fame erano le conclusione della pubblicazione di Jacini dell'inchiesta agraria negli anni Ottanta del '800 sulle condizioni di vita delle masse rurale.8 In conseguenza il malcontento e l'esasperazione si manifesta nella collera popolare e poi in lotte organizzate dei lavoratori. Dal 1884 cominciano i grandi scioperi dei braccianti, nel 1887 sale alla presidenza del consiglio Francesco Crispi. La sua presidenza «doveva dare inizio ad uno dei periodi più tumultuosi dopo l'unificazione»9 , perché era una svolta in senso autoritario. «La politica crispina contribuì infatti all'acuirsi del malcontento popolare, che sfociava via via in forme di lotta sempre più organizzate.»10 In questo periodo nascono i partiti socialisti e operai, le camere del lavoro e vengono organizzati congressi del mondo operaio. L'idea di Pellizza di dipingere la lotta pacifista dei operai per i loro diritti (soprattutto esistenziale di sopravvivenza) nasce dunque in questo contesto politico-sociale.

Piazza Malaspina a Volpedo

figura 2 Sul quadro del paesaggio, che serviva come sfondo per gli Ambasciatori si vede la Piazza Malaspina a Volpedo, il primo piano è in penombra, la luce del sole viene dalla sinistra dello spettatore, sulla sinistra c'è un muro di casa, nella parte centrale del piano medio si vede un muro, disposto diagonalmente dal fondo a sinistra al piano medio per finire alla destra, aumentando il senso di prospettiva reale, e poi sul fondo a destra si possono distinguere tre casette, qualche albero e il cielo blu. La tonalità cromatica è tenuto probabilmente al colore reale del paese: ocra-apenaria-marrone. È stato fatto dal vero e da una visione del luogo reale.11

Ambasciatori della fame

figura 3 Questo quadro ci da una descrizione più meticolosa della topografia di Volpedo. L'attenzione è accentuata dalla presenza del palazzo Malaspina grazie alla larga ombra in primo piano. La composizione non ha cambiato molto: sempre la stessa prospettiva, l'ombra sul primo piano, il muro a sinistra e le case a destra, è una sintesi tra il quadro della piazza e il bozzetto del aprile '91. Nello sfondo si distinguono già i lavoratori, da una massa quasi indistinta e senza fine. Nel piano medio c'è il terzetto con una una figura centrale, il più avanti, e due figure al lato, quella della sinistra nella stessa figurazione che quella centrale, tutti i due con capelli che danno ombra in faccia, finché non si può veder bene gli occhi, che da ancora più di fermezza alle due. La figure alla destra raggiunge la figure centrale, guardandola. Si chiarisce la funzione del terzo personaggio, com'era già descritto nel suo diario da Pellizza: il ragazzo a destra sta indicando un secondo gruppo a destra in fondo. Questo gruppo è il gruppo delle donne, tra cui si trova anche la moglie del ambasciatore centrale. Nel bozzetto non si poteva ancora ben identificare il gruppo come donne. Sembra che le donne figurano come contrapposto ai lavoratori, essendo allo stesso momento la fine, la motivazione per i lavoratori di lottare, ma anche una ragione per gli uomini di reagire con calma e non con forza presso il Signore. I vestiti dei tre sono quei dei poveri, semplice, di lavoratori di terra. Il loro colore è lo stesso del paese, della terra, della massa. Il colore è puro e terso. Larghe pennellate rendono plastica le forme. Nel cielo blu su può vedere in sfondo la montagne del aerea volpedano. Il modo di dipingere il quadro ricorda la lezione di Cezanne e dei machiaoli.12

Ambasciatori della fame, disegno

figura 4 Nel 1895, dopo tre anni di interruzione, Pellizza riprende il lavoro sul soggetto, disegnando una nuova versione degli Ambasciatori della fame. Questa versione, un disegno carboncino e gesso su carta marroncino, è un altra tappa verso il nuovo quadro la Fiumana. Le due figure in primo piano sono abbozzati con forza, mentre le altre figure e lo sfondo sono lasciato un po' nello sfumato.

