F.T.
MARINETTI
FONDAZIONE E MANIFESTO DEL FUTURISMO
Pubblicato dal "Figaro" di Parigi
il 20 febbraio 1909
Avevamo
vegliato tutta la notte - i miei amici ed io - sotto lampade di moschea dalle
cupole di ottone traforato, stellate come le nostre anime, perché come queste
irradiate dal chiuso fulgore di un cuore elettrico. Avevamo lungamente
calpestata su opulenti tappeti orientali la nostra atavica accidia, discutendo
davanti ai confini estremi della logica ed annerendo molta carta di frenetiche
scritture.
Un immenso orgoglio gonfiava i nostri petti, poiché ci sentivamo soli, in
quell'ora, ad esser desti e ritti, come fari superbi o come sentinelle avanzate,
di fronte all'esercito delle stelle nemiche, occhieggianti dai loro celesti
accampamenti. Soli coi fuochisti che s'agitano davanti ai forni infernali delle
grandi navi, soli coi neri fantasmi che frugano nelle pance arroventate delle
locomotive lanciate a pazza corsa, soli cogli ubriachi annaspanti, con un
incerto batter d'ali, lungo i muri della città.
Sussultammo ad un tratto, all'udire il rumore formidabile degli enormi tramvai a
due piani, che passano sobbalzando, risplendenti di luci multicolori, come i
villaggi in festa che il Po straripato squassa e sradica d'improvviso, per
trascinarli fino al mare, sulle cascate e attraverso i gorghi di un diluvio.
Poi il silenzio divenne più cupo. Ma mentre ascoltavamo l'estenuato borbottio,
di preghiere del vecchio canale e lo scricchiolar dell'ossa dei palazzi
moribondi sulle loro barbe di umida verdura, noi udimmo subitamente ruggire
sotto le finestre gli automobili famelici.
- Andiamo, diss'io; andiamo, amici! Partiamo! Finalmente, la mitologia e
l'ideale mistico sono superati. Noi stiamo per assistere alla nascita del
Centauro e presto vedremo volare i primi Angeli!...Bisognerà scuotere le porte
della vita per provarne i cardini e i chiavistelli!
Partiamo! Ecco, sulla terra, la primissima aurora! Non v'è cosa che agguagli lo
splendore della rossa spada del sole che schermeggia per la prima volta nelle
nostre tenebre millenarie!...
Ci avvicinammo alle tre belve sbuffanti, per palparne amorosamente i torridi
petti. Io mi stesi sulla mia macchina come un cadavere nella bara, ma subito
risuscitai sotto il volante, lama di ghigliottina che minacciava il mio stomaco.
La furente scopa della pazzia ci strappò a noi stessi e ci cacciò attraverso le
vie, scoscese e profonde come letti di torrenti. Qua e là una lampada malata,
dietro i vetri d'una finestra, c'insegnava a disprezzare la fallace matematica
dei nostri occhi perituri.
Io gridai: - Il fiuto, il fiuto solo, basta alle belve!
E noi, come giovani leoni, inseguivamo la Morte, dal pelame nero maculato di
pallide croci, che correva via pel vasto cielo violaceo, vivo e palpitante.
Eppure non avevamo un'Amante ideale che ergesse fino alle nuvole la sua sublime
figura, né una Regina crudele a cui offrire le nostre salme, contorte a guisa di
anelli bizantini! Nulla, per voler morire, se non il desiderio di liberarci
finalmente dal nostro coraggio troppo pesante!
E noi correvamo schiacciando su le soglie delle case i cani da guardia che si
arrotondavano, sotto i nostri pneumatici scottanti, come solini sotto il ferro
da stirare. La Morte, addomesticata, mi sorpassava ad ogni svolto, per porgermi
la zampa con grazia, e a quando a quando si stendeva a terra con un rumore di
mascelle stridenti, mandandomi, da ogni pozzanghera, sguardi vellutati e
carezzevoli.
- Usciamo dalla saggezza come da un orribile guscio, e gettiamoci, come frutti
pimentati d'orgoglio, entro la bocca immensa e tôrta del vento!...Diamoci in
pasto all'Ignoto, non già per disperazione, ma soltanto per colmare i profondi
pozzi dell'Assurdo!
Avevo appena pronunziate queste parole, quando girai bruscamente su me stesso,
con la stessa ebrietà folle dei cani che voglion mordersi la coda, ed ecco ad un
tratto venirmi incontro due ciclisti, che mi diedero torto, titubando davanti a
me come due ragionamenti, entrambi persuasivi e nondimeno contradittorii. Il
loro stupido dilemma discuteva sul mio terreno... Che noia! Auff...Tagliai
corto, e, pel disgusto, mi scaraventai colle ruote all'aria in un fossato...
