DUOMO

 

 

 

 

 

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Corrado Giaquinto (1703-1760), La cupola della Cappella della Madonna del Popolo, con la genealogia della Vergine.

 

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Corrado Giaquinto, affreschi della cupola della cappella della Madonna del Popolo, particolare di un pennacchio con il profeta Isaia.

 

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Bartolomeo Ramenghi detto il Bagnacavallo (1484?-1542?), Madonna del Popolo.

 

G. B. Bregno, Altare del Corpo 
di Cristo (1494-1505)

 

Arca sepolcrale del vescovo A. Malatesta.

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V. Gottardi (1502?-1518), 
Madonna col Bambino (1510), 

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Gaspare Gottardo Gottardi, Reliquiario 
della mano di S. Gregorio (1473-1483).

All'indomani del traumatico "sacco dei Bretoni" (1377), con bolla di Urbano VI del 1378 e per volontà di Andrea Malatesta, divenuto signore di Cesena, nel 1385 s'iniziarono i lavori di costruzione della nuova cattedrale, dove la tradizione vuole che sorgesse un'antichissima chiesa, detta della Croce di Marmo, toponimo che resterà vivo fino alla fine del sec. XIX. Il progetto di costruire una nuova cattedrale, sempre dedicata a S. Giovanni Battista, abbandonando quella  più antica sul colle Garampo, culla storica dell'abitato, rientrava nei piani di ricostruzione di Cesena voluti dai nuovi Signori, i quali desideravano fare di questa Chiesa, nuovamente fondata in area pedecollinare, il fulcro stesso della risorta città.

Il tempio, di stile romanico-gotico, fu progettato dall'architetto Undervaldo (forse d'origine elvetica) e, parzialmente, compiuto nel 1405 all'epoca del vescovo Gregorio Malesardi. L'edificio, d'impianto basilicale a tre navate, presenta un connubio fra lo stile romanico delle fiancate esterne ( evidente nella cortina di archetti pensili) e il gotico dell'interno (vedi gli archi a sesto acuto su esili pilastri nelle navate, le monofore, pure a sesto acuto, nelle murature laterali e l'abside con le tre monofore).

Il campanile  fu elevato tra il 1443 e il 1457, su progetto del maestro Maso di Pietro e per munificenza del vescovo Antonio Malatesta da Fossombrone (a capo della diocesi cesenate dal 1435 al 1475). Alto m 72, solo la cuspide non è originale, sostituita nel 1753.
Le belle bifore in marmo istriano della cella campanaria conservano lo stemma malatestiano, mentre nel piano sottostante la cella campanaria, murate all'interno, vi sono tre piccole lastre fittili che ci restituiscono la data di costruzione e la firma del costruttore, seguiti dallo "steccato" malatestiano e da uno scudo con inclusa una piccola M.

Allo stesso vescovo Malatesta si deve la costruzione del palazzo dell'episcopio, congiunto alla medesima cattedrale, completato però dal successore Giovanni Venturelli (1475-1486): dell'originaria costruzione, dopo la radicale ristrutturazione degli anni Sessanta, si conserva  quello che resta  del portico di levante.

Dall’età rinascimentale, oltre all'Episcopio, sorge accanto alla Cattedrale anche l’oratorio di S. Tobia, di recente restaurato (affiancato all'abside ed aggettante sull'odierno c.so Garibaldi), mentre non sopravvive l'antico ospedale omonimo che si occupava dell'assistenza ai pellegrini. E' attualmente in corso di allestimento nella restaurata cappella di S. Tobia il Museo della Cattedrale che raccoglierà le cospicue testimonianze (oggetti e arredi sacri) del patrimonio artistico legato alle celebrazioni liturgiche, fra cui si ricordano i doni dei papi cesenati Pio VI Braschi e Pio VII Chiaramonti.

La facciata del duomo (con le otto lunghe lesene nella parte inferiore e i due pinnacoli nelle estremità laterali, che le conferiscono un aspetto trecentesco) sarà completata solo alla fine del secolo XV (ornamenti in cotto sulle paraste, nell'architrave che regge il timpano e intorno al grande occhio centrale, mentre i timpani semicircolari erano forse in origine affrescati), con interventi attribuiti all'architetto veneziano Mauro Coducci (1440-1504). 

Il portale, più antico della facciata (proveniente dalla distrutta chiesa di S. Lorenzo fuori le mura, sec. XII), fu aggiunto nel 1497; la nicchia a destra, in cui è posta una Madonna scolpita dal cesenate Vincenzo Gottardi, è  invece del 1510. L'originario sagrato antistante il portale sarà demolito nel 1867 per consentire un migliore flusso alla viabilità. All'esterno della Cattedrale, sulla sinistra di chi entra, è oggi collocata la statua di S. Giovanni Battista opera dell'artista cesenate Leonardo Lucchi. Recentissima è infine l'acquisizione del nuovo portale bronzeo inaugurato il 17 febbraio 2001, opera  del cesenate Ilario Fioravanti, voluto dalla Curia quale memoria artistica del Giubileo dell'anno 2000.