Nel suo diario Pellizza ci spiega le ragioni per riprendere il soggetto: «Gli ambasciatori sono due si avanzon seri sulla piazzetta verso il palazzo del signor che proietta l'ombra ai loro piedi [...] si avanza la fame coi i suoi atteggiamenti molteplici - Son uomini, donne, vecchi, bambini: affamati tutti che vengono a reclamare ciò che di diritto - sereni e calmi, del resto, come chi sa di domandare ne più ne meno di quel che gli spetta - essi hanno sofferto assai, è giunta l'ora del riscatto, così pensano e non vogliono ottenere colla forza, ma colla ragione - qualcuno potrà alzare il pugno in atto di minaccia ma la folla non è, con lui, essa fida nei suoi ambasciatori - gli uomini intelligenti [...] Una donna accorso mostra il macilento bambino, un'altra, una terza, è per per terra che tenta invano di allattare il bambino sfinito colle mammelle sterili - un'altra chiama impreca [...]».13 Il soggetto riceve un aspetto più generalizzante. Non vuole solo dipingere un momento nella vita contadina, ma vuole far vedere l'idea generale che sta dietro: la rivendicazione pacifica di una parte della società, che ha sofferto assai. La fame viene identificata con la folla delle persone. La lotta della fame per il suo diritto è una lotta serena, calma e ragionava. La fame però non viene obbligatoriamente identificata alla classe operaia. L'iconografia non è tipica per la sinistra di questo periodo, non si vedono bandiere ecc. Si vedono solo uomini, donne, bambini, che fanno semplicemente parte del genere umano, senza prendere qualsiasi posizione politica. Insomma, è una visione positiva basata sulla ragione umane.

3.2  1895-1898: Fiumana

«L'arte deve essere socialmente utile all'uomo traendolo della realtà informa, anarchica, verso una realtà organica [...] socialista.»14

La Fiumana, eseguita quattro anni dopo i primi schizzi per Ambasciatori della fame, corrisponde nel suo cambiamento di tecnica pittorica, di struttura e di colore al mutamento della convinzione politico-filosofica del pittore: il messaggio è più accentuato sul significato universale del soggetto sociale, sull'universalità dei diritti umani.15 Infatti, anche la scelta letteraria del titolo Fiumana, con implicazione simbolista, è frutto di questa ricerca di universalità: «[...] gli umili, gli oppressi, forti del loro buon diritto, entrano nella storia con l'impeto travolgente di una fiumana»16 .

Fiumana, bozzetto

figura 5 La grande versione della Fiumana è preceduta da uno studio in olio. Il colore sembra di luce di temporale e la folla nello sfondo è appena abbozzata. La struttura dell'opera successiva è già definita nel bozzetto: il terzetto di due uomini e la donna con bimbo guidano la marcia della folla. La quantità di gente è aumentata, corrispondente al titolo è diventata una vera fiumana umana. L'ombra nel primo piano è stata eliminata: le tre figure centrali vengono più in avanti e sono meno visti dall'alto. La figura giovanile è stato sostituita solo sul bozzetto da una figura di donna. Perché il giovanotto è stato sostituito da una donna? Che pensa Pellizza del ruolo delle donne: «Per me la donna più che render parte con vera coscienza è compagna passiva dell'uomo nella sua corsa verso l'equilibrio ed è perciò che le mie donne invece di rivelare un pensiero profondo si interessano o dell'uomo o del bambino o tendono a vedere i fatti isolati senza assurgere allo scopo finale dell'uomo.»17 Sembra essere un pensiero tipicamente macista del secolo scorso. Il ruolo della donna è stare accanto all'uomo, la compagna passiva dell'uomo, non capace di essere protagonista propria e vera. Invece di essere protagonista della lotta, la figure della donna corrisponde piuttosto ad una allegoria dell'umanità.18 La gamma luminosa è impostata su «contrasti dal giallo al rosso, con dominanti sulfuree nelle figure e su toni dal blu al verde nello sfondo, dove il cielo è di forte intensità blu azzurrata e verdi delle piante si riflettano nel terreno»19 .

Nel corso del 1895/96 Pellizza studia di nuovo i singoli personaggi con disegni e cartoni preparatori, alcuni in grandezza naturale, non essendo contento con la forza suggestiva delle figure esistenti. Questi studi sono molto importanti, perché segnano un punto d'arrivo nell'estetica e nella poetica del giovane artista. Forse in riferimento a Proudhon Pellizza scrive nel 1895: «L'arte deve dare al popolo il ritratto di lui, ma abbellito»20 . Nella ricerca di adesione alla realtà del mondo contadino persegue un ideale di perfezione formale; questi studi sono i studi di figura, studio di mano e i studi di figure maschile (cf. nella list alla fine della tesina i numeri 4-11).

