ARTE ANTICA MODERNA CONTEMPORANEA


Il buon pastore

Il buon pastore (III sec. d.C.) – Catacombe di Priscilla - Roma

Dario Lodi

L’ubicazione delle catacombe era scomparsa nel Medioevo per riapparire da metà Cinquecento. La maggior parte sarà scoperta completamente a metà del XX secolo. Quelle di Priscilla (il nome deriva probabilmente da quello della proprietaria del terreno che donò ai Cristiani nel II sec. d.C.; non è certo fosse poi santificata) sono lunghe circa tredici chilometri, raggiunti nel corso di secoli, sino al V. La costruzione è definita “la regina delle catacombe”. Custodisce il corpo di sette papi.

Le catacombe erano cimiteri ebraici e poi anche cristiani. L’uso dell’inumazione dei corpi, in attesa della loro resurrezione, proviene dai popoli semitici. Greci e Romani preferivano la cremazione.

Poiché a Roma era proibito tenere i corpi (o le ceneri) entro la città (proibizione quindi arrivata molto prima dell’editto napoleonico) ecco la necessità di scavare la catacomba, fuori Roma, nel docile tufo.

Nelle catacombe i cristiani cominciarono da subito a rappresentare immagini sulle pareti, facendole divenire anche luoghi di culto, per quanto assai poco raccomandabili dato il terribile puzzo che vi aleggiava perennemente. I corpi erano, infatti, distesi in spazi scavati nel tufo, uno sopra l’altro, divisi da una sottile parete di terra, coperti semplicemente di drappi di lino. In quelle stanze non c’era, ovviamente, sufficiente aerazione.

Non è provato che i cristiani vi si rifugiassero durante le persecuzioni romane. Vi andavano costantemente per onorare i loro defunti. Le soste, senz’altro brevi, erano caratterizzate da litanie e preghiere, con la figura cristiana al centro della cerimonia.

Presso i primi cristiani erano tacitamente proibite le raffigurazioni riguardanti la persona di Cristo e dei personaggi sacri. La cosa veniva aggirata con immagini simboliche che dovevano richiamarsi al valore trascendentale della dottrina cristiana. Ma anche al significato che ne veniva per l’uomo in termini di comportamento da adottare per la sua salvezza spirituale e morale.

La questione morale, nel corso della prima cristianità, sino all’indipendenza raggiunta dal papato, era la prima da risolvere e quindi le immagini nelle catacombe sono un inno alla bontà divina che, grazie a Gesù, è trasmissibile anche all’uomo.

L’uguaglianza fra gli uomini, nel primo Cristianesimo, non ha niente a che vedere con quella romana. Quest’ultima è una dispensa discrezionale dall’alto mentre il Cristianesimo parte dal basso e coglie l’essenza del concetto di uomo che subito trasporta in quello di umanità.

Il concetto moderno di umanità, laicizzato, è il riferimento numero uno per quanto riguarda l’organizzazione del consorzio sociale. Come tale è più idealizzato che realizzato: sia per motivi antropologici, sia per motivi storici. I romantici propendono di più per la seconda tesi, i realisti per la prima. Occorrerebbe trovare un equilibrio fra le due parti. Non vale disperare.

Il concetto di umanità, quale ente alleato con Dio, si esalta in questa tremula figura de ”Il buon pastore” riferita evidentemente a Cristo. Anzi a Gesù. Parrà strano, ma fra i due nomi quello di Gesù richiama maggiormente la bontà d’animo, la serenità di pensiero, la semplicità. Cristo ha qualcosa di burocratico. Tutta colpa della Chiesa che ha tolto Gesù da Gesù Cristo.

Il pittore de “Il buon pastore” non aveva intenzione di fare un’opera d’arte. La voleva fare di propaganda e c’è riuscito alla perfezione pur con armi intellettualmente spuntate. Ogni tensione relativa si è sciolta nella consapevolezza spirituale dell’importanza del fatto religioso.

Una certa attenzione estetica il pittore l’ha comunque ricercata, e questo in funzione della sacralità del messaggio che si accingeva a divulgare tramite il linguaggio figurato. Il risultato persuade grazie alla presenza nel dipinto di un’ingenuità non voluta, ma accettata in quanto rivelatrice di un animo che si offre spontaneamente alla dottrina di Gesù.

Il pittore si lascia guidare dal sentimento più puro nell’eseguire l’opera. Non chiama in aiuto la ragione, preferisce trasmettere la fiducia che lui stesso ha nella religione. Ci crede con tutto se stesso e all’improvviso arriva il miracolo dell’immagine che riesce a rappresentare la serenità perfetta nell’aver riposto nelle mani di Gesù (il buon pastore di anime) il proprio destino.

Mai più il Cristianesimo sarà così vero come fra le pareti delle catacombe e poco più tardi fra quelle dei monasteri, con i poveri del Medio Evo, con i malati. Seguiranno le Crociate, la persecuzione degli eretici, il potere temporale della Chiesa. Tutte cose che il primo Cristianesimo non sarebbe stato in grado neppure di concepire.

Questo buon pastore è il ricordo per eccellenza della validità di un credo molto prima della sua corruzione: inevitabile?

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Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Arte
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Aggiornamento: 09/02/2019