Anche i locali della sacrestia hanno una chiara impronta rinascimentale, ove tra l'altro si conserva un soffitto ligneo a cassettoni (sec. XV).

Il tempio conobbe una marcata trasformazione nella seconda metà del Seicento, con i restauri ordinati dal vescovo, Cardinale Vincenzo Maria Orsini. Ancora più gravi  furono i rifacimenti in stile neo-gotico del 1886-1892,  su disegno dell'architetto bolognese Francesco Gualandi; fortunatamente vi posero rimedio i restauri del 1957-60, intesi a far riemergere lo stile romanico-gotico originario. Undici finestre in stile romanico illuminano la navata centrale a capriate scoperte in legno di quercia (parzialmente originarie); i 14 pilastri sono stati ripristinati dai restauri recenti; le navate laterali, con soffitto a crociera, hanno assunto tale forma nel rifacimento rinascimentale.

Numerose sono le opere d'arte che ornano l’edificio: nella navata, a destra di chi entra, si può ammirare l'arca sepolcrale del vescovo Antonio Malatesta (lo "steccato", uno dei simboli araldici dei Malatesti, è riprodotto sopra l'arca), opera di Ottaviano di Antonio di Duccio del 1476. Il monumento  ci è pervenuto in forma frammentaria a causa degli spostamenti subiti nel corso dei secoli. Al centro della stessa navata vi è la bellissima Cappella del Corpo di Cristo (o altare di S. Giovanni) notevole opera rinascimentale dello scultore Gian Battista Bregno (eseguita fra il 1494 e il 1505): sotto l'arco, ingentilito dai fregi delle colonne (la conchiglia di scagliola è aggiunta moderna), il Cristo che regge il calice con ai lati S. Giovanni Battista, S. Giovanni Evangelista e i Committenti   (Carlo Verardi e il nipote Camillo); dello scultore Lorenzo Bregno è il trittico ricomposto e ricollocato nella navata di sinistra, raffigurante i Santi Cristoforo, Leonardo ed Eustacchio (1514-1517). Assieme all'altare del Corpo di Cristo, questo trittico deve considerarsi l'opera di maggior pregio artistico della cattedrale.

La Cappella della Madonna del Popolo, al centro della navata di sinistra, rappresenta uno dei luoghi di culto più sentiti e più diffusi nella tradizione religiosa cesenate da almeno cinque secoli: l'affresco, raffigurante la Madonna del Popolo, ora posto sopra l'altare, opera di Bartolomeo Ramenghi detto il Bagnacavallo (in origine eseguito nel primo venticinquennio del sec. XVI  per un piccolo altare della famiglia Bargellini) ha goduto di un crescendo progressivo di devozione che, di mano in mano, l' ha infine portato nella cappella attuale (1683), a seguito della ristrutturazione della cattedrale voluta dal vescovo Card. Orsini. La prima costruzione della Cappella Albizzi (poi detta della Madonna del Popolo) risale infatti al 1679; subì una ricostruzione con ampliamento nel 1746 ad opera dell'architetto Pietro Carlo Borboni, che, oltre agli splendidi ornamenti in marmi e stucchi, la alzò e la fornì di cupola; ad affrescarla fu chiamato Corrado Giaquinto che, tra il 1750 e il 1751, dipinse la Genealogia e il trionfo della Vergine. I quattro angeli sopra le porte laterali sono invece del riminese Antonio Trentanove. La Cappella può essere definita come l'espressione più avanzata del barocco cesenate, nonostante le sue ridotte dimensioni.

Ai lati dell'abside si ammirano due affreschi di  Giuseppe Milani (lo stesso che ha dipinto la cupola di S. Maria del Monte), e in una nicchia, a sinistra, un affresco del sec. XVI restaurato di recente (Trinità con Vescovo).

Altri due frammenti  di affreschi del sec. XVI ( i Santi Rocco e Vincenzo Ferreri) sono pure conservati ai due lati dell'esedra adibita a Battistero, al cui centro è posta la tela di Benedetto Gennari con S. Giovanni Battista giovane  (seconda metà del sec. XVII). La vasca battesimale risale al 1541 e proviene dalla chiesa parrocchiale di Casalbono. La tela di Scipione Sacco (1495-1558),  S. Gregorio Magno, è posta proprio sopra l'ingresso alla sacrestia; infine la grande tela dell’urbinate Girolamo Cialdieri Madonna con Bambino, Santi, Martiri cesenati e una veduta di Cesena (tardo sec. XVII) orna la controfacciata.

Tra gli arredi sacri si conserva il prezioso reliquiario  di S. Gregorio in argento, commissionato dal vescovo Malatesta; vero capolavoro di oreficeria, opera di Gottardo di Gaspare, reca , sotto l'ostensorio, la dedica al Santo e la data 1483. La raccolta d'arte sacra della Diocesi conserva inoltre molte pregiate opere, fra cui si ricorda  la tempera su tavola di Paolo Veneziano Madonna della Pera (1347), già alla chiesa parrocchiale di Carpineta, il dipinto più antico conservato nella diocesi.

 Si ricordano infine le epigrafi, murate nella cattedrale, che ne scandiscono la lunga storia.