Fiumana

figura 6 Nel luglio dell'anno 1895 Pellizza comincia a lavorare sulla grande tela Fiumana. I tre protagonisti sono resi in una taglia di corpo quasi reale. Pellizza aveva portato delle varianti significative alla linea del paesaggio e alle figure della schiera alle spalle dei protagonisti. La linea di figure retrostanti ha subito variazioni: sono più slanciate e allungate. Sono moltiplicate le teste delle figure in sfondo, facendo riferimento ad una grande massa, una fiumana umana. Scotti 1980 afferma, che Pellizza «dovette servirsi anche di alcuni fotografie eseguite appositamente coi i suoi modelli in posa»21 . Magari usare fotografie di modelli sul posto reale rendeva il dipinto più vivace. Pellizza non voleva mostrare una scena ferma, ma una massa di gente vivente e palpitante: «Il popolo non è più quasi una natura morta, ma una massa vivente e palpitante, piena di speranze umili o di minacce oscure.»22 .

«S'ode ... passa la Fiumana dell'umanità
genti correte ad ingrossarla. Il restarsi è delitto
filosofo lascia i libri tuoi a metterti alla sua
testa, la guida coi tuoi studi.
Artista con essa ti reca ad alleviarle i dolori colla
bellezza che saprai presentarle
operaio lascia la bottega in cui per lungo lavoro ti
consumi
e con essa ti reca
e tu chi fai? La moglie il pargoletto teco conduci
ad ingrossare la fiumana dell'Umanità assetata di
giustizia - di quella giustizia conculcata fin qui
e che ora miraggio lontano splende.»23

Questo piccolo poema, scritto sul verso della tela, esprime la volontà di Pellizza di voler fare un quadro ancore più generalizzante degli Ambasciatori della fame. Adesso vuole fare un quadro sulla Fiumana dell'umanità, la cui tutte e tutti devono ingrossare. La marcia va verso un futuro, in cui la giustizia splende miraggio lontano. La giustizia per tutta l'umanità è la speranza e il motivo centrale della sua Fiumana. E' convinto, che si deve dare al soggetto una forte idea. Segue l'idea di Proudhon, che si deve dare una visione idealista e positiva dell'uomo, per condurre l'uomo ad un perfezionamento morale. È l'impegno umano che solleva la sua pittura, che egli chiama la pittura sociale: «È un tentativo che faccio per sollevarmi un pochino dalla volgarità dei soggetti che non sono informati ad una forte idea. Tento la pittura sociale [...]. La mia aspirazione all'equità mi ha fatto ideare una massa di popolo, di lavoratori della terra i quali intelligenti, forti, robusti, uniti, s'avanzano come fiumana travolgente ogni ostacolo che si frappone per raggiungere luogo ove'ella trova equilibrio [...].»24

3.3  1898-1901: Il Quarto Stato

«Coraggio e sempre avanti, il giorno della vittoria sarà lontano, ma sarà.»25

Perché Pellizza ha ripreso il lavoro sul soggetto sociale una terza volta? Probabilmente ci erano due ragioni principali: non era contento del risultato tecnico-artistico e la situazione socio-politico aveva ancora cambiato e Pellizza voleva in corrispondenza a questa nuova situazione.

Secondo Aurora Scotti26 Pellizza non era contento dei «rapporti luminosi fra le parti» e dell'impostazione dei gruppi. Voleva rendere più impetuosa la fiumana, «facendola avanzare a cuneo verso l'osservatore» e dare più«dinamismo» e più«notazioni realistiche» all'opera.27

Peròla motivazione di riprendere il lavoro sul «più grande manifesto che il proletariato italiano possa vantare fra l'Otto e il Novecento»28 non era solo di natura artistica. Sicuramente anche gli eventi politici hanno portato Pellizza a rielaborare il soggetto sociale con un nuovo messaggio. L'anno in cui riprende le fatiche di lavorare una terza volta sul soggetto, il 1898, è anche l'anno delle violente repressioni del Bava-Beccaris a Milano. Già nel corso del 1897 gli scioperi agrari e urbani sono aumentati drasticamente. Questa situazione culmina nei scontri del maggio 1898 di Milano. Pellizza ha sicuramente ripreso questi eventi come occasione di mutuare la concezione del quadro verso un messaggio chiaramente politico in favore per lotta dalla classe operaie. Il pittore, «convinto della bontà dell'idea e della sua storicità» iniziava in quest'anno un manifesto dell'avanzarsi ineluttabile di una nuova classe popolare.29

