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orse, a chi voglia per la prima volta percorrere le vie di Cesena, potrebbe essere di guida la città di Renato Serra, il percorso che fu più propriamente di questo lettore di provincia che dalla quiete della Biblioteca Malatestiana sapeva guardare all’Europa.
Muoveva
Serra dalla casa natale di Viale Carducci, appena fuori
e percorreva l’attuale Corso Sozzi, fin quasi alla fine,
quando la via lo conduceva rapidamente alla Biblioteca.
Ma poteva anche accadere che egli si portasse in Piazza del Popolo
e, su per l’erta di via Malatesta Novello,
giungesse
ai ruderi della vecchia rocca e qui
perché giunto alla cima della salita, Serra non vedeva,
oltre l’arco Un passo dietro
l’altro, su per la rampata di ciottoli vecchi e lisci con un muro alla
fine e una porta aperta sul cielo; e di là il mondo...
Serra
poteva tuttavia spingersi fino al Ponte Vecchio
e da quella esperienza poteva trarre una delle pagine più alte di tutto
il Novecento italiano. Così scrive nella Prefazione al volume Fra
Michelino e la sua eresia dell’amico Armando Carlini, Ti piaceva di fermarti sul ponte,
che valica il Savio col grande arco quasi romano; appoggiato al pacifico
parapetto guardavi 1'acqua poca e lenta passare laggiù tanto in basso,
mentre io ti aiutavo a trovare per il gran piano dilagante il luogo di
Ficchio, piccolo punto quasi smarrito presso una curva lontana del fiume,
dietro un velano di pioppi che si confondeva con la caligine azzurra
dell’estremo orizzonte. Ho cercato quel punto ieri, un'altra
volta, ma non sono sicuro d’averlo trovato. Di sul ponte è più facile
orientarsi; c’è la rocca dietro, a ridosso, con gli avanzi della
vecchia murata, che coronano l’ultimo colle strapiombante sul fiume,
tutto il bacino alto del Savio a monte, e il piano aperto a valle fino al
mare si dispongono intorno a questo centro naturale come in un quadro
perfetto, dove ogni particolare ha il suo posto certo. Dal colle dei Cappuccini, dov'ero,
la prospettiva è diversa: si ha il fiume spostato di fianco, come un
nastro lasciato cadere pigramente da qualcuno, lo vedevo brillare lontano,
ma non trovavo più né la solita curva, né Ficchio. La pianura nella
nebbia di novembre mi sembrava immensamente monotona e scolorata, vuotata
di tutti i nomi e dei segni e delle orme dei viventi. Vedevo
una terra stanca, sotto un cielo impiccolito e coperto; una grigia distesa
tutta uguale, in cui le abitazioni innumerevoli e immote parevano macerie
disperse e abbandonate dal tempo. Dove
sono gli uomini e la loro storia? Gli inverni si succedono alle estati
sopra la terra che non cambia; seicento anni fa essa era la stessa che è
oggi. Io penso al tempo in
cui Michele Foschi era un piccolo fanciullo, un contadinello
di Ficchio; e in uno di quei canneti dormenti laggiù presso il fiume
sentiva questo ribrezzo della sera nebbiosa e dell'inverno veniente, e
muoveva a ripararsi alla stalla, confortata dal caldo vitale delle bestie
e degli uomini e dal chiarore della lucerna di coccio: e questa stessa
pianura si giaceva tutta rotta e consunta dal lavorio interminabile,
guardata dagli stessi colli e divisa dagli stessi sentieri, e sempre le
stesse nebbie velavano il fiume lento e i bassi alberi tondi, e sempre le
stesse nuvole se n'andavano per il cielo molli e sudicie, come una vecchia
tenda che si restringa sopra le teste. Niente
mi potrebbe accostar tanto a quel contadinello come questo senso di umidità
e di tristezza, che fa desiderare agli uomini il caldo e la compagnia: me
lo sento così vicino, sotto il cielo che non è cambiato! Se
egli tornasse al mondo, ci potremmo parlare come gente che solo ieri
s’era lasciata: poiché niente è mutato nelle cose essenziali, che si
possono vedere e fare per il mondo. [...] Tu
hai pensato molto bene di preparare al mio vecchio concittadino questo
ricovero della biblioteca. Dopo che le sue ossa sono state scompigliate e
confuse nella tomba di Monaco, mi pare che l’ombra di lui debba esser
tornata per uso a questi luoghi e strade e Chiese, amiche alla sua
fanciullezza. Ma oggi la piccola ombra irrequieta doveva sentirsi
smarrita; vasta è la terra e tumultuosa, e il freddo fa cercare i rifugi.
Quando la porta di tutti gli altri è ingombra, è bene che si apra quella
della libreria. Dov'egli
avrà freddo forse e si annoierà qualche volta insieme con me: Monumento a Renato Serra.
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