Oh! materno fossato, quasi pieno di un'acqua fangosa! Bel fossato d'officina! Io
gustai avidamente la tua melma fortificante, che mi ricordò la santa mammella
nera della mia nutrice sudanese... Quando mi sollevai - cencio sozzo e puzzolente
- di sotto la macchina capovolta, io mi sentii attraversare il cuore,
deliziosamente, dal ferro arroventato della gioia!
Una folla di pescatori armati di lenza e di naturalisti podagrosi tumultuava già
intorno al prodigio. Con cura paziente e meticolosa, quella gente dispose alte
armature ed enormi reti di ferro per pescare il mio automobile, simile ad un
gran pescecane arenato. La macchina emerse lentamente dal fosso, abbandonando
nel fondo, come squame, la sua pesante carrozzeria di buon senso e le sue
morbide imbottiture di comodità.
Credevano che fosse morto, il mio bel pescecane, ma una mia carezza bastò a
rianimarlo, ed eccolo risuscitato, eccolo in corsa, di nuovo, sulle sue pinne
possenti!
Allora, col volto coperto della buona melma delle officine - impasto di scorie
metalliche, di sudori inutili, di fuliggini celesti - noi, contusi e fasciate le
braccia ma impavidi, dettammo le nostre prime volontà a tutti gli uomini vivi
della terra:
Manifesto del Futurismo
1. Noi vogliamo cantare l'amor del pericolo, l'abitudine all'energia e alla
temerità.
2. Il coraggio, l'audacia, la ribellione, saranno elementi essenziali della
nostra poesia.
3. La letteratura esaltò fino ad oggi l'immobilità pensosa, l'estasi e il sonno.
Noi vogliamo esaltare il movimento aggressivo, l'insonnia febbrile, il passo di
corsa, il salto mortale, lo schiaffo ed il pugno.
4. Noi affermiamo che la magnificenza del mondo si è arricchita di una bellezza
nuova: la bellezza della velocità. Un automobile da corsa col suo cofano adorno
di grossi tubi simili a serpenti dall'alito esplosivo...un automobile ruggente,
che sembra correre sulla mitraglia, è più bello della Vittoria di Samotracia.
5. Noi vogliamo inneggiare all'uomo che tiene il volante, la cui asta ideale
attraversa la Terra, lanciata a corsa, essa pure, sul circuito della sua orbita.
6. Bisogna che il poeta si prodighi, con ardore, sfarzo e munificenza, per
aumentare l'entusiastico fervore degli elementi primordiali.
7. Non v'è più bellezza, se non nella lotta. Nessuna opera che non abbia un
carattere aggressivo può essere un capolavoro. La poesia deve essere concepita
come un violento assalto contro le forze ignote, per ridurle a prostrarsi
davanti all'uomo.
8. Noi siamo sul promontorio estremo dei secoli!...Perché dovremmo guardarci
alle spalle, se vogliamo sfondare le misteriose porte dell'Impossibile? Il Tempo
e lo Spazio morirono ieri. Noi viviamo già nell'assoluto, poiché abbiamo già
creata l'eterna velocità onnipresente.
9. Noi vogliamo glorificare la guerra - sola igiene del mondo - il militarismo,
il patriottismo, il gesto distruttore dei libertarî, le belle idee per cui si
muore e il disprezzo della donna.
10. Noi vogliamo distruggere i musei, le biblioteche, le accademie d'ogni
specie, e combattere contro il moralismo, il femminismo e contro ogni viltà
opportunistica o utilitaria.
11. Noi canteremo le grandi folle agitate dal lavoro, dal piacere o dalla
sommossa: canteremo le maree multicolori o polifoniche delle rivoluzioni nelle
capitali moderne; canteremo il vibrante fervore notturno degli arsenali e dei
cantieri incendiati da violente lune elettriche; le stazioni ingorde divoratrici
di serpi che fumano; le officine appese alle nuvole pei contorti fili dei loro
fumi; i ponti simili a ginnasti giganti che scavalcano i fiumi, balenanti al
sole con un luccichio di coltelli; i piroscafi avventurosi che fiutano
l'orizzonte, le locomotive dall'ampio petto, che scalpitano sulle rotaie, come
enormi cavalli d'acciaio imbrigliati di tubi, e il volo scivolante degli
aeroplani, la cui elica garrisce al vento come una bandiera e sembra applaudire
come una folla entusiasta.
E'
dall'Italia, che noi lanciamo pel mondo questo nostro manifesto di violenza
travolgente e incendiaria, col quale fondiamo oggi il "Futurismo", perché
vogliamo liberare questo paese dalla sua fetida cancrena di professori,
d'archeologi, di ciceroni e d'antiquari.
Già per troppo tempo l'Italia è stata un mercato di rigattieri. Noi vogliamo
liberarla dagl'innumerevoli musei che la coprono tutta di cimiteri innumerevoli.
Musei: cimiteri!...Identici, veramente, per la sinistra promiscuità di tanti
corpi che non si conoscono. Musei: dormitorî pubblici in cui si riposa per
sempre accanto ad esseri odiati o ignoti! Musei: assurdi macelli di pittori e
scultori che vanno trucidandosi ferocemente a colpi di colori e di linee, lungo
le pareti contese!