Il cammino dei lavoratori

figura 7 Il bozzetto è stato cominciato nel 1898 in scala molto più ridotta rispetto alla Fiumana. La composizione è organizzata in tre piani paralleli. Le carattere dell figure non sono di una più grande espressività e i gesti e i moti delle mani sono accentuati, dando anche una più grande espressività gestuale alle persone. Le figure creano gruppi di due o tre persone, che discutano. Le prime file dei lavoratori sono definiti con più forza plastica «pur infossare come fiumana le parte finale della schiera, sotto un cielo articolato in spazi sereni e in turbinose nuvole»30 . Il colore è caldo e chiaro con una ricchezza di ocra-rosati, com'è infatti la luce del sole di giorno avanzato.31 La sua tecnica di dipinger Pellizza descrive nel modo seguente: «Mi giova la teoria dei contrasti, quella dei complementari e la divisione del colore a seconda dello scopo che mi prefiggo nei miei lavori. Tutta la scienza riguardante la luce ed i colori mi desta un particolare interesse: per essa posso avere coscienza di quel che faccio. [...] A questo mirano i tentativi che faccio presentemente; e, nella speranza di approdare i miglior risultato, faccio studi preliminari per ben determinare nella mente quello che voglio fare; poi disegno i cartoni da calcare sulla tela, su questa applico il colore di preparazione addirittura a posto, quindi cerco di finire ogni particolare del quadro dal vero. E nel risultato la fattura non dovrebbe essere né tutta a puntini, né tutta a lineette, né tutta ad impasto; e nemmeno o tutta liscia, o tutta scabrosa; ma varie come sono varie le apparenze dagli oggetti nella natura, e raggiunger con le forme e con i colori "un'armonia parlante" (questo sarebbe il supremo scopo), un'idea alla mente od un sentimento al cuore. [....]»32 La pennellata è composta di puntini e di lineette, ma la tecnica pittorica dipende dal soggetto da rappresentare. Si forma i oggetti non solo col colore e col disegno, ma anche colla tecnica usata.

In una lettera a V. Pica Pellizza spiega la sua intenzione che lo aveva portato a sviluppare nuovi tentativi artistici (già ripreso nel 1898 col titolo Il cammino dei lavoratori): «Col fatto reale dell'avanzarsi di una massa di uomini del lavoro io tento simboleggiare il grande cammino che essi vanno compiendo [...].»33 Sembra che le sue idee sul soggetto siano state influenzate di idee socio-proletarie: non si tratta più di una fiumana umana, ma di uomini del lavoro, che non lottano solo per il diritto universale: il loro cammino è una lotta di classe. Non è una rivoluzione, la gente non corre, ma il loro avanzare è lento e pacato, non avversivo, ma persuadente e nella loro lentezza e fermezza suggeriscono un senso di invincibilità. Pellizza sembra essere persuaso, come un grande numero d'artisti del suo tempo, dell'avanzare della classe operaia verso un più luminoso avvenire, di progresso e di ben essere.

Sembra che Pellizza abbia (politicamente) subito un sviluppo da un socialismo utopico ad un socialismo marxista. Sotto l'impressione della sempre aumentando differenza delle classe sociali e della repressione di una gran parte della classe dirigente, Pellizza sembra aderire pienamente alla classe operaia. Segue la critica, che già Karl Marx e Friedrich Engelsavevano espresso nel loro Manifesto del partito comunista del 1848: «È inerente tanto alla forma non evoluta della lotta di classe quanto alla loro propria situazione, che essi credono d'essere di gran lunga superiori all'antagonismo di classe. Vogliono migliorare la situazione di tutti i membri della società, anche dei meglio situati. Quindi fanno continuamente appello alla società intera, senza distinzione, anzi, di preferenza alla classe dominante. Giacché basta soltanto comprendere il oro sistema per riconoscerlo come il miglior progetto possibile della miglior società possibile.»34

Il Quarto Stato

figura 8 Nel 1898 Pellizza comincia il terzo quadro col titolo Il cammino dei lavoratori, che poi sarà intitolato nel 1901 Quarto stato. Il titolo Quarto Stato fu ispirato dalla lettura della Storia socialista della rivoluzione francese di Jean Jaurès.35

