ARTE ANTICA MODERNA CONTEMPORANEA


Arte romanica

Cristo in maestà, 1123 – Museo d’arte nazionale della Catalogna – Barcellona

Cristo in maestà, 1123, affresco staccato dalla cupola di San Clemente a Tahul. Barcellona, Museu Nacional d'Art de Catalunya.

Dario Lodi

L’affresco, di autore sconosciuto, in tempi relativamente recenti fu staccato dalla cupola di San Clemente a Tahull in Catalogna, a nord est della Spagna e posto nel Museo d’arte della Catalogna a Barcellona, per maggiore visibilità.

L’arte ivi rappresentata risente del linguaggio bizantino, ma già tenta una propria trattazione dei temi sacri, incoraggiata in questo senso dal clima di sicurezza, deriva dalla creazione del Sacro Romano Impero e dalla sua funzionalità, magari più come promessa che come realtà.

Sicuramente tale sicurezza è principalmente un’eco di quella garantita dalle armi di Carlo Magno, circa tre secoli prima (memoria evidentemente ancora ben viva), poste a difesa del programma cristiano. La cosa è tanto vera che al Cristo medievale si è sostituito un Dio serio, accigliato, implacabile giudice delle malefatte umane.

Si definisce romanica l’arte del tempo, sino all’esplosione del “gotico” nel XIII-XIV sec., in quanto recupero della romanità avvenuto tramite la Chiesa e l’Impero parato per la difesa della superiore idea cristiana entro l’antico sistema imperiale romano. La romanità è un riferimento, il romanico è un insieme di riferimento antico e novità, in un connubio formato da reciproco rispetto.

Il fenomeno romanico viene apprezzato principalmente in architettura e in special modo attraverso l’erezione di Chiese semplici, spoglie, a una navata sola, presto disseminate in ogni parte d’Europa dal IX al XI sec., all’incirca: quelle successive sono pretenziose, vengono costruite a più navate (anche per scopi pratici, di ordine pubblico e di pubblica decenza: le donne da una parte, gli uomini dall’altra; al centro i possidenti del luogo) e vengono abbellite con dipinti.

Il cambiamento ha una logica nell’affermazione del nuovo sistema sociale, che funziona, anche laddove uno dei membri è latitante. I rappresentanti della Chiesa, per i vuoti imperiali, possono accedere alla proprietà che provvedono essi stessi a difendere, magari con l’aiuto diretto dei contadini.

Così la Chiesa fa ciò che dovrebbe fare l’impero e l’impero è costretto a scendere a compromessi con la Chiesa anche quando si riprende il potere complessivo, per via dei fatti avvenuti durante la sua assenza. Le testimonianze artistiche non sono diverse fra i due periodi: il messaggio religioso mantiene in entrambi i casi, un carattere minaccioso.

L’affresco della Chiesa spagnola citata appartiene a una costruzione romanica monumentale. Il termine non tragga in inganno: monumentale, per l’arte romanica, è una costruzione ricca di cose, fra cui preziosi dipinti, contrariamente all’arte romanica “corrente”.

L’affresco mostra una divinità, al centro, di enormi proporzioni rispetto alle figure di contorno. La composizione ha un preciso significato, l’inferiorità dell’uomo (imperatore compreso) nei confronti del divino e la necessità della sua obbedienza ai dogmi religiosi che di quella superiorità la Chiesa detiene la chiave.

Il colorismo acceso vuole denunciare una grande gioia per la scoperta della bontà dogmatica della Chiesa e invita alla felicità per gli effetti degli insegnamenti ecclesiastici. La pena, per la non osservanza delle regole superiori, è data dallo sguardo indagatore di un Dio quasi fuori di sé per la sottovalutazione della sua persona.

Nel dipinto, gerarchicamente molto ordinato, non contano certo le leggi della tecnica pittorica, ma quelle, elementari, dell’efficacia comunicativa. La comunicazione è riservata principalmente alla massa, a una massa, cioè, di analfabeti che deve essere ammaestrata attraverso l’immagine.

Per questo motivo, sono andate perdute certe sottili simbologie, facilmente recepibili ai tempi, e paiono persino esagerati gli ammonimenti, messi in piazza (il libro aperto: è il libro che conta, non quello che c’è scritto, incomprensibile per quasi tutti) e reiterati comportamenti che oggi definiremmo stucchevoli.

Queste reiterazioni si basano anche su una certa ingenuità persino da parte dei proponenti. D’altro canto, si tratta di esecutori a loro volta preda d’ingenuità mistica mescolata con preoccupazione divulgativa adeguata ed efficace anche con il potere materiale e imperiale, diluito nei suoi rivoli feudali.

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Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Arte
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Aggiornamento: 09/02/2019