Che ci si vada in pellegrinaggio, una volta all'anno, come si va al Camposanto
nel giorno dei morti... ve lo concedo. Che una volta all'anno sia deposto un
omaggio di fiori davanti alla Gioconda, ve lo concedo... Ma non ammetto che si
conducano quotidianamente a passeggio per i musei le nostre tristezze, il nostro
fragile coraggio, la nostra morbosa inquietudine. Perché volersi avvelenare?
Perché volere imputridire?
E che mai si può vedere, in un vecchio quadro, se non la faticosa contorsione
dell'artista, che si sforzò di infrangere le insuperabili barriere opposte al
desiderio di esprimere interamente il suo sogno?...Ammirare un quadro antico
equivale a versare la nostra sensibilità in un'urna funeraria, invece di
proiettarla lontano, in violenti getti di creazione e di azione.
Volete dunque sprecare tutte le forze migliori, in questa eterna ed inutile
ammirazione del passato, da cui uscite fatalmente esausti, diminuiti e calpesti?
In verità io vi dichiaro che la frequentazione quotidiana dei musei, delle
biblioteche e delle accademie (cimiteri di sforzi vani, calvarii di sogni
crocifissi, registri di slanci troncati...) è per gli artisti, altrettanto
dannosa che la tutela prolungata dei parenti per certi giovani ebbri del loro
ingegno e della loro volontà ambiziosa. Per i moribondi, per gl'infermi, pei
prigionieri, sia pure: - l'ammirabile passato è forse un balsamo ai loro mali,
poiché per essi l'avvenire è sbarrato... Ma noi non vogliamo più saperne, del
passato, noi, giovani e forti futuristi!
E vengano dunque, gli allegri incendiarii dalle dita carbonizzate! Eccoli!
Eccoli!...Suvvia! date fuoco agli scaffali delle biblioteche!...Sviate il corso
dei canali, per inondare i musei!... Oh, la gioia di veder galleggiare alla
deriva, lacere e stinte su quelle acque, le vecchie tele gloriose!... Impugnate
i picconi, le scuri, i martelli e demolite senza pietà le città venerate!
I più anziani
fra noi, hanno trent'anni: ci rimane dunque almeno un decennio, per compier
l'opera nostra. Quando avremo quarant'anni, altri uomini più giovani e più
validi di noi, ci gettino pure nel cestino, come manoscritti inutili - Noi lo
desideriamo!
Verranno contro di noi, i nostri successori; verranno di lontano, da ogni parte,
danzando su la cadenza alata dei loro primi canti, protendendo dita adunche di
predatori, e fiutando caninamente, alle porte delle accademie, il buon odore
delle nostre menti in putrefazione, già promesse alle catacombe delle
biblioteche.
Ma noi non saremo là... Essi ci troveranno alfine
- una notte d'inverno - in aperta campagna, sotto una triste tettoia
tamburellata da una pioggia monotona, e ci vedranno accoccolati accanto ai
nostri aeroplani trepidanti e nell'atto di scaldarci le mani al fuocherello
meschino che daranno i nostri libri d'oggi fiammeggiando sotto il volo delle
nostre immagini.
Essi tumultueranno intorno a noi, ansando per angoscia e per dispetto, e tutti,
esasperati dal nostro superbo, instancabile ardire, si avventeranno per
ucciderci, spinti da un odio tanto più implacabile inquantoché i loro cuori
saranno ebbri di amore e di ammirazione per noi.
La forte e sana Ingiustizia scoppierà radiosa nei loro occhi. - L'arte, infatti,
non può essere che violenza, crudeltà ed ingiustizia.
I più anziani fra noi hanno trent'anni: eppure, noi abbiamo già sperperati
tesori, mille tesori di forza, di amore, d'audacia, d'astuzia e di rude volontà;
li abbiamo gettati via impazientemente, in furia, senza contare, senza mai
esitare, senza riposarci mai, a perdifiato... Guardateci! Non siamo ancora
spossati! I nostri cuori non sentono alcuna stanchezza, poiché sono nutriti di
fuoco, di odio e di velocità!...Ve ne stupite?... E' logico, poiché voi non vi
ricordate nemmeno di aver vissuto! Ritti sulla cima del mondo, noi scagliamo una
volta ancora, la nostra sfida alle stelle!
Ci opponete delle obiezioni?...Basta! Basta! Le conosciamo... Abbiamo
capito!... La nostra bella e mendace intelligenza ci afferma che noi siamo il
riassunto e il prolungamento degli avi nostri.
- Forse!...Sia pure!...Ma che importa? Non vogliamo intendere!...Guai a chi ci
ripeterà queste parole infami!...
Alzare la testa!...
Ritti sulla cima del mondo, noi scagliamo, una volta ancora, la nostra sfida
alle stelle!...