In relazione alla Fiumana il Quarto stato èdi dimensioni più grande (da 450cmx275cm a 543cmx285cm), permettendo così «le figure in primo piano una scala assai vicina al vero»36 . Il ritmo della composizione è più stemperato e il colore rinuncia ai contrasti espressivi. Insomma la nuova tela è più omogenea e ferma della ancora la Fiumana. In rispetto alla Fiumana la rappresentazione della massa non è più indistinta, ma più chiara e «dai ritmi compositivi improntati a maggiore solidità ed oggettività»37 . Il paesaggio è stato ripensato totalmente: invece della «montagna innevata ed in luce all'estremo limite dell'orizzonte» della Fiumana, Pellizza inizia una nuova composizione per poter raggiungere in pieno «la vagheggiata solennità e forza del modellato».38 Lo sfondo non doveva essere troppo dettagliato e chiaro per non disturbare l'attenzione dello spettatore. La natura è stata dipinta in una gamma di colore scuro e sfumato, e da l'impressione solitaria e assorta. Il cielo è un tramonto blu, rosa, e viola in lunghe e decorative strisciature. La natura sfumata-scura funziona come contrapposto alla piazza Malaspina illuminata dalla luce mezzo giornale. Sul piano di significati simbolici vediamo dunque la classe operaia uscendo da condizioni scuri e miseri e andando verso un futuro illuminata e felice. Rimane solo a conoscere il modo con il cui si ottiene il futuro felice, come si vede nelle discussioni delle figure.

E' stato accentuata la ricerca della modulazione delle figure con ombra e luce, la creazione di volumi e corpi in grandezza naturale. Riprende anche lo studio dei tre personaggi centrali, per cui posavano per diversi schizzi (cf. lista alla fine della tesina numeri 12-21) da sinistra a destra Clemente Bidone, Giovanni Zarri (tutti e due contadini di Pellizza) e Teresa Pellizza, sua moglie. Si vede già nei studi che seguono la Fiumana la ricerca di una maggiore solidità e oggettività. Bidone e Zarri sono stati ristudiati con un «plasticismo quasi geometrizzante»39 . I due maschi non cambiano molto nel loro atteggiamento in rispetto alle versioni precedente, però sono resi più netti e emblematici nella loro fermezza. Giovanni Zarri si distingue della massa con il «reso vivido dal colore rosso, dominante senza sfumatura ed ombre capo sul panciotto»40 . La donna invece, la cui lunga veste e la sua posa ricordano una statua antica, sta un po' accanto e introduce lo spettatore con un gesto della sua mano di sinistra nel quadro, accompagnandolo con il suo visto verso gli ambasciatori. La folla alle spalle del terzetto è compatta, unitaria e continua. Occupa tutto lo spazio da un lato del quadro all'altro. Le figure laterale chiudono agli estremi la composizione.41

La composizione dei personaggi, le relazioni tra le parti e il tutto, ricordano la pittura rinascimentale. Giovanni Cena nota nel 1902: «Per il disegno, per la distribuzione delle figure, per la complessità e il ritmo della composizione, per lo studio accurato e sintetico di ciascuna figure vi viene in mente un pittore ben lontano nel tempo e nelle idee: Raffaello.»42 E infatti, ci vengono in mente in particolare il riferimento a Raffaello e le sue stanze vaticane. I gesti dei personaggi, in particolare la loro posizione delle mani, fanno pensare anche nel loro raggruppamento in conversazioni alla Scuola d'Atena.43 Per esempio il gruppo a destra delle spalle della donna ricorda il disputo tra Platone e Aristotele, il primo mostrando con le sue mani verso il cielo e l'ultimo invece verso la terra, cioè due concezioni filosofiche totalmente diverse. Sembra che anche i lavoratori mostrano diversi atteggiamenti di prendere verso la lotta per il loro diritto. Nel loro abbigliamento abbastanza uniforme presentano diverse possibilità di comportamento e di reazione. Nella fila seguente si aggiunge all'atteggiamento dei gesti della prima file lo sguardo dei lavoratori. Le mani e la testa hanno una funzione essenziale di caratterizzare la massa. Alcuni persone guardano lontano (verso un futuro più felice?), altri davanti a se (pensando alla lotta?), altri verso lo spettatore ecc.

