IL PONTE VECCHIO SUL SAVIO

 


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Epigrafe a papa Clemente XII.

 


Il Savio è un fiume appenninico e come tale soggetto a piene e a frequenti spostamenti dell'alveo che hanno costretto nei secoli al continuo rinnovo delle strutture atte ad attraversarlo. Forse poco prima del Mille si costruisce il ponte di S. Martino (presso Porta Fiume), un grande manufatto a sei arcate, con due torri alle estremità, sotto cui scorreva il fiume che nel Medioevo lambiva il colle Garampo; ma già nel sec. XIV la situazione idrogeologica mutava nuovamente e finì col suo alveo più a ponente (circa ove scorre oggi) tanto che il ponte di S. Martino nel Quattrocento avrà il modesto compito di scavalcare il canale dei Molini, incanalato nel suo ultimo tratto lungo il vecchio corso del Savio. Oggi le arcate dell'antico ponte sono completamente all'asciutto, anzi sotto le arcate del ponte passa un vicolo omonimo e alcune abitazioni private hanno ricavato le strutture murarie utilizzando alcune arcate.

 Fu dunque Andrea Malatesta (ma le cronache cittadine ci dicono che fu portato a termine da Malatesta Novello) a far costruire un primo ponte di pietra (presentava cinque arcate contornate da una cornice in pietra bianca), dove oggi sorge il Ponte Vecchio.  Travolto infine da una piena sul finire del sec.XVII, sarà sostituito da uno in legno poco più a valle, distrutto a sua volta da una fiumana nel 1727.

Nel 1732, grazie alla munificenza di Clemente XII (le epigrafi murate alle due imboccature del ponte lo ricordano), iniziarono i lavori per la costruzione del "Ponte Clemente" alla cui progettazione e realizzazione hanno partecipato famosi architetti:  il napoletano Ferdinando Fuga, Luigi Vanvitelli (consultato in diverse occasioni), il cesenate Domenico Cipriani e, nella fase finale (fu completato nel 1772), Pietro Borboni che ottenne la direzione dei lavori nel 1765.

Infine sotto la direzione di Agostino Azzolini furono collocati i marmi in corrispondenza dei parapetti e costruiti all'imbocco della strada sul ponte i quattro piloni con gli stemmi gentilizi e le lapidi commemorative. Ancor oggi resta uno dei monumenti architettonici più illustri della città, nella sua eleganza neoclassica.

Fu gravemente danneggiato durante l'ultimo conflitto mondiale e successivamente restaurato sull'originale.