L'avanzare non è rapido, con forza violente, ma è sicuro e ineluttabile con sicurezza e la certezza di vincere. È una lotta anche intellettuale, con consapevolezza del proprio ruolo storico. Questo quadro èil frutto di dieci anni di elaborazione artistico-tecnica e di maturazione politico-filosofica, «dando forma ad un quadro in cui il popolo aveva la compiutezza e l'equilibrata serenità e positività delle concezione classiche»44 . Il quadro è l'espressione dell'artista-pensatore di un socialismo positivo e evoluzionista.45 Anche l'uso della tecnica divisionista s'infila in una riflessione sulla tecnica adatta a una certa weltanschauung. Il credo nelle scienze e nel progresso sociale trova il suo equivalente nel modo scientifico di dipingere secondo la tecnica del divisionismo: «[...] le lotte dei lavoratori e il loro progresso sociale si univano alla alla tecnica ostinatamente divisionista, piú scientifica e quindi progressista rispetto a quelle del passato, e a dominanti linee ondulate in cui Pellizza vedeva la sigla della modernità.»46

Capitolo 4 - Conclusione

Con delusione di Pellizza Il Quarto Stato non fu accolto con molto entusiasmo da parte dalla critica d'arte e neanche dei suoi amici artisti.1 Non ha vinto un premio alla Triennale di Tcvffbxg
Il quarto stato fu trascurato da parte della critica per vari anni. Pellizza viene preso in considerazione per la prima volta nel libro Ritratti di artisti iltaliani di Ugo Ojetti, che include la sua biografia. Nel 1920 esce la prima monografia su Pellizza a cura di Francesco Sappori, nel 1944 segue un altra di Severino Bellotti. Nel frattempo ci furono anche tentativi di leggere la sua opera in chiave fascista, come per esempio nella rivista Alexandria che dedicava numerosi contribuiti tra il 1936 e il 1939 al pittore. Per il quarantesimo anniversario della sua morte nel 1947 il comune di Volpedo pubblica un fascicolo monografico su Pellizza. Nel 1954, due anni dopo la presentazione di Pellizza al Padiglione del Divisionismo della Biennale di Venezia, viene pubblicato da Arturo Mensi il catalogo della mostra sul volpedese in Alexandria. L'interesse della critica d'arte e una sua valutazione positiva cominciano però solo negli anni Sessanta: col libro di Corrado Maltese del 19602 con gli Archivi del divisionismo del 19683 e la mostra del Divisionismo italiano nel 1970. Le ricerche sul pittore vengono completo con due monografie negli anni Settanta: Il quarto stato a cura di Aurora Scotti e Pellizza per il Quarto Stato di Gabriella Pelissero. Col Catalogo generale di Aurora Scotti, pubblicato nel 1986, finiscono per il momento le ricerche su Pellizza.4

Il successo del quadro presso il pubblico cominciò, cono il consenso dell'autore, attraverso la diffusione di riproduzioni su cartolina e stampa socialista.5 L'iconografia del quadro è stata subito capita dalla maggior parte della popolazione lavoratrice. La soluzione iconografica è stata molto importante: nel 1900 Hans Baluschek sviluppa una soluzione simile nel suo Proletarie. Anche Otto Griebel riprende nel 1928-30 lo schema iconografico nel suo quadro Internazionale con la stessa vista dall'alto su una massa infinita di lavoratori. Anche loro, benché sono disegnato in modo meno tipicizzante, mostrano la loro forza come classe unitaria. Anche Griebel ha avuto probabilmente in mente , come Baluschek, Il quarto stato quando dipingeva il quadro.6

Tramite la riproduzione tecnica le masse operaie potevano dividere l'entusiasmo portato da Pellizza, il «sociale creatore del manifesto politico del proletariato»7 , per le idee socialiste. Probabilmente la sua fama non era dovuto al quadro stesso, ma alla sua riproduzione. Il quarto stato ha sopravissuto gli anni della dittatura fascista fino ai nostri giorni con un' immensa popolarità.8 Sembra che anche cent'anni dopo la sua creazione, l'iconografia del quadro abbia una grande attrazione: è stato p. es. usato da Bernardo Bertolucci per il suo film Novecento. È stato usato anche per una quantità notevole di pubblicazioni, tra l'altro per la copertina del supplemento del lavoro nel corriere della sera.9 Attraverso di una sua diffusione di massa, sotto forma di riproduzioni e di pubblicazioni nella stampa di sinistra, ha avuto una fortuna immediata presso i partiti e le organizzazioni operai. Gli operai non andavano sicuramente al museo per vedere questo quadro (con dimensioni di pittura di storia). La sua popolarità è dovuta ad un'iconografia ben percettibile e alla sua distribuzione o riproduzione di massa. «Proprio questo tipo di medium [riproduzioni nelle gazzette, cartoline, ecc.] nella diffusione dell'immagine mi sembra importante per chiarire la sua popolarità che giunse nei primi decenni del Novecento al risultato di una sua enorme diffusione nelle sezioni di partito e nei circoli operaie. Era qui infatti che si rivelava la sua capacità di tradurre in “simbolo compatto, diretto e sintetico, mezzo secolo di iconologia popolare a Daumier ai preraffaelliti”, iconologia che per giunta si era calata e identificata nella concezione del socialismo quale era maturata, a livello popolare e colto nello stesso tempo, nell'Italia settentrionale del primo Novecento.»10

La distribuzione e diffusione di massa del Quarto stato tramite la sua riproduzione tecnica aveva probabilmente una portata mai vista in quest'epoca: ma come lo dovrà definire Walter Benjamin una generazione più tardi, con la sua riproduzione tecnica, un opera d'arte perdeva anche la sua aura. Pellizza aveva lavorato per dieci anni al suo quadro per arrivare alla fine ad un risultato (artistico) ottimo. Ma la maggior parte della popolazione non andava a Milano per vedere il quadro al museo. Lo vedeva invece sopratutto in riproduzioni, su cartoline, libri giornali etc.. Così l'opera d'arte aveva perso fin dall'inizio la sua autenticità. Non era il suo hic e nunc a dargli la sua grande fama - come è p. es. il caso dell'arte del rinascimento tanto ammirato da Pellizza.

La riproduzione tecnica del quadro con una finalità ideologica, lo strappa al controllo del messaggio da parte dell'artista. Il Quarto stato è stato probabilmente uno dei primi quadri ad essere usato sopratutto come riproduzione nella stampa avendo ricevuto cosi una grande popolarità. Quest'uso dell'immagine del Quarto stato da parte della sinistra politica anticipava l'evoluzione della propaganda di massa usata sotto i regimi totalitari del periodo seguente. Al contrario delle intenzioni originarie di Pellizza, che voleva fare un'arte per l'umanità, il Quarto stato è diventato così un modello per la stampa politica.


Appendice B - Figure


Figura B.1:

Ambasciatori della fame, 1891, bozzetto olio su tavoletta, cm. 25x37.2, Coll. privata, Milano.


Figura B.2:

Paesaggio: piazza Malaspina a Volpedo, c. 1891, olio su tela, cm. 42.8x80.7, Coll. privata, Milano.


Figura B.3:

Ambasciatori della fame, c. 1891-92, olio su tela, cm. 73x51.5, Coll. privata, Biella.


Figura B.4:

Ambasciatori della fame, 1895, cm. 159x198, Coll. privata, Milano.


Figura B.5:

Fiumana, 1895, bozzetto olio su tela, cm. 77.8x44.2, Coll. Ferraris, Biella


Figura B.6:

Fiumana, 1896, olio su tela, cm. 450x275, Coll. privata, Torino.


Figura B.7:

Il cammino dei lavoratori, 1898, bozzetto olio su tela, cm. 116x66, Coll. privata, Alba.


Figura B.8:

Quarto Stato, 1901, olio su tela, cm. 543x285, Civica Galleria d'Arte Moderna, in deposito presso il Comune di Milano.


Figura B.9:

Gruppo di lavoratori, c. 1898-99, carboncino su carta, cm. 185x143, Coll. privata, Roma


Figura B.10:

Studio di figura maschile (ritratto di Giovanni Zarri), c. 1898-99, carboncino su carta, cm. 98x205, Coll. privata Tortona.


Figura B.11:

Studio di figura maschile (ritratto C. Bidone), 1898, carboncino su carta, cm. 96x200, Coll. Rizzoli, Milano.


Appendice B - Dipinti, studi e bozzetti. 1891-1901

Dipinti

  1. Ambasciatori della fame, c. 1891-92, olio su tela, cm. 73x51.5, Coll. privata, Biella.

  2. Ambasciatori della fame, 1891, bozzetto olio su tavoletta, cm. 25x37.2, Coll. privata, Milano.

  3. Paesaggio: piazza Malaspina a Volpedo, c. 1891, olio su tela, cm. 42.8x80.7, Coll. privata, Milano.

  4. Fiumana, 1895, bozzetto olio su tela, cm. 77.8x44.2, Coll. Ferraris, Biella.

  5. Fiumana, 1896, olio su tela, cm. 450x275, Coll. privata, Torino.

  6. Il cammino dei lavoratori, 1898, bozzetto olio su tela, cm. 116x66, Coll. privata, Alba.

  7. Quarto Stato, 1901, olio su tela, cm. 543x285, Civica Galleria d'Arte Moderna, in deposito presso il Comune di Milano.

Cartoni e disegni

  1. Sciopero, 1890, matita su carta, cm. 17x10.7, Coll. privata, Milano.

  2. Gruppo di Contadini, c. 1891, matita su carta, cm. 23.5x13.8, Coll. Pasqué, Milano.

  3. Paesaggio, 1891, matita su carta, cm. 6x10, Studio Pellizza, taccuino n. 13, f. 19v, Volpedo.

  4. Ambasciatori della fame, 1895, cm. 159x198, Coll. privata, Milano.

  5. Studio di figura, 1895, carboncino su carta, cm. 96x160, Coll. Timò, Alessandria.

  6. Studio di figura, c. 1895-96, carboncino e contésu carta, cm. 95x158.5, Pinacoteca Civica, Alessandria.

  7. Studio di figura femminile (ritratto della moglie), 1895, carboncino su carta, cm. 35x52, Coll. M. Bruni Pellizza.

  8. Studio di mano, 1896, carboncino su carta, cm. 14.9x18.6, Coll. N. Del Conte Pellizza, Volpedo.

  9. Studio di figura di giovane uomo, c. 1896, carboncino su carta, cm. 30,8x44,2, Coll. Valinotti, Torino.

  10. Studio di figure, c. 1896, matita su carta, cm. 31x21, Coll. M. Bruni Pellizza, Volpedo.

  11. Studio di figura maschile, 1896, carboncino su carta, cm. 72.4x142, Coll. E. Del Conte, Milano.

  12. Studio di figura maschile (ritratto C. Bidone), 1898, carboncino su carta, cm. 96x200, Coll. Rizzoli, Milano.

  13. Studio di figura maschile (ritratto di Giovanni Zarri), c. 1898-99, carboncino su carta, cm. 98x205, Coll. privata, Tortona.

  14. Gruppo di lavoratori, c. 1898-99, carboncino su carta, cm. 185x143, Coll. privata, Roma.

  15. Gruppo di lavoratori, 1898-99, carboncino su carta, cm. 134x145, Coll. privata, Roma.

  16. Gruppo di lavoratori, c. 1898-99, carboncino su carta, cm. 141x200, Coll. privata, Roma.

  17. Studio di testa, c. 1899, carboncino su carta, cm. 32x37.8, Coll. M. Bruni Pellizza, Volpedo.

  18. Studio per il bambino, 1899, marita su carta, cm. 19x26.2, Coll. M. Bruno Pellizza, Volpedo.

  19. Studio di braccia con testa, c. 1899-1900, carboncino su carta, cm. 50x50, Coll. M. Bruni Pellizza, Volpedo.

  20. Studio di testa, c. 1900-01, carboncino su carta, cm. 27x31.6, Coll. E. Del Conte, Milano.

  21. Studio di testa, 1901, penna su carta, cm. 13.1x22.3, Coll. M. Bruni Pellizza, Volpedo.

Bibliografia

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Lux, Simonetta, Arte, società, tenica, Assisi 1971 (Beniamino Carruci).

[Lux 1979]

Lux, Simonetta, Sociologia dell'arte. Definizioni, storia, bibliografia, Roma 1979 (Il Bagatto).

[Maltese 1992]

Maltese, Corrado, Storia dell'arte in Italia. 1785-1943, Torino 1992 (prima edizione 1960) (Einaudi).

[Milano 1979]

Arte e socialità dal realismo al simbolismo 1865-1915, Mostra Palazzo della Permanente, Milano 1979 (giugno-settembre).

[Milano 1990]

L'Età del divisionismo, Mostra Palazzo della Permanente, Milano 1990.

[Negri 1989]

Negri, Antonello, Il Realismo. Da Courbet agli anni Venti, Bari 1989 (Laterza).

[Pirovano 1991]

Anzani, Giovanni e Carlo Pirovano, La pittura del primo Novecento in Lombardia (1900-1945), in: Carlo Pirovano (a cura di), La pittura italiana. Il Novecento, Milano 1991 (Electa), pp. 69-210.

[Trento 1990]

Divisionismo Italiano, Milano 1990 (Electa). Mostra Museo d'Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto, 21.04.-15.07.1990.

 
[Quinsac 1972]

Quinsac, Annie-Paule, La Peinture Divisioniste Italienne. Origines et Premiers Développements. 1880-1895, Paris 1972 (Éditions Klincksieck).

Frédéric Bußmann
Linienstrasse 45
10119 Berlin
Germania


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